Anticipiamo parte di un capitolo tratto da Lezioni sul Novecento di Pietro Scoppola (a cura di Umberto Gentiloni Silveri, Laterza, pagg. 224, euro 12), che raccoglie gli interventi dello studioso all’ interno del corso universitario tenuto a Roma presso la facoltà di Scienze Politiche della Sapienza tra il 1995 e il 1996 e risposte alle domande sulle attuali difficoltà italiane devono essere cercate nell’ evoluzione dei primi cinquant’ anni della Repubblica, e non nell’ atto della sua fondazione.
Fra i temi da esaminare per cercare di affrontare l’ argomento, uno non è stato probabilmente ancora pienamente analizzato: la mancata formazione alla cittadinanza. (…) È evidente che il legame tra nazione e cittadinanza consapevole diventa un elemento indispensabile per raggiungere una forte coesione nazionale. Nei cinquant’ anni repubblicani, il nostro Paese non ha tuttavia coltivato fino in fondo i germi di una nuova cittadinanza di tipo democratico.
Il problema si pose già al momento dell’ occupazione militare anglo-americana, quando la Sottocommissione per l’ educazione della Commissione alleata di controllo (Allied Military Government) affrontò – sotto la guida del pedagogista statunitense Carleton Wolsey Washburne – il tema della rieducazione degli italiani alla democrazia. Nel luglio 1944 venne creata anche un’ apposita commissione italiana e dalla collaborazione con quella alleata nacque un volumetto, Il problema della scuola, nel quale veniva affrontata esplicitamente la questione della formazione di una coscienza democratica. La commissione elaborò anche diversi progetti che furono presentati al governo italiano senza tuttavia raggiungere sensibili risultati concreti.
La parabola dell’ educazione civica nelle scuole – istituita soltanto nel 1958 da Aldo Moro – rappresenta bene le difficoltà di questo percorso formativo. Già questo appare un terreno concreto di indagine che sfugge e supera quel meccanismo semplificatorio per cui si retrodata la crisi di oggi a quella dell’ 8 settembre. Nel 1951, il ministro Guido Gonella presentò un disegno di legge – il n. 2100 – per il riassetto dell’ istruzione, dove l’ educazione civica era concepita come conoscenza dell’ ordinamento dello Stato, educazione della coscienza ai diritti e ai doveri dei cittadini . Il progetto non giunse mai in porto anche per la complicata chiusura della legislatura nel 1953; ma già nella stessa impostazione del disegno di legge era presente un impoverimento rispetto all’ intuizione iniziale. Si trattava, infatti, di un approdo di tipo nozionistico a un problema che alla fine del conflitto era stato impostato con ben altro spessore.
Un ultimo ricordo dell’ impostazione originaria si ebbe nei lavori della Consulta didattica nazionale, un organismo istituito dal ministro Gonella nel dicembre 1950 allo scopo di definire il riordinamento dei programmi scolastici. Nelle conclusioni ai lavori, redatte dal vicepresidente Giovanni Calò, si ritrovano alcuni spunti interessanti sul tema. L’ educazione ‘ civile’ è concepita da Calò in maniera più profonda e trova il suo naturale svolgimento non solo nell’ insegnamento specifico della materia, ma nell’ azione e organizzazione complessiva della scuola e di tutte le discipline curriculari. Sollecitazioni che non ebbero tuttavia alcun sviluppo effettivo.
Mentre declina la prospettiva di un’ educazione alla democrazia, emergono con forza le identità di partito. Il passaggio dal fascismo alla democrazia avviene principalmente sulla base dell’ eredità della mobilitazione di massa creata – con obiettivi chiaramente differenti – dal fascismo. La capacità dei partiti popolari di mobilitare un’ adesione diffusa – al partito come allo Stato nato alla nuova Costituzione – appare comunque cosa diversa rispetto al consenso pieno alla democrazia, al sentimento di una cittadinanza comune. Questo meccanismo, che presuppone un canale di appartenenza partitica come strumento necessario di adesione alle basi del nuovo Stato – legato al clima della guerra fredda e della contrapposizione ideologica – contribuì alla formazione delle cosiddette “identità separate”. Prima ancora che cittadini italiani, si era cattolici, comunisti, laici, tutti rappresentanti identità separate e concorrenti.
Pietro Scoppola La Repubblica 23 settembre 2010
vedi: Siamo orgogliosi di essere populisti