Che cosa vuole questa società, quali sono i suoi precetti e la sua morale? C’è ancora una morale presentabile? Un governo privo di morale come questo del Cavaliere di Arcore dimostra che per la società contemporanea la vecchia morale, quella, per intenderci, del Decalogo, è un ingombro, una cosa vecchia, da ignorare. Nella società contemporanea, i peccati di corruzione e di adulterio non sono più qualcosa da condannare, ma da esibire come segno del tuo rango sociale. Il funzionario politico che vuole essere rispettato dalla società dei produttori e dei venditori deve intascare la bustarella e frequentare il club del benessere dove può avere gratis le massaggiatrici brasiliane. Corruzione e privilegio fanno parte del suo rango, come un tempo lo spadino e la parrucca. Uno scrittore moralista come Edmondo De Amicis oggi più che raro è impensabile, e la Chiesa, di fronte a un peccato scandaloso, come prima reazione è pronta al perdono. L’informazione è ancora attenta alla pubblica onestà, al pubblico interesse? Anche nell’informazione la morale, i codici di educazione e di onestà sono dimenticati o irrisi come «pallosi», cioè noiosi, cioè fuori moda, in una società che vuole solo consumare. L’Italia del libro Cuore e del quadrato di Villafranca sentiva la necessità dei buoni propositi e dei buoni consigli, della parsimonia e del rispetto della parola data. Era l’Italia delle cooperative e delle casse di risparmio, l’Italia delle formiche laboriose che costruirono una nazione moderna nel senso di civile. Oggi prima del risparmio c’è lo sviluppo; prima della formazione del capitale, la formazione del debito. Questa è l’irrinunciabile modernità? Forse, ma con i suoi tremendi rischi, come quello che consiste nella tolleranza oltre ogni limite del berlusconismo e dei suoi vizi, intesi dal cittadino comune come un’esenzione dai propri doveri, come un così fan tutti comodo e senza prezzi. Gli ottimisti diranno: non disperiamo, l’Italia non è solo questa delle letterine e delle meteorine che frequentano i bunga bunga di Arcore, L’Italia è anche quella di chi lavora e paga le tasse e alleva i figli. Ma come non essere terrorizzati dalla progressione dell’irresponsabilità generale, dei giovani pronti a tutto pur di entrare nel «paese dei balocchi» dove solo il sultano è al di sopra delle leggi dei doveri?
Giorgio Bocca Il Venerdi di Repubblica 25 febbraio 2011