Parte conclusiva dell’intervista di Furio Colombo a Pier Paolo Pasolini. Roma, pomeriggio del 1 novembre 1975, poche ore prima dell’assassinio del Poeta.
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D – Se non vogliamo usare frasi fatte un’indicazione ci deve pur essere. Per esempio: nella fantascienza, come nel nazismo si bruciavano libri come gesto iniziale di sterminio. Chiuse le scuole, chiuse le televisioni, come anima il suo presepe?
P – Credo di essermi già spiegato con Moravia. Chiudere nel mio linguaggio vuol dire cambiare. Cambiare però in modo tanto drastico, disperato, quanto drastica e disperata è la situazione. Quello che impedisce un vero dibattito con Moravia è che sembriamo persone che non vedono la stessa scena, che non conoscono la stessa gente, che non ascoltano le stesse voci. Per voi una cosa accade quando è cronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata, intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire. Signori questo è un cancro, non un fatterello benigno. Cos’è il cancro? È una cosa che cambia tutte le cellule, che le fa crescere tutte in modo pazzesco fuori da qualsiasi logica precedente. È un nostalgico il malato che sogna la salute che aveva prima, anche se prima era uno stupido o un disgraziato? Prima del cancro, dico. Io ascolto i politici con le loro formulette, tutti i politici, e divento pazzo. Non sanno di che paese stanno parlando, sono lontani come la luna. E i letterati, i sociologi, gli esperti di ogni genere.
D – Perché pensi che per te certe cose siano talmente più chiare?
P – Non vorrei parlare più di me, forse ho detto fin troppo. Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona. Ma ci sono anche i miei libri ed i miei film. Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo.
Pier Paolo Pasolini
vedi: Pasolini: morte di un profeta laico.
5 marzo 2012. Pasolini compie 90 anni.
30 gennaio 2011. Un pomeriggio con un corsaro