Il 9 febbraio 1967 muore a Roma dopo una breve malattia ERNESTO ROSSI (70 anni) politico, Antifascista, Azionista e giornalista economista.
Rossi fu figura centrale del Partito d’Azione e del Partito Radicale dei primi anni. Con ALTIERO SPINELLI (1907- 1986) ed EUGENIO COLORNI ( 1909- 1944) fu tra i principali promotori del federalismo europeo e con loro condivise la stesura del Manifesto di Ventotene (1944) considerato la sua opera più importante e il suo testamento morale.
Rossi nacque a Caserta, nella famiglia di un ufficiale che fu trasferito a Firenze nel 1899, e si formò negli ambienti democratico-liberali fiorentini. Partecipò da volontario alla Prima guerra mondiale comportandosi valorosamente. Nel 1919 s’iscrisse a giurisprudenza all’Università di Siena e si laureò nel 1920.
Tra il 1919 il 1922, in polemica con le posizioni che i socialisti avevano verso i reduci di guerra, Rossi collaborò con il mussoliniano Popolo d’Italia. Ma in breve tempo tempo se ne allontanò. L’incontro all’inizio degli anni Venti con GAETANO SALVEMINI (1873- 1957) rappresentò l’inizio di una nuova educazione politica, ispirata ai valori democratici, che lo rese un campione dell’Antifascismo e il più importante discepolo di Salvemini.
Rossi cominciò a lavorare presso la sezione fiorentina della Associazione agraria toscana e cominciò ad immergersi nei problemi dei contadini diseredati soprattutto del Sud, facendo un’esperienza che rafforzò in lui il sentimento di avversione verso il mondo chiuso della politica incapace di dare risposte al ‘popolo’ che aveva combattuto nelle trincee.
Con altri discepoli di Salvemini ( tra i quali CARLO ROSSELLI) diede vita nel 1925 al primo giornale clandestino antifascista: “Non Mollare”. Nel maggio del 1925 dovette fuggire, perché ricercato dai fascisti, riparando a Parigi. L’amnistia del 25 luglio 1925 permise a Rossi di tornare in Italia e divenne docente di economia politica e scienze finanziarie in un istituto tecnico di Bergamo.
A partire dal marzo 1926, fino al 1930, prese a collaborare al periodico La Riforma sociale, diretto da Luigi Einaudi, con scritti sulla disoccupazione, sul debito pubblico e sulle finanze dello Stato. Rossi voleva dimostrare che la tirannia fascista era espressione di un circuito di poteri burocratici ed economici, pubblici e privati, talmente ramificato che sarebbe stato necessario un intervento ben più drastico di quello che poteva approntare il liberalismo tradizionale. Intanto intensificava sua attività clandestina e nel 1928 conobbe ADA ROSSI (1899- 1993) che diverrà sua moglie e compagna di lotta.
Dal 1929 divenne uno degli animatori del movimento “GIUSTIZIA E LIBERTA’ ” ( nato a Parigi nell’agosto del 1929) e per il suo intransigente impegno fu arrestato nel 1930 e condannato a venti anni di carcere dal Tribunale Speciale dei quali nove anni furono scontati in vari carceri e gli altri quattro al confino nell’isola di Ventotene dove incontrerà Spinelli, Colorni e molti altri antifascisti.
Liberato nel 1943 dopo l’8 settembre passò in Svizzera dove continuò l’attività resistenziale divenendo subito uno dei principali animatori del Partito d’Azione nato l’anno prima. Il 27 e 28 agosto 1943 partecipò alla fondazione del Movimento federalista europeo (MFE) a Milano e il 5 settembre partecipò al primo convegno del PARTITO D’AZIONE, svoltosi a Firenze. Rossi rientrò a Milano nei giorni della Liberazione e divenne sottosegretario alla Ricostruzione nel governo di FERRUCCIO PARRI del 1945.
Successivamente portò avanti impegni politici ed economici in Italia e in Europa ma la passione europeista di Rossi si spense nel 1954, quando il voto contrario del Parlamento francese alla Comunità europea di difesa (CED) mostrò ai suoi occhi che il processo di formazione statuale europeo attraverso la convocazione di un’assemblea costituente era rimandato a un lontano futuro.
Rossi espresse sempre una profonda ritrosia verso incarichi pubblici: la sua ambizione politica era un’altra, quella di orientare l’opinione pubblica attraverso i suoi numerosi scritti. Nel 1955 è tra i fondatori del Partito Radicale ma non assume nessun compito direttivo per dedicarsi ad un’intensa attività di scrittura di libri e al giornalismo d’inchiesta, soprattutto di carattere economico, su molte testate, soprattutto sul periodico “Il Mondo”.
Rossi venne definito “il democratico ribelle” e manifestò sempre un’indole polemica e intransigente: dedito all’invettiva contro i vizi del potere politico, impegnato nel combattere gli interessi corporativi e clientelari dei “padroni del vapore”, attivo contro i grandi assetti monopolistici (importante il suo libro del 1955 I padroni del vapore). Un motto kantiano ( che lui amava ripetere) ha guidato tutta la sua vita: fai ciò che devi, accada ciò che può.
Fu uno dei primi lucidi critici del capitalismo arrembante e del monopoli economici parassitari ed anche della Federconsorzi diventata una macchina per gestire voti e consensi politici invece di curare gli interessi dei lavoratori della terra. Soprattutto fu un testimone esemplare di un pensiero laico e liberale che si esplicitò in un’aperta dichiarazione di anticlericalismo ( ma non di antireligiosità) in nome della difesa dell’Italia dai condizionamenti ideologici delle gerarchie ecclesiastiche che il Concordato comunque permetteva: fondamentali il suo volume Il manganello e l’aspersorio del 1958, sulle collusioni del Vaticano con il regime fascista, e i libri Pagine anticlericali del 1966 e Il Sillabo e dopo del 1965)
Intorno al 1960 la polemica di Rossi contro gli industriali, la Chiesa e la DC si estese agli Stati Uniti, anch’essi responsabili della deriva ‘clerico-fascista’ italiana, mentre proseguivano le sue denunce contro il capitalismo inquinante ( in questo senso è importante il suo libro del 1961 Borse e borsaioli). Nel 1962 lascerà il Partito Radicale per un non accordo su alcune posizioni politiche che il partito stava assumendo.
L’ultima fase della vita pubblica di Rossi fu tutta spesa in una direzione ostinatamente contraria al corso degli eventi. Nel settembre del 1962 partecipò alla fondazione del Movimento Gaetano Salvemini e la battaglia più celebre di questo periodo fu quella contro la Federconsorzi di Paolo Bonomi, inizialmente mirata a ostacolare la formazione del governo di centrosinistra. Su L’Astrolabio, la rivista che fondò insieme a Parri nel 1963, Rossi denunciò la deriva trasformistica della politica italiana, puntando l’indice contro l’intreccio tra partiti, gruppi di pressione e funzionari pubblici, tutti impegnati nello sperpero del denaro pubblico.
Dopo numerosi altri interventi e scritti di denuncia Rossi si ammalò il 5 settembre del 1966 e, dopo essersi ripreso per un breve periodo, morì a Roma il 9 febbraio 1967. Rossi riposa nel cimitero di Trespiano a Firenze, accanto a Salvemini, ai Fratelli Rosselli, a PIERO CALAMANDREI e NELLO TRAQUANDI.
Pochi mesi prima della sua morte Rossi scriverà in una lettera al suo amico e compagno Azionista RICCARDO BAUER (1896- 1982):
“Io non ho mai avuto paura della morte. Mi è sempre sembrata una funzione naturale inspiegabile com’è inspiegabile tutto quello che vediamo in questo porco mondo. Crepare un po’ prima o un po’ dopo non ha grande importanza: si tratta di anticipi di infinitesimi in confronto all’eternità che non riusciamo neppure ad immaginare. Ma ho sempre avuto timore della “cattiva morte”. Sia consentito aggiungere che se la “cattiva morte” è di chi non ha saputo vivere della tranquillità della propria coscienza è assolutamente da escludere che la morte possa essere stata “cattiva” con Ernesto Rossi.”
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