Oltre trecentomila famiglie italiane (l’1,2 per cento del totale) sono «milionarie»: al di là dell’apparente sensazionalismo, questa stima della ricchezza finanziaria del nostro Paese, dovuta al Boston Consulting Group, una stimata organizzazione americana di ricerche sui patrimoni, rientra nella più assoluta «normalità». È infatti del tutto coerente con lo studio più recente, e di ben altra profondità, della Banca d’Italia, che non ha scandalizzato nessuno, secondo il quale, nel 2014, il 20 per cento degli italiani più ricchi deteneva il 64,6 per cento della ricchezza finanziaria (e il 20 per cento più povero solo l’1 per cento).
Oltre a non essere certo una novità, la disparità tra ricchi e poveri sta aumentando in tutto il mondo – e in particolare nei Paesi dai redditi più elevati – e in questo aumento l’Italia si colloca all’incirca a metà classifica. A spingere l’aumento intervengono in primo luogo motivi demografici: la ricchezza si concentra nell’età anziana e il numero degli anziani, e quindi anche degli anziani ricchi, cresce mentre la popolazione nel suo complesso è stazionaria. In secondo luogo, i patrimoni finanziari hanno beneficiato della «bolla» di quotazioni azionarie che va pericolosamente avanti ormai da diversi anni.
Ciò che complica il discorso in Italia non è tanto la concentrazione della ricchezza finanziaria quanto il suo impiego. Gli anziani comprensibilmente scelgono impieghi almeno apparentemente sicuri, come i titoli del debito pubblico; o addirittura lasciano i risparmi in forma semiliquida, il che riduce la possibilità delle banche di prestarli a chi vuol fare investimenti, creando posti di lavoro. Il denaro rischia di ammuffire nei conti correnti mentre chi avrebbe progetti su come impiegarli fatica trovare finanziamenti. A denaro «ammuffito» corrispondono così una creazione insufficiente di posti di lavoro e liste assurdamente lunghe di candidati ai concorsi pubblici. Lo si è visto ieri a Genova, dove l’afflusso di migliaia di aspiranti a una manciata di posti di infermiere alle prove concorsuali ha addirittura bloccato il traffico; come a Roma, una quindicina di giorni fa, a un concorso per lavorare alla Banca d’Italia.
Non ci sono soluzioni facili a questo incancrenirsi del problema e soprattutto nessuna forza politica lo affronta in maniera coerente e ragionata. L’inasprimento fiscale di per sé rischierebbe di produrre il risultato opposto, spingendo i capitali finanziari a tornare a «nascondersi». Potrebbe forse essere incentivato il trasferimento di una parte delle risorse famigliari alle generazioni più giovani, senza attendere che gli anziani passino a miglior vita: sicuramente i giovani ne farebbero un uso più dinamico e il ritmo della crescita aumenterebbe, creando più numerose occasioni di lavoro. L’argomento è però accuratamente ignorato o passato in secondo piano negli abbozzi di programma per le prossime elezioni, oscurato dal discorso sulla tassazione delle case. E così le diseguaglianze continuano a crescere e le code ai concorsi pubblici continuano ad allungarsi.
Mario Deaglio La Stampa 12.7.17
L’1% degli italiani detiene il 20% delle ricchezze finanziarie
Rapporto Boston Consulting. Il numero dei milionari è destinato ad aumentare da qui al 2021, come anche la disuguaglianza
In Italia e nel mondo il numero dei ricchi è destinato ad aumentare, e con loro anche le disuguaglianze. Nel nostro Paese, oggi, 307 mila famiglie, pari all’1,2% del totale, detengono il 20,9% della ricchezza finanziaria sotto forma di azioni, obbligazioni, depositi e strumenti di liquidità. I dati vengono dal rapporto Global wealth 2017 elaborato dalla società di consulenza finanziaria Boston Consulting Group .
Nei prossimi anni, spiega ancora il rapporto, ci sarà un leggero allargamento della ricchezza: nel 2021, infatti, si prevede che il numero di famiglie italiane milionarie salirà a 433 mila (l’1,6% del totale) con una quota di ricchezza pari al 23,9%. A livello globale, il numero di famiglie milionarie è cresciuto del 7% in un anno arrivando a circa 18 milioni. E nel mondo la ricchezza è molto più concentrata rispetto alla sola Italia: l’1% di famiglie possiede infatti il 45% della ricchezza complessiva.
Sempre tenendo conto dei dati globali, tra le famiglie milionarie il 12% detiene patrimoni superiori al milione di dollari e nel 2021 la percentuale salirà al 16%. La maggiore crescita riguarderà le famiglie con una ricchezza tra 1 e 20 milioni di dollari (incremento del 6,1% medio l’anno) seguita dai super ricchi – patrimoni oltre i 100 milioni – con un tasso di aumento del 4,6% l’anno.
La ricchezza finanziaria privata continua a correre in tutto il mondo, e a tassi crescenti anno per anno: a livello globale la corsa di Wall Street e degli altri principali mercati ha portato nel 2016 il valore totale di azioni, obbligazioni e depositi bancari alla cifra astronomica di 166.500 miliardi di dollari. Rispetto al 2015 l’incremento è del 5,3%, superiore al +4,4% registrato l’anno precedente. Nel 2021 si dovrebbe toccare la quota di 223.100 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 6%, derivante in parti uguali dalla creazione di nuova ricchezza e dalla valorizzazione degli asset esistenti.
L’aumento della ricchezza privata è generalizzato in termini geografici «ma ancora una volta è stata l’area dell’Asia-Pacifico a segnare lo sviluppo più rapido – spiega il rapporto del Bcg – l’incremento è stato del 9,5%, inferiore a quello a due cifre degli anni passati (la media 2011-2015 era stata del 12%) ma tale da prospettare a breve uno storico sorpasso ai danni dell’Europa occidentale come secondo mercato più ricco». L’area con Stati Uniti, Canada e Messico ha segnato un incremento robusto, +4,5%, superiore a quello dell’Europa occidentale, pari al +3,2%. Mentre la ricchezza finanziaria globale è cresciuta del 5,3% e, in Europa, come detto, del 3,2%, l’Italia ha registrato al contrario una leggera battuta d’arresto.
Mirco Viola il manifesto 12.7.17
vedi: Ricchi e poveri
La ricchezza ha vinto: l'uguaglianza è morta