Non so se Domenico Lucano abbia imparato da Danilo Dolci o da Marco Pannella che quando una cosa è umana, doverosa e necessaria la fai anche a tuo rischio e pericolo. Ma certo la vita di Lucano è una vita di gesti folli (traduci: riconoscere subito i diritti di chi diritti non ne ha). Come Danilo Dolci, come Pannella.
Benché oggi la Repubblica italiana se ne vergogni, Dolci è stato in prigione. E Pannella è stato più volte in punto di morte perché usava la sua arma non violenta del digiuno, per restituire diritti negati, per esempio far diventare umane le condizioni di vita nelle carceri italiane. Lucano sapeva benissimo che stava urtando contro i limiti della legge. Ma non contro la Costituzione, che ha evidentemente ispirato ogni suo gesto di soccorso ai profughi.
Il suo muro da abbattere era una legge detta “Bossi-Fini” (i nomi dicono molto) che anticipa il Paese sovranista in cui stanno trasformando l’Italia. Lucano non si è domandato se devi avere l’autorizzazione della Prefettura per offrire un rifugio e il sostentamento a chi non ha più nulla. Ha anche capito, subito e da solo, contro un mare di indifferenti e di ciechi, che nuovi esseri umani che vengono a popolare un piccolo Paese bello e morente come Riace sono un soccorso che tu ricevi in cambio del soccorso che dai.
Domenico Lucano è stato arrestato e confinato ai “domiciliari” perché ha agito a rovescio nel mondo a cui in tanti ci adattiamo come se fosse giusto: ha deciso che se qualcuno ha bisogno di aiuto, lo aiuti e hai fatto finire una pena. Meglio che guardare nel vuoto e chiudere lo sportello.
Il sindaco di Riace, improvvisamente arrestato (l’arresto si ordina in caso di pericolo per la comunità) era diventato un simbolo di accoglienza del mondo perché si è preso l’impegno di trattare da esseri umani i fantocci del crudele gioco burocratico previsto dalla Bossi-Fini. Domenico Lucano sarà anche un simbolo di solidarietà nel mondo, ci dicono i giudici ma, fanno sapere, non si può permettere il “fai da te” della solidarietà, così come non si poteva ammettere l’interferenza delle navi che aiutavano i morenti in mare.
Se da una parte si incriminano le Ong e si chiudono i porti, dall’altra si possono chiudere i Comuni che accolgono. La legge è legge. Domenico Lucano è già stato sospeso a cura del prefetto dalle sue funzioni di sindaco, come accade nei Comuni di mafia. Direte che, per fortuna, i giudici che hanno di fatto chiuso il Comune sono stati contraddetti da altri giudici. Però la causa sarà lunga, si attorciglierà sui dettagli, farà finire l’accoglienza anche come simbolo, prosciugherà risorse preziose, porrà fine a tutto. In altre parole, la punizione è già scattata, è già in atto.
Un sistema di cultura distorta che va dalla persuasione dell’invasione al crimine organizzato di “Medici senza Frontiere”, un sistema fondato su indifferenza, sospetto, diffidenza, ostilità, rigetto (e qualche omicidio, come quello di Macerata) ovvero l’Italia di Maroni (che è stato ministro dell’Interno leghista per due legislature berlusconiane) e Salvini, che è quasi primo ministro della stordita Italia di oggi, fondata sull’indimenticabile evento della nave militare italiana Diciotti bloccata in un porto italiano con ostaggi doloranti (stupro e tortura) a bordo, sta evidentemente vincendo.
Fa luce, per capire l’assurdità di ciò che sta accadendo, la storia di altri sindaci, mai intercettati da scrupolosi prefetti, mai fermati, anche solo per un chiarimento, dai giudici. Per primo dobbiamo ricordare il sindaco Gentilini di Treviso. Il suo scherzo preferito era di dire: “Usiamo gli immigrati come selvaggina nella stagione della caccia”. La sua iniziativa preferita è stata abbattere le case in cui immigrati legali, e al lavoro, avevano trovato abitazione.
Si fa avanti il sindaco Lencini, primo cittadino di Adro, un bel paese veneto. Lencini proibisce la mensa scolastica ai bambini immigrati. L’idea è così crudele e prolungata che un imprenditore locale (stesso nome, non parente) si impegna a provvedere alla mensa di tutti i bambini della scuola, tutti, senza odiose differenze. Viene il momento, anch’esso non notato da prefetti e da giudici, in cui il sindaco della ridente cittadina di Coccaglio (Brescia) annuncia l’operazione “Bianco Natale”. I vigili passeranno di casa in casa il giorno di Natale, e cacceranno subito gli extracomunitari che non risulteranno in regola. “Far piazza pulita”, dice il sindaco. Ideatore e incaricato è l’assessore alla Sicurezza Claudio Abiendi, che fa sapere: “Per noi il Natale non è la festa dell’accoglienza ma della tradizione cristiana e della nostra identità”. Scrive Repubblica.it (18.11.2009): “E ora al modello Coccaglio guardano altri Comuni. Molti l’hanno già copiato. L’operazione ha avuto l’appoggio convinto dello stato maggiore del partito. Il ministro Maroni, che è un uomo pratico, dice il sindaco, ci ha dato consigli per attuare il provvedimento evitando ricorsi ai giudici”.
Ecco, questa è l’Italia in cui stiamo vivendo. Siamo sulla Diciotti. Siamo in ostaggio.
Furio Colombo Il Fatto 7 ottobre 2018
Vedi: "Vi sembra giustizia? Bisogna disobbedire."
Il disobbediente civile visionario