Multe da 3.500 a 5.500 euro a chi “nello svolgimento di operazioni di soccorso in acque internazionali, non rispetta gli obblighi previsti dalle Convenzioni Internazionali”. Dunque i comportamenti che Salvini attribuisce alle navi umanitarie.
Dal decreto Sicurezza bis che il ministro degli Interni intende fare approvare nel prossimo CdM
Abituato da una vita a maneggiare le frattaglie della politica politicante, l’autore di questa rubrica ammette, negli ultimi tempi, di essersi troppo spesso nascosto dietro lo scudo del facile sarcasmo per evitare di fare i conti con l’insensata (o sensata) ferocia che stringe la gola del nostro Paese.
Così, qualche giorno fa, ho letto quanto descritto sopra ma ho fatto finta di non capire. Poi, come estrema difesa, ho pensato trattarsi di qualche indiscrezione giornalistica la cui smentita doveva essermi sfuggita. Infine, quando l’altro ieri Matteo Salvini ha detto che “quel” decreto va approvato lunedì altrimenti “mi arrabbio sul serio”, ogni alibi è caduto.
Leggo che il premier Giuseppe Conte e il M5S faranno resistenza invocando l’incostituzionalità del provvedimento. Perché contrario a qualsiasi principio umanitario? No, perché “sconclusionato”.
Ma le domande ora sono altre. Come può mente umana soltanto concepire l’idea che la salvezza di una vita possa costare “da 3.500 a 5.500 euro”? Visto però che l’abiezione si è fatta norma, su quale logica si basa il tariffario delle ammende? Quanto per la salvezza di un bimbo? Quanto per una donna? Nel caso essa fosse incinta, si è obbligati a pagare un supplemento? E se si tira fuori dalle acque una persona giovane la contravvenzione si misura sulla maggiore o minore prestanza fisica, nel caso lo si voglia poi rivendere a un prezzo conveniente alla più vicina fiera del caporalato?
Vorrei guardare in faccia i funzionari che hanno redatto questa roba qui (tra i quali certamente dei bravi padri di famiglia che la sera danno il bacino della buonanotte ai loro piccini). Chiedere loro se si sono piegati “a un ordine superiore”, magari reprimendo la nausea. O se la cosa li ha lasciati abbastanza indifferenti, trattandosi di un lavoro come un altro.
Vorrei domandare a Luigi Di Maio se ha avuto un soprassalto quando ha letto quello schifo. Se, per caso, la crescente avversione che egli sembra nutrire per i comportamenti del suo omologo della Lega vada oltre la propaganda elettorale ma derivi da una ripulsa umana prima che politica: noi e questi qui non abbiamo più nulla da dirci.
Infine Salvini. Avevo sempre pensato che tutto sommato non fosse una cattiva persona. Che i suoi eccessi nei confronti di migranti e rom fossero una maschera imposta dalla ricerca ossessiva del consenso. Che se un giorno, per assurdo, si fosse trovato nella condizione di salvare dalle acque uno di quei disperati, non avrebbe esitato un secondo a farlo. Ora non lo credo più.
Ps. Sul “Fatto” di ieri, nell’intervista al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, Luca De Carolis chiede: “La multa è eticamente raccapricciante oltre che incostituzionale, no?”. Bonafede: “Se chi viola le regole viene sanzionato non ci trovo nulla di male”. Sì, davvero raccapricciante.
Antonio Padellaro Il Fatto 19 maggio 2019
Perché il dl Sicurezza-bis non può essere approvato
Dalle multe a chi soccorre in mare alle pene severe per i cortei vietati: le obiezioni dei giuristi di ministeri e Colle
Il problema del decreto Sicurezza bis redatto dagli uffici di Matteo Salvini è che non è correggibile, non può essere riscritto in modo da risultare conforme alla Costituzione: quel che il vicepremier leghista pretende di imporre per legge semplicemente non si può fare. Non è solo il convincimento del Fatto alla lettura della bozza entrata nel pre-consiglio dei ministri alla fine della settimana scorsa, ma pure l’opinione che s’è andata formando tra i giuristi del governo (da Palazzo Chigi ai ministeri) e – per ora informalmente – del Colle.
Il testo, molto snello (12 articoli), è una sorta di compendio delle ossessioni di Salvini: reprimere l’immigrazione irregolare e il conflitto sociale. Obiettivi, se non condivisibili, politicamente legittimi, che però non possono essere perseguiti in modo da confliggere con Carta e leggi vigenti, cioè a danno dei diritti di cittadini italiani ed esseri umani in genere. In attesa di sapere se il dl andrà in Consiglio dei ministri oggi, quello che segue è un breve riassunto delle proposte di Salvini e della loro debolezza tecnica, che a sua volta sottende la loro inaccettabilità etica e politica.
La multa. La bozza del decreto parte con la creazione di un nuovo illecito amministrativo: una multa da 3.500 a 5.500 euro per ogni migrante irregolare salvato in acque internazionali e portato in Italia se non si è esplicitamente autorizzati. Un modo per colpire le navi delle Ong che avrà come primo effetto, fosse approvato, di far sì che pescherecci e mercantili lascino affogare i naufraghi per non avere guai.
Qui ci sono vari problemi: il testo è generico (“migranti” in senso tecnico-giuridico non vuol dire nulla) e non è chiaro nemmeno se la previsione riguardi solo le navi italiane o anche le altre e, in questo caso, come si possa far multe a barche straniere per fatti commessi fuori dall’Italia. In generale, peraltro, se l’operazione è di “soccorso” (il termine usato nel decreto) integra lo “stato di necessità”, il che (per legge) esclude la sanzione. Senza contare che il testo confligge in maniera irragionevole col Testo unico sull’immigrazione che già punisce “il trasporto di stranieri in posizione irregolare”. I profili di incostituzionalità sono plurimi: il più evidente è che la multa è elevata per non aver obbedito all’ordine di un’autorità amministrativa, anche se quello confligge con fonti sovraordinate com’è, ad esempio, la Convenzione Onu sul diritto del mare (che prevede l’obbligo di salvare chiunque sia in difficoltà e di sbarcarlo in un porto sicuro).
Il ministro di Tutto. Un’altra previsione del decreto è che il ministero dell’Interno (cioè Salvini) abbia potestà anche sulle acque territoriali e i porti quando il passaggio di una nave sia considerato pregiudizievole per la sicurezza dello Stato. Il punto è sottrarre potere alle Infrastrutture (Toninelli) e “chiudere i porti” definitivamente: come dimostra il caso della nave Diciotti, però, anche chiudere – o far finta di chiudere – un porto non può avvenire ignorando le leggi e il diritto internazionale. L’invasione di campo del leader leghista coinvolge anche il ministero della Giustizia: una norma prevede che Salvini nomini un commissario straordinario che assuma 800 persone per un anno per smaltire “l’arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze definitive”. Il commissario di Salvini, per capirci, interverrà sull’organizzazione della giustizia: una bestemmia. La norma è pomposamente definita “spazza-clan”.
Piazze vuote. In materia di ordine pubblico Salvini compie il miracolo di modificare in senso più restrittivo la legge Reale e persino il codice Rocco. Nel tentativo di reprimere il dissenso di piazza e il conflitto sociale (tentativo già iniziato da Marco Minniti e proseguito col decreto sicurezza del 2018), il testo trasforma una serie di comportamenti finora puniti come contravvenzione in delitti: nel testo salviniano volano fino a 12 mesi di galera pure per i promotori di cortei in cui qualcuno compia i reati di devastazione e danneggiamento o per chi partecipa a un corteo non autorizzato.
Di più: si arriva al paradosso che diventa “delitto” usare caschi o altri mezzi per non farsi riconoscere, ma solo durante una manifestazione: se succede altrove resta contravvenzione. Un altro articolo esclude a priori – Dio solo sa perché – il fatto che i reati di violenza, minaccia o oltraggio a pubblico ufficiale possano essere “non punibili per la lieve entità del fatto”: come dicono i tecnici, viola “il principio di eguaglianza-ragionevolezza” e, soprattutto, si rischiano 36 mesi per aver detto “sciocchino” a un poliziotto.
Il paradosso finale riguarda due “nuovi” reati: non solo il lancio di “cose, razzi, bengala (…)” e tutto quel che si può lanciare costerà fino a 3 anni di carcere, ma persino chi “utilizza scudi o altri oggetti protezione passiva” per fermare o ostacolare un pubblico ufficiale. In sostanza, non sarà più possibile fare un sit-in o bloccare uno sgombero tentando di proteggersi dalle manganellate: sempre che qualcuno riesca a spiegare in tribunale il “principio di offensività” di un tentativo di difesa.
Marco Palombi Il Fatto 20 Maggio 2019
Vedi: La violenza è vicina
Perché disobbedire al Decreto Sicurezza è solo buonsenso e non buonismo
La galassia nera dei demoni di Salvini
A difesa della Carta restano gli studenti