«Il sentimento di sicurezza è profondamente alterato.
Non è necessariamente un male, dal momento che non può esserci sicurezza per l’uomo su questa terra e il bisogno di sicurezza, al di là di un certo limite, è un’illusione pericolosa che falsa tutto e rende le menti ottuse, superficiali e scioccamente soddisfatte; lo si è ben visto nei periodi di prosperità, e lo si vede ancora in quelle categorie sociali che si credono oggi al sicuro.
Ma la totale assenza di sicurezza, soprattutto quando la catastrofe che si teme sembra eccedere le risorse dell’intelligenza e del coraggio, non è meno nociva.
Abbiamo visto in passato le crisi economiche togliere ai giovani ogni speranza di poter entrare pienamente nei ranghi della società e guadagnare di che vivere e nutrire una famiglia.
Si vede ora tutta una generazione di giovani nello stesso vicolo cieco…
I media moderni di comunicazione, la stampa, la radio il cinema sono del resto abbastanza potenti per influire sullo stato d’animo di tutto un popolo.
Certo la vita continua a difendersi, protetta dall’istinto e da una qualche forma d’incoscienza; e tuttavia la paura che viene diffusa di grandi catastrofi collettive, attese passivamente come un’alluvione o un terremoto, condiziona sempre più il sentimento che ciascuno può avere del suo avvenire”.
Simone Weil, filosofa, mistica e scrittrice francese (1909-1943), 1939
«Un’atmosfera pesante, opaca e soffocante si è stabilita sul paese, gli uomini sono depressi e scontenti e, tuttavia, sono disposti a subire qualsiasi cosa senza protestare e senza stupirsene.
È la situazione caratteristica dei periodi di tirannia.
Il generale malcontento, che gli osservatori superficiali considerano come un indice di fragilità del potere, significa in realtà esattamente il contrario.
Un malcontento sordo e diffuso è compatibile con una quasi illimitata sottomissione per decine di anni; quando al sentimento della sciagura si unisce, com’è oggi il caso, l’assenza di speranze, gli uomini obbediscono finché un contraccolpo esterno non restituisca loro la speranza».
Simone Weil, 1940
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