Le leggi dell’educazione saranno dunque diverse in ogni specie di governo. Nelle monarchie avranno per oggetto l’onore; nelle repubbliche, la virtù; nel dispotismo, la paura. (…) È nel governo repubblicano che si ha bisogno di tutta la potenza dell’educazione. Negli Stati dispotici la paura nasce da sola tra le minacce e le punizioni; l’onore delle monarchie è favorito dalle passioni, e le favorisce a sua volta; ma la virtù politica è una rinuncia a sé, cosa che è sempre molto penosa.
Si può definire questa virtù, l’amore delle leggi e della patria. Quest’amore, richiedendo una preferenza continua verso l’interesse pubblico in confronto al proprio, conferisce tutte le virtù particolari: esse non sono altro che tale preferenza. Quest’amore è particolarmente legato alle democrazie. Soltanto in esse il governo è affidato ad ogni cittadino. Orbene, il governo è come tutte le cose di questo mondo: per conservarlo bisogna amarlo. Non si è mai udito dire che i re non amassero la monarchia, e che i despoti odiassero il dispotismo.
Tutto dipende perciò dallo stabilire quest’amore nella repubblica; e l’educazione deve essere appunto sollecita a ispirarlo. Ma perché i fanciulli possono provarlo, v’è un mezzo sicuro: e cioè che i padri lo provino essi stessi. D’ordinario, si è padroni di trasmettere ai propri figli le proprie cognizioni; lo si è ancor di più di trasmetter loro le proprie passioni. Se ciò non avviene, è segno che quello che è stato fatto nella casa paterna è distrutto dalle impressioni del mondo esterno. Non sono le nascenti generazioni che degenerano; essi si perdono soltanto quando gli uomini fatti sono già corrotti.
Charles-Louis de Secondat de Montesquieu (1689- 1755), filosofo politico francese, da Lo spirito delle leggi (1748)
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