Articoli marcati con tag ‘potere’

Seguendo il caso Murdoch è difficile non pensare all’Italia di Berlusconi ma anche agli Stati Uniti dove Murdoch è forte come in Inghilterra se non di più. Il Murdochgate è una prova ulteriore (se ce ne fosse bisogno) che il berlusconismo non è semplicemente un’anomalia italiana, bensì frutto di un fenomeno internazionale molto diffuso. I paralleli con il caso Berlusconi sono tanti: rapporti malsani tra politica e media, il potere del tutto sproporzionato in mano ad un solo uomo, in grado di fare e disfare leader politici, di creare scandali e farli scomparire. L’hacking delle segreterie telefoniche rassomiglia ad alcuni casi italiani: il caso Telecom, con l’uso illegale dei tabulati telefonici di migliaia di persone, il caso Boffo, in cui un giornalista che critica Berlusconi viene massacrato sulla stampa berlusconiana, perfino l’attuale caso della P4 e il caso Milanese, con l’ombra dell’uso improprio della Guardia di Finanza. Leggi il resto di questo articolo »

Nei giorni in cui in Italia è approvata una finanziara feroce con i deboli e accondiscendente con i forti, la lettura di questo libro è fondamentale per comprendere come il nostro Paese è in mano ad un gruppo di potere inossidabile e insostituibile.  “Ho visto professionisti del potere sedere nei consigli di amministrazione di banche che hanno concesso crediti alle aziende di cui sono azionisti, ho visto le loro aziende acquistare azioni delle banche che li hanno finanziati, ho visto banchieri che fanno gli editori, industriali che fanno i ministri, ministri che affidano appalti alle loro aziende, notai e avvocati che votano in Parlamento leggi che riguardano i loro albi professionali, giornali impegnati in campagne di stampa a sostegno dei progetti delle società che li controllano, altri che sferrano attacchi ai loro concorrenti controllati da aziende avversarie. Il sistema nelle mani dei potenti vive in una condizione permanente di conflitti d’interessi multipli…”. Elio Rossi, nome fittizio, ha trascorso gli ultimi vent’anni nelle redazioni dei giornali e negli uffici dei potenti che hanno in mano i destini dell’Italia. Ha conosciuto i professionisti del potere, il gruppo degli uomini politici e dell’alta finanza che restano sempre al comando, complici di ogni governo. In questo libro li descrive in azione. Racconta tutto quello che ha visto e quello che vede. E naturalmente ciò che sosterrà sempre la cricca del potere: la mentalità servile e rassegnata di troppi italiani mediocri. Un libro necessario, duro da leggere, per poter capire almeno i meccanismi da cui veniamo schiacciati, politici ed economici.

 

di  Elio Rossi,  ed. Chiarelettere  2011,  € 14,00

 

 

“Vedendo questa gente che striscia ai piedi del tiranno talvolta ho pietà della loro stupidità. Non basta che obbediscano, devono compiacerlo, devono ammazzarsi per i suoi affari. […]. Com’è possibile che tanti uomini sopportino un tiranno che non ha forza se non quella che essi gli danno. Da dove prenderebbe i tanti occhi con cui vi spia se voi non glieli forniste? Siate risoluti a non servire più, ed eccovi liberi.”

Etienne de La Boétie (1530-1563). Scrittore e uomo politico francese, si avvicina agli studi umanistici leggendo e traducendo opere di Senofonte e Plutarco. Segue i corsi di Diritto all’Università di Orléans e negli stessi anni scrive il Discorso sulla servitù volontaria.

di  Etienne de la Boetie,  prefazione di P. Flores D’Arcais,  ed. Chiarelettere  2011,  € 7,00

 

vedi:  "Ma non provate vergogna per voi stessi?"

Peter Sloterdijk: «Questa è l’età dei neo-cinici»

Antropologia del conformista che fugge dalla libertà

Perché i popoli scelgono i tiranni

Mi raccomando

C'è poco da festeggiare, quel poco in Francia

Se vince il "si" avremo un padrone

 


Oggi, 2 giugno, potrà essere ricordato come la data che segna l’inizio di una rinascita morale e civile della nostra Repubblica. Repubblica, lo ricordo a chi l’ha dimenticato o a chi non lo ha mai capito, non vuol dire soltanto che la sovranità appartiene al popolo e non ad un re, ma anche governo della legge, virtù civile, disprezzo per le corti, intransigenza nella difesa della libertà comune, amore per la propria città. Il voto dei cittadini italiani ha testimoniato, in realtà fra loro assai diverse come Milano e Napoli o Trieste e Cagliari, adesione a questi principi. Sia Pisapia che De Magistris sono stati fin dall’inizio fermi sostenitori dell’idea che le leggi devono valere per tutti e che la Costituzione, legge fondamentale dello Stato, deve essere rispettata soprattutto da chi governa e da chi ha il potere legislativo. A dare esempio di virtù civile ci hanno pensato i cittadini in forme e modi tali da sorprendere tutti coloro che pensavano (e probabilmente continueranno a pensare) che gli Italiani sono, per varie ragioni, incapaci di forti passioni civili. Leggi il resto di questo articolo »

L’amore per se stessi quando supera il limi­te diventa una perversa pas­sione sia per chi ne è invaso sia soprattutto per gli altri che egli vuole render suoi soggetti, di­struggendone l’indipendenza e trasformandola in amore verso di lui. Se l’uomo affetto da tale perversa passione si trova al vertice della società, gli effetti che ne derivano sono ancora più sconvolgenti poi­ché ogni equilibrio tra le varie istituzioni viene distrutto ed ogni libertà confiscata.

François de La Rochefou­cauld, dalla prima delle sue «Maximes Morales», 1657

La questione che oggi abbiamo di fronte non è chi sta al potere, las­sù in alto, né in che modo qualunque persona, gruppo o partito otten­gono una posizione di potere, se per mezzo di elezioni o in qualunque al­tro modo. La questione poggia sulla natura stessa del sistema di potere nello Stato nazione come struttura di dominazione e controllo. «Non ar­rivare a innamorarsi del potere», ci ammoniva Foucault. Cadono in de­lirio, innamorati del potere, coloro che lo esercitano dopo averlo conqui­stato, ai vertici del Potere statale o nel più insignificante municipio. Per­ché alla fine dei conti il potere è una relazione, non una cosa che si pos­sa distribuire, qualcosa che gli uni hanno e altri no, qualcosa che possa essere conquistato ed esercitato per scopi differenti, come uno strumen­to qualsiasi. Nel quadro dello Stato nazione, il potere esprime una rela­zione di dominazione e controllo, una relazione nella quale una delle par­ti domina e controlla l’altra parte per realizzare ciò che desidera, siano alti ideali o piccoli affari. Chi lotta per prendere il potere acquisisce il virus del dominio e del controllo e lo applica senza vergogna sui suoi stessi compagni di lotta.

Gustavo Esteva, allievo di Ivan Illich, studioso delle popolazioni indigene, 2009

 

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Le mosse di Berlusconi sono da tempo prevedibili, perché appartengono ad una logica che egli ha trasferito nel mondo della politica senza mai farsi contagiare dal “senso delle istituzioni”. Non può sorprendere, quindi, l’ultimo suo proclama: «Dobbiamo cambiare la composizione della Corte costituzionale, dobbiamo cambiare i poteri del Presidente della Repubblica e, come avviene in tutti i governi occidentali, attribuire più poteri al governo del Presidente del Consiglio». Proprio le ultime parole sono rivelatrici. Scompare il “Governo della Repubblica”, di cui parla l’articolo 92 della Costituzione. Al suo posto viene insediato il “Governo del Presidente del Consiglio“, una formula che esprime la logica proprietaria dalla quale Berlusconi non ha mai voluto separarsi. L’imprenditore è fedele alle sue origini, e nel suo modo d’agire si ritrova la vecchia e di nuovo vitale formula secondo la quale “la democrazia si ferma alle porte dell’impresa”. Leggi il resto di questo articolo »

Guardiamo ai fatti. Questo libro, scritto dal vaticanista de “La Stampa” Giacomo Galeazzi e dal giornalista d’inchiesta Ferruccio Pinotti, ricostruisce la storia di Karol Wojtyla e si propone come un appello documentato contro la beatificazione. A uso di credenti e non credenti. Proviamo a mettere da parte i miracoli, veri o presunti. Proviamo a non guardare solo allo straordinario carisma di trascinatore di folle che ha lasciato tutti profondamente ammirati. Gli anni di Cracovia, i primi sponsor politici all’interno della Chiesa, le amicizie scomode, la pioggia di soldi al sindacato polacco Solidarnose. “Wojtyla segreto” fotografa anche una serie di personaggi da romanzo criminale: Sindona, Gelli, Pippo Calò, Flavio Carboni, Francesco Pazienza. Questa controinchiesta raccoglie molte voci critiche anche interne al Vaticano, ostili alla beatificazione ma di fatto mai davvero ascoltate. Resta il dubbio di una decisione politica. E l’amarezza per i tanti vescovi che hanno combattuto contro regimi feroci, come Wojtyla contro il comunismo, giocandosi la vita. Cardinali per lo più vicini a Wojtyla e al suo successore Joseph Ratzinger. La fazione vincente. Oggi in gioco c’è il futuro della Chiesa: da una parte il potere, dall’altra il messaggio di Cristo. I fatti dimostrano che con la beatificazione lampo di Wojtyla la Chiesa celebra soprattutto la sua ossessione secolare per il potere.

 

di   Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti,  ed. Chiarelettere 2011,  € 16,00

 

vedi:

 

 

Ma perché la Chiesa fa uno scatto e, bruciando ogni record, lancia nella gloria dei cieli e della terra papa Wojtyla, dopo appena sei anni dalla morte? Per opportunismo politico? Per una terapia d’emergenza sulla crisi che infuria al suo interno? L’ipotesi che passa dal Vaticano è che questa aureola a processo breve, anzi brevissimo è un gesto di gratitudine e di affetto di Ratzinger per l’uomo di cui è stato il braccio destro ultraventennale. Tanto più se si considera che la classe dirigente subentrata in Vaticano ai 26 anni di wojtylismo non tifava per una aureola così precoce, quasi a prendere le distanze da un modello di papato carismatico per tornare quanto prima a stili di governo istituzionale ordinario. E quanto ai maggiori dirigenti della Segreteria di Stato sotto il Papa polacco, Sodano e Sandri, nessuno dei due aveva accettato di deporre al processo di beatificazione: segno inequivocabile di circospezione. Ragioni sufficienti per discernere in questa aureola l’impronta personale, biografica di papa Ratzinger. Fonti vaticane assicurano che è legittimo il dubbio che senza di lui Wojtyla sarebbe volato sugli altari. Almeno non così presto. Leggi il resto di questo articolo »

È bello che l’onorevole Gelmini, nel commentare le dichiarazioni del presidente del Consiglio sulla scuola, abbia citato la Costituzione. Peccato che l’abbia citata a sproposito, capovolgendone il senso. Secondo l´on. Gelmini, «Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale, sia paritaria. In entrambi i casi è un´istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini». Ma la Costituzione non dice questo, dice il contrario (art. 33). Dice che «la Repubblica detta le norme generali sull´istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi». Che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Dice che «la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». L´art. 34 aggiunge che «l´istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita», e prescrive che la Repubblica privilegi, con borse a aiuti economici alle famiglie, «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi». La Costituzione stabilisce dunque una chiarissima gerarchia. Assegna allo Stato il dovere di provvedere all´educazione dei cittadini (obbligatoria per i primi otto anni) e di garantirne l´uguaglianza con provvidenze ai «capaci e meritevoli». Fa della scuola di Stato il modello a cui le scuole private devono adeguarsi, e non ipotizza nemmeno alla lontana due modelli di educazione alternativi e concorrenti. Leggi il resto di questo articolo »

Intervista a Gustavo Zagrebelsky     a cura di Jean-Jacques Peyronel e Luca Maria Negro

È d’accordo nel considerare il 17 febbraio 1848 come una tappa fondamentale della lunga battaglia per la libertà di coscienza in Europa?

«Se c’è un elemento caratteristico dell’Europa, che fa parte della sua cultura, che dovrebbe renderci orgogliosi della nostra storia, è questo punto: l’Occidente con tutti i suoi vizi e limiti ha affermato la libertà di coscienza. Si può prendere il 17 febbraio per parlare di libertà di coscienza, ma forse sarebbe bene partire non solo dalla Riforma luterana ma da molto prima: dai valdesi medioevali. La libertà di coscienza viene normalmente riconosciuta da tutti gli studiosi di cose costituzionali come la base, la premessa di tutte le altre libertà. Può stupire che nella nostra Costituzione non si parli di libertà di coscienza. Questo perché la libertà di coscienza avrebbe equiparato in dignità tutte le coscienze. C’è un’uguale libertà ma la coscienza di qualcuno è un po’ più uguale delle altre. Credo che sia difficile per la Chiesa cattolica riconoscere che fuori della Chiesa ci può essere una coscienza che va rispettata come quella di coloro che stanno nella Chiesa». Leggi il resto di questo articolo »

Intervista ad Ermanno Rea a cura di Paolo Di Paolo

«L’Italia sta vivendo un processo di retrocessione etica, oltreché economica e sociale». Ermanno Rea si dice amareggiato, deluso. Non disperato, però: «L’intelligenza non è mai disperata. È interrogazione continua, dubbio sistematico, ricerca. La disperazione prevede la resa, le braccia alzate. Invece io mi sento, almeno spiritualmente, un combattente». Molto combattivo in effetti è il suo ultimo libro, La fabbrica dell’obbedienza (Feltrinelli, pp. 223, euro 16).

Sospeso volutamente tra saggio, narrazione, pamphlet, va in cerca delle ragioni del «lato oscuro e complice degli italiani» evocato nel sottotitolo. Una secolare e inquietante vocazione alla non-scelta (la decisione è sempre demandata al più potente fra i potenti di turno), al servilismo, alla sudditanza. Una malattia nazionale: «quel divieto di pensare in proprio, che si trasformerà ben presto in conformismo coatto e cortigianeria». Leggi il resto di questo articolo »

Servili, bugiardi, fragili, opportunisti: il mondo continua a osservarci stupito e a chiedersi donde provengano negli italiani tante riprovevoli inclinazioni, tanta superficialità etica e tanta mancanza di senso di responsabilità. Colpa delle stelle? Del clima? Della natura beffarda che ci avrebbe fatti così per puro capriccio? In questo suo nuovo libro, sciolto e affabulatorio nella forma quanto ruvido e penetrante nella sostanza, Ermanno Rea ci guida alla ricerca delle origini stesse della “malattia”, del suo primo zampillare all’ombra di quel Sant’Uffizio che nel cuore del secolo XVI trasformò il cittadino consapevole appena abbozzato dall’Umanesimo in suddito perennemente consenziente nei confronti di santa romana Chiesa.

Dopo oltre quattro secoli, la “fabbrica dell’obbedienza” continua a produrre la sua merce pregiata: consenso illimitato verso ogni forma di potere. L’italiano si confessa per poter continuare a peccare; si fa complice anche quando finge di non esserlo; coltiva catastrofismo e smemorante cinismo con eguale determinazione. Dall’Ottocento unitario al fascismo, dal dopoguerra democristiano alla stessa dinamica del compromesso storico, fino alla maestosa festa mediatica del berlusconismo, “Mario Rossi” ha indossato la stessa maschera del Girella ossequioso. Saggio, pamphlet, invettiva, manifesto: un libro di straordinaria lucidità e saggezza, una riflessione che diventa sbrigliata ricognizione storica, atto di accusa, istigazione al pensiero.

di  Ermanno Rea,   ed. Feltrinelli   2011,  € 16,00

 

vedi:   Vi racconto il lato oscuro degli italiani


«Vittime» della società non sono solo quelle volute dai poteri perversi, e sono tante, ma ben più numerose sono quelle che io chiamerei le «vittime originarie», quegli esseri umani che nascono per venire protetti ed educati nel cammino della vita e della salvezza, e invece si sentono abbandonati. Sono i «poveri credenti» e tutti gli uomini sono poveri credenti, che cercano ancora con ardore la Chiesa del Vangelo di Gesù. Nella società attuale si è introdotta una forma di imbonimento, malsano e gratificatorio, che intontisce e soprattutto lusinga le persone: una corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile, politica, ma anche culturale e religiosa. Una diffusa mafiosità dei comportamenti, che sembra ormai una conquista di civiltà del nostro tempo. Leggi il resto di questo articolo »

Ancora una esagerazione nel campo della religione di chiesa che fa notizia in questa strana epoca post-moderna dei botti mediatici a ripetizione che nascondono il vero senso della vita e della storia. L’esagerazione questa volta è duplice. È esagerata prima di tutto la decisione papale di beatificare Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II, in tutta fretta, a soli sei anni dalla morte, avvenuta il 2 aprile del 2005, in deroga alle norme canoniche che prevedono si aspettino cinque anni dalla morte solo per aprire il processo canonico arrivando poi in tempi non brevi alla beatificazione. In secondo luogo c’è la data scelta per il rito della beatificazione: il primo maggio prossimo, data laicamente sacra per il mondo del lavoro a livello mondiale. Leggi il resto di questo articolo »

Viviamo, da ormai quasi un ventennio, nella non-politica. Della politica abbiamo dimenticato la lingua, il prestigio, la vocazione. Dicono che a essa si sono sostituiti altri modi d´esercitare l ´autorità: il carisma personale, i sondaggi, il kit di frasi e gesti usati in tv. Ma la spiegazione è insufficiente, perché tutti questi modi non producono autorità e ancor meno autorevolezza. Berlusconi ha potere, non autorevolezza. Non sono le piazze a affievolirla ma alcune istituzioni della Repubblica. evidentemente non persuase dalle sue ingiunzioni. Le vedono come ingiunzioni non di un rappresentante dello Stato, ma di un boss terribilmente somigliante al dr Mabuse, che nel film di Fritz Lang crea un suo stato nello Stato. Alle varie istituzioni viene intimato di ubbidire tacendo, e già questo è oltraggio alla politica e alla Costituzione. Specialmente sotto tiro è la magistratura, che incarna il diritto. Leggi il resto di questo articolo »

No. Non può essere solo una sera. Non si possono vivere certi momenti e poi passare ad altro come consumatori banali, vittime dell’ideologia consumistica. Non si può aprire una sera il mondo del pensiero di Pasolini, ascoltare come Gaber ha raccolto il suo grido e lo ha espresso in un meraviglioso brano e poi cercare altre novità, novità proprio come vittime di un’epoca che ha provocato in noi una “degenerazione antropologica”.

Dobbiamo riscoprire la bellezza del “ruminare”, dell’entrare in certi temi e ritornarci continuamente per scoprirne sempre nuovi aspetti, nuovi elementi per la nostra crescita. Crescita, si. Perché questa sera abbiamo ribadito che è saggezza parlare di “formazione permanente degli adulti” e non ritenere in maniera suicida che questo valeva per quando eravamo bambini, mentre ora… siamo adulti.

E proprio di ciò che Pasolini, il Pasolini Corsaro degli anni ’70, voleva avvertire: il Potere Consumistico ci sta devastando non solo nel borsellino ma soprattutto nell’animo presentandoci uno sviluppo che non è progredire umano ma un degradarci dentro e fuori di noi. Di fronte a questo e alla banalità di troppe persone che ci circondano, come resistere senza esserne schiacciati e banalizzati a nostra volta? Leggi il resto di questo articolo »

Uno dei più importanti giornalisti italiani mi aggredisce al termine della presentazione di un libro dicendomi a brutto muso: ma chi ti autorizza a dire queste cose di noi? Del suo giornale, della sua categoria. Colto di sorpresa, non ho la prontezza di spirito per rispondergli, semplicemente: «Il fatto che ti pago, che compro il tuo giornale», oppure, come diceva Giorgio Manganelli (e se non era lui va sempre bene): «Il solo potere che rimane a chi non ha potere è quello di criticare il potere». Lo dico chiaro: non amo il giornalismo italiano di questi anni, lo considero anzi il principale responsabile del disarmo morale e civile del paese. E se ci sono stati e ci sono singoli giornalisti stimabili, più che molti, non sono però loro che hanno contato, che sono riusciti a contrastare, nel loro settore, alcunché. Perché in Italia non ci sono grandi giornali ancora notevolmente presenti, anche quando non del tutto indipendenti, come, per esempio, i francesi Le Monde o Libération? Leggi il resto di questo articolo »

Da un lato c’è la Chiesa di Ruini e Ratzinger,
una Chiesa prona al potere berlusconiano. Dall’altro
c’è la Chiesa di Cristo, che non ci sta a mettere in mora
i propri princìpi pur di compiacere quel potere.
Un duro attacco del vescovo emerito di Caserta,
che ammonisce: `Non si porta salvezza se si è complici
della ingiustizia e della violenza istituzionali’.

«Vittime» della società non sono solo quelle volute dai poteri perversi, e sono tante, ma ben più numerose sono quelle che io chiamerei le «vittime originarie», quegli esseri umani che nascono per venire protetti ed educati nel cammino della vi­ta e della salvezza, e invece si sentono abbandonati. Sono i «poveri credenti», e tutti gli uomini sono poveri cre­denti, che cercano ancora con ardore la Chiesa del Vangelo di Gesù. Leggi il resto di questo articolo »

IL BAVAGLIOIl libro racconta come questo governo vuole tappare la bocca ai cittadini e godere di totale impunità. Come sempre, sapere le cose come stanno  risulta sempre spiazzante e lascia increduli perché i cittadini sono vittime inconsapevoli del bombardamento quotidiano di false notizie provenienti da molti giornali e tv.

di Peter Gomez, Marco Travaglio, Marco Lillo,  ed. Chiarelettere 2008,  € 12,00

MANI SPORCHEQuindici anni dopo il biennio magico di Mani Pulite, l’Italia delle mani sporche ha perfezionato i metodi per rendersi più invisibile e invulnerabile. Prima sotto accusa erano i politici e il mondo industriale. Ora le parti sembrano invertite: sotto accusa sono soprattutto i magistrati. Ecco che cosa è successo negli ultimi anni, dal 2001 al 2007. Una tale mole di dati da rendere questo libro una specie di “bibbia laica” per capire la nostra triste storia recente.

di Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio,  ed.  Chiarelettere  2007,  € 19,60

MANI PULITE. LA VERA STORIA DA MARIO CHIESA A SILVIO BERLUSCONIOrmai un classico questo libro è la vera storia di Mani Pulite, dal 1992 al 2002, nella dettagliatissima ricostruzione di tre agguerriti e coraggiosi “giornalisti d’assalto”. Cronache e racconti, dati e date, reati aboliti, giudici trasferiti, pm minacciati, cittadini indignati, carte segrete e retroscena inediti di 10 anni al limite dell’incredibile.

di Marco Travaglio, Peter Gomez, Barbacetto Gianni,  ed. Editori Riuniti  2002, € 16,50

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