Eleonora, Angelo, Ernesto.  Eleonora Fonseca Pimentel (1752-1799 ), letterata e nobile. Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio (1800-1849 ), carrettiere e caporione. Ernesto Buonaiuti (1881-1946 ), prete e storico. Cosa possono mai avere in comune persone così diverse nello status sociale e nel tempo in cui sono vissute? Prima di tutto la strada in cui sono nate, in via di Ripetta: Eleonora al n. 22, Angelo al n. 248 e Ernesto al n. 110. Una via nata su una vecchia strada romana che univa la via Flaminia ( il Corso) al ponte Elio (oggi S. Angelo) e che Leone X ( papa rinascimentale godereccio della famiglia Medici) ordinò al grande architetto Antonio da Sangallo il Giovane, nel 1517,  di risistemare per collegare Porta del Popolo alla residenza di famiglia, Palazzo Madama. Le spese vennero pagate soprattutto tassando le prostitute di Campo Marzio e la via si chiamò Leonina fino 1704, quando venne costruito il Porto di Ripetta che diede il nome alla via fino ad oggi.

Povero Porto di Ripetta: vittima illustre degli sconsiderati lavori di fine 800 per costruire i muraglioni del Tevere. A questi danni si aggiunsero quelli perpetrati dal fascismo negli anni 30 del XX secolo, che cancellò un’ intera porzione di Campo Marzio intorno al Mausoleo d’Augusto creando uno degli slarghi più brutti di Roma. D’altra parte il cattivo gusto è quasi sempre stata una prerogativa degli amministratori cittadini, indice di un disprezzo sotteso per la cultura e la storia. Tra quei lavori di demolizione scomparve pure la casa dove era nato Ernesto Buonaiuti.

Già, ma chi era costui? E chi era Eleonora Pimentel? E chi Angelo Brunetti ( ce lo siamo sentito chiedere mentre eravamo in via di Ripetta nel nostro incontro per strada)? L’Italia dimentica i suoi figli migliori e ricorda solo personaggi mediocri o televisivi: probabilmente ciò che si ricorda è indice della qualità di chi ricorda. O no? Insomma chi erano costoro? Uomini e donna liberi, mi sentirei di dire prima di tutto. E perché liberi non disposti ad essere servi ed ingranaggi passivi dei sistemi in cui vivevano. Poi ebbero la pretesa di essere d’aiuto per la liberazione degli altri e questo già li poneva in una situazione difficile, pericolosa.

Si perché in comune Eleonora, Angelo ed Ernesto, oltre la via, hanno anche in comune l’essere stati condannati dal potere: Eleonora, animatrice e guida, con altri compagni, della Repubblica Napoletana del 1799, venne giustiziata a Napoli dai Borboni e dagli inglesi il 20 agosto del 1799. Angelo, animoso e generoso capopolo durante la Repubblica Romana del 1849, venne fucilato dagli austriaci, con i figli, il 10 agosto del 1849 sul delta del Po. Ernesto non venne mai fucilato o impiccato ma la Chiesa da un lato e il fascismo dall’altro lo emarginarono, gli tolsero il proprio lavoro universitario, lo spiarono, gli resero la vita difficilissima ( una specie di esecuzione dilungata nel tempo) e morirà a Roma il 20 aprile del 1946.

E’ difficile la vita per chi ha a cuore la promozione umana, la liberazione, l’idea di repubblica vera e non fittizia, la crescita spirituale e della consapevolezza. E’ una vita da eroi, quelli veri. Non quelli militari o da film o sportivi  a cui siamo abituati. La vita di chi non compie imprese strepitose e inutili, ma di chi vive una quotidianità generosa e dedicata agli altri senza piegare il capo a padroni vari  e senza adeguarsi per opportunismo o convenienza. L’eroe è chi non fa di se stesso il centro del mondo e prova a capire il dolore degli altri, anche se gli altri non sanno dirlo.

Eleonora, Angelo ed Ernesto lo hanno fatto: Eleonora da intellettuale dando vita ad una prima esperienza di Repubblica e facendosene anche educatrice, Angelo mettendo a disposizione del popolo le sue qualità di uomo semplice ma vitale e facendo da interfaccia con le istituzione repubblicane, Ernesto da prete e storico cercando di aiutare a riscoprire un cristianesimo autentico ed evangelico che la storia della Chiesa aveva svilito e deturpato.

Potevano farsi gli affari propri, come tutti. Eleonora nobile, benestante, colta con una bella prospettiva da alta società, moglie di un ufficiale borbonico e con un figlio. Angelo bravo e affermato lavoratore, una bella famiglia, molto amato dalla gente. Ernesto destinato ad una brillante carriera ecclesiastica ed universitaria con centinaia di pubblicazioni. Ma gli eroi sono fatti così: buttano alle ortiche il loro futuro perché hanno qualcosa dentro che l’uomo medio non può capire, l’uomo/donna che si fa gli affari propri, per capirci. E quel qualcosa si chiama… passione per la libertà e la liberazione.

Gli eroi non considerano centro del mondo la loro famiglia o la loro vita e pensano che amare i propri figli o i propri progetti vuol dire amarli meno del bene comune, anzi amarli dentro il bene comune che è più grande del bene privato. E tre persone normali ( senza muscoli, senza cipiglio, senza medaglie), solo perché concepiscono la normalità non come mediocrità servile ma come servizio e crescita, diventano eroi proprio perché non l’hanno mai voluto essere. Eleonora, Angelo ed Ernesto hanno solo voluto dare un senso più grande alla loro vita e aiutare gli altri, soprattutto i più vilipesi della società, a trovarlo.

Questo tipo di eroi non vengono beatificati, non vanno sul calendario, spesso si dimenticano ( poi in Italia figuriamoci…): al massimo hanno una lapide sulla casa dove sono nati ( come per Eleonora e Angelo) oppure nulla ( come per Ernesto, chè la casa dove è nato su cui apporre una lapide  non c’è più ed è ricordato solo da alcuni studiosi che hanno scritto di lui). Lapidi che anneriscono per via dello smog o libri che s’impolverano per poco uso. Cosicchè uno passa a via di Ripetta, vede della gente che si è riunita per ricordarli, gente che apre la bandiera per cui hanno dato la vita sotto le loro lapidi, e chiede: Eleonora, Angelo, Ernesto… e chi sono?

Eleonora, prima di salire sul patibolo, bevve un caffé e pronunciò  un famoso verso di Virgilio:

“Forsan et haec olim meminisse juvabit” (Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo).

Chissà se lo avranno pensato anche Angelo lì sul delta del Po prima di essere fucilato o Ernesto nel letto di morte, sospeso a divinis e scomunicato , mentre rifiutava l’estrema unzione che gli sarebbe stata data solo se avesse rinnegato ciò per cui aveva vissuto e ciò che aveva insegnato.

Gioverà un giorno ricordare questi eroi? Vi giro la domanda a voi, pochi lettori di queste righe.

 

Il Regno non è padronato, non è primogenitura, non è fedecommesso, non è dote: il Regno è amministrazione e difesa dei diritti pubblici della nazione, conservazione e difesa dei diritti privati di ciascun cittadino…

Questa parte del Popolo, la quale per fintanto che una miglior istruzione non l’innalzi alla vera dignità di Popolo, bisognerà continuare a chiamar plebe, comprende non solo la numerosa minuta popolazione della città, ma benanche l’altra più rispettabile delle campagne: e se sopra di questa parte posa pur nelle monarchie la forza dello Stato, vi posa nella Democrazia non solo la forza ma la dignità. Una gran linea di separazione e forse maggiore, che in qualunque altro luogo disgiunge fra noi questa parte dal rimanente del popolo, appunto perché non si ha con essa un linguaggio comune. Se ben si rimonti alla cagione de ‘ nostri mali, si vedranno derivati particolarmente da questa separazione; è il segreto di ogni tirannia, e molto più lo fu della nostra, il fomentarla; il nostro segreto dev ‘esser quello di sollecitamente distruggerla: finché dunque la plebe mercé lo stabilimento di una educazione Nazionale non si riduca a pensar come Popolo, conviene, che il Popolo si pieghi a parlar come plebe. Quindi ogni buon cittadino, cui per la comunione del patrio linguaggio, si rende facile il parlare e ‘l commischiarsi fra lei, compie con ciò opera non solo utile, ma doverosa”.

Eleonora Fonseca Pimentel    1799

 

 

 

 

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28 novembre 2010. Gli occhi di Eleonora

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Una donna per la Repubblica: ELEONORA FONSECA PIMENTEL

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