Non è vero che siamo fratelli. Forse lo siamo stati in qualche momento della nostra storia. Lo siamo stati nella Resistenza cominciata a Napoli e conclusasi con la liberazione di Milano. Città redente dai tedeschi prima dell’intervento militare degli alleati che le hanno trovate libere ed in mano al CLN. Sono stati fratelli tra loro i nostri ottocentomila soldati che rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò e finirono nei lagers di Hitler. Sono stati fratelli i cinquemila eroici soldati di Cefalonia massacrati fino all’ultimo dai tedeschi. Abbiamo avuto un momento di grandissima fratellanza nutrita del meglio della cultura italiana da Dante a Leopoldo di Toscana da Beccaria ad Alessandro Manzoni a Gramsci a Mazzini a Turati quando i padri costituenti pensarono elaborarono e scrissero la Costituzione impregnata di principi universali di libertà, giustizia sociale ed eguaglianza che ricordano molto la costituzione della repubblica romana e sintetizzano in una felice fusione la cultura liberale e quella socialista. Ma oggi non siamo fratelli in niente e non ci riconosciamo in un progetto comune. Anzi, il progetto che chi ci governa vuole realizzare, ci spaventa. Oggi siamo governati dalle forze che furono sconfitte dalla Resistenza e che diedero vita alla Costituzione. Queste forze hanno capovolto molte delle regole di vita comuni e si preparano a stracciare del tutto la carta fondante della coesione dopo averla disattesa in parte fondamentali riguardanti il lavoro e la guerra. L’Italia è in guerra assieme agli USA ed alla Nato in molte parti del mondo. L’Italia ha una politica che disconosce il lavoro e da anni i suoi legislatori lavorano per togliere alla classe lavoratrice ogni diritto producendo leggi come la Biagi, il collegato lavoro, e quant’altro fa della prestazione uno sfruttamento, una pena, qualcosa da odioso. Il collante fondamentale dell’unità nazionale la scuola è in corso di demolizione e con esso anche il compromesso implicito che ha permesso all’Italia di vivere per tanti anni: al Nord le fabbriche al Sud il pubblico impiego, gli insegnanti, i quadri della magistratura e dello Stato. Tutto questo non c’è più. Duecentomila insegnanti e cinquecentomila dipendenti statali saranno eliminati per sempre. La scuola è declassata. Inoltre si introducono criteri di selezione che sono provocatori come la conoscenza dell’insegnante dei dialetti locali….
Non siamo ancora fratelli perchè nessuno ha chiesto perdono per le Fosse Ardeatine dei Bersaglieri. Quattrocento cittadini di Pontelandolfo trucidati dai bersaglierri come rappresaglia per la morte di quaranta di loro in uno scontro con i “briganti”. Briganti che non erano tali ma rivoltosi alle spoliazioni coloniali ed alla leva militare (dieci anni) che il Regno delle due Sicilie non conosceva e che metteva alla fame le famiglie contadine ed inselvatichiva le loro terre. Nessuno ha chiesto perdono per le migliaia di uccisi con processi sommari che spesso neppure si facevano del Generale Govoni in Sicilia. Ancora sui paesi è rimasto lo spavento per le case incendiate e per le mamme che venivano incarcerate per costringere i figli a consegnarsi.
Credo che l’Italia unita è una cosa bella. Io sono per l’abolizione di tutti i confini figuriamoci se voglio ridurre o ridividere l’Italia. Ma questa è diventata la terra di Caino. Il Ministro Maroni parla di cattiveria di Stato ben a ragione. Due leggi sono state fatte con l’ossessione sicuritaria di classe e con la stessa ossessione di sono create le cosidette ronde una sorta di polizia privata di esagitati fanatici che perseguitano i rom, i poveri, i senza tetto. In carcere accadono un centinaio di suicidi l’anno per le terribili condizioni dei nostri “fratelli” carcerati e oltre mille lavoratori perdono la vita e diecine di migliaia restano invalidi ogni anni a causa di “fratelli” imprenditori privi di scrupolo incoraggiati da un Ministro livido verso i lavoratori e che vuole sindacati “complici”del padronato e del governo. Ora, con il federalismo, si accrescerà il peso fiscale sui redditi fissi e sulla povera gente. L’Oligarchia politica conquisterà altro potere ed altro spazio a livello locale. Già costa trenta miliardi di euro ma crescerà ancora assieme al suo seguito di famigli, consulenti, appaltatori, servitori di varia natura. Non siamo fratelli in quasi niente. La famiglia Agnelli dopo cento anni di arricchimenti in Italia decide di andarsene a new York e di portarsi il cervello della azienda. I politici italiani hanno fatto finta che non era vero. Lo stesso ha fatto Bulgari e moltissimi altri ingrati che hanno lasciato sui tetti a protestare come stiliti le loro vittime.
Una nazione è innanzitutto un fatto di coesione sociale e morale. Questo governo ha trasformato in alcuni anni dieci milioni di posti di lavoro da stabili in precari. Al solo scopo di permettere il ricatto del fratello operaio o impiegato da parte del fratello imprenditore. Napolitano dice di festeggiare il 150′ ricordando il meglio di questi anni. Non credo che sia la risposta giusta alle inquietudini che salgono dal profondo dell’Italia.
Pietro Ancona, ex segret. generale CGIL Sicilia http:// medioevosociale-pietro.blogspot.com
Non siamo più orgogliosi di essere italiani
A 30 anni ho vissuto per un certo tempo in Francia, dove lavoravo su dei cantieri. Non eravamo amati in Francia. I francesi ricordavano la vile aggressione fascista del 1940, quando la Germania stava completando la sua occupazione della Francia. Mussolini dichiara guerra ad una nazione in ginocchio, attaccandola da sud. Una pugnalata nella schiena: era il ricordo che i francesi avevano conservato dell’infamia italiana. Le conseguenze ricadevano giustamente anche su di me, operaio ospite della Francia, nato dopo la guerra. Questo ricordo un aiuta a riunire le diverse immagini pubbliche dell’Italia nel mondo. Per una buona parte del XX secolo, siamo stati il paese opportunista che ha terminato due guerre mondiali in un’alleanza opposta a quella dell’inizio. In quel periodo, nel nostro paese, si taceva sul grande valore aggiunto dei soldi inviati dai nostri lavoratori all’estero, che costruivano la nuova economia grazie ai loro risparmi. Poi, nel dopoguerra, l’Italia è stata rappresentata dal suo straordinario cinema, allora il migliore del mondo. Attori, registi, produttori hanno ridato lustro all’immagine del paese. C’era di che essere orgogliosi quando si camminava nelle vie di città straniere coperte di manifesti dei nostri film. Poi, l’Italia all’estero si è identificata con i prodotti di lusso dell’abbigliamento. Le vetrine sono molto meno prestigiose dell’eccellenza cinematografica. Ma il successo di certi prodotti commerciali premiava la qualità del lavoro italiano. E oggi: ogni italiano che passa la frontiera si sente dire, con tono insolente e divertito, qualche battuta sulle prodezze sessuali che si concedono illustri rappresentanti della nostra vita pubblica. Oggi, l’Italia all’estero è un paese ridicolo. Si abbozza un sorriso, ringraziando interiormente, ognuno a modo suo, i responsabili di questa notorietà dovuta a demenza senile. Bisogna abituarsi a portare la maschera della farsa pubblica, tentare di sfruttare in un modo o in un altro la fama internazionale della nostra nuova immagine di paese di vecchi in calore, rimessi in sesto, a trazione anteriore.
Erri De Luca in “Le Monde” 15 marzo 2011