Diventano sempre più numerose e ogni volta i media le riferiscono con grande rilievo. Sono un segno di attenzione pastorale o rispondono a una strategia mirata di persuasione che punta sulla sorpresa e sull’emozione che ogni volta questi gesti provocano e non soltanto in coloro che ne sono i diretti destinatari? Gesù, lo sappiamo, peregrinando per le strade della Galilea circondato dai suoi apostoli, rivolgeva la sua parola, senza discriminazioni sociali compresa quella di genere, a tutti coloro che incontrava, ammoniva a cambiare vita e infondeva speranza nel regno di Dio. Non era solo misericordioso, e spesso giudicava con severità coloro che non sapevano rinunciare alle lusinghe del mondo o profanavano le cose sacre. Si è soliti dire che il messaggio cristiano è un messaggio di amore e di perdono, e questa affermazione viene sovente ripetuta anche dall’attuale papa. Ma il cristianesimo è anche una dottrina religiosa tragica, il peccato grava ineluttabilmente sulla vita degli uomini, la via della salvezza è irta di difficoltà, la possibilità della perdizione eterna sempre incombente.

 Questa tragicità segna profondamente tutta la storia della fede cristiana: le stesse divisioni cruente che si sono consumate fra i cristiani, i loro continui cedimenti alla mondanità, le tentazioni mai scomparse, in seno alle chiese cristiane, del potere e del denaro, sembrano confermare, sul piano storico, la dottrina del peccato originale. Il sangue versato da Cristo per la cancellazione del peccato e la salvezza degli uomini in troppi casi si è rivelato vano. I credenti, nonostante la loro fede, restano schiavi del peccato, avvinghiati alle loro passioni e ai loro interessi né più né meno di coloro che non credono. Si dirà che tutto questo fa parte ineluttabilmente della natura umana e che è vana e superba la pretesa di cancellarlo, ma allora perché la fede? Forse per l’altrettanto naturale bisogno di essere consolati e sorretti nelle angosce della vita, per il desiderio di non sentirsi soli, per la necessità, come dicono i credenti, di dare un senso alla propria vita, anche se per dare alla vita un qualche significato non occorre necessariamente affidarsi a una qualche rivelazione religiosa.

 Il gesuita Bergoglio, che dimostra di avere una conoscenza profonda del cuore umano, di quel “guazzabuglio” (per usare un termine manzoniano) che esso è nell’intreccio confuso delle sue emozioni e delle sue illusioni, ha deciso di lasciare le stanze solenni dei sacri palazzi per scendere nelle strade del mondo lungo le quali camminano gli uomini comuni. Lo fa usando, naturalmente, i moderni mezzi di comunicazione, dal telefono a internet, ma compie comunque gesti che sembrano apparentarlo al viandante Gesù, che non aveva però alcuna dignità sacerdotale, ma era forte soltanto del naturale carisma della sua parola. Papa Francesco si accosta con gentile premura agli uomini e alle donne sofferenti, chiama al telefono il fratello e la madre di un uomo assassinato, dice a una donna che ha subito violenza di non sentirsi sola, risponde ai quesiti che gli ha posto un giovane sconosciuto. Quando si affaccia dalla finestra dell’appartamento che egli ha scelto di non abitare nel palazzo apostolico, dice bonariamente parole di buon senso che tutti possono accogliere, anche coloro che sono lontani dalla fede e dalla chiesa di cui Francesco è il capo.

 Ma che ne è dell’annuncio del regno di Dio, che non può compiersi su questa terra, che ne è della escatologia cristiana, della tensione verso altre terre e altri cieli? Dico questo da non credente, che resta però perplesso di fronte a un cristianesimo ridotto (non vorrei mancare di rispetto al papa) a una specie di posta del cuore, dove c’è per tutti una parola di consolazione, di incoraggiamento e di speranza. Eppure essere cristiani, se si leggono i vangeli, è tutt’altro che facile e la via che Cristo indica a coloro che intendono seguirlo è irta di insormontabili difficoltà psicologiche, a cominciare dal comandamento di amare i propri nemici.

Bergoglio non è il falegname Gesù, è un uomo di potere che guida una ramificata organizzazione mondiale, che deve badare ogni giorno a tutelare certi interessi, a non urtare certi poteri, a muoversi con cautela al centro di  una ragnatela di collaboratori e di cortigiani che ha finito col soffocare il povero Ratzinger e costringerlo alle dimissioni. Ma non solo: egli deve anche cercare di mantenere l’influenza della sua chiesa in un mondo sempre più secolarizzato che incalza il cattolicesimo con domande, in campo morale e sociale, sempre più imbarazzanti per chi si è da secoli schierato sul fronte della conservazione e del privilegio. Senza voler negare che l’ansia di riforma della chiesa che anima il papa sia davvero sincera e che certe sue affermazioni nascano dalla consapevolezza che non è più possibile percorrere vecchie strade che si sono ormai dimostrate del tutto sterili, resta però l’impressione che Bergoglio sia soprattutto, a cominciare dal modo di comunicare, miglior politico di Ratzinger, più duttile e pragmatico, meno ancorato a certe rigidità ecclesiastiche, più disponibile a dialogare con il mondo esterno. Ma che questa sua abilità politica di matrice chiaramente gesuitica sia anche il segno di un profondo rinnovamento spirituale è tutto da provare.

Paolo Bonetti   27- 8- 2013   da    www.italialaica.it

 

 

Papa Francesco. Aborto, anticoncezionali, gay: cambia la Chiesa, non la linea

Papa Francesco sta cambiando radicalmente la Chiesa, ma a giudicare dai fatti sta cambiando  il governo del Vaticano, vedi gli interventi sullo Ior e la minore influenza della Curia, più che la linea della Chiesa in quanto tale. Alcune sue dichiarazioni sono nel solco delle solite posizioni dei suoi predecessori e anche quando dice cose nuove evita accuratamente di fare i conti con il passato. Impedendo così di fatto ai credenti una visione più completa e una fede meno passiva e conformista. Vediamo un po’ come stanno le cose in alcuni campi.

1) – “La vita va difesa fin dal concepimento”, ha dichiarato il Papa domenica scorsa. Parole che suonano bene, ma che alla fine si traducono nella solita pretesa che la donna non abbia poteri decisionali sul proprio corpo a partire dal concepimento, limitandosi a ridursi a barattolo del cui contenuto non può disporre lei valutando le proprie condizioni, ma le leggi dettate dalla cultura del potere, maschile e maschilista da millenni. Si tende cioè a demolire ancor più il diritto all’ aborto. Diritto che peraltro viene riconosciuto ed esercitato solo entro limiti di legge ben precisi, ma che è già stato di molto ridotto spingendo i medici cattolici all’obiezione di coscienza anche negli ospedali pubblici. Sono ben note le umiliazioni alle quali deve sottostare una donna, specie se minorenne, non solo se ha scelto di abortire, ma anche se vuole solo utilizzare la “pillola del giorno dopo”. Gente invadente, auto definitasi “Amici della vita” in base a chissà quali criteri, cerca di scoraggiarle in mille modi, per giunta in strutture sanitarie pubbliche. Vale a dire, in strutture pagate con le tasse di tutti i contribuenti della Repubblica italiana: compresi gli atei e i i cittadini che seguono altre religioni e che con il papato e le sue dottrine non hanno e non vogliono avere nulla a che vedere.

L’Italia è l’unico Paese del mondo non solo civile che permette ai medici ospedalieri, vale a dire, pagati con danaro di tutti i contribuenti, la comoda scusa dell’”obiezione di coscienza” per mandare al diavolo una donna che per motivi personali ha bisogno di abortire o anche solo di dover ricorrere alla pillola del giorno dopo. Chi manderebbe mai al fronte un ufficiale militare con tanto di divisa e gradi obiettore di coscienza, cioè contrario alla guerra per principio? Il medico obiettore è evidente che in un Paese serio non dovrebbe lavorare in una struttura pubblica, dove il cittadino ha il diritto di veder risolvere i propri problemi sanitari, ma dovrebbe poter lavorare solo ed esclusivamente in strutture private.

2) – La vita però secondo la Chiesa, compresa ancora oggi la Chiesa di Papa Francesco, va “difesa” anche prima del concepimento. A questo tipo di difesa preventiva serve infatti il divieto di usare il preservativo, divieto che, si noti bene, è responsabile soprattutto in Africa della devastazione della vita e infine della morte di una marea di esseri umani infettati dall’ Aids. E sempre a questo tipo di difesa preventiva serve il divieto della pillola anticoncezionale, corresponsabile almeno in Africa della nascita di milioni di esseri umani destinati a morire rapidamente di fame per mancanza di risorse ed estrema povertà dei genitori. Sul pianeta Terra muore di fame e stenti vari un bambino ogni 6 secondi, così dicono le statistiche. Qualche anno fa era un bambino ogni 8 secondi. Evidentemente le condizioni sono peggiorate ancora. Ma la Chiesa è rimasta ferma sui suoi “NO!” a onta delle poco cristiane e per nulla caritatevoli conseguenze. Avrà coraggio Papa Francesco in fatto di preservativi e pillola anticoncezionale? O non oserà contraddire l’infelice e inspiegabile scelta di Paolo VI, passato alla storia come “il papa del no alla pillola”?

Durante il pontificato di Paolo VI oltre mille scienziati allarmati e scandalizzati dalla posizione contraria agli anticoncezionali della Chiesa firmarono un manifesto per accusarla esplicitamente di essere “responsabile di un genocidio di vaste proporzioni condannando a morte milioni di esseri umani che nasceranno in condizioni da non poter avere né cibo né medicinali”. Scosso dalle accuse, Paolo VI per decidere che fare nominò un’apposita commissione chiamandone a far parte scienziati, teologi, porporati ed esperti vari. La commissione concluse i suoi lavori raccomandando al Papa di eliminare i divieti, imposti dal suo predecessore, il “Papa buono” Giovanni XXIII, chissà perché se non per la sessuofobia che caratterizza la Chiesa. La commissione dimostrò tra l’altro che non esistevano motivi morali né religiosi desumibili dalla Bibbia o dai Vangeli che imponessero il divieto e terminò i propri lavori raccomandando al Papa di legittimare l’uso degli anticoncezionali, pillola e preservativo. Ciononostante, Paolo VI confermò il divieto. Dopodiché alla strage degli innocenti per fame e stenti vari denunciata dai mille scienziati si è aggiunta la strage provocata dal dilagare dell’Aids. Le cui vittime, si noti, sono soprattutto gli abitanti dei Paesi poveri. Per ribadire il no alla contraccezione, perfino alla “pillola del giorno dopo”, Ratzinger quando era Papa ha ribadito che “l’unico scopo dei rapporti sessuali è la procreazione”, e che il sesso deve essere solo ed esclusivamente all’interno del matrimonio. Affermazioni che non trovano nessun riscontro neppure queste nella Bibbia e nei Vangeli.

3) – E se la vita va difesa perfino prima di essere concepita, alla stessa stregua va difesa anche quando è ormai ridotta al calvario della vita esclusivamente vegetativa, mantenuta artificialmente con macchinari di tutti i tipi. La Chiesa è infatti contraria al testamento biologico e ha fatto di tutto perché il Parlamento italiano lo vietasse. I casi di Eluana Englaro, Piergiorgio Welby e Luca Coscioni non sono che uno dei troppi calvari, spesso lunghissimi, imposti a chi è ridotto allo stato vegetativo e ai suoi cari. Il tutto, si noti, senza una definizione scientifica, non ideologica, non autoritaria, non preconfezionata e non autoreferenziale, di cosa sia la vita.

4) – “I musulmani sono nostri fratelli”, ha anche detto di recente Papa Francesco. Bene. E le crociate? Delle quali, pur trascurandone alcune, la Chiesa ne ammette ufficialmente ben sette, mica una. Forse si dovrebbe spendere qualche parola per dire che sono state un errore, anzi una serie di errori durata un paio di secoli. E i silenzi sull’ostracismo attuale verso le richieste del milione e mezzo di musulmani presenti in Italia, a partire dalla costruzioni dei luoghi di culto e a finire alla presenza in Parlamento di un imam e di cibi alla buvette consoni alle usanze islamiche? Pochi ani fa Papa Ratzinger ha detto che “gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori”. Bene. Benissimo. Ma se siamo tutti fratelli, cristiani, musulmani ed ebrei, perché non trarne le conseguenze anche in pratica? Perché continuare a farsi concorrenza e a rinfacciarsi genitori diversi? Qualcuno è forse figlio di un Dio minore? Se gli ebrei sono “i nostri fratelli maggiori” ne consegue che i musulmani sono i nostri fratelli minori, essendo l’ Islam nato dopo il cristianesimo. Ma i fratelli minori non dovrebbero essere trattati con particolare affetto? A quanto pare, il trattamento però è alquanto diverso, non abbonda in affetto né da una parte né dall’altra.

5) – Infine: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Giusto! Papa Francesco ha detto una buona cosa, quasi ovvia. C’è però un problema, anzi due. Il primo è che un gay potrebbe benissimo essere una persona che non “cerca il Signore”, quanto meno non nostro Signore, per esempio un ateo, un buddista, un induista, un confuciano, un musulmano, ecc. In questi casi, che nel mondo sono decine di milioni, il Papa si sente invece in diritto di giudicare? E di giudicare come? Negativamente, si direbbe. E perché mai? Pare quindi eccessivamente ottimista l’articolo per Repubblica del priore della comunità di Bose, don Enzo Bianchi, intitolato “Il Vangelo del Papa che non vuole più giudicare”. Il secondo problema è cosa intenda Papa Franceso per avere “buona volontà”. La buona volontà di tutti gli esseri umani di buona volontà o la buona volontà intesa come impegno a uscire dall’ omosessualià? Cosa, quest’ultima, peraltro non sempre possile a parte la canzoncina di Povia “Luca era gay e ora ama lei”. E’ ormai assodato che l’intera visione dell’omosessualità come “contro natura” è semplicemente fuori dalla realtà. In natura ci sono infatti più o meno 40 mila specie animali che praticano l’omosessualità senza né scandalo né problemi e senza neppure il rischio di estinzione. Contro natura sono semmai, stando alla reale realtà di Madre Natura, l’obbligo alla castità e all’astinenza o alla fedeltà a vita.

A ben vedere c’è anche un terzo problema. Ai giornalisti che lo intervistavano sull’aereo di ritorno da Rio De Janeiro Papa Francesco riguardo i gay ha infatti aggiunto: “Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte”. Bene. Benissimo. Però allora è doveroso aggiungere che si tratta di un catechismo recente e che la Chiesa ha sbagliato per secoli e secoli nel condannare gay e lesbiche, mandandoli anche al rogo quando il tribunale dell’ Inquisizione faceva il bello e il brutto tempo, soprattutto il brutto. Il premio Nobel Dario Fo ama ricordare che i gay sono detti anche “finocchi” perché quando erano bruciati vivi in piazza i volenterosi funzionari dell’ Inquisizione aggiungevano per il rogo casse degli ortaggi chiamati finocchi perché con il loro aroma mitigassero il lezzo della carne umana bruciata. E’ legittimo far finta di nulla riguardo la repressione durata molti secoli e limitarsi invece a sfoggiare la novità di un comportamento mutuato dalla maggiore tolleranza della società civile?

Se non si ammettono gli errori pregressi, durati molti secoli, è impossibile un rinnovamento vero e duraturo. Un rinnovamento cioè non di facciata e non subordinato alle mode per rincorrere in ritardo la modernità come è stata per esempio la messa rock. Speriamo che Papa Francesco ce la faccia. Ma se i fatti dimostrassero che non ce la fa o che si accontenta dei cambiamenti di facciata, o solo interni al Vaticano, sarà da irresponsabili tacerlo.

 Pino Nicotri      14 agosto 2013    da www.blitzquotidiano.it

 

vedi: Perché non amo il papa “piacione”

 

 

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