L’8 novembre 1947 viene ucciso dalla mafia a Marsala (TP) con colpi di fucile VITO PIPITONE (39 anni) contadino e dirigente della Confederterra locale.
Padre di quattro figli, Pipitone era un convinto sostenitore della possibilità di applicare anche in Sicilia la nuova legislazione in materia di agricoltura varata dal governo nazionale e dal ministro Fausto Gullo (ottobre 1944). Dirigente della Camera del lavoro di Marsala, da tempo si batteva per i diritti dei contadini: un onesto stipendio, la giornata lavorativa di 8 ore e la pensione.
Il sindacalista aveva portato avanti anche diverse battaglie contro il latifondo ed era riuscito a strappare ai notabili vari feudi, tra cui alcuni in contrada Fiocca, tra Marsala e Mazara del Vallo.
Con altri braccianti aveva già occupato diversi appezzamenti in altri feudi della zona organizzando spontaneamente la suddivisione dei terreni incolti dei feudi secondo la legge Gullo. Ma le nuove norme non erano ben viste da tanti “signorotti” locali, che non esitarono a mettersi d’accordo con la mafia per sbarazzarsi dei sindacalisti più determinati a difendere i diritti dei contadini.
Per questa sua attiva partecipazione alla «lotta per la terra» Pipitone venne ucciso la sera dell’8 novembre 1947, mentre stava andando in bicicletta a casa di sua madre: qualcuno, approfittando del buio, gli sparò all’altezza della pancia e si dileguò, lasciandolo agonizzante nella stradina tra i campi che stava attraversando. Alcuni vicini, uditi i colpi di lupara, si precipitarono e portarono l’uomo ferito gravemente all’ospedale di Marsala, dove morirà quasi subito. Pipitone non ebbe nessuna forma di giustizia e i suoi resti riposano nel cimitero di Marsala.
La sua fu una sorte simile a quella che toccò in quegli anni a PLACIDO RIZZOTTO, ACCURSIO MIRAGLIA, SALVATORE CARNEVALE e ad almeno altri 40 eroici sindacalisti. Alberto Spampinato, giornalista (fratello di GIOVANNI, anche lui giornalista, ucciso dalla mafia nel 1972), ha scritto:
“Per non darla vinta ai mafiosi e ai violenti di ogni risma, è necessario che nessuna vittima dell’ingiustizia diventi un nome senza storia…”
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