A due mesi dal referendum costituzionale bisogna dare un seguito politico al No forte e chiaro con cui il popolo sovrano ha respinto l’ennesimo attacco alla Costituzione e bocciato il renzismo in tutte le sue forme. Il voto del 4 dicembre ha rappresentato un momento di rivolta, un atto di ribellione alla pretesa di scardinare la Carta fondamentale dei diritti. Ma ha anche significato il rifiuto netto verso l’agenda di governo imposta da Renzi a colpi di fiducia, che ha portato allo smantellamento dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori.

Completando un disegno avviato da Berlusconi e proseguito da Monti, Renzi ha riconsegnato al capitalismo industriale e finanziario tutti quegli spazi che esso aveva dovuto cedere negli anni 60 e 70. È mancato però l’ultimo tassello: la trasformazione della nostra Democrazia orizzontale in una Repubblica verticale come volevano Licio Gelli e la P2 quaranta anni prima.

Gli italiani hanno detto ‘no grazie’, così riscoprendo il senso più pieno dell’art.1 della Costituzione: l’Italia come democrazia fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare. La difesa della Carta è diventata un tema comune, un aggregatore, e si è tradotta in una ritrovata voglia di partecipazione, in una fame di vera politica testimoniata dal sorgere ovunque di comitati per il No.

Ora bisogna passare alla fase 2, ripartendo da quell’entusiasmo. Salvatore Settis ha denunciato proprio su questo giornale, qualche giorno fa, il rischio di disperdere lo slancio ideale di chi ha votato No il 4 dicembre. Sarebbe un errore imperdonabile, non possiamo permetterci di dissipare un simile patrimonio, tanto più considerando che alla vittoria del No non è seguito il momento di rottura politica che era lecito aspettarsi, ma la continuità del governo Gentiloni.

È allora necessario che alla stagione della resistenza costituzionale faccia seguito quella della riscossa costituzionale, in modo che la Costituzione sia finalmente attuata. È un cambio di passo da fare subito. Io ho già proposto – e lo ripropongo qui ancora una volta – di convocare al più presto gli Stati Generali per l’attuazione della Costituzione, un momento d’incontro, aperto a chiunque sia interessato a costruire un fronte popolare e democratico, un’alleanza antisistema in grado di coordinare una nuova passione politica e costruire una cultura condivisa della democrazia, dei diritti, della legalità, delle libertà e del rispetto della Costituzione.

Abbiamo anche redatto un appello, insieme a costituzionalisti come Alberto Lucarelli ma anche a cittadini attivi ed esponenti della società civile come Ivano Marescotti e Vauro, ed al quale sulla rete (sulla piattaforma Change) stanno aderendo giuristi, rappresentanti dell’associazionismo e tanti cittadini comuni, che è rivolto in primis agli italiani che si sono battuti per la vittoria del No al referendum e che hanno voglia di battersi ancora per una reale attuazione della Costituzione.

Allo stesso tempo, però, occorre anche guardare cosa sta accadendo dentro il Pd e alla sua sinistra, nonché nella complessa galassia del mondo 5 Stelle perché non si possono ignorare i processi di disgregazione e aggregazione che stanno ridisegnando quell’area in cui è cresciuto il popolo del No. Esiste un minimo comune denominatore che consente di rendere riconoscibile, attiva e unitaria questa area, che tale è stata in occasione della sfida referendaria e che da questa sua unitarietà ha tratto l’energia per vincere?

Siamo davanti a un’altra sfida importante, in un momento decisivo della nostra storia. Potremo vincerla solo se saremo capaci di recuperare e rilanciare quella voglia di partecipazione e quella fame di vera politica che ha permesso di vincere la battaglia referendaria. Una battaglia appunto, perché la guerra è ancora lunga e il nemico prepara già la controffensiva: non possiamo abbassare la guardia proprio adesso.

Antonio Ingroia       Il Fatto   7 febbraio 2017

 

vedi:  Il popolo del No si riunisca in comitati

Non disperdiamo il patrimonio del No

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