L’8 marzo del 415 viene massacrata ad Alessandria d’Egitto da una folla di fanatici cattolici IPAZIA (forse 45 anni) matematica, astronoma e filosofa.
Ipazia nacque ad Alessandria d’Egitto intorno alla metà del IV secolo da Teone, noto geometra ed insegnante di matematica ed astronomia. Ipazia fu prima sua allieva e poi collaboratrice. Lo scrittore Filostorgio (368- 439) sostenne che: “Ella divenne migliore del maestro, particolarmente nell’astronomia e che, infine, sia stata ella stessa maestra di molti nelle scienze matematiche”.
Ipazia ebbe tutti i titoli per succedere al padre nell’insegnamento di matematica, astronomia e filosofia nella comunità alessandrina all’interno del glorioso Museo (edificio dedicato alle Muse, ossia alle divinità protettrici delle arti e delle scienze e fondato 700 anni prima. Era un luogo d’incontro tra esperti ed anche d’insegnamento: per secoli fu la massima istituzione culturale del mondo ellenistico e al Museo era annessa la famosa Biblioteca, la più grande del mondo antico).
Ipazia fu una straordinaria studiosa di matematica che sapeva intrecciare con argomentazioni filosofiche legate al neoplatonismo e alla ricerca astronomica. Quando tracciava una nuova mappa del cielo Ipazia indicava una traiettoria nuova – e insieme antichissima – per mezzo della quale gli uomini e le donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico cattolico emergente.
Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (l’intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che tenute l’una insieme all’altra costituivano un inflessibile canone di verità.
I primi ad occuparsi di lei furono due storici della Chiesa: Socrate Scolastico (380- 440 circa) e Filostorgio. Ottant’anni dopo Damascio di Damasco (458- 550) ripropose anche la sua biografia d’Ipazia. Quando Socrate e Filostorgio scrissero le loro opere molti dei responsabili della morte della filosofa erano ancora vivi: i due quindi rischiarono fortemente la vita accusando tutt’altro che velatamente Cirillo (370- 444, allora vescovo di Alessandria) di quel truce delitto.
Filostorgio in particolare attestò che se i cattolici colti e ormai al margine dell’ortodossia vedevano di buon occhio Ipazia altri cattolici invece non la tolleravano proprio (in quanto donna libera) e si scagliarono contro di lei fino ad ucciderla. Socrate Scolastico descrisse con vigore l’odio e la gelosia che portarono alla tragica morte d’Ipazia:
“Ella giunse ad un tale grado di cultura che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei. [...]. Per la magnifica libertà di parola ed azione che le veniva dalla sua cultura accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Infatti a causa della sua straordinaria saggezza tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale.
Per questo motivo allora l’invidia si armò contro di lei. Alcuni dall’animo surriscaldato guidati da un lettore di nome Pietro si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno casa. Tiratala giù dal carro la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario: qui strappatale la veste la uccisero colpendola con i cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro trasportati questi pezzi al cosiddetto Cinerone cancellarono ogni traccia di lei nel fuoco”.
La folla, in cui erano presenti anche dei monaci chiamati parabolani, uccise in maniera feroce in lei la libertà di pensiero, l’eredità del migliore paganesimo e la dignità della donna che osava essere autonoma nel pensiero e nella vita.
Una chiesa cattolica emergente intrisa di potere, di logica antievangelica e legata al potere dell’imperatore romano d’Oriente Teodosio II (408- 450) non poteva sopportare la libertà di pensiero d’Ipazia che strenuamente si era opposta alla distruzione, da parte dei cattolici fanatici, della magnifica Biblioteca d’Alessandria cuore della cultura pagana del mondo di allora.
Inoltre la Scuola che Ipazia aveva fondato ad Alessandria era agli occhi del truce e fanatico vescovo di Alessandria Cirillo un luogo inaccettabile di libertà di ricerca che il suo oscurantismo ideologico non poteva accettare.
La tragica uccisione d’Ipazia è l’ultimo atto dell’attacco feroce della chiesa cattolica verso il paganesimo ( che avrà il suo corrispettivo, nell’impero romano d’Occidente retto da Onorio (384- 423), con l’uccisione negli stessi mesi del 415 del poeta pagano CLAUDIO RUTILIO NAMAZIANO, autore dell’ultimo poema legato alla cultura pagana: De Reditu suo). Con la morte di Ipazia si potè considerare distrutta una delle più esemplari comunità scientifiche di ogni epoca. Nessun filosofo si dichiarò erede d’Ipazia.
I motivi vanno ricercati nel fatto che Cirillo, considerato dalle fonti principali il responsabile del suo assassinio, detenne la carica di vescovo della città per i successivi 29 anni (egli infatti morì nel 444) nel corso dei quali divenne il vescovo più potente e temuto di tutto l’impero d’Oriente. Ma perché Cirillo odiava tanto Ipazia? Certo l’invidia per la considerazione e la notorietà che questa donna aveva raggiunto nella sua città giocò un ruolo notevole e non gli poteva permettere di accettare ruoli di preminenza per una donna, per di più pagana. Nonostante tutto Cirillo verrà santificato dalla Chiesa e nel 1882 Leone XIII lo proclamerà dottore della Chiesa. Mah!!
Ma le cause del rancore del vescovo di Alessandria contro Ipazia hanno radici più profonde, di carattere politico e religioso: infatti nel 391 Teodosio I (347- 395) imperatore d’oriente aveva proclamato il cattolicesimo religione dell’impero e quindi tutto ciò che era pagano veniva considerato demoniaco.
Sul corpo violato d’Ipazia inizia il percorso di una chiesa ferocemente oscurantista di cui ancora oggi il pensiero laico e il messaggio cristiano originario pagano le conseguenze.
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