Il 23 marzo 1943 muore a Cuorgnè (TO) dopo una lunga malattia PIERO MARTINETTI (71 anni) filosofo, accademico e Antifascista.
Martinetti nacque a Pont Canavese (TO) nella famiglia di un avvocato, primo di quattro figli. Frequentò il collegio civico di Ivrea e nel 1889 si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia di Torino dove si laureò nel 1893. Successivamente andò a Lipsia per perfezionare i suoi studi di filosofia e psicologia.
Insegnò per alcuni anni nei licei finchè nel 1906 divenne docente di filosofia all’Accademia scientifico-letteraria di Milano dove insegnerà fino al 1931. Mentre approfondisce l’idealismo critico e la figura di Kant si avvicinò al pensiero del grande scrittore russo Leon Tolstoj (1828- 1910) per attingere una visione gnostica del cristianesimo, libero da ogni confessionalismo che lo porterà a vivere una profonda fede cristiana laica.
La prima guerra mondiale suscitò in Martinetti una decisa avversione morale alla guerra e allo spirito militarista che vede come una vera degenerazione dell’autentico spirito patriottico così come lo aveva espresso il filosofo che più prediligeva ( insieme ad A. Schopenauer): J.G. Fichte. Martinetti così scrisse in quel periodo:
” La guerra è sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un’inversione di tutti i valori morali … dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l’ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione … strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze”.
Nel 1920 fondò a Milano una Società di studi filosofici e religiosi per affiancare al suo insegnamento universitario un impegno didattico più vicino al popolo per la formazione delle coscienze e per una religiosità laica arricchita da riflessioni filosofiche.
Nel 1922 pubblicò Il breviario spirituale come strumento di approfondimento del suo idealismo etico. Espresse critiche alla democrazia liberale così come la vide realizzata nel suo tempo e fu ostile al socialismo marxista nelle sue forme estreme ma, soprattutto, denunciò la componente demagogica e totalitaria del nascente fascismo divenendo un deciso antifascista.
Nel 1923, dopo la Marcia su Roma fascista e l’ascesa al governo di Mussolini ( che giudicò “circostanze pesantissime“), rifiutò la nomina a socio corrispondente della prestigiosa Reale Accademia Nazionale dei Lincei.
Dal 1923 i rapporti di Martinetti con le autorità accademiche si fecero più difficili a causa della fascistizzazione dell’Accademia scientifico-letteraria di Milano e difese con parole ed esempi la dignità della sua cattedra affrontando apertamente le minacce degli squadristi fascisti.
Nel febbraio del 1926 venne denunciato, a causa dei suoi studi su una lettura laica del cristianesimo, per “vilipendio dell’eucarestia” e Martinetti difese i propri corsi con un doloroso memoriale. Nell’aprile dello stesso anno fu sciolto, per ragioni di ordine pubblico, il VI Congresso Nazionale di filosofia a Milano, da lui presieduto, e venne sottoposto a provvedimenti disciplinari da parte del ministro dell’educazione nazionale che potevano portare alla sospensione dell’insegnamento di Martinetti che veniva giudicato “incompatibile con le generali direttive politiche del Governo”. Inoltre Martinetti aveva vissuto un forte contrasto con il potente gesuita Agostino Gemelli (1878- 1959) perché il filosofo aveva invitato al congresso di filosofia il prete e docente ERNESTO BUONAIUTI (1881- 1946) scomunicato dalla Chiesa Cattolica.
Nel 1928 Martinetti pubblicò La Libertà in cui analizzava storicamente e filosoficamente il rapporto tra volere umano, libertà e Dio. L’opera fu condannata da teologi e filosofi tradizionalisti.
Infine nel 1931 Martinetti, per seguire la sua coscienza, si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al fascismo ( a cui vennero costretti tutti gli accademici d’Italia) e venne messo in pensione d’autorità. In tutta Italia furono solo una quindicina, su 1.251, i docenti universitari che rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà al fascismo (tra i quali il suo amico Ernesto Buonaiuti), perdendo così la cattedra e Martinetti fu l’unico docente di filosofia che si oppose al giuramento.
Dopo il forzato pensionamento Martinetti visse solitario nella sua piccola proprietà terriera, in Spineto di Castellamonte (TO), portando avanti lo studio dei volumi raccolti nella sua sterminata biblioteca. Nel 1934 pubblica con grandi difficoltà l’opera di filosofia della religione Gesù Cristo e il cristianesimo, apprezzata da Benedetto Croce, ma il libro fu sottoposto a sequestro dalla prefettura, perché messo all’Indice dei libri proibiti dall’autorità ecclesiastica.
Nel 1936 pubblica una silloge dei Vangeli e anch’essa fu messa all’Indice: Martinetti scrisse parole di grande fermezza e dignità nei confronti del Sant’ Uffizio ma tutto questo accentuò la sua emarginazione. Comunque i giovani ALDO CAPITINI (1899- 1968), EUGENIO COLORNI ( 1909- 1944) e NORBERTO BOBBIO (1909- 2004) mantennero con lui un proficuo rapporto educativo.
Nel maggio del 1935 venne brevemente arrestato a Torino perché ritenuto coinvolto in congiura antifascista organizzata da Giustizia e Libertà e guidata da AUGUSTO MONTI (1881- 1966), ma venne poi riconosciuto estraneo al fatto. Al momento dell’arresto Martinetti disse una frase che aveva pronunciato varie volte: “Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia“.
Nel 1942 pubblica Ragione e fede con il quale riprende i temi del Gesù Cristo e in cui, tra l’altro, afferma che la fede cristiana è stata incarnata storicamente più dalle «eresie» che dal mondo ecclesiastico e quindi vedeva, per un possibile rinnovamento religioso, più adatte piccole comunità di credenti (sul modello delle prime comunità cristiane e dei “cristiani senza chiesa” della seconda riforma protestante perchè erano comunità pacifiste ed antiautoritarie) che non le grandi istituzioni religiose (specialmente la Chiesa cattolica) che nella storia si erano dimostrate propense ad una mentalità secolarista e ad una ricerca del potere.
Martinetti invecchiò in povertà svolgendo il lavoro di agricoltore nella sua piccola tenuta e vivendo nella sua casa di Spineto priva di luce elettrica, senza stufe, per il timore che potesse andare a fuoco: l’unica sua ricchezza materiale era la sua biblioteca.
Pur continuando il suo lavoro di studio e le sue pubblicazioni sulla Rivista di filosofia, Martinetti dal settembre 1941 cominciò a declinare fisicamente dopo una trombosi dovuta ad una caduta accidentale. Varie complicazioni lo porteranno alla morte il 23 marzo del 1943 nell’ospedale di Cuorgnè (TO).
Sua sorella Teresa si oppose fortemente, durante la malattia del fratello e dopo la sua morte, affinchè non ricevesse nessun conforto religioso in assoluto rispetto della visione laica della fede del filosofo. Il parroco di Spineto disse di “non dare onore alla salma dell’eretico, ateo e scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato” ma comunque un gruppo di persone seguì il carro che portò il corpo di Martinetti alla stazione da dove partì in treno per Torino per essere cremato. I resti di Martinetti riposano ora nel cimitero di Castellamonte (TO) accanto alla tomba della sorella Teresa.
Questa è la lettera spedita al ministro dell’educazione nazionale Balbino Giuliano con cui Martinetti rifiutò di prestare giuramento al fascismo:
13 dicembre 1931
Eccellenza!
Ieri sono stato chiamato dal Rettore di questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto, con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede, perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza.
Ho sempre diretta la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l’uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio. Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l’E.V. riconoscerà che questo non è possibile.
Con questo non intendo affatto declinare qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che l’E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita.
Dell’E.V. dev.mo
Dr. Piero Martinetti
In una lettera all’amico Guido Cagnola (1861- 1954) del 21 dicembre 1931 Martinetti scrive:
“Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà fascista e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall’università. Mi consolo d’essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis (lo storico), Levi Della Vida (l’orientalista), Volterra (il matematico), Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d’avvilimento.”
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