“Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita”. Quando Gaber e Luporini scrivevano queste parole pensavano a persone come Alfredo Reichlin.
La prima cosa che colpisce nel confronto fra quei capi e quelli di oggi è la cultura. Nella diversità di opinioni di una sinistra che ama da sempre dividersi, il tratto comune dei duellanti di allora, Reichlin, Pintore Napolitano, Amendola e Ingrao e Lama, era l’altissimo livello della discussione, paragonata al meschino di oggi.
Non solo fra comunisti, ma anche fra socialisti, cattolici, liberali. È un mistero come un’Italia in larga parte analfabeta scegliesse di farsi rappresentare da uomini di quello spessore, circondati da circoli d’intellettuali e artisti, mentre questa scolarizzata si accapiglia al novanta per cento tifando quattro, cinque leader che, tutti insieme, non hanno letto nella vita i libri che Reichlin divorava in un mese. Il disprezzo e la derisione per la cultura è il comun denominatore di tutti i populismi trionfanti.
Cultura è diventato sinonimo di salotto. potere, snobismo, establishment. Quando al contrario è proprio un establishment riccastro, egoista e ignorante a produrre i Trump. L’unica volta che si cita il termine a sinistra è solo per parlare di “cultura di governo”, che significa in pratica essere disposti a qualsiasi compromesso pur di comandare, lisciare il pelo ai gruppi dominanti e approvare le crescenti ingiustizie, svendere i diritti acquisiti e applicare senza batter ciglio ricette di destra nel nome di un presunto riformismom oderno. Pur di stare al governo e allontanare cosi la vergogna e la noia di dover stare all’opposizione.
L’esatto opposto di quei vecchi capi comunisti, che al governo non sarebbero mai arrivati, ma dall’opposizione hanno cambiato davvero la vita e ottenuto risultati enormi, straordinarie riforme, lavoro e salario e pensioni dignitosi, assistenza sanitaria e istruzione pubblica di alto livello per le classi popolari. Il tradimento del primo dei valori di sinistra, la difesa dei deboli, è all’origine del declino socialista in tutta Europa. Incarnato in ultimo dalla figura grottesca del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, uno che imitando la destra liberista ha contribuito al disastro del socialismo olandese, franato dal 25 percento al 5 percento, e ora si è messo a scimmiottare la destra razzista.
Curzio Maltese Venerdi di Repubblica 31/3/2017
vedi: Gaber 2016: cos'è destra o sinistra
Come cambiare la sinistra di destra
Contro il populismo serve più cultura
Amare la democrazia e rispettare il popolo
Una nuova sinistra per l’eguaglianza