Il 29 agosto del 1944 muore fucilato dai nazifascisti a Laiano di Filettole (Pisa) don LIBERO RAGLIANTI (29 anni) presbitero, Partigiano e Antifascista.
Raglianti nacque a Cenaia (PI) in una famiglia contadina, entrò in seminario e venne ordinato sacerdote nel 1938 poi dal 1940 al 1944 fu giovanissimo parroco della Pieve di Valcastello (Pisa).
Era uomo d’azione, estremamente sincero e aveva mal sopportato da sempre il regime fascista: in molte occasioni aveva coraggiosamente espresso le sue critiche durante le omelie. Subito dopo l’8 settembre 1943 iniziò un’attiva collaborazione con la Resistenza tanto da meritare la qualifica di partigiano combattente nella formazione Bandelloni attiva sul confine della Linea Gotica delle Alpi Apuane in Toscana.
Collaborò da subito attivamente anche con il CLN e dopo che il fronte era avanzato fin nella Versiglia, con il conseguente ordine di sfollamento dal litorale, organizzò con grande generosità l’ospitalità a diverse migliaia di sfollati: don Libero divenne il fulcro dell’attività di assistenza.
Il 13 agosto 1944 i nazisti compirono un rastrellamento a Valdicastello e arrestarono una trentina di paesani tra cui il loro parroco: il reparto nazista era lo stesso lo stesso che il giorno prima si era reso responsabile a Sant’Anna di Stazzema (Lucca) di un eccidio di 560 civili ( soprattutto anziani, donne e bambini).
Quattordici degli arrestati di Valdicastello furono subito fucilati, gli altri condotti a Lucca; la maggior parte finì alla Pia Casa di Beneficenza, luogo di smistamento per i prigionieri da utilizzare nel lavoro forzato; invece quelli sospettati di aver contatti con la Resistenza furono portati a Nozzano (Lucca), sede del comando della 16 SS Panzer Granadier Division.
Don Raglianti fu inserito in questo gruppo e nei locali della scuola elementare, trasformata in luogo di detenzione, per sedici giorni venne sottoposto a interrogatorio e tortura. Poi, incapace di tenersi in piedi e con il volto sfigurato, fu portato a Laiano di Filettole e fucilato il 29 agosto 1944 con altri prigionieri. Sul suo cadavere fu lasciato un cartello con su scritto: “Bandito che ha attentato alle truppe tedesche“.
Nel 1946 i suoi resti furono sepolti nella Pieve di Valdicastello e nel 1964 gli è stata conferita la medaglia d’oro al merito civile.
Così testimoniò MARIO BIGONGIARI arrestato con il fratello don MARIO cappellano di Lunata (Lucca):
“….Ci condussero in un’aula del secondo piano, dove trovammo altri due di Lucca, certi Ninci e Vannini; erano circa le sette del mattino. Dalle condizioni dei primi internati veduti, capimmo che ci trovavamo in carcere e fra persone su cui pesavano gravi accuse.
In una prima stanza, tutto intorno alla parete c‘erano dei giovani in ginocchio di cui alcuni bendati. Nel mezzo c’era una sentinella tedesca armata di mitra che sorvegliava ogni movimento, percuotendo brutalmente chi, per stanchezza o insofferenza, cambiava posizione. Sempre al piano superiore in comunicazione con la nostra stanza, vi erano i rastrellati di Valdicastello.
Tra loro in seguito conoscemmo il pievano don Libero Raglianti, un carmelitano, Padre Marcello, e uno studente di teologia salesiano, Tognetti. Anche le condizioni di questi erano dolorose. L’aspetto lo dimostrava: barba lunga, vestiti strappati, volti cadaverici. Restammo in quella stanza, priva di qualsiasi mobile, tutta la mattina, senza subire alcun interrogatorio e senza uscire nemmeno per i più elementari bisogni…”
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