Da oggi in libreria per Bompiani il nuovo romanzo di Rossana Campo, “Cati”. L’autrice racconta al Fatto Quotidiano la genesi di una “favola di potere”.

A un certo punto, avevo cominciato a pensare: quando è successo? E perché? Quando la forza femminile è stata sottomessa, quando hanno iniziato a svilirci, ad ammazzarci e violentarci? Ricordavo me stessa ragazzina, e le mie amiche. La natura cominciava a modellare i nostri corpi, era il momento in cui ci sentivamo strabordanti di energie, curiose, eccitate, pronte a entrare nel mondo come eravamo: vive, selvagge. Quando abbiamo sentito che tutto questo non andava bene?

Il mio personaggio, la mia Cati, mi è venuta incontro così, una ragazzina incazzata, eccessiva, piena di un’energia che non sa dove mettere. Senza più madre né padre. Ha sogni e desideri, ma tutta la sua vitalità finisce per ritorcerla contro se stessa. Ho sentito che questa ragazzina aveva bisogno di qualcuno che le dicesse qualcosa di diverso da tutto quello che le veniva detto. E questo qualcuno doveva essere una donna più grande, un po’ fuori, come lei, un’outsider che le dicesse di assumere le sue diversità, la sua rabbia, e farne una forza. Così Cati incontra Seraphine, che ha l’aspetto di una barbona ma si rivelerà una strega sapiente.

Forse, tutto era cominciato tempo prima, con un sogno così potente che mi aveva svegliata alle quattro del mattino. Mi aggiravo fra le rovine romane dei Fori Imperiali e incontravo una donna, una barbona cicciona; era allungata, distesa su un fianco, con un braccio ripiegato sotto la testa. Avevo pensato all’immagine della Dea dormiente di Malta, la Dea della morte e della rigenerazione raffigurata nella celebre statuetta ritrovata nell’ipogeo di Hal Saflieni. La mia Dea però nel sogno non dormiva, e mi guardava con un’espressione ironica, come a dire: ma sul serio credi che io sia messa così male?

Ero rimasta sveglia, emozionata, grata per aver ricevuto quella presenza strana, numinosa. Era una Dea, lo sentivo, ne aveva la potenza, l’autorità. E stava lì, distesa fra le rovine di un antico impero, come a dirmi: Io sono sempre stata qui, e continuerò a essere, in eterno.

Mi ero messa a pensare al senso di indegnità e di inadeguatezza che ancora esiste, sotterraneo, nella vita di molte donne. Un rifiuto di sé che agisce nelle nostre vite a livello personale e collettivo. Continuiamo a vivere in un mondo che non ci ama.

Ho cominciato a leggere e rileggere sotto una luce nuova alcuni testi che mi avevano accompagnata negli anni: Quando Dio era una donna di Merlin Stone, Il calice e la spada di Riane Eisler, Dreaming the Dark di Starhawk, Il risveglio della Dea di Vicki Noble. Mi sentivo connessa con qualcosa di mio, che lo era sempre stato ma che probabilmente ero stata indotta ad abbandonare, a non riconoscere. Ho incominciato a parlarne con amiche, e con donne incontrate casualmente, parlavo delle energie femminili sepolte, dell’anima selvaggia umiliata, del culto della Dea.

Sì, dicevano, è così. Ho cominciato a rileggere le favole, e poi sono arrivata alle streghe. Germaine Greer nell’Eunuco femmina aveva detto: “Invecchiare serve solo se si può diventare una strega e accumulare potere spirituale al posto di quello politico o economico che ci è stato negato in quanto donne. Le streghe discendono dalle sibille e dalle sante, sono di nobile lignaggio e nessuna donna deve vergognarsi di definirsi tale”.

Stavo entrando in un territorio che sentivo fertile e pieno di possibilità. Era forse esistito un tempo diverso, come ipotizzavano Riane Eisler e l’archeologa Maria Gimbutas, in cui eravamo tenute in considerazione, partecipavamo alla vita pubblica, ai riti collettivi; eravamo sacerdotesse, regine e sibille. Le streghe, che onoravano la Dea, avevano la capacità di guarire, erano erboriste, levatrici. Presiedevano alle feste legate al ritmo delle stagioni, stabilivano i legami delle persone con la comunità, la Terra e i suoi frutti.

Dalle pagine di Starhawk, strega, femminista e ecologista, capivo che nei nostri luoghi oscuri, nella nostra rabbia, nella disperazione che a volte ci prende, è racchiuso anche il nostro potere. Stiamo parlando di potere personale, ovvio, non del potere come siamo soliti pensarlo (Trump, o Berlusconi o…) stiamo parlando di un nucleo di energia potente connesso alle forze vitali che è stato perseguitato e schiacciato. Forse, in questi anni che ci vedono andare alla deriva da tutti i punti di vista, questo potere potrebbe tornare nel mondo, e fare qualcosa per un’umanità alienata e connessa.

Potrebbe suggerire nuove strade al potere patriarcale, basato da sempre sul principio di dominazione e sfruttamento. Il potere della Dea, nascosto per secoli dalle religioni maschili, monoteiste, guerrafondaie, sarebbe un cambiamento di rotta per il nostro vecchio mondo, un’alternativa a quella follia che viene chiamata razionalità e che significa poi solo mercato, denaro, sfruttamento, morte.

Rossana Campo       Il Fatto  13 settembre 2017

Dea dormiente, Malta 3500 a.C.

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