Vorrei avvertire i lettori. Questa non è una dichiarazione in più di indignazione e dolore per l’uso della faccia bambina di Anna Frank come materiale di uno spregevole gioco. Ciò che sto per scrivere riguarda l’Italia, non una offesa crudele e demente. Riguarda la crisi di un Paese travolto da pulsioni oscure e cattive che non sono il fascismo, anche se comprendono il fascismo e lo usano come motore o come occasionale bandiera. Riguarda coloro che stanno mostrando senza esitazione e, anzi, probabilmente con orgoglio, una grave deformazione morale. 

È una illusione immaginare un cerchio isolato di ragazzi cattivi e stupidi che usano il volto di Anna Frank per un gioco alla portata di ciò che sanno e che sentono. È una illusione, anche per chi non fosse rozzo e disorientato sulla storia e sulla vita, come l’impresario sportivo Lotito, pensare che ti presenti, chiedi scusa, porti fiori e di questa ragazzata non se ne parla più. I ragazzi delle curve laziali, identici ai giovani e agli uomini di tutte le curve, sono altrettanto ottusi e sperduti, e non sono che una piccola parte di una folla allo sbando. Non ci sono migliori e peggiori. Sono così e basta.

Così come? Abbastanza cattivi da trovarsi bene nei pressi del crimine che li protegge, dalla casa all’impiego. Abbastanza da costringere chi rappresenta ancora i partigiani, e chi è discendenza e memoria dei sopravvissuti alle leggi razziste, a trincerarsi in interni che non sono più l’Italia, ma consolati di una civiltà che per il momento ha abbandonato questo Paese.

Nel frattempo un allegro sarcasmo razzista abita un po’ dovunque. E se lo trovi in così tanti giornali (detti “ di destra”, ma semplicemente “nazionali” e normalmente xenofobi) vuol dire che coloro che si rivoltano se Anna Frank viene usata come un cadaverino da prendere a calci quando hai voglia di fare uno scherzo, sono pochi.

Se confrontate quello che è accaduto con le risposte, a volte volonterose, a volte colorite, più spesso puramente burocratiche, di voci autorevoli e di istituzioni un po’ infastidite, e l’estranea passività di quasi tutti, vi rendete conto che la folla immensa allo sbando, che è in questo momento l’Italia, continua la sua marcia zombie senza incontrare una guida o un ostacolo.

Per tante ragioni che sappiamo, la Costituzione è rimasta apparentemente intatta. Ma due pilastri sono stati rimossi anche lasciando uguale la forma. La Repubblica non è più fondata sul lavoro, nessun lavoro. Il lavoro ha sciolto le file o è stato costretto a farlo da un disprezzo e da una malevolenza che circonda in modo ostile ogni protesta di coloro che sono in lotta e tensione contro un ex datore di lavoro, ma vengono spinti a battersi contro il lavoro di altri, mentre le fonti pubbliche e private che generavano lavoro se ne sono andate.

La Repubblica non è più fondata sulla solidarietà, evocata, invocata o prescritta in almeno 20 punti chiave della nostra Carta. Dal crollo, tenacemente picconato da due lunghi governi Berlusconi e più o meno deliberatamente abbandonato da una ex sinistra che non voleva farsi trovare fuori moda. E così ti dicono che il lavoro (non l’impresa o l’istituzione) deve fare spazio ad altro lavoro, che spetta ai pensionati provvedere a ciò che manca agli altri pensionati (come se lavoro e pensioni fossero “privilegi” ad personam e non posizioni rigorosamente calcolate in modo matematico, come se le pensioni non fossero i tuoi soldi che l’ente pensionistico ha potuto investire per decenni).

E ti spiegano che il diritto acquisito non esiste più perché niente è acquisito in tempi come questi, frantumando non solo la solidarietà fra cittadini (lo spazio libero viene occupato da insofferenza e indifferenza) ma anche fra i cittadini e lo stato “a cui non devi nulla perché ti ha tolto tutto”.

Questa danza macabra non riguarda la ricchezza, che sta altrove, non è inseguita o inquisita da nessuno e non è interessata a regolare nulla perché opera e incassa altrove. Resta il vuoto. E in questo vuoto si espande lo spazio della vendetta.

Uno stesso popolo allo sbando vuole il diritto di sparare comunque, se qualcuno entra in casa (eventualmente sparare alla schiena del ladro che fugge). Vuole che i “clandestini” siano respinti in mare o in Libia perché portano malattie che non ci sono e rubano lavoro che nessuno vuole. Ti dicono che, se li lasci entrare, diventano, allo stesso tempo, i nuovi padroni e i nuovi schiavi.

E allora perché un popolo allo sbando non dovrebbe cedere all’impulso di vendicarsi su Anna Frank? Anna Frank era ebrea, dunque c’erano delle buone ragioni che evidentemente si sono sentite dire a casa o a scuola. E si sarà sentito dire che, a quei tempi, la legge era salda e sicura e che “loro” le cose che dicevano le facevano, e chi governava usava il pugno di ferro. Vuol dire che allora ti sentivi qualcuno.

Ecco che cosa produce il vuoto di un Paese senza cultura, senza morale, senza politica. Anna Frank è il nostro clandestino.

Furio Colombo       Il Fatto  29 ottobre 2017

 

vedi:  Il presente che nutre il fascismo

Socialismo e cultura

La lingua dell'odio

L'Occidente globalizza la depressione

Come si spiega il fascismo


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