Il 21 agosto del 1926 presso la foce del fiume Incastro ad Ardea (RM) viene trovato senza vita, forse suicida o ucciso, don GIUSEPPE FABRIZI (64 anni) presbitero, parroco di Ardea dal 1898 al 1906, contadino e Antifascista.
Don Giuseppe, nato a Genzano di Roma, tentò, nella dura situazione sociale e umana della Ardea di fine ‘800, di dare coscienza e dignità agli “ultimi” affermando con forza che la loro situazione di sfruttamento non era “volontà di Dio”, come una religiosità tradizionale aveva sempre detto.
Tentò di far ritornare il Vangelo ad essere come è: un annuncio di liberazione integrale dell’uomo. Tentò, finchè fu prete, di riinventare la figura di parroco al di là di essere un funzionario di devozioni.
Per questo venne espulso dalla chiesa cattolica, che lo definì “sovversivo”, ma continuò la sua appassionata lotta sociale per la terra di Ardea, tanto amata da lui ma che non lo capì mai totalmente.
Subì persecuzioni religiose e civili che lo portarono in carcere e perfino in manicomio. Don Giuseppe spese la sua vita con amore e
dedizione, fu sempre dalla parte degli ultimi e dei rifiutati e lottò per una Chiesa dal volto diverso e più evangelico.
Nell’ultima parte della sua vita fu un acceso avversario del regime fascista appena iniziato e per questo venne minacciato molte volte.
Morì solo, come spesso muoiono i profeti, come Gesù di Nazareth che don Giuseppe amava nei tanti “poveracci” che aveva incontrato.
I resti di don Giuseppe riposano nel piccolo cimitero di Santa Marina ad Ardea.
Giuseppe Fabrizi, maestro e testimone di libertà
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