L’antipolitica trionfa, si diffonde allegramente in un Paese anarcoide come il nostro. L’antipolitica, che vorrebbe essere una specie di smacchiatore della coscienza pubblica, si sta trasformando in odio e disprezzo per le istituzioni. Un odio pericolosissimo, perché le istituzioni servono per garantire la democrazia.
Dove le istituzioni e le leggi non funzionano, dominano i più ricchi e i più potenti. Molti, in buona fede, e spinti da una sincera indignazione contro i guasti della politica, hanno pensato che, distruggendo le istituzioni si poteva ricominciare tutto da capo e con purezza.
Ma cosa vorrebbero mettere al posto della politica, ormai sistematicamente disprezzata, considerata logora, riempita dalle malefatte delle caste? La prima idea apparentemente nuovissima ma purtroppo molto vecchia, è di affidarsi a una parola che gode sempre di un alone magico: popolo. Il popolo, si dice, è stanco, indignato, povero, malato. E cosa vuole? Pulizia giustizia. Ma chi lo rappresenta? E qui si autopropongono dei nuovi aspiranti governatori che si autodefiniscono più puri e onesti di tutti coloro che li hanno preceduti.
Nuovi governatori che, disprezzando la competenza come fonte di corruzione, si affidano alla improvvisazione di persone pescate dentro il corpo «sano» del popolo. Da qui la parola populismo. Che però storicamente nasceva come un sogno: il governo di contadini e operai tenuti ai margini della società, che finalmente avrebbero eletto direttamente i loro rappresentanti, in barba alle istituzioni.
Solo che in una società di massa, complessa e articolata, dominata dai grandi interessi economici, con una tecnologia che inquina le coscienze, la parola popolo suona stonata. Chi sarebbe il popolo oggi? Quella parte della piccola borghesia incanaglita e inselvatichita a cui la rete ha dato l’agio di tirare fuori, anonimamente, il peggio della frustrazione e dell’odìo distruttore di ogni cosa? O i delusi che vogliono vendicarsi? O chi si fa prendere da paure insufflate?
Sostituire la competenza, prodotto di selezione, con la improvvisazione, stabilendo che chi non sa è più puro e giusto, è un azzardo pericoloso. Le istituzioni, svuotate di prestigio e competenza, si riempiono, nel migliore dei casi di incompetenti che poi si affidano a competenti che tramano nell’ombra; nel peggiore dei casi di prepotenti che tendono a prendere in mano le leve del potere per imporre le proprie idee e i propri interessi. Le dittature nascono così.
Dacia Maraini Il Corriere 26/6/2018
Vedi: Se la competenza non vale più nulla
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