GLR – CONSIDERAZIONI (38)
ANNO III DEL REGIME SANITARIO-ECOLOGICO-DIGITALE
Le altre “GRL-CONSIDERAZIONI ” le trovate QUI
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Non ci sono commenti da fare alle parole di Bertrand Russel o a quelle di Antonio Gramsci, di Pier Paolo Pasolini e di George Carlin che trovate in questo articolo. Non ci sono commenti da fare agli ottimi articoli che trovate qui sotto.
L’unico commento è la nostra personale riflessione su tutto questo e su noi stessi: sulla nostra attuale intelligenza, sul nostro attuale senso critico, sulla nostra attuale consapevolezza, sul nostro livello attuale di conoscenza e d’istruzione, sulla nostra capacità attuale di riflettere, sul nostro livello attuale di dissidenza e d’indignazione, sul nostro livello attuale di servilismo più o meno cosciente, sulle nostre forme attuali di egocentrismo.
Ogni dittatura ( ancor più questa sanitario-ecologica-digitale inaugurata dal progetto criminale globale chiamato Grande Reset e dai suoi diabolici gestori (leggi i tanti articoli QUI)) ha bisogno di masse instupidite, bassamente resilienti, incapaci di riflessioni, culturalmente ignoranti e senza senso critico ( leggi QUI). Ha bisogno assoluto di covidioti, la cui unica pseudo-cultura è “la nuda vita”, nonostante le enormi ricchezze che la dittatura del Grande Reset possiede e il potere devastante che ha.
Se questo nostro paese è sempre più marcio, più fascista ( nel vero senso del termine), più egoisticamente stupido ed ignorante ( e quindi carne da macello per la dittatura sanitario-ecologica-digitale) è perchè sono sempre più vere le parole di Pasolini:
Meditiamo, gente, meditiamo. Istruiamoci, gente, istruiamoci. Poi agitiamoci ed organizziamoci. GLR
MINACCIA ESISTENZIALE
“O la borsa o la vita”. Questo è il messaggio breve ed estremo del rapinatore, una minaccia grave con l’alternativa della minaccia più grave di tutte in quel momento, la morte improvvisa. In questo modo il rapinatore intende obbligare la vittima ad accettare il male minore, consegnando i propri averi. Che sia o no un bluff, la minaccia esistenziale è reale.
Al di là di questo rapporto interpersonale violento, ciò che materialmente custodiamo portandocelo appresso non rappresenta certo tutti i nostri beni, e in certi casi limite perfino la nostra stessa morte può non rappresentare soggettivamente il peggior male in assoluto.
Ogni minaccia, qualunque ne sia la fonte e la gravità, è una minaccia ad un qualche elemento vitale della propria esistenza, per come viene vissuta al momento. E’ una minaccia esistenziale.
La salute, il lavoro, l’amore per il partner, gli affetti, le amicizie, la libertà, la ricchezza, la fede, i progetti, le aspettative, la casa, i divertimenti, la bellezza, la serenità, la verità, la Patria, le passioni, la gioia di vivere, l’amore per la natura e per il prossimo, ecc. ecc. sono tutti valori, per come soggettivamente vissuti e percepiti, che possono appartenerci e di conseguenza possiamo anche perderli, in ogni momento della nostra vita.
Ogni angoscia di perdita di valori, cioè il pensiero opprimente di un male che sovrasta, è il vissuto di una minaccia esistenziale, come concreto pericolo di un male imminente contrapposto al bene di prima.
A entrambi possiamo solitamente associare una responsabilità, come colpa e come merito, che può essere nostro o altrui. E tendiamo a farlo sempre, nel solco della tradizione cristiana di cui siamo eredi e portatori, volenti o nolenti. Una cultura di matrice religiosa che si fonda anche sul concetto di peccato, rispetto al quale siamo tutti responsabilizzati individualmente, ammesso che all’occorrenza lo riconosciamo umilmente in noi stessi, come condizione necessaria per meritare il perdono di Dio.
Per chi non ci crede c’è comunque la coscienza e il perdono dei torti subiti, la cui grandezza e necessità non sfugge neppure ad un esame razionale dei rapporti umani, da quando non si accettano spirali conflittuali sempre più gravi e distruttive, che impedirebbero ogni forma di convivenza pacifica e civile.
Istintivamente si tende prevenire o scansare una minaccia esistenziale, con l’angoscia e il profondo malessere che comporta. Ma quando si cade comunque in questo stato, per fattori estranei alla nostra volontà, sui quali non abbiamo potere di controllo, si vorrebbe uscirne al più presto, cercando e sperando di rimuoverne in ogni modo le cause, possibilmente prima che la minaccia si concretizzi.
Ed è proprio in questa tensione al benessere ed alla pace dell’anima che possiamo ritrovare la forza interiore per affrontare positivamente l’eterna lotta per la vita, del bene contro il male.
Tutto il bene costruito e sedimentato nella storia umana, come in quella personale, nasce da qui, dal saper reagire per contrastare le minacce esistenziali, personali e collettive.
E poiché l’esistenza autentica della persona umana è un viaggio verso l’essere, contrapposto al nulla, il carburante che alimenta lo spirito, il motore necessario ad affrontare questo avventuroso e tormentato viaggio, viene rinnovato grazie a continue, inevitabili, minacce esistenziali, che occorre imparare a gestire.
E perché mai avremmo a disposizione un cervello tanto complesso e sofisticato, se non per svolgere questo ruolo che ci compete? Che non consiste in un banale esserci passivamente, o solo istintualmente, nel nostro piccolo mondo, ma in un esserci coscienziale ben più elevato, un’appartenenza riflessiva all’universo mondo che è il modo di presenza propria della persona umana pienamente sviluppata in anima e corpo.
E’ quasi ovvio pensare che esista una proporzionalità diretta tra la gravità della minaccia esistenziale vissuta e la forza spirituale che ne può scaturire per reazione, una volta compresa la vera natura della minaccia stessa da un punto di vista adeguato, scelto liberamente per coglierne il significato più autentico.
Questo naturalmente non vale per chi s’immedesima nella visione nichilista dell’esistenza. Non sono pochi, e costituiscono un problema sociologico rilevante, ma mai come i tanti che invece si sono lasciati ingabbiare in punti di vista fasulli, che distorcono la realtà, come quelli strumentalmente propagandati in questo frangente dai media di regime, o semplicemente dai mezzi di comunicazione di massa, per chi non volesse ancora riconoscere la degenerazione avvenuta in questi ultimi tempi del sistema in regime totalitario.
Ma torniamo a noi, i risvegliati che hanno superato la barriera del conformismo al sistema. Noi che vediamo chiaramente tutto il male che ci sovrasta e ne siamo angosciati, tanto da tormentarci con la solita domanda: cosa possiamo fare in concreto per affrontare e sconfiggere tutto questo marciume?
Non intendo qui affrontare il tema delle risposte già date da più parti a questa domanda, giuste o meno giuste che siano. Mi basterebbe piuttosto riflettere sulla qualità e la potenza di questa forza spirituale, che nasce indubbiamente nelle profondità dell’animo umano, del nostro personale modo di esserci in questo mondo.
Purtroppo non son degno di questo compito, ma posso testimoniare che esistono veri Maestri spirituali, sia scomparsi che viventi, con una preparazione molto più completa della mia. Personalità fuori dal comune, che hanno dedicato la loro vita ad approfondire le tematiche universali dello spirito, e penso che ognuno di voi ne conosca alcuni, ai quali è sempre possibile rivolgersi in qualche modo, con l’atteggiamento giusto, per riceverne illuminazione.
Aggiungo solo un’altra considerazione. La dimensione spirituale è indubbiamente un elemento fondamentale del tutto, non foss’altro che per quanto già detto, cioè come sorgente di forza interiore, che diventa anche forza operativa nella realtà concreta in base al principio di autodeterminazione, sempre per chi ci crede. Non mi stanco però di ricordare che anche questo è uno dei retaggi della nostra tradizione culturale cristiana, che investe comunque tutti noi, fedeli o infedeli che ci riteniamo.
Esistono però molti altri elementi, ognuno dei quali può essere considerato più o meno fondamentale a seconda del punto di vista. La dimensione politica, per esempio. L’importante è riuscire a compendiare alcune principali dimensioni del vivere, nello sforzo di comprendere la complessità sistemica di cui siamo parte integrante, e si spera anche parte attiva, con un proprio giudizio autonomo su ogni questione che il possibile tecnologico, continuamente in crescita imprevista, ci propone in misura sempre più incalzante, in forma spesso di un aut-aut inquadrabile nelle due categorie del bene e del male.
In conclusione ricordiamo l’escalation delle aggressioni subite principalmente dai diversi Popoli cosiddetti occidentali in questi ultimi anni. Vere e proprie minacce esistenziali indotte, come la paura di morire per un virus artificiale o per le “cure preventive” imposte con la scusa della “pandemia”, la minaccia di perdere il lavoro, i diritti e le libertà fondamentali, e poi una guerra artatamente provocata per aggravare ulteriormente i danni economici e compromettere la sicurezza degli europei.
Una guerra aizzata contro ogni logica da loschi guerrafondai, criminali che seminano odio e menzogne tramite un sistema completamente corrotto e asservito a interessi tanto illegittimi quanto indicibili. Fino al limite estremo di un escalation militare verso l’esito di un conflitto nucleare globale, autodistruttivo dell’umanità. Mi è difficile immaginare una minaccia esistenziale più grave di questa, generatrice di un angoscia estrema, il pensiero del male assoluto che sovrasta i nostri orizzonti sempre più compressi e incupiti.
E non fa alcuna differenza se l’abbiano fatto bleffando a scopo terroristico, piuttosto che l’abbiano reso inevitabile nella realtà; la minaccia è comunque reale.
Se ha un senso quel che ho scritto sopra, questo diventa anche il momento della massima reazione spirituale, sorgente dirompente di una forza salvifica montante, fino alla totale sconfitta di tutti gli spettri di morte che soffiano con inusitata violenza sui nostri territori fisici e animici, devastando culture millenarie e offendendo la dignità della persona umana, nel malvagio tentativo tecnologicizzato di trasformare un potenziale paradiso terrestre in un inferno senza speranza.
Lo spirito si coltiva anche coltivando la cultura, e viceversa. E’ un duro lavoro, e questo non è certo il momento di abbandonarsi all’ozio e alla rassegnazione, ne tantomeno al narcisismo di un ego ipertrofico.
Patologia questa molto diffusa come ben sappiamo, essendo parte dello stesso scenario che alimenta le più stupide, ma anche più gravi, minacce esistenziali. Questo ci è toccato, un epoca buia, cioè anche un’occasione unica per un salto di qualità latente da 2.000 anni, che non possiamo permetterci di rinviare ulteriormente.
Non dimentichiamo infine che l’elite del potere abusivo, artefice di queste minacce esistenziali per i Popoli, è a sua volta colpita da una minaccia esistenziale reale, un giustificato terrore della loro inesorabile estinzione.
Aiutiamo questi poveri diavoli plurimiliardari a por fine alla loro lunga e penosa agonia, con un’esplosione di Verità che li spazzerà via, scaraventandoli nell’inceneritore della storia. Dopodiché nuovi orizzonti luminosi ci attendono, e nuovi diavoli cresceranno per minacciarci e quindi svegliarci e farci crescere.
Questa è la vita, tanto dura quanto meravigliosa.
Alberto Conti, ComeDonChisciotte.org 16/10/2022
Preparare l’ordine nuovo
Per definire il nostro spazio di possibilità storico bisogna comprendere la collocazione che abbiamo all’interno della traiettoria della nostra civiltà. Noi tutti, italiani, europei, occidentali ci troviamo all’interno di una fase di crisi epocale, potenzialmente terminale, del mondo liberale che ha preso forma poco più di due secoli fa.
Che questa forma di civiltà, diversamente da tutte quelle che l’avevano preceduta, fosse affetta da contraddizioni interne autodistruttive era stato chiarito già dall’analisi marxiana a metà Ottocento.
Gli elementi principali internamente contraddittori erano chiari sin da allora, per quanto Marx concentrasse lo sguardo sulla linea di frattura sociale (tendenza alla concentrazione oligopolistica e alla pauperizzazione di massa), mentre gli mancava per ovvie ragioni storiche la percezione di altri sbocchi critici inerenti alle medesime contraddizioni (non c’era né la consapevolezza della possibilità di un’estinzione della specie per via bellica, divenuta una possibilità dopo il 1945, né l’idea della rilevanza dell’impatto degenerativo del progressismo capitalista sul sistema ecologico).
Un sistema che vive solo se cresce e che nel crescere consuma individui e popoli come mezzi indifferenti per il proprio accrescimento produce sempre, necessariamente e sistematicamente tendenze al collasso.
La lettura marxiana, forse troppo condizionata dai propri desideri, previde come forma del crollo a venire un crollo rivoluzionario, in cui maggioranze impoverite si sarebbero rivoltate contro oligopoli plutocratici. Il crollo che invece si presentò agli occhi della generazione successiva fu la guerra, una guerra mondiale come conflitto finale nella competizione imperialistica tra stati che erano realmente diventati “comitati d’affari della borghesia”.
La fase attuale presenta tendenze molto simili a quelle dei primi del ‘900: una società apparentemente progressiva e opulenta, secolarizzata e scientista, in cui i margini di crescita (“plusvalore”) si erano però ristretti e avevano indotto a cercare fonti di risorse alimentari e materie prime sempre più lontano, in paesi colonizzati.
Questo fino a quando le singole ambizioni di crescita avevano iniziato – sempre più spesso – a collidere sul piano internazionale, spingendo a preparare ad un possibile conflitto attraverso trattati segreti di alleanza militare che dovevano scattare in presenza di un casus belli.
Che l’esito della crisi attuale sia una guerra mondiale totale sul modello della Seconda Guerra mondiale è solo una possibilità.
Potrebbero prevalere le spinte a farne una guerra più simile alla Prima, dove il fronte è l’Ucraina e le retrovie che si fanno carico di fornire mezzi alla guerra sono rispettivamente l’Europa e la Russia. Nella Prima Guerra Mondiale i civili non erano direttamente coinvolti dagli eventi bellici salvo che nelle zone di contatto, ma il coinvolgimento complessivo in termini di impoverimento e carestia fu enorme. Tra il 1914 e il 1921 l’Europa perse tra 50 e 60 milioni di abitanti, di cui morti direttamente durante il conflitto erano “solo” tra 11 e 16 milioni (a seconda delle modalità di conteggio).
Dalla Guerra emerse uno specifico ceto industriale più ricco e potente di prima, ed era quello coinvolto direttamente o indirettamente negli approvvigionamenti del fronte. I paesi più lontani dal fronte e non coinvolti direttamente uscirono dalla guerra persino più ricchi e comparativamente più potenti.
Questa è naturalmente anche la prospettiva e l’auspicio di chi oggi alimenta il conflitto da remoto.
L’esperienza dell’ingresso in guerra, con la complicità di fatto di quasi tutti i partiti socialisti e socialdemocratici, rappresentava un trauma da cui trarre un insegnamento fondamentale, insegnamento che attualizzato potremmo tradurre con: la sinistra di sistema non ha alcuna capacità né volontà reale di opporsi al degrado del sistema.
In risposta a questo trauma Gramsci nel 1919 fondava una rivista dal nome altamente simbolico l’Ordine Nuovo; e due anni dopo, sulla scorta dell’apparente successo della Rivoluzione Russa, nasceva il PCI, con l’intenzione di essere precisamente un antidoto a quanto avvenuto: una forza “antisistema” capace di rovesciare i paradigmi sociali e produttivi che avevano condotto alla guerra (e che rimanevano intatti).
Nello stesso torno d’anni prendeva forma il movimento dei Fasci di Combattimento, il cui Manifesto “sansepolcrista”(giugno 1919) può stupire chi conosca la successiva evoluzione del regime fascista.
Anche qui l’onda dell’esperienza dell’anteguerra e della guerra spingeva in una direzione di rinnovamento radicale “antisistema”. Vi troviamo la richiesta di suffragio universale (anche femminile), la giornata lavorativa di 8 ore, il salario minimo, la partecipazione dei lavoratori al governo dell’industria, un’imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo con espropriazione parziale di tutte le ricchezze, il sequestro dell’85% dei profitti di guerra, ecc.
Di lì a pochi anni, tuttavia, il movimento dei Fasci di Combattimento perderà tutte le istanze socialmente più radicali e verrà riassorbito nel sistema, ottenendo in cambio il sostegno economico degli agrari e della grande industria, che lo utilizzeranno in funzione anticomunista e antisindacale.
Con una lettura attualizzata (e naturalmente forzata, vista la vastità di differenze storiche) si potrebbe dire che la spaccatura della protesta antisistema (fomentata dal capitale) riuscì a neutralizzarne il carattere di minaccia al capitale stesso, mantenendone soltanto un carattere di rivoluzionarietà esteriore.
In quasi perfetto parallelismo con la pubblicazione del Manifesto “sansepolcrista”, Antonio Gramsci apriva le pagine de L’Ordine Nuovo (maggio 1919) con un celebre appello:
«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».
Gramsci aveva perfettamente chiaro che le possibilità di successo di una forza che desiderasse l’abbattimento di un sistema capitalistico, uscito quasi indenne dal più grande conflitto di tutti i tempi, richiedeva certo l’agitazione e la protesta (non difficile da ottenere in un’Italia dove il malcontento postbellico era enorme), ma soprattutto richiedeva “studio” (formazione) e “organizzazione”.
È passato un secolo. Moltissime cose sono cambiate, ma il sistema socioeconomico è il medesimo e la fase è simile: passato attraverso una profonda revisione all’indomani del 1945, esso si è rimesso sui vecchi binari in forma accelerata a partire dagli anni ‘80. Oggi siamo in una situazione che ricorda per molti versi il 1914: l’inizio, perfettamente inconsapevole, di una lunga e distruttiva crisi.
Uscirne più o meno come nel 1918, con una condizione di impoverimento generalizzato e una società più violenta, ma senza la distruzione bellica direttamente in casa è lo scenario che ritengo più ottimistico. Con qualche anno di crisi energetica, alimentare ed industriale e l’Europa sarà ridotta a fornitore di manodopera specializzata a basso costo per le industrie americane. Questo è lo scenario migliore.
Le possibilità di frenare il treno in corsa sono minime.
Quello che si può fare è prepararsi per essere all’altezza degli eventi, per guidare i pezzi in caduta libera in modo che si dispongano come fondamenta per un edificio futuro.
E questo richiede, come diceva Gramsci, innanzitutto una FORMAZIONE adeguata ad interpretare gli eventi, ad uscire da dogmatismi e rigidità che impediscono di comprendere la forza e il carattere del “sistema”. In questa fase chi rimane ancorato ai riflessi condizionati di destra e sinistra, con i relativi dogmi, santini e demonizzazioni a molla, è parte del problema. Il sistema di dominio del capitalismo finanziario mondiale su base angloamericana è un potere in crisi sì, ma è ancora il più grande potere sul pianeta ed è sopravvissuto ad altre grandi crisi.
Esso è in grado di persuadere quasi chiunque, di quasi qualunque cosa, attraverso un capillare controllo dei principali snodi mediatici. Esso è in grado di corrompere chiunque abbia un prezzo e di minacciare chiunque non lo abbia.
Esso può anche cambiare rapidamente pelle su questioni “decorative” e “sovrastrutturali” come tutti i vari dirittocivilismi e dirittoumanismi, che ora brandisce come clave quando servono, ma che può far scomparire in un istante con una fiaba ad hoc, se una strategia diversa dovesse risultare utile.
Avere una consapevolezza culturale di ciò che è essenziale e di ciò che è contingente qui è cruciale.
E in seconda istanza, sempre con Gramsci, è necessaria ORGANIZZAZIONE. Chi ambisca non ad “abbattere il sistema” (nessuno ha oggi il physique du rôle per farlo in modo diretto, “rivoluzionario”), ma ad accompagnarne il parziale collasso endogeno, in modo da portare alla luce una nuova forma di vita, ha qualche possibilità di farlo solo se prende maledettamente sul serio gli obblighi di un’organizzazione collettiva.
Ciò che il “sistema” alimenta scientemente è l’INCONSAPEVOLEZZA (ignoranza, disorientamento) e la FRAMMENTAZIONE (caduta nel privato, mutua diffidenza). Ciò che deve fare chi prova a sfidarlo è remare con tutte le forze in direzione opposta.
Andrea Zhok, ComeDonChisciotte.org 12/10/2022
Filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano
ANNO III DEL REGIME SANITARIO-ECOLOGICO-DIGITALE
Tanti interventi e riflessioni fatte dai rappresentanti delle Liste Antisistema, che si sono presentate alle elezioni, li trovate nei sei GLR-NOTIZIE-VOTO, QUI.
Pur se sconfitti, le loro analisi rimangono preziosissime per continuare la Resistenza.
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GLR-CONSIDERAZIONI 37. Noi, bacati e servili.
Il sito di La PekoraNera riporta un prezioso elenco continuamente aggiornato di notizie su malori e morte improvvise, assolutamente in continuo aumento. I giornali citati nell’elenco quasi mai creano una correlazione tra vaccinazione e malori o morti improvvise.
Ma sappiamo ( o dovremmo sapere) che siamo sotto un regime sanitario, quindi… Comunque a voi leggere, sapere e riflettere.
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Raccolta di sospetti eventi avversi da “vaccini anti Covid-19”, in ordine cronologico, provenienti dalla stampa italiana e internazionale. Inseriti così come pubblicati in origine, anche in lingua originale non tradotta. Lista aggiornata continuamente.
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