Sbalordisce la cecità generale e assoluta di fronte al rischio di una sorveglianza di massa totalitaria, mai vista prima nella storia, insito nella Rivoluzione Smart-digitale ( con la sua Smart City al vertice) e al suo forte determinismo tecnologico.

E’ sempre la stessa cecità generale e assoluta che abbiamo già visto di fronte alla pseudo-pandemia covid con tutto ciò che ne derivò: una prima forma di feroce dittatura sanitaria.

E’ sempre la stessa cecità generale e assoluta che vediamo ripetersi di fronte alle false emergenze climatiche ed energetiche con il loro corollario di ulteriori dittature.

E’ sempre la stessa cecità generale, assoluta e testarda che non permette di vedere, in tutto ciò,  il dipanarsi del piano criminale globale chiamato Grande Reset voluto dagli psicopatici stra-miliardari dell’aristocrazia finanziario-usuraia e teso alla loro governance mondiale.

E sempre da “cecati”  non vediamo che gli anni post-pseudo-pandemici hanno impresso un’accelerazione chiara e diretta alla realizzazione delle Smart City italiane, con ricadute pesantissime su ogni aspetto della vita dei cittadini.

E sempre da “orbi” non vediamo che avanza, quindi, l’occupazione del nostro territorio con l’arma chiamata Smart City che significa la trasformazione dello spazio urbano in gabbie digitali da “15 minuti“.

E sempre da “guerci” non vediamo che la Smart City ( con i suoi assudi corollari come le ZTL) ridefinisce i confini dell’urbano che diventa lo spazio del controllo, della sorveglianza e del disciplinamento di massa da parte del potere locale asservito all’aristocrazia finanziario-usuraia e alle sue mire.

E sempre da “miopi” non vediamo che la tanto conclamata sorveglianza nulla ha a che fare con la sbandierata ( ad uso degli allocchi)” “sicurezza” ma che è una forma di dominio che comporta l’autodisciplinamento degli individui iper-controllati, assicurando il funzionamento automatico del potere.

E sempre da sconsiderati “ipovedenti” non vediamo che la Smart City apre lo spazio concettuale per l’avvento del credito sociale ( leggi QUI), peraltro già in via di sperimentazione a Bologna, a Fidenza, a Roma, a Trento.

E sempre da poco intelligenti “non vedenti” non vediamo che il nuovo modello di città non solo favorisce la marginalizzazione delle frange più povere, ma determina anche l’espulsione di coloro che non riescono a essere sufficientemente smart o i cui stili di vita non sono in linea con la città intelligente così come è definita dal “potere”.

E sempre da “ciechi” non vediamo che il “cittadino digitale” sta pian piano sostituendo il “cittadino della Polis” e che la rete invisibile della Smart City renderà sufficiente un click per far scomparire diritti fondamentali e nostri beni insieme a secoli di pensiero giuridico, filosofico ed etico alla base della nostra civiltà.

Per resistere a questo orrore, che già sta prendendo forma e che diventerà ancora più devastante per figli e nipoti e bisnipoti che diciamo di amare tanto, occorre però che cominciamo a “vedere“, anche solo un pochino al giorno. Così, tanto per essere uomini/donne con un po’ di dignità che non si fanno imbrogliare dai proclami mediatici. Che non si fanno tirare per il naso…

Per approfondire  leggete gli articoli che trovate QUI .  (GLR)


 

 

 

 

Comprendere le “Smart Cities”, le “città 15 minuti” e come possiamo sconfiggerle

Cos’è esattamente una “Smart City” e come si relaziona con una “città dei 15 minuti”? E cosa c’entra tutto questo con la libertà individuale e la libertà di movimento?

Probabilmente hai sentito i termini “Smart City“, o la sua cugina più recente, “città 15 minuti“, ma capisci veramente cosa richiedono questi concetti? Sapete quali organizzazioni sono responsabili della promozione delle idee? Ancora più importante, sei pronto a sopravvivere e prosperare nonostante questi piani schiaccianti della libertà?

Per prepararci a qualsiasi potenziale emergenza futura, dobbiamo comprendere meglio ciò che stiamo affrontando. Cominciamo col capire cosa si intende quando parliamo di “Smart Cities”.

Il termine descrive tipicamente un’area urbana dotata di torri 5G (e presto 6G) che consentono la velocità e la larghezza di banda necessarie per veicoli autonomi, assistenti robot e sensori in strada per moderare i lampioni ed emettere avvisi di allarme ambientale. Tutto questo sarebbe alimentato dall’intelligenza artificiale (AI). Nel complesso, i sensori, i dispositivi e le infrastrutture sono noti come il cosiddetto “Internet delle cose” (IoT).

Per dirla semplicemente, l’IoT è la rete di dispositivi digitali, veicoli, elettrodomestici e altri oggetti fisici dotati di sensori che consentono loro di raccogliere e condividere dati.

Questa raccolta di dati in tempo reale è fondamentale per le iniziative di città intelligenti che pretendono di essere trampolini di lancio verso un’utopia digitale.

I dispositivi connessi all’IoT spaziano dagli smartphone agli elettrodomestici intelligenti fino alle case intelligenti o agli edifici dotati di termostati intelligenti.

Anche i dispositivi indossabili come smartwatch, auricolari e dispositivi per il monitoraggio del fitness fanno parte dell’IoT. Una semplice regola pratica è che se il tuo dispositivo viene dichiarato “intelligente” o dispone di funzionalità Wi-Fi o Bluetooth, può essere connesso all’IoT.


National Geographic descrive una città intelligente come “una città in cui una serie di sensori (tipicamente centinaia o migliaia) viene utilizzata per raccogliere dati elettronici da e su persone e infrastrutture in modo da migliorare l’efficienza e la qualità della vita”.

NatGeo rileva che i residenti e i lavoratori comunali potrebbero aver bisogno di utilizzare app per accedere ai servizi cittadini, ricevere ed emettere segnalazioni di interruzioni, incidenti e crimini, pagare tasse, tariffe, ecc. Sottolineano inoltre i potenziali casi d’uso per ridurre il consumo di energia e fare un città più “sostenibile”.

Nel complesso, le città intelligenti vengono vendute al pubblico come paesaggi urbani futuristici con caratteristiche come i lampioni che si spengono automaticamente quando non c’è nessuno o algoritmi di intelligenza artificiale che ottimizzano i percorsi di raccolta dei rifiuti.

Ci viene anche detto che combinando l’intelligenza artificiale con sensori e telecamere ovunque, avremo veicoli autonomi o senza conducente che ridurranno la congestione del traffico.


Sfortunatamente, la visione di una città intelligente è in realtà un altro passo verso la perdita delle nostre libertà e privacy.


Nell’aprile 2018, l’American Civil Liberties Union ha pubblicato una guida che descrive in dettaglio le domande importanti che dovrebbero essere poste dai funzionari comunali che desiderano unirsi al movimento delle città intelligenti. La guida, “Come impedire alle città intelligenti di trasformarsi in città di sorveglianza”, è stata scritta da Matt Cagle, un avvocato dell’American Civil Liberties Union della California settentrionale.

Nel gennaio 2019 ho chiesto al signor Cagle di commentare la crescita delle città intelligenti e la tecnologia alla base di esse. Ecco cosa mi ha detto:

“Quando parliamo di tecnologia per città intelligenti, o Internet delle cose, nel contesto governativo, ciò di cui parliamo in realtà è l’elettronica che è magari piccola ed economica che può essere posizionata in giro per la città e che essenzialmente può essere progettata per raccogliere informazioni, siano esse informazioni visive, informazioni audio o informazioni su se un parcheggio è occupato.

Ma prima che qualsiasi tecnologia per città intelligenti venga acquisita o implementata, è davvero importante che una città che lavora con la sua comunità determini se quella tecnologia è effettivamente intelligente per la città.

La tecnologia delle città intelligenti può essere un lupo travestito da agnello.

Può essere un altro modo per il governo di accumulare informazioni che potrebbe non aver voluto raccogliere a fini di applicazione della legge ma che potrebbero essere vulnerabili a quel tipo di utilizzo in seguito o che potrebbe non aver voluto raccogliere a fini di immigrazione ma che potrebbero potenzialmente essere vulnerabile a ciò in seguito.

E ancora una volta, questa tecnologia verrà spesso raccolta dalle aziende che l’hanno sviluppata.

Quindi è davvero importante che la città e la comunità siano sulla stessa lunghezza d’onda su chi sarà il proprietario di questi dati mentre andiamo avanti con questo progetto, chi sarà in grado di vendere questi dati e, alla fine, le comunità sono nel controllo di queste tecnologie”.


Non solo le città intelligenti sono un incubo per la privacy, ma se gli urbanisti riescono a fare a modo loro, potresti presto ritrovarti nell’impossibilità di guidare senza pagare le tasse, o penalizzato per aver camminato lungo la strada grazie alle onnipresenti telecamere di riconoscimento facciale.


Cos’è una città di 15 minuti?

Questo ci porta al concetto di città (in) 15 minuti. Discussa per la prima volta da un urbanista di nome Carlos Moreno alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 2015, le città a 15 minuti sono essenzialmente l’idea che tutte le risorse all’interno di una comunità dovrebbero essere a 15 minuti a piedi.

Come è tipico della maggior parte delle idee promosse dalle Nazioni Unite, non sembra poi così orribile presa da sola.

Voglio dire, chi non vorrebbe poter camminare per fare la spesa? O al centro comunitario locale per una cena all’aperto? In effetti, alcuni di voi potrebbero già vivere in zone con tutto entro 15 minuti da casa. Allora qual è il problema, potresti chiedere?


Bene, quando guardi oltre le parole d’ordine inizi a vedere che, proprio come le città intelligenti, le città in 15 minuti hanno il potenziale per essere utilizzate come un modo per limitare la libertà di movimento, la libertà di parola e la privacy.


Molte persone sono arrivate anche a temere che concetti come città intelligenti e città in 15 minuti riguardino in realtà l’ingegneria sociale delle persone per smettere di guidare i propri veicoli privati (tutto in nome del clima, ovviamente).

Basta guardare il nuovissimo libro di Carlos Moreno, che pretende di offrire “tecniche per cambiare le abitudini dei residenti delle città dipendenti dall’automobile”. Non c’è niente di più chiaro di così.

Moreno è riuscito a diffondere la sua idea nel mainstream, con Parigi, in Francia, che l’ha adottata per la prima volta nel 2020. Ma è stato solo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 che la resistenza alle città in 15 minuti è diventata una questione pubblica. Nel febbraio 2023, circa 2.000 manifestanti si sono riuniti nel centro di Oxford, in Inghilterra, per protestare contro la creazione di quello che è noto come quartiere a basso traffico, o LTN.

Per implementare la LTN, i funzionari di Oxford hanno votato per introdurre sei “filtri del traffico” che hanno lo scopo di limitare l’uso delle auto nelle zone residenziali della città durante determinate ore. Le telecamere per il lettore automatico di targhe eseguiranno la scansione delle targhe per i conducenti provenienti da fuori della contea dell’Oxfordshire che entrano in queste aree durante gli orari di traffico intenso.

Naturalmente, i media hanno fatto del loro meglio per etichettare gli oppositori delle città dei 15 minuti come teorici della cospirazione di “estrema destra”.

Tuttavia, a causa della resistenza dei residenti e dell’attenzione internazionale, il consiglio di Oxford ha recentemente votato per rimuovere la menzione delle “città dei 15 minuti” dai propri documenti di pianificazione urbanistica.

Anche se il consiglio ha votato per rimuovere la frase dai propri documenti, ha chiarito che intende continuare a perseguire la propria visione di una città percorribile a piedi con limiti ai veicoli privati. Louise Upton, membro del gabinetto per la pianificazione presso il consiglio comunale di Oxford, ha dichiarato al Times che rimuovere la frase non farebbe “nessuna differenza notevole per le nostre decisioni di pianificazione”

Oxford non è l’unica città che sta adottando misure per implementare restrizioni alla guida o utilizzare la tecnologia digitale per catalogare il comportamento dei cittadini.

I funzionari di un comune canadese hanno recentemente votato per richiedere ai turisti di pagare 30 dollari canadesi per ottenere un codice QR per entrare o uscire dall’arcipelago noto come Îles-de-la-Madeleine. Agli oltre 12.000 residenti sarà richiesto di mostrare la patente per entrare o uscire.

Nel 2022, Venezia, in Italia, ha implementato una politica simile annunciando che addebiterà una tariffa ai turisti che visitano i canali storici per un solo giorno. Si dice che la misura sia una risposta al famigerato turismo che travolge la regione.

Sebbene la tariffa sia di soli 6 dollari circa e si applichi solo nei 29 giorni più trafficati dell’anno, le persone devono registrarsi e, ancora una volta, ottenere un codice QR tramite uno smartphone.

Questo mi sembra un altro modo per rinchiudere le persone nella prigione digitale che si sta costruendo attorno all’umanità.

 

Il Forum Economico Mondiale e le Nazioni Unite

Non dovrebbe sorprendere assolutamente nessuno che il WEF e l’ONU siano due dei maggiori sostenitori dei progetti della città dei 15 minuti e della Smart City. Nell’ottobre 2019, il WEF e le nazioni del G20 hanno lanciato la G20 Global Smart Cities Alliance on Technology Governance.

Il sito web della Smart Cities Alliance afferma che l’alleanza “stabilisce e promuove standard politici globali per aiutare ad accelerare le migliori pratiche, mitigare i rischi potenziali e promuovere una maggiore apertura e fiducia pubblica”. L’alleanza afferma di rappresentare più di 200.000 città e governi locali, nonché aziende, startup, istituti di ricerca e comunità della società civile.

Il WEF ci ricorda inoltre che la spinta verso le città intelligenti in 15 minuti è intesa a raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 11 delle Nazioni Unite, che si concentra sul rendere le città e gli insediamenti umani “inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”.

Nell’interesse di questo obiettivo (e degli altri SDG delle Nazioni Unite) le città stanno lavorando per implementare una serie di cosiddette tecnologie intelligenti.

Sono queste tecnologie e concetti che verranno utilizzati per rinchiudere l’umanità in ambienti urbani strettamente controllati, tracciati e tracciati.


Qual’è la soluzione?


Mentre questi tecnocrati si incontrano notte e giorno per pianificare la distopia del prossimo futuro per l’umanità, dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo per pianificare il nostro futuro. Se vogliamo che l’umanità tracci la propria rotta, dobbiamo smettere di permettere a questi criminali di trascinarci lentamente verso la tecno-tirannia.


Una cosa che tutti possono fare è chiedersi cosa faresti se la tua città iniziasse a richiedere un codice QR o un ID digitale per accedere al negozio di alimentari? o forse l’ospedale locale? Forse, come abbiamo visto durante la crisi del COVID-19, la tua sede di attività potrebbe richiedere un ID digitale per essere pagato e la tua banca potrebbe richiederlo per incassare l’assegno.


Se il tuo luogo di lavoro o la tua città hanno implementato obblighi di vaccinazione o requisiti di test PCR, è probabile che possano installare misure simili nel prossimo futuro.

Elaborare un piano su come affrontare queste situazioni difficili è assolutamente necessario. Parla con la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi vicini, la tua chiesa, ecc. Immagina questi scenari e chiedetevi a vicenda come potreste sostenervi a vicenda in queste situazioni.


Un’altra componente importante per prosperare di fronte alla crescente tirannia è la comunità.

Ancora una volta, può trattarsi dei tuoi parenti stretti, della tua cerchia di attivisti, dei tuoi vicini, colleghi o membri della chiesa. Il punto è che tutti abbiamo bisogno di una rete di supporto per superare i tempi.

Dobbiamo avere reti per scambiare cibo, servizi, sementi, competenze e altri beni che non richiedano iniezioni, codici QR, ID digitali o altre misure invasive.

Se ti ritrovi carente nel dipartimento comunitario, ti incoraggio vivamente a utilizzare il sito web Freedom Cell Network per cercare nelle mappe per trovare persone e gruppi nella tua zona. Gli incontri di persona saranno sempre superiori alle connessioni digitali. In effetti, ti incoraggio a partecipare al prossimo Exit and Build Land Summit 4 per incontrare amanti della libertà che la pensano allo stesso modo e che stanno avendo proprio questa conversazione.

Il summit si svolgerà la prossima settimana dal 16 al 20 maggio, a Bastrop, Texas (fuori Austin) ed è organizzato da John Bush, co-fondatore di The Freedom Cell Network e fondatore di Live Free Academy. John e sua moglie Rebecca stanno riunendo proprietari di case, permacultori, allevatori rigenerativi, volontari, attivisti, indipendenti, sopravvissuti e imprenditori per discutere su come possiamo costruire comunità in grado di resistere agli attacchi dello Stato tecnocratico.

Qualunque cosa tu faccia, è imperativo diffondere queste informazioni il più lontano possibile e iniziare a pianificare per il futuro.

I vostri figli, i loro figli e i loro figli dipendono da noi per prendere posizione e prendere decisioni. Contano su di noi per lasciare loro un mondo migliore e più libero.

È ora di stare insieme. È tempo di uscire e costruire.

Derrik Broze, https://thefreethoughtproject.com/  14/5/2024

Derrick Broze è Fondatore e Caporedattore di The Conscious Resistance, è un giornalista investigativo esperto noto per i suoi reportage e analisi approfonditi.

Fonte: https://thefreethoughtproject.com/solutions/understanding-smart-cities-15-minute-cities-and-how-we-win


 

 

 

SMART CITY ITALIA: L’URBANISTICA DELLA SORVEGLIANZA E DELLA SCHIAVITÙ DIGITALE

Avanzano le Smart Cities in tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del territorio e la rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della sorveglianza, della società del controllo e del disciplinamento sociale.

 

Prima Venezia, poi Trento e dopo Firenze, Roma, Milano, Palermo. Avanzano le Smart Cities in tutta Italia architettando la riprogettazione digitale del territorio e la rifondazione delle città sulle fondamenta del capitalismo della sorveglianza, della società del controllo e del disciplinamento sociale.

Avanzano nel silenzio generale, espugnando, una dopo l’altra, le nostre città. Non ci sono soldati a difenderne le antiche mura, non sono bastati secoli di storia, di cultura, di monumenti, di diritti e di conquiste.

Dalle videocamere ai sensori, dalle smart control room alle ZTL, dal 5G all’IoT (Internet of things), dalla profilazione individuale alla premialità del diritto e dei servizi, il grande cantiere dello spazio panottico è aperto in tutta la Penisola.

Secondo l’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano un Comune italiano su tre (il 28%) ha avviato almeno un progetto relativo alla città intelligente nell’ultimo triennio. La percentuale sale al 50% nei Comuni più grandi, con oltre 15 mila abitanti, ed è destinata a crescere ancora nel prossimo triennio, con il 33% dei Comuni che vuole investire nelle città intelligenti entro il 2024 grazie anche alla spinta del PNRR che prevede oltre 10 miliardi di finanziamenti dedicati alle diverse missioni.

Le città più digitali d’Italia sono Milano, Firenze e Bologna, seguite da Bergamo, Torino, Trento, Venezia, Parma, Modena e Reggio Emilia, come ha rilevato l’ultimo rapporto ICity Rank 2023 che stila, ogni anno, la classifica.


Già, ma cosa è una Smart City? È un progetto di rivoluzione urbana che, dietro la retorica della sicurezza, dell’ecologia, dell’innovazione e della crescita economica, persegue uno sviluppo “intelligente” (“smart“) allo scopo di rispondere alle nuove sfide della contemporaneità.

Le città sono una bomba di emissioni di CO2 che causano il riscaldamento globale e la concentrazione è destinata ad aumentare. L’ONU prevede, infatti, che, nel 2050, il 70% della popolazione mondiale (data in forte crescita demografica) vivrà in aree urbanizzate che corrispondono solo al 3% della superficie terrestre, mentre l’OMS stima che, ogni anno, 8 milioni di persone (lo 0,1% della popolazione mondiale) perdono la vita per cause correlabili all’inquinamento atmosferico.

La pandemia Covid-19 avrebbe evidenziato, una volta per tutte guarda caso, la scarsa sostenibilità del modello di vita urbano tradizionale obbligando a pensare a forme di sviluppo più “sostenibili, efficienti ed inclusive” che, naturalmente, passano attraverso i processi di digitalizzazione anche in ambito urbano e di implementazione delle nuove tecnologie. Per il Bene della vita dei cittadini.

Inizia il Grande Reset del territorio, letteralmente una tabula rasa.

L’intelligenza artificiale entra nella gestione e nel controllo delle città portando alla completa automazione e tecnicizzazione dello spazio, imponendo un nuovo paradigma nel rapporto fra cittadino, territorio e pubblica amministrazione.

Già, perchè la Smart City, prima di qualsiasi altra cosa (tecnologia inclusa), implica “un nuovo patto di cittadinanza”, come affermato da Mario Monti che, nel 2012, ne importò l’idea in Italia dalla Silicon Valley.

La città come luogo della politica viene completamente stravolta, istituzionalizzando forme rivoluzionarie di partenariato pubblico-privato.

Le Smart Cities sono una nuova frontiera per l’elaborazione delle politiche pubbliche con ricadute enormi sulla società intera senza che siano mai state discusse in Parlamento o sottoposte all’attenzione dei cittadini nel dibattito pubblico.


Anzi, l”utopia di urbanisti come Carlos Moreno e di tecnofili inginocchiati al mito del progresso, concorre ad occultare il carattere autoritario, antidemocratico e tecnocratico della Smart City, accelerando la corsa verso la realizzazione di una inquietante distopia urbana.


La parola cittadino deriva, infatti, da civitas perchè la struttura sociale di appartenenza primaria in Italia è la città e non la gens, il clan o la tribù.

L’urbs, la città romana fondata col tracciamento del solco sul terreno su cui vengono poi erette le mura della città, è il modello fondativo della nostra civitas che, a sua volta, deriva dalla polis greca, la città quale spazio della politeia (letteralmente molti, pluralità), della democrazia e della politica in senso nobile quale “prendersi cura del bene comune” (Aristotele).


Con le Smart Cities, le frontiere fisiche che un tempo delimitavano le città vengono trasformate in frontiere tecnologiche che selezionano il passaggio in base alla capacità di accesso che è una delle forme più selettive di controllo del dominio tecno-burocratico.


La smaterializzazione digitale della città porta nuovi meccanismi identitari che confluiscono nella comunità virtuale e non più nell’appartenenza a una città, una cultura, una tradizione.


La prima città intelligente è stata Venezia, implementata da una “smart control room” – la centrale operativa della Smart City – per monitorare in tempo reale tutto il territorio. Qui confluiscono i dati raccolti dalle videocamere e dai sensori posizionati capillarmente ovunque che vengono poi trasmessi al “datalake”, un magazzino virtuale accessibile al Comune, alla Polizia e ad altri soggetti pubblico-privati. I dati sono interpretati da algoritmi intelligenti che sarebbero in grado di “realizzare analisi predittive”.

Dopo Venezia, è toccato a Caorle, Comune a pochi chilometri di distanza, dove nel maggio del 2021 è partita una singolare sperimentazione: la pre-crimine o polizia predittiva. Il Comune è ricorso a un software (“Pelta Suite”) che interseca big data e informazioni inserite dalla polizia allo scopo di prevedere episodi di microcriminalità, assembramenti non autorizzati, condotte che potenzialmente osteggiano la sicurezza pubblica. E poiché l’esperimento è riuscito, il 5 giugno è stato introdotto “Giove”, uno strumento più avanzato di previsione e prevenzione dei reati destinato alle questure italiane e gestito dalla Polizia di Stato.

Il terzo Comune a collaudare l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla sicurezza urbana è Trento che ne diventa presto città capofila in tutta Europa (infatti, ospiterà il prossimo G7 sull’Intelligenza artificiale). “Occhi e orecchie elettroniche” sono in funzione nelle piazze, nelle strade e nei punti sensibili, trasmettendo incessantemente immagini e voci agli algoritmi. Qui inizia anche la sperimentazione italiana dell’E-Wallet, “il portafoglio digitale che consentirà a cittadini, residenti e imprese dell’Unione europea di certificare la propria identità in sicurezza accedendo ai servizi pubblici e privati in tutti gli Stati membri”.


Una tessera virtuale, comprensiva di tutte le informazioni personali, che inter-medierà l’accesso alla città, ai suoi spazi e ai servizi della pubblica amministrazione, con potenzialità spaventose in termini di profilazione, di tracciamento, di controllo e di disciplinamento tramite dinamiche di consenso-dissenso che diventano immediatamente dinamiche di inclusione-esclusione dallo spazio pubblico della città.


Intanto a Firenze l’11 aprile la polizia municipale ha sperimentato l’uso dei droni per il controllo del territorio, che vanno ad aggiungersi all’armamentario di videocamere, sensori, microfoni, celle telefoniche e agli altri strumenti tipici della sorveglianza urbana. La città toscana punta a diventare “elettrica, a volumi zero, green, sostenibile, resiliente, in una parola smart”, come ha dichiarato Giacomo Parenti, direttore generale del Comune presentando un piano di riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 e del 70% nel 2050.

Divenuta famosa per il “paziente uno” durante la pandemia, a Codogno è stata introdotta da settembre del 2022 l’app EcoAttivi che permette di certificare i comportamenti virtuosi (come, ad esempio, andare al lavoro in bici) a cui il sistema attribuisce punti, gestisce classifiche, badge e indicatori di performance, utilizzando tecniche di gamification (sfide, missioni, classifiche).


In pratica, un sistema di credito sociale vero e proprio con profilazione delle abitudini, tracciamento degli spostamenti, logiche premiali e disciplinari a rinforzo positivo (per ora) per incoraggiare i comportamenti ritenuti virtuosi secondo la nuova morale stabilita dall’Agenda 2030.

La vita ridotta ad un videogioco, trascorsa ad inseguire bonus in costante competizione con il vicino di casa. Il sistema è già applicato in oltre cento città italiane, come attesta il portale del “Club dei Comuni EcoAttivi – cittadinanza attiva, Smart City e sostenibilità”.


Ma arriviamo a Milano una delle città più esemplificative nella corsa verso il futuro, grazie all’incessante lavoro di Giuseppe Sala, membro di C40, l’influente network di sindaci creato e finanziato nel 2005 dalla Fondazione Clinton. Ai primi posti tra le città italiane per “smartness”, come certificato dal rapporto annuale iCity Rank e dal Booklet Smart City, il capoluogo lombardo è in linea anche con le più moderne città europee come Berlino, Monaco, Amsterdam, Barcellona e Parigi per le infrastrutture di rete digitali e per la capillarità del wifi e della copertura broadband.

Ma Milano è all’avanguardia perchè inaugura la sperimentazione della “Città dei 15 minuti” nel quartiere Loreto con il progetto “LOC, Loreto 15 Minuti” che vede l’intervento di N-Hood, società immobiliare responsabile del progetto.

Palazzo Marino punta a ridisegnare la metropoli ispirandosi a Carlos Moreno, l’ideatore del nuovo modello urbano e consulente del sindaco di Parigi Anne Hidalgo, che ne ha adottato la formula fin dalla campagna elettorale del 2019.

L”idea è suddividere la città in quartieri autosufficienti, dotati di tutti i servizi essenziali (negozi, scuole, ospedali, parchi, impianti sportivi e ricreativi, ecc.) prossimi alla residenza dei cittadini: tutto deve essere raggiungibile in 15 minuti a piedi, in monopattino o in bicicletta, allo scopo di disincentivare l’uso dell’automobile, riducendo l’inquinamento, la CO2 e la congestione del traffico.


Dietro la retorica di abitare la prossimità riscoprendo i valori comunitari di quartiere si nasconde, in realtà, una concezione riduttivamente distanziometrica dell’idea di città che porta alla creazione di una vera e propria crono-gabbia con cui ridurre la libertà di movimento delle persone.

 

L’esempio di Oxford, il laboratorio vivente dove il progetto è più avanzato, è illuminante: i residenti hanno a disposizione 100 permessi all’anno per uscire in auto dal loro quartiere superati i quali ogni infrazione viene pesantemente sanzionata.

Dopo le numerose contestazioni, il Comune inglese ha chiarito che non sono previste barriere fisiche per l’uscita delle auto ma “solo” telecamere in grado di leggere le targhe per applicare le multe.

 

Resta comunque l’idea pericolosissima del “recinto” in cui rinchiudere i cittadini, un vero e proprio carcere a cielo aperto, e lo sdoganamento del concetto di limitare la libertà di movimento sul suolo pubblico, garantita, in Italia, dalla Costituzione.


Peraltro, da un punto di vista prettamente urbanistico, l’idea di un simile modello non è nemmeno nuova e ha sempre portato solo a dei disastri, come dimostrano gli esempi delle “neighborhood unit”, ideate negli Stati Uniti nel 1923, o, più vicini a noi, il Corviale a Roma, Le Vele a Napoli, lo Zen a Palermo, il Rozzol Melara a Trieste: tutti tentativi di applicare modelli semplicistici, fondamentalmente rigidi e non curanti delle complessità sociali, culturali ed economiche tipiche della vita urbana.


A fine ottobre, la “città dei 15 minuti” è stata dichiarata “movimento globale” e pilastro per la lotta al cambiamento climatico durante il C40 Summit, tenutosi in Argentina, l’evento annuale del Cities Climate Leadership Group, una rete formata da 97 metropoli internazionali dove – insieme a Londra, Parigi, Barcellona, Copenaghen, Stoccolma, Bogotá, Rio, Los Angeles, New York, Tokyo, Seul, Cape Town, tanto per citarne alcune – compaiono MilanoRoma.

Nella Capitale, infatti, il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato che uno dei suoi obiettivi principali è realizzare la “Città dei 15 minuti”, vagheggiando interconnessioni e corsie stradali per macchine a guida autonoma, mentre continuano ad aprirsi voragini nell’asfalto, con una città che affonda nel degrado, nell’incuria, nella sporcizia, nel mal funzionamento dei mezzi di trasporto pubblico.

Dalla grande bellezza analogica all’immensa distesa di algoritmi, dall’Urbe alla City, tutte le strade portano al digitale e al capitalismo della sorveglianza che, nella Capitale, impianta le sue fondamenta con la ZTL più grande d’Italia, dotata di 51 varchi, inaccessibile a tutte le auto che non corrispondono a certi parametri.

Ufficialmente per criteri ecologisti di riduzione del riscaldamento globale, di fatto per rivoluzionare la conformazione urbana, lo spazio di movimento sul suolo pubblico, l’accesso alle strutture e ai servizi principali della pubblica amministrazione, la vita di tutti gli abitanti.

Le “zone a traffico limitato” attuali non hanno nulla a che vedere con quelle applicate a partire dagli anni ’60 in seguito allo sviluppo di massa della mobilità automobilistica, a protezione dei nostri centri storici di origine medioevale –  spesso sotto la tutela dell’Unesco o delle Belle Arti – caratterizzati da un dedalo di viuzze nate per il transito di persone e cavalli.


La ZTL Smart, invece, ispirata all’ideologia green del fantomatico riscaldamento globale, del tutto inutile anche per ridurre l’inquinamento, nasce per erigere nuovi confini invisibili e invalicabili per tutti tranne per chi, come a Milano ad esempio, può permettersi di pagare 7,50 euro per l’ingresso portando ad una gerarchizzazione del territorio con zone di inclusione ed esclusione basate sulle fasce di reddito.

Il capoluogo lombardo è stato, infatti, il primo ad introdurre nel 2011 l’”Area C” per motivi ecologisti  sotto la giunta di Letizia Moratti – ispiratasi, come ha dichiarato, direttamente a Londra – e del tutto inutile nel ridurre lo smog dato che viene applicata nel centro della città a scapito del fatto che le punte del traffico automobilistico avvengono sulla cintura esterna delle circonvallazioni e delle tangenziali.


La Smart City dilaga anche nel Sud Italia con Messina città sperimentale del progetto MesM@RT, finanziato direttamente dall’Unione europea con il fondo PON GOV. La retorica della transizione digitale, ecologica ed energetica qui assume una coloritura particolare: la lotta all’abbandono dei rifiuti. Centinaia di telecamere dotate di AI sorveglieranno capillarmente tutte le strade e segnaleranno, in tempo reale, atti illeciti alle forze dell’ordine raccogliendo dati sulle targhe delle auto. Nelle video-trappole anti zozzoni sono stati installati anche algoritmi di riconoscimento facciale allo scopo di tracciare tutti gli spostamenti dei cittadini.


La mappatura delle Smart Cities italiane mostra l’espansione dei nuovi meccanismi di controllo sempre più pervasivi e invasivi  che mettono a rischio i diritti costituzionali e le libertà fondamentali dei cittadini.


Nei prossimi articoli ripercorreremo l’origine e lo sviluppo della città intelligente, per passare poi ad analizzarne alcune caratteristiche cruciali quali la normalizzazione dello spazio panottico della sorveglianza e la legalizzazione del credito sociale alla cinese; l’avanzata sempre più aggressiva delle tecno-politiche della deterritorializzazione che mortificano la storia e la cultura dei luoghi; le narrative e le campagne mediatiche che ne occultano l’utopia distopica; gli esempi esteri, da Oxford fino al progetto “The Line”, lanciato nel 2021 in Arabia Saudita; per concludere, infine, con un approfondimento dedicato al caso simbolico di Milano.

Sonia Milone, ComeDonChisciotte.org   4/12/2023

FONTI
Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano
FPA – Innovazione nella Pubblica Amministrazione e FORUM PA
ICity Rank 2023: scopri le città italiane ad alto livello digitale – Agenda Digitale
Ecoattivi
S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, 2019
P. Levy, Cybercultura, 1998
J. Rykwert, L’idea di città, 1976
L. Mumford, La città nella storia, 1994

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DALLA RETE

Vedi: DALLA  RETE: appuntamenti ed informazioni.

 

 

 

ANNO V DEL REGIME SANITARIO- ECOLOGICO- DIGITALE

 

 

 

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Vedere con attenzione il docufilm “Invisibili” sui DANNI DELLO PSEUDO-VACCINO:  QUI

Per altre testimonianze di danni dello pseudo-vaccino LEGGERE   QUI

912 studi scientifici sui danni del vaccino LEGGERE   QUI

 

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In particolare

Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (48). L’”amore” di Larry per tutti noi…

GLR-CONSIDERAZIONI  62. Rivoluzione dove sei?

GLR-CONSIDERAZIONI  61. Dov’è la tua “zona d’interesse”?

IL RITORNO DELL’INQUISIZIONE.

Ma ti ricordi Gaza?

La Malattia X per budini tremolanti.

Verso la dittatura digitale (25). Preoccupiamoci: il cervello come campo di battaglia.

Il Grande Reset. La Grande Risistemazione (43). Esseri inutili di tutto il mondo, preoccupiamoci!

Doni dall’OMS e dall’europa per il nuovo anno.

Disattenzione micidiale.

GLR-CONSIDERAZIONI  56. Cuori di pietra.

L’importanza di essere inutili ed inascoltati.

Un mostro che  possiede il mondo e il nostro futuro.

Chi comanda nel mondo.

 


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