Non c’è nulla di più nobile, importante e fondamentale, in questa nostra precaria e contraddittoria esistenza così piena di orrori, che amare la verità e lottare per essa. Anche, soprattutto per ciò che sta accadendo a Gaza.

E insieme lottare per fare verità su noi stessi, per capire quanto quest’epoca di folli guerrafondai e immondi genocidi ci sta cambiando in peggio rendendoci complici, cinici e indifferenti.

Sulla tragedia di Gaza trovi notizie, informazioni storiche e riflessioni QUI e QUI.  (GLR)

 

 

 

 

L’ORRORE E LA SUA RIMOZIONE

Dalle notizie che giungono ieri sera a Rafah l’esercito israeliano ha bombardato le tende degli sfollati poste accanto ai magazzini dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency).

Il numero dei morti e dei mutilati è indefinito, ma l’ordine di grandezza è del centinaio. Non è naturalmente il primo crimine di guerra di vaste proporzioni, in mondovisione, di cui l’IDF si macchia.


Il rischio di assuefarsi all’orrore è perciò elevato. Un bambino straziato o orfano è difficile da reggere se visto da vicino; ma quando entriamo nell’ordine delle decine con cadenza quotidiana per mesi, l’intollerabilità può tradursi in fuga mentale, rimozione.


Non si sa bene cosa aggiungere come commento a quello che è forse il più grande scandalo umanitario della storia. Peggiore non per i numeri, ma per il fatto di avvenire sostanzialmente in diretta, a disposizione di chiunque desideri informarsi (dunque non i fruitori della nostra stampa mainstream), e dunque di fatto nell’accettazione ufficiale.

Sconvolge che ci sia ancora gente che ha la faccia di latta di affermare che questa non è altro che la risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre, che questo scempio rientra sotto la voce “legittima difesa”.

(Un po’ come immaginare che agli attentati dell’IRA a Birmingham nel 1974 l’esercito britannico avesse risposto bombardando a tappeto l’Irlanda del Nord.)


Questa è davvero l’epoca della falsificazione sistematica delle coscienze, della malafede imperante e a reti unificate, della menzogna ripetuta e infiocchettata da telecamere compiacenti, della manipolazione mentale con giri di parole e uragani di ipocrisia.


Lottare politicamente oggi è innanzitutto lottare per la verità, per la disposizione costante a cercarla e poi per il coraggio di affrontarla.


Andrea Zhok, https://www.ariannaeditrice.it/ 27/5/2024

link: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-orrore-e-la-sua-rimozione

 

 

 

 

UN ATTACCO MISSILISTICO ISRAELIANO TRASFORMA IL CAMPO PROFUGHI DI RAFAH IN UN PAESAGGIO INFERNALE

Domenica, Israele ha lanciato diversi missili contro una “zona sicura” nel quartiere Tal al-Sultan di Rafah.

Le esplosioni, udibili a chilometri di distanza, hanno innescato un incendio di vaste proporzioni che ha attraversato rapidamente l’accampamento intrappolando molte persone nelle loro tende, dove sono state bruciate vive. Le scene raccapriccianti sono apparse quasi immediatamente su diversi canali di social media, dove milioni di spettatori hanno potuto vedere in prima persona gli effetti dell’assalto omicida di Israele.

Molti dei video apparsi su Twitter sono troppo raccapriccianti per essere visti. In un video particolarmente orribile, un uomo barbuto regge i resti senza testa di un bambino fatto a pezzi solo pochi minuti prima.

Un altro video mostra genitori e soccorritori disperati che cercano di estrarre i corpi carbonizzati dei loro figli dalle macerie, mentre sullo sfondo sono ancora visibili le fiamme.

Un terzo video mostra sei uomini che spostano una vittima adagiata in una coperta attraverso un campo di detriti fumanti, i resti bombardati di un edificio residenziale.

Guardare questi inquietanti video post-apocalittici è traumatizzante ma, allo stesso tempo, fa aprire gli occhi. Stiamo chiaramente sperimentando un livello di barbarie omicida mai visto nel dopoguerra.


Si tenga presente che alle vittime dell’attacco israeliano era stato ordinato di trasferirsi nel luogo in cui si trovavano solo pochi giorni prima. E – non appena insediate – Israele le ha annientate senza pietà con bombe da 1.000 libbre. Come può questo non essere considerato un omicidio a sangue freddo?


È un omicidio. Come ha detto recentemente lo scrittore Norman Finklestein, “Israele sta ammazzando delle persone in un campo di concentramento“.

Ha ragione, non è vero? E ancora più scioccante è il fatto che stiano massacrando donne e bambini con un gusto che rasenta la psicosi clinica. Ma non si tratta di psicosi; è una forma di fanatismo che non ha eguali nei tempi moderni.

Tenete presente che non c’è alcun valore strategico nel far saltare in aria un accampamento di sfollati. Non ha alcuno scopo militare. Il che ci porta a credere che l’impulso per queste atrocità sia qualcosa di completamente diverso, qualcosa di molto più oscuro e sinistro.


Si tratta di puro sport sanguinario: uccidere per il gusto di uccidere. Nessuno vuole ammetterlo, ma, dopo sette mesi di implacabile ferocia, non è più possibile ignorare la pura verità: Israele si sta impegnando nelle forme più estreme di violenza omicida perché ciò rafforza il suo senso collettivo di superiorità. È scioccante.


Questo è tratto da un articolo di Aljazeera:

I funzionari di Gaza affermano che il bilancio delle vittime degli attacchi aerei israeliani contro un campo di sfollati palestinesi vicino a Rafah, nella parte meridionale della Striscia, è salito a 45…. Testimoni hanno detto che almeno otto missili hanno colpito il campo – una zona sicura designata – domenica sera intorno alle 20.45 ora locale.

L’agenzia di stampa Wafa, citando la Società della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS), ha affermato che molte delle vittime sono “bruciate vive” all’interno delle loro tende nell’area di Tal as-Sultan…

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha dichiarato che il suo ospedale da campo a Rafah stava ricevendo molti feriti e che anche altri ospedali stavano accogliendo un gran numero di pazienti.

Gli attacchi aerei hanno appiccato il fuoco alle tende, le tende si stanno sciogliendo e anche i corpi delle persone si stanno sciogliendo“, ha dichiarato uno dei residenti arrivati all’ospedale kuwaitiano di Rafah, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters.

Medici Senza Frontiere ha dichiarato che “decine di feriti” sono stati portati in una delle sue strutture.

“Siamo inorriditi da questo evento mortale, che dimostra, ancora una volta, che nessun luogo è sicuro”, ha scritto il gruppo sulla piattaforma di social media X, ribadendo la richiesta di un cessate il fuoco immediato.

Death toll in Israeli attack on displaced Palestinians in Rafah rises to 45, Aljazeera


Tutte le vittime dell’attacco israeliano erano state costrette a spostarsi più volte nel recente passato. Far spostare enormi gruppi di persone da un luogo all’altro è una forma di tormento psicologico che mira a intensificare le sensazioni di paura e insicurezza.

Lo scopo ultimo di questa psyop è quello di costringere i palestinesi a fuggire dal Paese ogni volta che se ne presenti l’occasione.

Con le loro case e città ormai ridotte in macerie, i loro cari morti o feriti, l’accesso al cibo e all’acqua interrotto e il loro intero tessuto sociale distrutto, l’aspettativa è che i palestinesi lascino volontariamente la loro patria permettendo a Israele di controllare l’intera area dal fiume al mare, quello che era il piano sionista fin dall’inizio. Questo è tratto da un articolo del World Socialist Web Site:

… lo storico israeliano di fama mondiale Ilan Pappé lo aveva definito il “mito fondante” del Sionismo; il fatto che la “Nakba” del 1948, quando 750.000 palestinesi erano stati espulsi dalle loro case, sarebbe stato un reinsediamento volontario da parte dei palestinesi, non provocato dalle azioni delle forze israeliane.

Il libro di Pappé del 2006, The Ethnic Cleansing of Palestine, è un’esposizione devastante di tutte le bugie della storiografia ufficiale israeliana. Dimostra che lo sfollamento e l’uccisione in massa dei palestinesi nel 1948 erano stati il risultato di un piano dettagliato e consapevole.

In un agghiacciante parallelo con gli eventi odierni, Pappé spiegava che Israele aveva mascherato i suoi piani come una risposta agli attacchi di una milizia araba, osservando: “Nel febbraio 1947, la politica sionista era inizialmente basata sulla rappresaglia contro gli attacchi palestinesi, ma, alla fine, nel marzo 1948, si era evoluta in una forma di pulizia etnica dell’intero Paese”.

Aveva poi aggiunto:

Una volta presa la decisione, c’erano voluti sei mesi per completare la missione. Al termine, più della metà della popolazione autoctona della Palestina, quasi 800.000 persone, era stata sradicata, 531 villaggi erano stati distrutti e undici quartieri urbani svuotati dei loro abitanti. Il piano, deciso il 10 marzo 1948, e, soprattutto, la sua sistematica attuazione nei mesi successivi, era stato un chiaro caso di operazione di pulizia etnica, considerata oggi dal diritto internazionale come un crimine contro l’umanità. (P. 14)

Il genocidio di Gaza segna il culmine di quelli che, secondo Pappé, erano gli obiettivifissati dal movimento sionista già all’inizio, al momento della sua apparizione in Palestina: avere la maggior parte possibile della Palestina con il minor numero possibile di palestinesi al suo interno“…..


Ogni giorno diventa più chiara l’effettiva politica statunitense-israeliana di genocidio e pulizia etnica.

Per garantire la riorganizzazione del Medio Oriente dominata dagli Stati Uniti, quella che Biden ha definito il “sogno di generazioni”, è infatti necessaria la “fine di Gaza”, cioè la sistematica repressione della resistenza organizzata del popolo palestinese alla dominazione israeliana.


Le atrocità a cui assistiamo giorno dopo giorno a Gaza sono alimentate da una smodata volontà di controllare ogni centimetro della Palestina storica e di espellere i suoi abitanti per stabilire una maggioranza ebraica permanente all’interno dei confini del nuovo Stato allargato.


Il massacro della scorsa notte dimostra, ancora una volta, che Israele non si fermerà davanti a nulla per raggiungere il suo obiettivo.

Mike Whitney,  https://www.unz.com/  27/5/2024

Link: https://www.unz.com/mwhitney/israeli-missile-attack-turns-refugee-camp-into-rafah-hellscape/


 

 

 

 

Il genocidio in atto a Gaza è un fatto: la bestemmia è di chi strumentalizza Segre e la Shoah

Il caso Segre, esploso in questi giorni, è letteralmente la punta dell’iceberg di una montagna ghiacciata di propaganda con la quale si cerca di sommergere e soffocare ogni tentativo di far comprendere la concretezza e la serietà dei crimini di cui è accusato il governo israeliano in carica, da entrambe le corti internazionali di giustizia, ovvero:

a) l’International Court of Justice (ICJ), che si occupa di giudicare gli Stati;

b) l’International Criminal Court (ICC), che invece processa le singole condotte individuali.

Sono passati ormai quattro mesi da quando le accuse di genocidio, mosse dal Sudafrica contro Israele, sono state reputate credibili dalla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) – di seguito CIG – che ha emesso pertanto una Ordinanza per l’esecuzione di misure cautelari, nel caso “Sudafrica contro Israele”, con specifico riferimento all’applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza.

È appena il caso di ricordare che l’articolo III della “Convenzione sul genocidio” definisce lo spettro delle condotte genocidiarie punibili e che – per prevenire con ogni mezzo queste nefandezze – lo spettro degli atti vietati risulta assai ampio.

La norma citata punisce infatti:

«a) il genocidio;

b) l’intesa mirante a commettere genocidio;

c) l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio;

d) il tentativo di genocidio;

e) la complicità nel genocidio».


In tal senso, i fatti fin qui accertati sono questi:

il 29 dicembre 2023, il Sudafrica depositava un’istanza contro Israele per le presunte violazioni dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione;

il 26 gennaio 2024, la Corte emetteva la suddetta Ordinanza, in accoglimento delle istanze sudafricane;

il 16 febbraio 2024, la Corte comunicava alle Parti, la richiesta del Sudafrica di ulteriori misure provvisorie, da emanare a causa dell’aggravarsi del quadro accusatorio, dato che l’offensiva militare israeliana – seguita agli attacchi del 7 ottobre, condotti da Hamas nel sud di Israele (quasi 1.200 le vittime israeliane; oltre 240 gli ostaggi) – aveva prodotto, allo stato, almeno 32mila decessi tra la popolazione palestinese come conseguenza diretta degli attacchi e dei bombardamenti ancora in corso;

il 28 marzo 2024, la Corte ha indicato ulteriori misure provvisorie.

Gli ordini cautelari aggiuntivi della CIG, a fine marzo, prevedevano, in sostanza, che lo Stato di Israele, alla luce del peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi di Gaza, con specifico e particolare riferimento alla diffusione della carestia e della fame, si sarebbe dovuto adoperare per la tempestiva adozione di «tutte le misure necessarie ed efficaci per garantire, senza indugi, in piena cooperazione con le Nazioni Unite, la fornitura senza ostacoli su larga scala da parte di tutti i soggetti interessati dei servizi di base urgentemente necessari e dell’assistenza umanitaria ai palestinesi in tutta Gaza».

Ai sensi della Convenzione sul Genocidio, Israele avrebbe dovuto inoltre garantire, «con effetto immediato, che il suo esercito non compia atti che costituiscano una violazione di uno qualsiasi dei diritti dei palestinesi a Gaza come gruppo protetto», ciò che include la cessazione di ogni azione finalizzata a impedire «la consegna dell’assistenza umanitaria urgentemente necessaria», con la precisazione che gli aiuti necessari riguardano cibo, acqua, elettricità, carburante, rifugi, abbigliamento, presidi igienici e sanitari, nonché forniture e cure mediche.

La CIG, proprio in questi giorni, ha infine portato a termine l’esame delle ulteriori allegazioni depositate dal Sudafrica, a seguito della estensione dell’offensiva militare israeliana a Rafah, ovvero in quel “rifugio” che avrebbe dovuto essere la zona di sicurezza per oltre un milione e mezzo di palestinesi, sfollati da una Gaza ormai quasi completamente rasa al suolo, riaffermando le misure cautelari già imposte a Israele, con le precedenti ordinanze del 26 gennaio e del 28 marzo, e implementandole con nuove misure rivolte a proteggere i palestinesi finiti sotto attacco anche a Rafah.


Se questo è il quadro complessivo dei provvedimenti della CIG, in cui la sussistenza delle condotte genocidiarie dello Stato israeliano viene riconosciuta e perseguita in maniera esplicita, la notizia più recente – ovvero le Richieste di mandati di arresto per la situazione nello Stato di Palestina – riguarda invece le specifiche condotte individuali delle figure apicali che sono state incriminate per l’attacco palestinese del 7 ottobre 2023 e per la lunghissima controffensiva israeliana tuttora in atto.

Tali condotte, stando a quanto ha espressamente dichiarato lo stesso Procuratore Khan della Corte Penale Internazionale (ICC) – di seguito CPI – sono avvenute «nel contesto di un conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina, e di un conflitto armato non internazionale tra Israele e Hamas (insieme ad altri gruppi armati palestinesi) che si svolgono in parallelo».

Sul punto, è bene ricordare brevemente che lo Statuto di Roma della CPI non si applica a situazioni di semplice disordine interno e punisce esclusivamente le seguenti tipologie di condotte (art. 5): crimine di genocidio (art. 6), crimini contro l’umanità (art. 7), crimini di guerra (art. 8) e crimini di aggressione (art. 8-bis).

Le violazioni dello Statuto che sono state specificamente contestate ai soggetti incriminati sono tutte relative a diverse ipotesi di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra.


Gli esponenti incriminati del Movimento di Resistenza Islamica “Hamassono tre: Sinwar (Capo di Hamas nella Striscia di Gaza), Deif (Comandante in Capo dell’ala militare di Hamas, conosciuta come le Brigate Al-Qassam) e Haniyeh (Capo dell’Ufficio Politico di Hamas).

L’Ufficio del Procuratore ha ritenuto che i tre potessero essere considerati «penalmente responsabili dell’uccisione di centinaia di civili israeliani in attacchi perpetrati da Hamas (in particolare dalla sua ala militare, le brigate Al-Qassam) e da altri gruppi armati il 7 ottobre 2023 e della presa di almeno 245 ostaggi» e ciò all’esito di indagini che hanno preso in esame i racconti di diverse vittime e sopravvissuti, «compresi ex ostaggi e testimoni oculari dei sei principali luoghi di attacco», nonché elementi probatori quali: «filmati di CCTV, materiale audio, foto e video autenticato, dichiarazioni di membri di Hamas, inclusi i presunti autori sopra nominati, e prove fornite da esperti».

I capi di accusa specifici – relativi anche a diverse ipotesi di condotte criminali commesse nel contesto della prigionia – sono: a) sterminio (art. 7); b) omicidio (artt. 7 e 8); c) presa di ostaggi (art. 8); d) stupro e altri atti di violenza sessuale (artt. 7 e 8); e) tortura (artt. 7 e 8); f) altri atti inumani (art. 7); g) trattamenti crudeli (art. 8); h) oltraggio alla dignità personale (art. 8).


Sul versante israeliano, gli esponenti incriminati, sia come coautori che come superiori (artt. 25 e 28) sono due: Netanyahu (Primo Ministro) e Gallant (Ministro della Difesa). I capi di imputazione specifica: a) affamare i civili come metodo di guerra, b) causare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute – trattamento crudele, c) uccisione intenzionale – omicidio, d) dirigere intenzionalmente attacchi contro la popolazione civile (art. 8); e) sterminio e/o omicidio inclusi nel contesto delle morti causate dalla fame, f) persecuzione, g) altri atti inumani (art. 7).

La relazione del Procuratore evidenzia in particolar modo il fatto che tali crimini – tuttora in corso – rientrino in un quadro di «attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese, in conformità con la politica statale».


Bisogna prestare molta attenzione a quanto è emerso dalle «prove raccolte, incluse interviste con sopravvissuti e testimoni oculari, materiale video, fotografico e audio autenticato, immagini satellitari e dichiarazioni del gruppo degli autori presunti».

Secondo la procura, infatti, siamo in presenza di un quadro probatorio nel quale «Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le parti di Gaza di oggetti indispensabili per la sopravvivenza umana».

L’assedio totale su Gaza imposto da Israele, «dall’8 ottobre 2023 per periodi prolungati e poi limitando arbitrariamente il trasferimento di forniture essenziali – compresi cibo e medicine – attraverso i punti di valico del confine dopo che sono stati riaperti», si è tradotto anche nel «taglio delle condutture d’acqua transfrontaliere da Israele a Gaza – la principale fonte di acqua pulita per i Gazawi – per un periodo prolungato a partire dal 9 ottobre 2023», oltre che nella «interruzione e ostacolo delle forniture elettriche almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad oggi».

Numerosi e comprovati anche gli «attacchi ai civili, compresi quelli in fila per il cibo», in un quadro generale di «ostacolo alla consegna di aiuti da parte delle agenzie umanitarie». La relazione specifica, inoltre, che ripetuti attacchi e uccisioni di operatori umanitari «hanno costretto molte agenzie a cessare o limitare le loro operazioni a Gaza».


A fronte di questa impressionante mole di prove appare pertanto evidente come queste condotte criminali siano state commesse in attuazione di «un piano comune per utilizzare la fame come metodo di guerra e altri atti di violenza contro la popolazione civile di Gaza come mezzo per (i) eliminare Hamas; (ii) garantire il ritorno degli ostaggi rapiti da Hamas, e (iii) punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, percepita come una minaccia per Israele».

Da ultimo, un passaggio conclusivo della relazione del Procuratore, merita di essere trascritto integralmente poiché chiarisce molto bene il punto nodale della vicenda, ovvero il fatto che i mezzi scelti da Israele per raggiungere i suoi obiettivi militari a Gaza sono e restano criminali, indipendentemente da qualsiasi valutazione in merito alle finalità:

«Gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza, sono acuti, visibili e ampiamente noti, e sono stati confermati da molteplici testimoni intervistati dal mio ufficio, inclusi medici locali e internazionali.

Questi effetti includono malnutrizione, disidratazione, sofferenza profonda e un numero crescente di morti tra la popolazione palestinese, inclusi neonati, bambini e donne.

La carestia è presente in alcune aree di Gaza ed è imminente in altre aree.

Come ha avvertito più di due mesi fa il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, “1,1 milioni di persone a Gaza stanno affrontando una fame catastrofica – il numero più alto mai registrato – ovunque, in qualsiasi momento” a causa di un “disastro interamente causato dall’uomo”.

Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione.

Tale diritto, tuttavia, non esonera Israele o qualsiasi Stato dal rispettare il diritto umanitario internazionale».


In definitiva, sul piano delle condotte statali, la CIG riconosce espressamente le condotte genocidiarie israeliane, iniziate a seguito dei fatti del 7 ottobre 2023 e tuttora in essere, mentre su quello delle valutazioni individuali, i mandati di arresto emessi nei confronti delle due figure apicali del governo israeliano (il capo del governo e il suo ministro della difesa) individuano e contestano ‘solo’ diverse ipotesi di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità.

La CPI, in effetti, punisce anche il crimine di genocidio (art. 6 dello Statuto) ma – in ossequio ai principi fondamentali del garantismo penale – lo fa con una nozione molto più ristretta di quella del summenzionato art. III della Convenzione. Nondimeno, il più grave tra i crimini dell’umanità che sono stati contestati individualmente dalla CPI, ovvero “affamare i civili come metodo di guerra”, quale esito finale potrà mai avere, se questa e tutte le altre condotte criminali individuate non cesseranno?


La scelta di sfollare oltre un milione e mezzo di palestinesi, esponendoli alla fame, alla sete e a condizioni sanitarie praticamente inesistenti, la devastazione dei territori sfollati e la successiva offensiva che attualmente sta interessando anche la zona di sicurezza in cui erano stati forzosamente trasferiti i rifugiati, che esito finale avranno, in assenza di una piena e completa cessazione di tutte le ostilità?


Sul punto, conclusivamente, può essere utile esaminare i risultati dell’analisi legale approfondita, realizzata dall’University Network for Human Rights, composto da esperti dell’International Human Rights Clinic presso la Boston University School of Law, dell’International Human Rights Clinic presso la Cornell Law School, del Center for Human Rights presso l’Università di Pretoria e del Lowenstein Human Rights Project presso la Yale Law School.

Il report sul Genocidio a Gaza, pubblicato il 15 maggio scorso, nel ribadire la correttezza dell’impostazione della CIG, offre un passaggio di sintesi che merita di essere trascritto integralmente per la sua chiarezza e completezza:

«Israele ha commesso atti genocidiari di uccisione, causando gravi danni e infliggendo condizioni di vita tese a provocare la distruzione fisica dei palestinesi a Gaza, un gruppo protetto che costituisce una parte sostanziale del popolo palestinese.

Tra il 7 ottobre 2023 e il 1 maggio 2024, Israele ha ucciso almeno 34.568 palestinesi e ferito altri 77.765 palestinesi a Gaza.

Queste cifre rappresentano complessivamente più del 5% della popolazione di Gaza, con oltre il 2% dei bambini di Gaza uccisi o feriti.

Circa 14.500 dei palestinesi uccisi a Gaza erano bambini.

Nei primi quattro mesi del suo assalto, Israele ha ucciso più bambini di tutti quelli che sono stati ammazzati in tutti i conflitti mondiali degli ultimi quattro anni messi insieme.

Le forze israeliane hanno ucciso palestinesi indipendentemente dal loro status protetto secondo il diritto internazionale, con l’attuale bombardamento che costituisce il conflitto più mortale per i giornalisti mai registrato, e i numeri del personale ONU assassinato che hanno raggiunto un livello “mai visto nella storia”.

L’operazione militare di Israele ha distrutto fino al 70% delle case a Gaza e ha decimato le infrastrutture civili, inclusi ospedali, scuole, università, strutture delle Nazioni Unite e siti di patrimonio culturale e religioso.

Un impressionante numero di civili – 1,7 milioni, ovvero oltre il 75% della popolazione di Gaza – è stato sfollato con la forza a causa dell’offensiva militare di Israele.

I civili a Gaza affrontano livelli catastrofici di fame e privazione a causa delle restrizioni imposte da Israele e della mancanza di accesso adeguato ai beni essenziali per la vita, inclusi cibo, acqua, medicine e carburante.

Gli atti genocidiari di Israele a Gaza sono stati motivati dall’intento genocida richiesto, come evidenziato nel report dalle dichiarazioni dei leader israeliani, dalla natura dello Stato e dal comportamento delle sue forze militari contro e riguardo i palestinesi a Gaza, e dal nesso diretto tra questi.

Come dettagliato in questo rapporto, funzionari a tutti i livelli del governo israeliano, incluso il Primo Ministro, hanno fatto dichiarazioni che non solo esprimono disumanizzazione e crudeltà palesi e inequivocabili contro i palestinesi a Gaza e altrove, ma riflettono anche esplicitamente l’intenzione di distruggere e sterminare i palestinesi in quanto tali.

I modelli di comportamento delle forze militari israeliane a Gaza rafforzano ulteriormente la constatazione dell’intento genocida di Israele».


Questa mole impressionanti di elementi di fatto, raccolti ed esaminati da più fonti indipendenti, dovrebbe rendere chiaro a qualsiasi persona ragionevole il quadro accusatorio e la devastazione associata a questa infinita controffensiva israeliana, che è del tutto sproporzionata rispetto ai crimini commessi da Hamas, sia per la sua intensità, sia per la sua durata nel tempo, dato che ormai va avanti da quasi otto mesi e senza che si veda alcun minimo segno di ravvedimento, né una possibile prospettiva di pacificazione.

Giudicheranno, poi, le due corti competenti, in merito a ciascuna delle ipotesi di reato individuate, ma la valutazione politica può senz’altro precedere l’esito delle sentenze.


E se si può umanamente comprendere lo stato d’animo di Liliana Segre, quando si lascia andare a una dichiarazione che contraddice così clamorosamente la realtà dei fatti, nessuna indulgenza invece si può avere per l’apparato politico, mediatico e affaristico che strumentalizza la senatrice a vita e la Shoah stessa, nel vano tentativo di sottrarre al giudizio i responsabili delle condotte genocidiarie, ai sensi dell’art. III della Convenzione, e le figure apicali per le quali sono stati emessi i mandati di arresto per le varie ipotesi di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra, individuate ai sensi degli artt. 7 e 8 dello Statuto CPI.

La senatrice Segre, che l’antisemitismo lo ha vissuto sulla propria pelle ed è sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, chiaramente è preoccupata dal possibile ritorno di un crescente antisemitismo.

Lei dice testualmente: è assurdo che persone italiane di origine ebraica, che magari nemmeno condividono le politiche militari israeliane, vengano considerate corresponsabili. Questa preoccupazione è perfettamente comprensibile. Tuttavia, in quello stesso contesto in cui ha dichiarato che, per lei, è una bestemmia associare la parola genocidio a Israele, nel video, la senatrice affermava anche questo: «siamo accusati di tutto quello che noi per primi non vorremmo vedere».

Singolare che, poi, solo la questione della bestemmia abbia trovato un così ampio spazio su tutti i principali media, mentre la parte in cui giustamente Segre chiarisce come e quanto il pregiudizio sia sempre deprecabile e pericolosissimo resta seminascosta: nessun titolo su questo passaggio più critico, nemmeno un trafiletto.

Come ha spiegato molto bene, qualche settimana, fa il senatore USA Bernie Sanders, criticare il governo israeliano per le sue politiche criminali non è antisemitismo.

 

Cerchiamo dunque di non usare la Shoah e l’antisemitismo come una sorta di doppio manganello mediatico per mettere a tacere le proteste pacifiste e, qui dove la guerra (per ora?) non è ancora arrivata, forse, si potrà ricominciare a discutere e a confrontarsi civilmente, prendendo tutte le posizioni che ciascuno di noi si sentirà di assumere, secondo coscienza, ma senza mai ignorare o mistificare la realtà.


E la realtà di Gaza, ampiamente documentata, qui e ora è una realtà di sterminio e devastazione, perfettamente coerente con la definizione di genocidio, secondo la relativa Convenzione (art. III), oltre che con le diverse ipotesi di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra, che sono state contestate secondo le disposizioni dello Statuto CPI, riportate ed esaminate in dettaglio.

Giuseppe D’Elia, https://www.lafionda.org/  25/5/2024

Giornalista e avvocato. Segue da sempre le tematiche politiche legate ai diritti dei lavoratori, con particolare riferimento alle questione del salario minimo e del reddito minimo garantito e al rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro.

 

 

 

 

Elena Basile: lettera a Liliana Segre

Elena Basile

Gentilissima Senatrice Segre,

Vorrei tornare a rivolgermi a Lei sperando che questo mio nuovo tentativo di dialogo non sia causa di una sua seconda querela civile e penale.

Mi è terribilmente dispiaciuto che, in base a quanto riferitomi dagli avvocati, lei mi abbia querelato per “diffamazione e istigazione all’odio”.

Sono sgomenta all’idea che la mia difesa dei diritti umani e delle politiche umanitarie possa essere fraintesa fino al punto da farmi considerare un’antisemita.

Oggi intervengo in favore del martoriato popolo di Gaza. Negli anni trenta l’avrei fatto per il popolo ebraico.

Sebbene mi sia pubblicamente scusata in un articolo apparso sul Fatto Quotidiano per avere utilizzato un paragone che, tenendo conto della sua veneranda età e della sua atroce esperienza di vita, avrebbe potuto ferirla, Lei non ha voluto credere nella sincerità delle mie scuse.

Mi ha in questo modo offeso gratuitamente, dubitando della buona fede  di un funzionario diplomatico che per 38 anni ha servito lo Stato Italiano.

Eppure nel video nel quale mi rivolgevo a Lei, mi premeva soprattutto, sulla scia di Hannah Arendt, sottolineare come i nazisti non siano stati mostri ma persone comuni, buoni padri di famiglia, sensibili alle malattie dei figli, alla morte di un cane.

La doppia morale nazista è analizzata nel film meraviglioso “Zona di Interesse” del regista Glatzer che racconta la storia del comandante di Auschwitz e della sua famiglia. Vede, a mio avviso è importante, come la filosofa Arendt sottolineava nel suo bellissimo libro “La banalità del male”, comprendere che i crimini nazisti non sono una parentesi eccezionale della storia dell’umanità ma sono insiti nel cuore umano e possono sempre reincarnarsi in forme diverse, dando vita a nuove tragedie della storia.

Voler sottolineare l’unicità dell’Olocausto e del genocidio degli ebrei credo ci possa portare lontano dal riconoscimento di quelle forme di azione e di pensiero che, lasciate alla deriva, generano i nuovi mostri dovuti al sonno della ragione.

La disumanizzazione del nemico è alla base di quella doppia morale che trasforma il gentile padre di famiglia in belva. I crociati, i colonialisti, i nazisti, i nemici in guerra, restano indifferenti di fronte alle sofferenze e alla morte delle loro vittime.

Diviene quindi cruciale utilizzare la memoria dei crimini nazisti contro gli ebrei non per celebrare asetticamente il passato ma per chiedersi quali siano oggi le nuove vittime, quali popoli subiscano lo sterminio di cui ha sofferto il popolo ebraico, anche se le dimensioni, il metodo disumano e scientifico utilizzato nel genocidio degli ebrei ha costituito un unicum speriamo irripetibile.

A Gaza un popolo muore. 35.000 vittime civili non è la cifra che include i bambini, le donne e gli anziani, agonizzanti sotto le macerie, i morti per fame, i morti per la distruzione della sanità, i feriti e gli amputati in ospedali fatiscenti e senza anestesia.

Non c’è una guerra a Gaza ma un esercito che utilizza armi tecnologiche avanzate contro una popolazione inerme con la scusa di voler colpire i terroristi di Hamas. Come se per colpire un brigatista nascosto in un palazzo, il Governo italiano avesse dato mandato di radere al suolo l’immobile con gli anziani, le donne  e i bambini che lo abitavano. Un delirio difeso purtroppo dagli editorialisti della stampa occidentale.

La Corte Internazionale di Giustizia, sulla base delle accuse presentate dal Sud Africa, Paese che ha subito l’infamia dell’Apartheid, ha invitato Israele a creare tutte le condizioni affinché il genocidio a Gaza non si verifichi. Lo ha quindi considerato plausibile.

In Cisgiordania non c’è Hamas ma la ANP, riconosciuta soggettività palestinese eppure i crimini di Apartheid sono stati denunciati dalle Nazioni Unite.

Il Governo di Israele in Cisgiordnia non ha più alibi, non sta combattendo i terroristi ma sta  in ogni caso commettendo crimini contro l’umanità e trasgredendo il Diritto Internazionale.

Il Procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Amad Khan, ha richiesto il mandato di arresto internazionale per crimini di guerra per Netaniahu e per il Ministro della difesa  israeliano Gallant, oltre che per tre dirigenti di Hamas.

I crimini contro la popolazione civile ebraica e quelli di Gaza contro la popolazione palestinese sono giustamente messi sullo stesso piano. Una lezione morale contro i doppi standard che imperversano nello spazio politico mediatico occidentale.

Qualcuno è insorto per la comparazione tra il primo Ministro di un governo democraticamente eletto e i capi di un’organizzazione terroristica. In effetti il paragone è indebito.

Un’organizzazione che utilizza la lotta armata per la liberazione di un popolo sotto occupazione è giustificata se colpisce l’esercito dello Stato occupante. Hamas è quindi coperta dal diritto internazionale se esercita la violenza contro le forze armate israeliane.

Naturalmente è condannabile in base alla normativa delle Nazioni Unite se utilizza metodi terroristici colpendo, come ha fatto il 7 ottobre, la popolazione civile ebraica.

L’“unica democrazia del Medio Oriente” è a maggior ragione difficilmente giustificabile per i suoi crimini di apartheid in Cisgiordania e per lo sterminio di vittime civili a Gaza che non sono danni collaterali ma veri e propri obiettivi di punizioni collettive perpetrate da Israele anche in passato.

La chiusura dei tre valichi alla frontiera di Gaza impedisce agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione civile. Ho letto con costernazione sulle pagine del Corriere della Sera – se lo ricorda, Senatrice, che bel giornale che era quando ospitava un dibattito di idee tra Pasolini, Moravia, Bobbio i tanti esponenti di una intellighentia meravigliosa che ha consolato la mia adolescenza?- che gli aiuti americani via mare possano essere una realistica alternativa per la carestia e la fame a Gaza. Quindi la chiusura da parte del Governo israeliano non costituirebbe un crimine contro l’umanità. E’ possibile ragionare in questo modo?

Ho letto anche oggi l’articolo di un ex collega sulla Stampa che sottolineava come la richiesta del procuratore della CPI, giustificabile dal punto divista morale, allontanasse di fatto la pace perché gli Stati Uniti e tanti Governi occidentali si sarebbero schierati in difesa di Netanyahu, dandogli maggiore respiro politico e dimenticando le pressioni contro l’azione militare a Rafah.

L’Occidente crea il mondo e poi afferma di dover essere realista e fare i conti col mondo quale è, cioè col mondo che ha creato.

Di fatto la richiesta del procuratore della CPI avrebbe potuto accelerare la fine politica del Primo Ministro Netaniahu. Se Biden avesse preso le distanze come hanno fatto i Paesi europei più illuminati, (Spagna, Irlanda, Belgio, Francia, Norvegia, non il Governo Meloni complice dei crimini di guerra del governo israeliano), si sarebbe colta una opportunità per tentare un cambiamento di politica in Israele.

La richiesta di un cessate il fuoco immediato e durevole a Gaza, unica vera condizione per il rilascio degli ostaggi e l’avvio di negoziati, sarebbe stata possibile.

Sa, Senatrice, quale sarebbe il mio sogno? Vedere la comunità ebraica e i suoi maggiori esponenti prendere le distanze dai regimi israeliani che stracciano la carta delle Nazioni Unite, non rispettano le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, si coprono di crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza come in Cisgiordania.

Su Haretz, il noto giornale israeliano, tante sono le voci di denuncia dei crimini di Israele a cominciare da Gideon Levy. Haretz è un esempio di quella libertà di stampa di cui siamo carenti in Italia.

Se lei, Senatrice, difende la peculiarità dell’Olocausto e del genocidio degli ebrei, senza voler riconoscere le affinità di mentalità, di doppia morale e disumanizzazione del nemico, tra i carnefici della storia nei confronti delle vittime, potrà forse essere male interpretata.

La falsa e crudele associazione tra i crimini di Israele e la posizione delle comunità ebraiche nel mondo prevarrà. E con essa temibili e condannabili rigurgiti di antisemitismo. Come Finkelstein e Moni Ovadia predicano ogni giorno, confondere l’antisemitismo con l’antisionismo non aiuta la ragione ma semina odio.

La convenzione sul genocidio del 1948 determina i parametri nei quali le azioni di genocidio possono ricadere. La convenzione fu scritta  dopo la scoperta delle miserie della seconda guerra mondiale. Essa era una lezione affinché il buio non colpisse nuovamente l’umanità. Non bisogna attendere che un intero gruppo etnico sia trucidato per far scattare l’allarme. La convenzione intende prevenire il genocidio non solo condannarlo a fatti avvenuti.

Mi rivolgo a lei, Senatrice,  in quanto sono convinta della sua buona fede (in questo divergiamo, nella fiducia nell’altro, presupposto di ogni dialogo costruttivo umano).

Vorrei che le forze positive della nostra società che combattono oggi contro le guerre, contro lo sterminio di innocenti, siano questi i poveri ragazzi ucraini  o le tragiche vittime a Gaza, unissero le forze contro la barbarie.

I giovani che finalmente hanno lasciato le loro stanze e i loro computers e sono scesi in piazza contro i crimini di Israele, hanno tanto da condividere con lei, Senatrice, e la sua testimonianza contro l’Olocausto.

L’indignazione contro le stragi di Gaza, che vediamo in diretta televisiva, è la testimonianza che la moralità, non il moralismo benpensante, ancora esiste nella società civile. L’indignazione per le centinaia di migliaia di giovani ucraini, per il lutto e la disperazione delle loro famiglie, per il fallimento di un Paese svenduto dalle proprie classi dirigenti agli interessi economici, energetici e geopolitici statunitensi, è viva nel paese.

A volte non si manifesta verbalmente. Le persone hanno paura. L’omertà non esiste solo sotto le dittature. Il dissenso, come sa Senatrice, è dileggiato, oscurato, diffamato e querelato oggi in Italia.

Il mio caso credo  sia un esempio evidente. Stiamo attenti perché gradualmente ci stiamo allontanando dall’humus culturale delle democrazie costituzionali.

Elena Basile, https://www.lafionda.org/   24/5/2024

Elena Basile, scrittrice ed editorialista per Il Fatto Quotidiano, è stata Ambasciatrice italiana in Svezia e in Belgio.

 

 

 

 

Risposta di Alessandro Di Battista alla Segre

 

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Risposta di Matteo Gracis  alla Segre

 

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Parole di un filosofo ebreo su Gaza

Edgar MorinParole potenti del filosofo 103enne Edgar Morin, una delle figure intellettuali francesi più venerate, nonché un ebreo resistente nella Seconda Guerra Mondiale che combatté come tenente nella Francia combattente di De Gaulle.

Ecco le sue parole su Gaza:


“Sono stupito e indignato per il fatto che coloro che rappresentano i discendenti di un popolo perseguitato per secoli per motivi religiosi o razziali…

Che i discendenti di questo popolo che sono oggi creatori dello Stato d’Israele, che non solo hanno potuto colonizzare un intero popolo, cacciarlo in parte dalla sua terra e cercare di espellerlo definitivamente…

Ma anche, dopo il massacro del 7 ottobre, impegnarsi in un veri e propri  massacri sulle popolazioni di Gaza e continuando, incessantemente, a colpire civili, donne e bambini…

E vedere il silenzio del mondo, il silenzio degli Stati Uniti, protettori di Israele, il silenzio degli Stati arabi, il silenzio degli Stati europei che pretendono di essere difensori della cultura, dell’umanità, dei diritti umani.

Penso che stiamo vivendo una tragedia orribile perché anche noi siamo impotenti di fronte a questa cosa che si sta scatenando.

Almeno io dico: testimoniate! L’unica cosa che ci resta se non riusciamo a resistere concretamente è testimoniare.

Resistiamo mentalmente, non lasciamoci ingannare, non dimentichiamo, abbiamo il coraggio di affrontare le cose a testa alta.”

 

 

 

 

 

 

 

 

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