“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al Popolo...”
Così recità il primo articolo della nostra Costituzione. Teresa Mattei (1921-2013), grande Partigiana poi nota pedagogista e membro dell’Assemblea Costituente, subito dopo l’approvazione di questo articolo, nel 1947, disse orgogliosamente:
“La sovranità è nelle mani nostre, nelle mani del popolo e paritariemente in quelle di ogni cittadino; con questo la Repubblica ci ha fatto diventare cittadini e non sudditi“.
Ed invece la storia italiana dal 1945 in poi è stata una storia di sudditi e di sudditanza della nostra Nazione prima per la Guerra Fredda, oggi per il progetto criminale globale chiamato Grande Reset. Domani chissà…
Sudditi e sudditanza verso i vincitori della Seconda Guerra Mondiale: gli Anglo-Americani. Inghilterra e USA. E dietro a tutto il “Mucchio selvaggio“.
C’è un documento che rimarrà nei secoli, una condanna all’ ignominioso atto di resa, mascherato di pace, firmato a Parigi nel 1947 dai nostri Governanti di allora. In base di tale trattato l’Italia divenne una nazione a sovranità limitata e soggetta alle disposizioni delle cosiddette potenze alleate. Vinti e Umiliati e ridotti in catene.
Il filosofo Benedetto Croce ebbe la dignità di dirlo a chiare lettere nel suo intervento all’Assemblea Costituente che doveva ratificare ( cioè accettare senza condizioni) il Trattato di Pace, come leggerete più sotto.
Il primo Governo eletto dopo la Liberazione (???) nel 1945, il Governo Parri composto di combattenti della Resistenza ( leggi QUI), se fosse durato difficilmente, molto difficilmente avrebbe accettato il Trattato di Pace e per questo il deep-state anglo-americano ( sostenuto da forze oscure italiane) provvide affinchè cadesse dopo appena cinque mesi ( leggi QUI).
E quando, proprio nel 1947, si tentò una via di scelte politiche e sovrane fu approntata la terribile strage di contadini di Portella della Ginestra, in Sicilia, per far capire all’Italia chi comandava ( leggi QUI).
E quando Enrico Mattei (1906-1962), già ex Partigiano e capo delle Brigate partigiane di ispirazione cattolica, tentò, come presidente dell’ENI, una via di approviggionamento energetico sovrana e autonoma da quella imposta dagli anglo-americani, beh morì in un “provvidenziale” incidente aereo a Bascapè il 27/10/1962.
E quando Pier Paolo Pasolini ( 1922-1975) nella sua fremente ricerca ( che proseguiva quella portata avanti dal giornalista Mauro De Mauro ( 1921-1970) è fatto “provvidenzialmente” scomparire da Cosa Nostra il 16/9/1970) stava per avvicinarsi alla verità sull’assassinio di Mattei e sulla P2 e la stava scrivendo nel suo ultimo romanzo “Petrolio“, beh incontrò dei “provvidenziali” feroci “froci” che lo uccisero a bastonate il 2/11/1975.
E quando Aldo Moro (1916-1978) tentò di affermare di nuovo una politica nazionale, di dialogo con il PCI, autonoma e sovrana, beh fu ucciso da “provvidenziali” brigatisti rossi il 9 maggio 1978.
E quando Bettino Craxi (1934-2000) da presidente del consiglio, pur essendo certo non un esempio di politico specchiato e democratico, ebbe un sussulto di sovranità italiana l’11 ottobre del 1985 e oppose i carabinieri ai marines inviati dal presidente Usa Reagan sulla pista di Sigonella, in Sicilia, beh iniziò il suo irrimediabile declino politico e di potere fino ai tempi di Mani Pulite.
E quando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non si limitarono a fare i cacciatori di mafiosi ordinari ma cominciarono a curiosare nel mondo oscuro politico ed economico con cui Cosa Nostra era in rapporti, beh sapete come è andata a finire.
E persino il super atlantista Silvio Berlusconi ( 1936-2023) fu costretto alle dimissioni il 12/11/2011 del suo IV governo, con un’azione economica del Consiglio d’Europa, per fargli pagare la sua posizione politica a favore di Gheddafi, attraverso l’ENI, e Putin, cosa assolutamente inaccettabile agli occhi degli anglo-americani, e per aprire la strada al ben più affidabile governo del famigerato Mario Monti.
E quando in altre decine di occasioni l’Italia cercò vie autonome e sovrane di politica nazionale, di economia, di politica estera ci furono subito stragi, bombe, strane morti, P2, Gladio, servizi segreti e massonerie sempre deviati, strategie della tensione portate avanti da sedicenti Neri o Rossi o Grigi o reali mafiosi di Cosa Nostra in vivida collaborazione. Una storia di sudditanza che doveva essere continuamente ricordata e riaffermata anche con il sangue.
Una triste storia di sovranità limitata fino all’epoca del Grande Reset, progettato e voluto dal “Mucchio selvaggio” dell’aristocrazia finanziario-usuraia ( leggi QUI) con le sue pseudo-pandemie, le sue pseudo-emergenze climatiche e la sua reale digitalizzazione forzata di ogni aspetto della vita. E con finti governi che fintamente decidono ciò che è stato deciso altrove.
Non è un’altra storia, è la stessa storia cominciata già dal 1945. Una tragica storia di sudditanza scritta in quel Trattato di Pace del 1947, soprattutto nella parte ancora segretata che nessuno ancora oggi conosce ( e che non conobbero neanche i Padri costituenti) tranne i Pochissimi che sanno tutto, tutto possono e su tutto vegliano.
E si, ha proprio ragione Padre Dante: ahi serva Italia…
Dovremmo, dobbiamo fare nostre le parole piene di indignazione e vera dignità italiana ( non ridotta al pallone o al tennis o alla Ferrari) di Benedetto Croce. Dovremmo, dobbiamo ognuno di noi personalmente!
Lo dobbiamo agli Uomini/Donne del Risorgimento e della Resistenza che versarono il loro sangue per un’Italia sovrana e libera. (GLR)
Leggi la seconda parte di questo articolo QUI.
IL CARTELLO CHE HA RESO L’ITALIA UNA COLONIA USA
Esiste un Cartello che ha preso in ostaggio l’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi?
All’indomani della seconda guerra mondiale, le due potenze uscite vincitrici dal conflitto erano agli antipodi. Non avrebbero potuto trovare un accordo su nulla soprattutto sulla gestione del mondo. Si trovarono quindi di fronte ad una scelta: iniziare un’altro scontro militare ma questa volta su fronti opposti o dar vita ad uno scontro senza armi ma più subdolo e duraturo: una guerra fredda.
Optarono per la seconda possibilità e con lo scoppio della guerra fredda nacquero i 3 incubi degli Stati Uniti che avranno un impatto devastante sulla storia degli Stati Uniti, del Sud America e dell’Europa intesa come baluardo USA e testa di ponte verso il continente asiatico.
Le conseguenze di quegli incubi furono destabilizzanti in particolare per l’Italia.
Quello che gli USA temevano più di tutto erano:
1) La possibile avanzata dell’Unione sovietica in Europa nella sfera di influenza statunitense. In Europa non c’era un esercito capace di arrestare quella ipotetica avanzata.
2) L’avvicinamento dei comunisti al governo in Italia, paese ai confini con la cortina di ferro, strategico nel mediterraneo e con il partito comunista più grande d’europa
3) Che in Sud America altri paesi potessero emulare quanto accaduto a Cuba con la rivoluzione del 1959
I primi due punti dipendevano dall’Italia.
Gli anglo americani dovevano disporre del territorio italiano come meglio credevano, senza limitazioni.
E dato che furono gli angolamericani a liberare l’Italia nella seconda guerra mondiale, sancirono il passaggio dell’Italia da paese occupato a paese colonizzato.
Diventammo una colonia USA e quel nostro status fu sancito e messo nero su bianco prima nell’Armistizio di Cassibile del 1943 che firmammo con Walter Bedel Smith futuro direttore della CIA poi nel Trattato di Parigi del 1947.
Da quel momento in poi nacque il Cartello che avrebbe portato avanti in Italia le operazioni anticomuniste per destabilizzare l’ordine pubblico al fine di stabilizzare il potere politico per gli interessi angloamericani.
Di quel Cartello tracceremo i contorni in Fuori dalla Matrix.
ascolta e vedi QUI
IL TRATTATO DEL 1947 HA SEGNATO LA NOSTRA SCHIAVITÙ (MA LE CATENE SI POSSONO SPEZZARE)
Ormai è necessario desegretare le clausole del Trattato di Parigi con le forze Alleate e revisionarle definitivamente.
Mentre il nostro Governo accetta senza batter ciglio che la più grande portaerei statunitense attraversi il nostro mare Adriatico[1], ricordiamo quali siano le ragioni storiche di questo subire costante le decisioni americane sul nostro territorio.
Bisogna guardare indietro, al Trattato di Pace firmato a Parigi nel 1947 che fu di fatto una Resa senza condizioni[2], un “Dettato di Pace”[3].
L’Assemblea costituente italiana votò a favore della ratifica del Trattato di Parigi il 31 luglio 1947, e autorizzò il Governo della Repubblica guidato da Alcide de Gasperi a ratificarlo con legge del 2 agosto 1947; Enrico de Nicola (presidente della Repubblica) gli diede piena ed intera attuazione con decreto legislativo del 28 novembre 1947, recependolo nell’ordinamento giuridico italiano con effetto retroattivo al 16 settembre 1947.
Qui di seguito il discorso vibrante e indignato di Benedetto Croce all’assemblea Costituente il 24 luglio 1947[4].
“Io non pensavo che la sorte mi avrebbe, negli ultimi miei anni, riserbato un così trafiggente dolore come questo che provo nel vedermi dinanzi il documento che siamo chiamati ad esaminare, e nell’essere stretto dal dovere di prendere la parola intorno ad esso. Ma il dolore affina e rende più penetrante l’intelletto che cerca nella verità la sola conciliazione dell’interno tumulto passionale.
Noi italiani abbiamo perduto una guerra, e l’abbiamo perduta ‹‹tutti››, anche coloro che l’hanno deprecata con ogni loro potere, anche coloro che sono stati perseguitati dal regime che l’ha dichiarata, anche coloro che sono morti per l’opposizione a questo regime, consapevoli come eravamo tutti che la guerra sciagurata, impegnando la nostra Patria, impegnava anche noi, senza eccezioni, noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra Patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte. Ciò è pacifico quanto evidente.
Sennonché il documento che ci viene presentato non è solo la notificazione di quanto il vincitore, nella sua discrezione o indiscrezione, chiede e prende da noi, ma un giudizio morale e giuridico sull’Italia e la pronunzia di un castigo che essa deve espiare per redimersi e innalzarsi o tornare a quella sfera superiore in cui, a quanto sembra, si trovano, coi vincitori, gli altri popoli, anche quelli del Continente nero.
E qui mi duole di dovere rammentare cosa troppo ovvia, cioè che la guerra è una legge eterna del mondo, che si attua di qua e di là da ogni ordinamento giuridico, e che in essa la ragion giuridica si tira indietro lasciando libero il campo ai combattenti, dall’una e dall’altra parte intesi unicamente alla vittoria, dall’una e dall’altra parte biasimati o considerati traditori se si astengono da cosa alcuna che sia comandata come necessaria o conducente alla vittoria.
Chi sottopone questa materia a criteri giuridici, o non sa quel che si dica, o lo sa troppo bene, e cela l’utile, ancorché egoistico, del proprio popolo o Stato sotto la maschera del giudice imparziale. Segno inquietante di turbamento spirituale sono ai nostri giorni (bisogna pure avere il coraggio di confessarlo) i tribunali senza alcun fondamento di legge, che il vincitore ha istituiti per giudicare, condannare e impiccare, sotto nomi di criminali di guerra, uomini politici e generali dei popoli vinti, abbandonando la diversa pratica, esente da ipocrisia, onde un tempo non si dava quartiere ai vinti o ad alcuni dei loro uomini, e se ne richiedeva la consegna per metterli a morte, proseguendo e concludendo con ciò la guerra.
Giulio Cesare non mandò innanzi a un tribunale ordinario o straordinario l’eroico Vercingetorige, ma, esercitando vendetta o reputando pericolosa alla potenza di Roma la vita e l’esempio di lui, poiché gli si fu nobilmente arreso, lo trascinò per le strade di Roma dietro il suo carro trionfale e indi lo fece strozzare nel carcere.
Parimenti si è preso oggi il vezzo, che sarebbe disumano, se non avesse del tristemente ironico, di tentar di calpestare i popoli che hanno perduto una guerra, con l’entrare nelle loro coscienze e col sentenziare sulle loro colpe e pretendere che le riconoscano e promettano di emendarsi: che è tale pretesa che neppure Dio, il quale permette nei suoi ascosi consigli le guerre, rivendicherebbe a sé, perché egli non scruta le azioni dei popoli nell’ufficio che il destino o l’intreccio storico di volta in volta loro assegna, ma unicamente i cuori e i reni, che non hanno segreti per lui, dei singoli individui. Un’infrazione della morale qui indubbiamente accade, ma non da parte dei vinti, si piuttosto dei vincitori, non dei giudicati, ma degli illegittimi giudici.
Noi italiani, che abbiamo nei nostri grandi scrittori una severa tradizione di pensiero giuridico e politico, non possiamo dare la nostra approvazione allo spirito che soffia in questo dettato, perché dovremmo approvare ciò che sappiamo non vero e pertinente a transitoria malsania dei tempi: il che non ci si può chiedere.
Ma altrettanto dubbio suscita questo documento nell’altro suo aspetto di dettato internazionale, che dovrebbe ristabilire la collaborazione tra i popoli nell’opera della civiltà e impedire, per quanto è possibile, il rinnovarsi delle guerre.
Il tema che qui si tocca è così vasto e complesso che io non posso se non lumeggiarlo sommariamente e in rapporto al solo caso dell’Italia, e nelle particolarità di questo caso.
L’Italia, dunque, dovrebbe, compiuta l’espiazione con l’accettazione di questo dettato, e così purgata e purificata, rientrare nella parità di collaborazione con gli altri popoli.
Ma come si può credere che ciò sia possibile, se la prima condizione di ciò è che un popolo serbi la sua dignità e il suo legittimo orgoglio, e voi o sapienti uomini del tripartito, o quadripartito internazionale, l’offendete nel fondo più geloso dell’anima sua, perché, scosso che ebbe da sé l’Italia, non appena le fu possibile, l’infesto regime tirannico che la stringeva, avete accettato e sollecitato il suo concorso nell’ultima parte della guerra contro la Germania, e poi l’avete, con pertinace volontà, esclusa dai negoziati della pace, dove si trattava dei suoi più vitali interessi, impedendole di fare udire le sue ragioni e la sua voce e di suscitare a sé spontanei difensori in voi stessi o tra voi? E ciò avete fatto per avere le sorti italiane come una merce di scambio tra voi, per equilibrare le vostre discordi cupidigie o le vostre alterne prepotenze, attingendo ad un fondo comune, che era a disposizione.
Così all’Italia avete ridotto a poco più che forza di polizia interna l’esercito, diviso tra voi la flotta che con voi e per voi aveva combattuto, aperto le sue frontiere vietandole di armarle a difesa, toltole popolazioni italiane contro gli impegni della cosiddetta Carta atlantica, introdotto clausole che violano la sua sovranità sulla popolazioni che le rimangono, trattatala in più cose assai più duramente che altri Stati ex nemici, che avevano tra voi interessati patroni, toltole o chiesta una rinunzia preventiva alle colonie che essa aveva acquistate col suo sangue e amministrate e portate a vita civile ed europea col suo ingegno e con dispendio delle sue tutt’altro che ricche finanze, impostole gravi riparazioni anche verso popoli che sono stati dal suo dominio grandemente avvantaggiati; e perfino le avete come ad obbrobrio, strappati pezzi di terra del suo fronte occidentale da secoli a lei congiunti e carichi di ricordi della sua storia, sotto pretesto di trovare in quel possesso la garanzia contro una possibile irruzione italiana, quella garanzia che una assai lunga e assai fortificata e assai vantata linea Maginot non seppe dare.
Non continuo nel compendiare gli innumeri danni ed onte inflitte all’Italia e consegnati in questo documento, perché sono incisi e bruciano nell’anima di tutti gli italiani; e domando se, tornando in voi stessi, da vincitori smoderati a persone ragionevoli, stimate possibile di avere acquistato con ciò un collaboratore in piena efficienza per lo sperato nuovo assetto europeo.
Il proposito doveroso di questa collaborazione permane e rimarrà saldo in noi e lo eseguiremo, perché corrisponde al nostro convincimento e l’abbiamo pur ora comprovato col fatto: ma bisogna non rendere troppo più aspro all’uomo il già aspro suo dovere, né dimenticare che al dovere giova la compagnia che gli recano l’entusiasmo, gli spontanei affetti, l’esser libero dai pungenti ricordi di torti ricevuti, la fiducia scambievole, che presta impeto ed ali.
Noi italiani, che non possiamo accettare questo documento, perché contrario alla verità, e direi alla nostra più alta coscienza, non possiamo sotto questo secondo aspetto dei rapporti fra i Popoli, accettarlo, né come italiani curanti dell’onore della loro Patria, né come europei: due sentimenti che confluiscono in uno, perché l’Italia è tra i popoli che più hanno contribuito a formare la civiltà europea, e per oltre un secolo ha lottato per la libertà e l’indipendenza sua, e, ottenutala, si era per molti decenni adoperata a serbare con le sue alleanze e intese difensive la pace in Europa.
E cosa affatto estranea alla costante sua tradizione è stata la parentesi fascistica, che ebbe origine dalla guerra del 1914, non da lei voluta ma da competizioni di altre potenze; la quale, tuttoché essa ne uscisse vittoriosa, nel collasso che seguì dappertutto, la sconvolse a segno da aprire la strada in lei alla imitazione dei nazionalismi e totalitarismi altrui.
Libri stranieri hanno testé favoleggiato la sua storia nei secoli come una incessante aspirazione all’imperialismo, laddove l’Italia una sola volta fu imperiale, e non propriamente essa, ma l’antica Roma, che peraltro valse a creare la comunità che si chiamò poi l’Europa e, tramontata quell’egemonia, per la sua posizione geografica divenne campo di continue invasioni e usurpazioni dei vicini popoli e stati. Quei libri, dunque, non sono storia, ma deplorevole pubblicistica di guerra, vere e proprie falsificazioni.
Nel 1900 un ben più sereno scrittore inglese, Bolton King, che con grande dottrina narrò la storia della nostra unità, nel ritrarre l’opera politica dei governi italiani nel tempo seguito all’unità, riconosceva nella conclusione del suo libro che, al confronto degli altri popoli d’Europa, l’Italia “possedeva un ideale umano e conduceva una politica estera comparativamente generosa”.
Ma se noi non approveremo questo documento, che cosa accadrà? In quali strette ci cacceremo? Ecco il dubbio e la perplessità che può travagliare alcuno o parecchi di voi, i quali, nel giudizio di sopra esposto e ragionato del cosiddetto Trattato, so che siete tutti e del tutto concordi con me ed unanimi, ma pur considerate l’opportunità contingente di una formalistica ratifica.
Ora non dirò ciò che voi ben conoscete; che vi sono questioni che si sottraggono alla spicciola opportunità e appartengono a quella inopportunità opportuna o a quella opportunità superiore che non è del contingente ma del necessario; e necessaria e sovrastante a tutto è la tutela della dignità nazionale, retaggio affidatoci dai nostri padri, da difendere in ogni rischio e con ogni sacrificio.
Ma qui posso stornare per un istante il pensiero da questa alta sfera che mi sta sempre presente e, scendendo anch’io nel campo del contingente, alla domanda su quel che sarà per accadere, risponderei, dopo avervi ben meditato, che non accadrà niente, perché in questo documento è scritto che i suoi dettami saranno messi in esecuzione anche senza l’approvazione dell’Italia: dichiarazione in cui, sotto lo stile di Brenno, affiora la consapevolezza della verità che l’Italia ha buona ragione di non approvarlo.
Potrebbero bensì, quei dettami, venire peggiorati per spirito di vendetta, ma non credo che si vorrà dare al mondo di oggi, che proprio non ne ha bisogno, anche questo spettacolo di nuova cattiveria, e, del resto, peggiorarli mi par difficile, perché non si riesce a immaginarli peggiori e più duri.
Il governo italiano certamente non si opporrà alla esecuzione del dettato; se sarà necessario, coi suoi decreti o con qualche suo singolo provvedimento legislativo, la seconderà docilmente, il che non importa approvazione, considerato che anche i condannati a morte sogliono secondare docilmente nei suoi gesti il carnefice che li mette a morte.
Ma approvazione, no!
Non si può costringere il popolo italiano a dichiarare che è bella una cosa che esso sente come brucia, e questo con l’intento di umiliarlo e di togliergli il rispetto di sé stesso, che è indispensabile ad un popolo come a un individuo, e che solo lo preserva dall’abiezione e dalla corruttela.
Del resto, se prima eravamo soli nel giudizio dato di sopra del trattamento usato all’Italia, ora spiritualmente non siamo più soli: quel giudizio si avvia a diventare un’opinio communis e ci viene incontro da molti altri popoli e perfino da quelli vincitori, e da minoranze dei loro parlamenti che, se ritegni molteplici non facessero per ora impedimento, diventerebbero maggioranze, E fin da ora ci si esorta a ratificare sollecitamente il Trattato per entrare negli areopaghi internazionali, da cui siamo esclusi e nei quali saremmo accolti a festa, se anche come scolaretti pentiti, e ci si fa lampeggiare l’incoraggiante visione che le clausole di esso più gravi e più oppressive non saranno eseguite e tutto sarà sottoposto a revisione.
Noi non dobbiamo cullarci nelle facili speranze e nelle pericolose illusioni e nelle promesse più volte trovate fittizie, ma contare anzitutto e soprattutto su noi stessi; e tuttavia possiamo confidare che molti comprenderanno la necessità del nostro rifiuto dell’approvazione, e l’interpreteranno per quello che esso è: non un’ostilità contro il riassetto pacifico dell’Europa, ma, per contrario un ammonimento e un contributo a cercare questo assetto nei modi in cui soltanto può ottenersi; non una manifestazione di rancore e di odio, ma una volontà di liberare noi stessi dal tormento del rancore e dalle tentazioni dell’odio.
Signori deputati, l’atto che oggi siamo chiamati a compiere, non è una deliberazione su qualche oggetto secondario e particolare, dove l’errore può essere sempre riparato e compensato; ma ha carattere solenne, e perciò non bisogna guardarlo unicamente nella difficoltà e nella opportunità del momento, ma portarvi sopra quell’occhio storico che abbraccia la grande distesa del passato e si volge riverente e trepido all’avvenire.
E non vi dirò che coloro che questi tempi chiameranno antichi, le generazioni future dell’Italia che non muore, i nipoti e pronipoti ci terranno responsabili e rimprovereranno la generazione nostra di aver lasciato vituperare e avvilire e inginocchiare la nostra comune Madre a ricevere rimessaménte un iniquo castigo; non vi dirò questo, perché so che la rinunzia alla propria fama è in certi casi estremi richiesta all’uomo che vuole il bene o vuole evitare il peggio; ma vi dirò quel che è più grave, che le future generazioni potranno sentire in se stesse la durevole diminuzione che l’avvilimento, da noi consentito, ha prodotto nella tempra italiana, fiaccandola.
Questo pensiero mi atterrisce, e non debbo tacervelo nel chiudere il mio discorso angoscioso. Lamentele, rinfacci, proteste, che prorompono dai petti di tutti, qui non sono sufficienti.
Occorre un atto di volontà, un esplicito ‹‹no››.
Ricordare che, dopo che la nostra flotta, ubbidendo all’ordine del re ed al dovere di servire la Patria, si fu portata a raggiungere la flotta degli alleati e a combattere al loro fianco, in qualche loro giornale si lesse che tal cosa le loro flotte non avrebbero mai fatto.
Noi siamo stati vinti, ma noi siamo pari, nel sentire e nel volere, a qualsiasi più intransigente popolo della terra”.
Benedetto Croce
NOTE
[1] https://www.adriaports.com/it/shipping/in-arrivo-a-trieste-la-portaerei-piu-grande-del-mondo/#:~:text=TRIESTE%20%E2%80%93%20%C3%88%20in%20arrivo%20nel,rimarr%C3%A0%20fino%20al%20gioved%C3%AC%20seguente.
[2] https://www.prismamagazine.it/2023/05/10/il-doppio-stato-che-ha-insanguinato-litalia/#:~:text=Che%20cosa%20dice%3F,Trattato)%20aiutarono%20la%20causa%20alleata.
[3] https://www.jstor.org/stable/26040079?typeAccessWorkflow=login
[4] https://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed200/sed200nc.pdf
Da https://comedonchisciotte.org/ , 21/10/2024
Un trattato segreto
Lamberto Rimondini
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DALLA RETE
Vedi: DALLA RETE: appuntamenti ed informazioni.
ANNO V DEL REGIME SANITARIO- ECOLOGICO- DIGITALE
Vedi qui: INIZIATIVE E FIRME DI RESISTENZA
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