” Sebbene esca mentre è in corso un aspro scontro tra i fautori del Sí e del No nel referendum sulla riforma costituzionale, questo libro non si riferisce a una situazione contingente. L’attacco alla Costituzione comincia molto prima del governo Renzi ed è destinato a durare molto a lungo, proseguendo il graduale smantellamento dell’orizzonte di diritti e di garanzie voluto dalla Costituente. Questa facile profezia si fonda su prove fattuali sia a livello nazionale che in un quadro assai piú vasto, e se non vogliamo che si avveri è necessaria e urgente una riflessione sulla natura della Costituzione, sui suoi contenuti e le prospettive che apre, sui vantaggi che offre ai cittadini, sui pericoli che un suo stravolgimento comporta per la democrazia e gli ideali di giustizia e di equità.
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Tali “riforme”, che mettono mano alle Costituzioni per emarginare diritti e garanzie e inquadrare i cittadini entro una macchina produttiva che include il “male necessario” dell’austerità, della disoccupazione e della sottoccupazione, non sono un fenomeno solo italiano. Anche altrove (perfino in Francia) manipolare la Costituzione in nome di vere o finte urgenze vuol dire assecondare l’evoluzione dello Stato verso un modello sempre piú “leggero” sul fronte delle politiche sociali e culturali, anzi limitato alle funzioni di portinaio-spettatore delle politiche di mercato, di percettore di tasse e di guardiano-poliziotto dei comportamenti dei cittadini. Un perpetuo “stato di emergenza”, innescato da croniche crisi economiche, paventate rivolte, occasionali o temuti atti terroristici, tende a trasformare lo Stato da società di eguali a gerarchia di sorveglianti e sorvegliati, comprimendo i diritti costituzionali dei cittadini. «La radicalizzazione neoliberale comporta un modo di governo per mezzo della crisi, anzi anche a favore della crisi, poiché la crisi è il solo orizzonte, il solo fondamento, la sola legittimazione delle oligarchie dominanti» (Christian Laval).
In questa tenaglia si dibatte anche l’Italia. Anche in Italia, la Costituzione è un ostacolo da rimuovere: perciò la svolta autoritaria segnata dalla riforma 2016 non è il traguardo finale, ma una tappa intermedia per realizzare nuove demolizioni, che un governo piú forte e un Parlamento piú debole – come quelli voluti dalla riforma – non esiteranno a imporci. Non è mancato in passato (e dunque non mancherà in futuro) chi ha proposto perfino di cancellare la sovranità popolare dall’art. 1, sostituendola con la «centralità del Parlamento» o del governo. E un ministro di qualche anno fa (Brunetta) dichiarò che «la riforma non dovrà riguardare solo la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima. A partire dall’art. 1: stabilire che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” non significa assolutamente nulla» di fronte a «concetti fondamentali, come quelli del mercato, della concorrenza e del merito». “
IL LIBRO: Salvatore Settis, Costituzione! Perchè attuarla è meglio che cambiarla, ed. Einaudi 2016, € 19,00
vedi: La Costituzione e la vera nascita della Seconda Repubblica
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