Ma cos’è dunque il senso vero dell’onore? L’onore è innanzitutto un rifiuto, un rifiuto di scendere a patti con ciò che è brutto, basso, volgare, interessato, non gratuito; un rifiuto di inchinarsi dinanzi alla forza in quanto tale; dinanzi alla pace in quanto tale; dinanzi alla fortuna in quanto tale.
L’onore implica, in colui che lo porta in sé, un senso altero e risoluto del rischio, del gioco in cui si rischia di perdere la vita o di guadagnarsi la stima dei propri pari, un senso tragico del destino e al tempo stesso della dignità nella cattiva sorte e tutto ciò si affianca sovente a un grande desiderio di isolamento, a un grande rifiuto di venire a patti col mondo, col male, e una gran voglia di ritrarsi nella propria torre d’avorio.
L’onore è poi una sensibilità, una sensibilità assai viva, nei confronti delle diminuzioni in cui può cadere vittima il nostro io, la nostra persona. E’, se si vuole, un rispetto esigente e continuamente inquieto di se stessi, un grande sentimento della bellezza della vita, portato fino all’altezza più pura, alla passione più ardente; da qui l’obbligo di non sopravvivere all’affronto, cioè a un danno portato contro la nostra vita; da qui l’obbligo di cancellare ogni lordura, di liberarsi da ogni onta per mantenere in tutta la sua purezza la dignità della propria persona, per restare fedeli a ciò che si è. Infine l’onore è una forza d’azione, una forza che si realizza nell’azione, non nella speculazione.
L’onore impegna l’uomo nell’azione. Lo impegna subito, totalmente, senza discussione né tergiversazione. L’onore non aspetta, non esita… E l’onore consiste nell’andare anche oltre il dovere. Fare molto, fare di più; sorpassare i limiti che la saggezza indica all’atto ragionevole. L’onore è la volontà che si contrappone alla fatalità. Onore, presa di coscienza della libertà di volere… Le nostre azioni, le nostre azioni soltanto lo sostengono… Affrontare il destino, anche se deve essere contrario. Conservare il sentimento di ciò che si deve al passato, al proprio passato, al passato della causa che si serve e per cui ci si sacrifica… Si dice: onore, regole artificiali, esteriori, sociali. Ma cosa c’è di meglio per formare l’io, per disciplinare l’individuo?
Lucien Febvre (1878- 1956), storico francese, testo da un corso tenuto al College de France nel 1945
vedi: Democrazia fragile e unica
Letteratura della nuova Italia
La nostra Repubblica fondata sul disonore
Pensiero Urgente n.261). Non essere servo di nessuno.
"Conservare l'onore e la dignità"