Il 10 marzo del 1948 viene ucciso a Corleone (PA) in un agguato mafioso PLACIDO RIZZOTTO (34 anni) sindacalista, politico e Partigiano.

Rizzotto, figura eminente della resistenza sindacale e politica alla mafia in Sicilia, era il primo di sette figli in una famiglia contadina povera; quando suo padre fu arrestato ingiustamente per complicità mafiosa dovette lasciare la scuola ed occuparsi della famiglia.

Partecipò alla seconda guerra mondiale ed arrivò al grado di sergente. Prima di partire per la guerra era un semplice contadino semi-analfabeta ma dopo l’8 settembre 1943 gettò la divisa militare e scelse di salire sulle montagne con i partigiani delle Brigate “Garibaldi” come socialista e per combattere contro il nazi-fascismo.

Per mesi visse tra le montagne innevate della Carnia nel Nord-Est dividendo il pane e la paura con altri giovani come lui convinto di battersi per la causa giusta. In Carnia imparò tanto, soprattutto che gli uomini non nascono ricchi o poveri, padroni o schiavi, ma tutti uguali e tutti liberi.

Aveva imparato però che per affermare il diritto all’uguaglianza e alla libertà bisognava organizzarsi e lottare anche a rischio della vita. Quanti giovani vide morire accanto a lui su quelle montagne! Tanti. Troppi. E fu per loro il suo primo pensiero quando la guerra finì.

A Corleone Rizzotto era tornato nel 1945. Insieme a questi ricordi aveva portato nuove idee, quelle imparate nei mesi trascorsi sui monti al fianco di quei giovani comunisti e socialisti. Per questo subito iniziò una serrata attività politica e sindacale. Tra l’altro fondò e diresse l’ANPI di Palermo e diventò Segretario della Camera del Lavoro di Corleone.

Fu anche un esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della CGIL di Palermo. Il suo impegno per il movimento contadino per l’occupazione della terra ( secondo i decreti Gullo del 1944) segnò la sua condanna a morte. Venne rapito nella serata del 10 marzo 1848 mentre andava da alcuni compagni di partito e ucciso.

Dopo l’uccisione con tre colpi di pistola il suo corpo venne gettato dal suo principale assassino (Luciano Leggio (1925- 1993)  aiutato dai due giovanissimi Totò Riina e Bernardo Provenzano) nelle foibe di Rocca Busambra nei pressi di Corleone e i suoi resti verranno ritrovati soltanto nel 2009. Nel 2012 Rizzotto ha ricevuto i funerali di stato ed è stato insignito con la Medaglia d’oro per meriti civili. Ora i suoi resti riposano nel cimitero di Corleone.

Verrà ucciso, poche ore dopo il delitto Rizzotto,  anche un giovanissimo pastore, Giuseppe Letizia, che si trovò per caso ad essere testimone dell’accaduto. Ad ucciderlo fu il dottor Michele Navarra con un’iniezione letale, fingendo di curare la tensione nervosa che aveva preso il ragazzo. Navarra era un boss molto importante di Corleone ai cui ordini, per un certo tempo, fu lo stesso Luciano Leggio e molto probabilmente fu proprio Navarra il mandante dell’omicidio del sindacalista.

Rizzotto parla ai contadini. Scena del film di Scimeca.

Le indagini sull’assassinio di Rizzotto furono condotte dall’allora giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa mentre Leggio si rese introvabile. Al processo i testimoni principali ritrassero le accuse contro Leggio che venne assolto nel 1968 per insufficienza di prove. Ormai Leggio era un boss: uccise il vecchio Navarra e divenne il padrone di Corleone. Accanto a lui “crescevano” i giovani Riina e Provenzano che, dopo l’arresto a Milano di Leggio nel 1974, da luogotenenti divennero pian piano i nuovi ferocissimi boss dei corleonesi.

Il parlamentare comunista Emanuele Macaluso ed altri intellettuali d’area socialista hanno più volte ribadito la convinta adesione di Placido Rizzotto ai valori del socialismo democratico testimoniata durante tutta la sua attività politica e sindacale.

Nel 2000 uscì l’ottimo film Placido Rizzotto di Pasquale Scimeca che racconta la sua vita e il suo impegno sindacale. La sceneggiatura del film riporta alcune frasi che Rizzotto pronunciò realmente durante le sue lotte sindacali:

 

“Ho capito che un uomo che si guarda i piedi quando parla è un uomo di cui non ci si può fidare.

Io vi guardo negli occhi, compagni, e vi dico che se vogliamo costruirci un futuro ce lo dobbiamo fare con le nostre mani!

Per farsi rispettare c’è bisogno delle parole e di una buona penna…non di atti intimidatori!!!

Nessuno nasce schiavo e nessuno nasce padrone: chi ci vuole diventare, ci diventa!

Questa terra che ci ha cresciuto può essere la nostra libertà, il nostro futuro, la nostra speranza!

Il nostro nemico siamo noi stessi, con le nostre paure che ammazzano la speranza, con i nostri piccoli interessi, con i nostri egoismi!”

 

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI



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