Il 6 luglio 1849 muore a Roma per le conseguenze di una ferita ricevuta in combattimento GOFFREDO MAMELI (21 anni) studente, Patriota risorgimentale, poeta e difensore della Repubblica Romana del 1849.
Mameli morì dopo una straziante degenza presso l’”ambulanza” ( ospedale) sita nei locali della chiesa di Santa Trinità dei Pellegrini ( su via dei Pettinari) dove era stato ricoverato per una ferita alla gamba causata nei duri combattimenti presso il Casino dei Quattro Venti ( oggi villa Pamphili) il 3 giugno precedente ( la cosiddetta ” Domenica di sangue”) allorquando ebbe inizio la difesa della Repubblica Romana contro l’esercito francese comandato dal generale Oudinot
Mameli nacque a Genova ( primo di sei figli) da nobile famiglia sarda. Cagionevole di salute compì i primi studi sotto la guida della madre e la sua casa era frequentata da intellettuali dell’ambiente genovese. Studiò all’università di Genova e, ottenuto il baccellierato (1847), la passione politica (ereditata dalla madre marchesa ADELAIDE ZOAGLI (1805- 1884), grande amica di MAZZINI e Patriota convinta) lo assorbì completamente.
Dal 1847 fece parte di un’accademia giovanile, tra letteraria e politica, la Società Entelema e in essa lesse un carme in versi sciolti e un’ode A Roma.
Si avvicinò progressivamente al mazzinianesimo entrando in rapporto con alcuni collaboratori di Mazzini. Prese poi parte con Nino Bixio (1821- 1873) a tutte le grandi dimostrazioni genovesi del 1847-48; nel novembre 1847 scrisse l’inno Fratelli d’Italia (poi detto Inno di Mameli) che fu subito stampato e posto in musica dal maestro Michele Novaro (1818- 1885).
Scoppiata la prima guerra d’Indipendenza nel 1848 andò volontario in Lombardia e conobbe di persona a Milano Mazzini di cui era diventato un ardente seguace.
Durante i pochi anni della sua giovinezza riuscì ad essere parte attiva in alcune memorabili gesta che ancor oggi vengono ricordate come ad esempio l’esposizione del tricolore per festeggiare l’anniversario della cacciata da Genova degli austriaci nel 1746 e nel marzo del 1848 organizzò una spedizione di trecento volontari per andare in aiuto a Bixio durante i moti di Milano e dopo il successo di questa impresa venne arruolato da GIUSEPPE GARIBALDI con il grado di capitano.
Dopo il deplorevole armistizio con gli austriaci stese una fiera protesta e pubblicò l’Inno militare che aveva composto ispirato da Mazzini e che fu musicato da Giuseppe Verdi. Subito dopo seguì Garibaldi a Roma nei giorni che preparavano la nascita della Repubblica e insieme con tanti studenti e giovani provenienti da tutta Italia fu un attivissimo organizzatore e animatore popolare e quando la Repubblica fu proclamata il 9 febbraio del 1849 inviò a Mazzini il famoso telegramma: “Roma. Repubblica. Venite“.
Divenuto aiutante di Garibaldi si batté eroicamente per la difesa della Repubblica a Palestrina ( 9 maggio 1849) e a Velletri (19 maggio) finchè cadde ferito a una gamba sul Gianicolo (3 giugno). Secondo una versione storica sarebbe stato ferito per sbaglio dalla baionetta di un commilitone l’altra, più diffusa e accreditata sostiene, invece che sia stato raggiunto da una fucilata francese.
In ogni caso fu trasportato dai compagni all’ospizio della Trinità dei Pellegrini dove venne visitato e curato. Le condizioni apparvero immediatamente molto gravi come si capisce dalle parole del patriota medico AGOSTINO BERTANI (1812- 1886) che visitò Mameli alcuni giorni dopo ( 19 giugno):
“Io lo vidi dopo 3 ore circa in uno stato quasi di stupefazione. Non era bene in sé stesso e cadeva in gravi e frequenti deliqui. Pallido e sparuto nel volto quasi avesse sofferto più mesi di malattia: nei pochi momenti in cui non gli mancava la coscienza di sé accusava dolori spasmodici in conseguenza della ferita.”
La ferita purtroppo andò quasi subito in cancrena per cui Bertani insieme con altri medici decise di amputare la gamba il 3 luglio. L’intervento riuscì bene ma nulla si poté fare comunque contro la sopravvenuta infezione che peggiorò gradualmente fino a causare la morte per setticemia di Mameli nella mattinata del 6 luglio con i soldati francesi già padroni di Roma. Così Bertani descrive gli ultimi momenti di Goffredo Mameli:
“… cantando quasi conscio di sé attendendo che gli passasse quell’accesso nervoso come lo chiamava ebbe pochi momenti di agonia.”
Il padre Giorgio, che era un contrammiraglio della marina piemontese, inutilmente cercò di arrivare in tempo a Roma provenendo da Genova e la madre Adelaide alla notizia della morte del figlio mostrerà uno straordinario coraggio e spirito patriottico. Lo stesso giorno della sua morte il ministro piemontese dell’Interno Pinelli ordinò al commissario straordinario di Genova ( che faceva parte del Regno del Piemonte) di non permettere al corpo di Mameli il ritorno nella sua città. Il Patriota allora venne momentaneamente sepolto al Verano dove si trova ancora il suo monumento e nel 1941 i suoi resti vennero traslati presso il Museo Ossario Garibaldino al Gianicolo.
Il 10 ottobre 1848 Mameli così aveva scritto sul “Giornale del popolo” quotidiano genovese:
« È passato il tempo in cui i soldati erano macchine che si muovevano si fermavano facevano di tutto — anche il boia — secondo piaceva a chi li pagava e bastonava; ora i soldati non sono che i cittadini armati i quali non intendono per niente di aver venduto il cuore, la coscienza, l’anima loro .. Noi non speriamo nulla dai governi — li riguardiamo come cadaveri — crediamo che l’indipendenza si conquisterà sotto alla bandiera del Popolo; che i militari rammentino ch’essi pure son Popolo e che la divisa del soldato non cancella il battesimo di cittadino ».
Sulla tomba di Mameli, tra le altre tombe dei Caduti per la difesa della Repubblica Romana nel Mausoleo Ossario Garibaldino sul Gianicolo, si trova un brano eccezionale di una lettera che la madre, Adelaide Zoagli, scrisse il 22 agosto 1849 ad una sua cara amica, la contessa Librocchi di Cortona. Sono parole che racchiudono tutto il grandissimo valore morale del Risorgimento!
Nella Memoria di GOFFREDO MAMELI vogliamo riassumere la Memoria di tutti i CADUTI per la difesa della Repubblica Romana del 1849.
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