Il 20 agosto 1799 muore impiccata dal potere borbonico in piazza del Mercato a Napoli ELEONORA FONSECA PIMENTEL (47 anni) giornalista, scrittrice, politica, rivoluzionaria e Madre della Repubblica Napoletana del 1799.
Eleonora nacque a Roma in via di Ripetta 22 da genitori portoghesi ma a quattro anni la famiglia si trasferì a Napoli. Fin dall’adolescenza Eleonora apparve dotata di un non consueto insieme di naturali talenti che trovarono nutrimento nella sua prima formazione culturale affidata all’abate suo zio: l’italiano, il portoghese, il francese furono lingue che scrisse correntemente, l’inglese quella di molte sue letture. Prese lezioni di greco, latino e storia antica, scrisse poesie giovanili di gusto arcadico. A 18 anni inviò a Pietro Metastasio i suoi primi componimenti e iniziò con lui una corrispondenza durata fino alla morte del poeta.
La ragazza era molto intelligente e precoce ed intratteneva rapporti e corrispondenze epistolari con i maggiori letterati europei: da Voltaire, a Goethe, a Filangieri e si abbonò all’ Encyclopédie di Diderot. Nel 1768 venne accolta nell’ Arcadia con il nome di Altidora Esperetusa e una grande produzione poetica di sonetti ebbe inizio nel 1768 e durò fino al 1798: Eleonora era solita pubblicarne uno per ogni occasione socialmente rilevante soprattutto matrimoni.
Nel 1778 i Fonseca divennero a tutti gli effetti sudditi del Regno di Napoli e con regio decreto venne loro riconosciuta la nobiltà portoghese. Nel febbraio dello stesso anno Eleonora sposò Pasquale Tria de Solis di 43 anni, di famiglia appartenente alla piccola nobiltà napoletana e tenente dell’esercito borbonico. La sua vita familiare fu infelicissima. Nell’ottobre dello stesso anno nacque il figlio Francesco; il piccolo non sopravvisse che otto mesi e due successive gravidanze, interrotte per i maltrattamenti subiti dal marito e per il clima di violenza dal quale finì per essere sommersa la sua vita domestica, le tolsero ogni ulteriore speranza di maternità minandole gravemente la salute.
Nel 1785 un inevitabile quanto liberatorio divorzio concludeva l’esperienza matrimoniale; le ferite tuttavia sarebbero rimaste vive per sempre.
Gli ideali della Rivoluzione Francese intanto infiammano lo spirito di Eleonora che si getta nell’impegno politico per l’affermazione della libertà e per il progresso delle classi meno fortunate tanto da introdurre nascostamente durante un ricevimento a Corte alcune copie in italiano del testo della Costituzione approvata dall’Assemblea francese.
Nel dicembre del 1792, quando giunge a Napoli la flotta francese per ottenere il riconoscimento della recente Repubblica Francese, la Pimentel è tra gli ospiti del comandante La Touche-Treville e finisce sui registri della polizia borbonica.
Forse gli anni tra il 1785 ed il ‘99 sono stati per Eleonora i più veri. Erano morti entrambi i genitori ed i fratelli si erano sposati. Fu allora che, pur essendo rimasta sola, conquistata la libertà ed una piccola indipendenza economica, poté disporre di una casa propria dove ricevere gli amici realizzando il suo salotto di Patrioti e da questo lasciare maturare poi nella sua mente un ideale di libertà estesa a tutto un popolo oppresso. Il 5 ottobre 1798 fu imprigionata e condotta nel carcere della Vicaria.
Eleonora rimase alla Vicaria fino alla metà del gennaio del 1799 quando i Lazzari presero d’assalto le carceri cittadine liberando insieme con i detenuti comuni quelli politici. Eleonora prese subito parte alle riunioni del comitato di Patrioti che a fronte della minaccia di anarchia popolare o del tentativo di un governo aristocratico degli eletti della città propugnava l’instaurazione di una repubblica democratica.
Nata la Repubblica Napoletana ciò che l’avrebbe resa celebre per sempre fu la creazione del Monitore Napoletano, il giornale del governo rivoluzionario redatto durante i 5 mesi di vita della Repubblica Partenopea, gli ultimi dell’ esistenza di Eleonora.
Essa scrisse da sé la più parte degli articoli: informazioni, precisazioni e notizie sulle sedute del Governo Provvisorio e delle manifestazioni e cerimonie della Repubblica. Dalle colonne del giornale Eleonora si misurò con pressoché tutti i problemi cruciali che si posero in quei pochi straordinari mesi affrontandoli con stile semplice ed efficace e con notevole indipendenza di pensiero.
Essa credeva, in questo ricalcando il grande progetto giacobino dell’educazione politica del popolo, che uno dei principali compiti della Repubblica fosse l’azione pedagogica rivolta verso la plebe: “La plebe diffida dei patrioti perché non l’intende” scriveva sul Monitore (n. 3 – 9 febbraio 1799 ).
Come tutti i patrioti Eleonora era ben consapevole dei rischi e delle conseguenze comportate dalle sue scelte. Di lei l’amico ed esule VINCENZO CUOCO (1770- 1823) scrisse che “Si buttò come Camilla nella guerra”. E questo non certo per uno stato di esaltazione mentale bensì per un amore profondo della libertà. Prova ne sono le parole con cui Eleonora esordì nel primo numero del Monitore:
“Siam liberi infine ed è giunto anche per noi il giorno in cui possiamo pronunciare i sacri nomi di libertà ed uguaglianza”.
Sin dal 1792 le scelte di Eleonora erano state tutte dirette alla difesa dei diritti dell’uomo. Essa ribadiva senza posa questa frase sul Monitore non solo per quanto riguardava l’operare del Governo Provvisorio ma perfino per gli annunci riportati nel giornale redatti per l’informazione della gente: sempre si appellava ai sostenitori dei diritti dell’uomo. Coerentemente ai suoi principi non esitò a schierarsi contro il Disegno di Legge che prevedeva il sequestro dei beni dei nemici della Repubblica (la metà dei quali avrebbe dovuto essere usata come indennizzo dei difensori della patria).
Visse con coraggio il suo sogno di donna intellettuale ed indipendente e in quei mesi aveva ritrovato al suo fianco gli amici di un tempo ed altri venuti da lontano: gli alberi della libertà fiorivano a Napoli nell’ultima splendida primavera della loro vita. Tuttavia anche se soffocato nella culla il sogno espresso dalla Repubblica Napoletana avrebbe gettato il seme per la maturazione del movimento del Risorgimento Italiano. La conquista della libertà poteva valere anche per quella plebe che lei aveva difeso e cercato di trasformare in popolo, un popolo che tuttavia senza pietà il 20 agosto 1799 avrebbe festeggiato in Piazza Mercato la sua esecuzione. Scriveva il 14 maggio 1799 sul n. 28 del Monitore.
“La libertà non può amarsi per metà e non produce i suoi miracoli che presso i popoli tutto affatto liberi”
“Forsan et haec olim meminisse juvabit” (E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo): furono le parole di congedo alla vita, citando Virgilio, pronunciate da Eleonora prima di avviarsi al patibolo.
Era il 20 agosto 1799 ( da pochi giorni le forze borboniche aiutate da navi inglesi si erano rimpossessate di Napoli abbattendo la Repubblica) e a Piazza Mercato a Napoli finiva colei che sarebbe divenuta il simbolo di una Rivoluzione: salì al patibolo per ultima dopo aver assistito all’esecuzione dei suoi compagni con grande forza d’animo (con lei furono giustiziati il principe GIULIANO COLONNA, l’avvocato VINCENZO LUPO, il vescovo MICHELE NATALE, il sacerdote NICOLA PACIFICO, i banchieri ANTONIO e DOMENICO PIATTI e il nobile GENNARO SERRA DI CASSANO di soli 27 anni: tutti coraggiosi protagonisti della Repubblica Napoletana) .
L’ottimo film del 2004 Il resto di niente di Antonietta De Lillo racconta le vicende di Eleonora ( interpretata con grande intensità dall’attrice portoghese Maria de Medeiros) e della Repubblica Napoletana.
Il corpo di Eleonora fu seppellito, con quello degli altri giustiziati, in una piccola Chiesa nei pressi di Piazza Mercato dedicata a S. Maria di Costantinopoli. Si ritiene che questa chiesetta sia stata demolita ai primi dell’800 e s’ignora quando e dove le salme sepolte siano state trasferite.
Con Eleonora caddero le speranze di una città che, anche al femminile, aveva saputo proporre all’Europa intera un nuovo ed inusitato volto. Non solo feste e balli, sole e mare, maccheroni e lazzaroni, come allora ( e come oggi) si diceva di Napoli in Europa, ma anche coraggio, cultura, scienza e libertà democratica.
Con la Rivoluzione Napoletana nacque in Italia la figura di un intellettuale nuovo per il quale letteratura e filosofia divennero definitivamente impegno morale ed azione politica sino al sacrificio supremo della vita. Eleonora ne è stata una straordinaria antesignana.
Così scrisse di lei Mariano D’Ayala (1808- 1877), politico e scrittore siciliano:
“La bella Eleonora Fonseca, la quale riunì alle grazie di Saffo la filosofia di Platone, stimata dal Voltaire e dai letterati del tempo, vive e vivrà eternamente; morirono per sempre i Borbone di Napoli. “
Vedi: Una Repubblica a Napoli
Il "Platone di Napoli": FRANCESCO MARIO PAGANO
Un vescovo per la Repubblica: MICHELE NATALE
Vedete il nostro video ” Il dovere della Memoria“: QUI