Il decreto immigrazione. Discriminare, come fa il provvedimento che porta trionfalmente il nome del suo estensore, fra cittadini italiani per nascita e cittadini naturalizzati genera una diseguaglianza di tipo etnico come norma del nostro Stato

La cittadinanza moderna nasce sulle barricate parigine alla fine del Settecento come sviluppo del droit de cité, un diritto “per” e “degli” immigrati. Diritto di entrare e risiedere che consentiva di diventare cittadini a tutti gli effetti, con gli stessi diritti e doveri degli altri, uguali di fronte alla legge e al potere costituito.

Nel corso dei decenni, la nazione ha interrotto quell’inizio aperto e ha fatto della cittadinanza uno status di privilegio, molto spesso per escludere, non solo respingendo chi veniva da fuori, ma anche trattando in maniera diversa le minoranze interne (come fecero le leggi razziali del 1938).

Per molti, troppi, la nazione ha assunto il significato di “corpo”, acquistando una dimensione biologica; con la politica a svolgere una funzione terapeutica, per prevenire o reprimere, per respingere o penalizzare.

La penalizzazione identitaria è anche oggi un’arma usata. Anzi, è tra le armi privilegiate dal populismo nazionalista. Scrive Manuel Anselmi in un libro dedicato al populismo penale che con lo « sgretolamento del modello sociale protettivo, che era stato del welfare europeo della seconda metà del Novecento, il linguaggio della colpa e della pena, le istituzioni penitenziarie e quelle del controllo sociale coattivo sono tornate in auge a compensare il disorientamento della civiltà post-moderna e la fragilità delle sue istituzioni».

Incarceramento come politica di sicurezza sociale e sospetto come politica preventiva verso tutti coloro che possono infettare il corpo: le minoranze per ragioni di scelta sessuale o religiosa o etnica, e i naturalizzati italiani; e tra i non cittadini, tutti coloro che risiedono nel Paese o sono intenzionati ad avvicinarsi alle frontiere.

Con il decreto Salvini si fanno labili le distinzioni tra immigrati, rifugiati, esiliati politici e inoltre, per chi vive in Italia, tra cittadini di nascita e non. Il provvedimento è una stretta sul diritto di cittadinanza, di residenza e di ingresso – per parafrasare Hannah Arendt, una esplicita dichiarazione che non tutti gli umani hanno l’eguale diritto di avere diritti.

Il provvedimento Salvini è di una radicalità gravissima perché nel colpire una parte numericamente minoritaria della popolazione ( i cittadini non per nascita), rompe la cittadinanza e manomette il fondamento stesso della nostra Costituzione che, tra l’altro, nel suo primo articolo nomina l’Italia non gli italiani. In uno stato di diritto, la cittadinanza giuridica significa prima di tutto una eguale posizione dei cittadini nei confronti del potere costituito.

Discriminare, come fa questo decreto, fra cittadini italiani per nascita e cittadini naturalizzati ( che sempre vivranno con il rischio di perdere la cittadinanza) genera per legge una diseguaglianza di tipo etnico. La nazione di sangue si fa corpo a sé, tenendo gli altri, anche quando ammessi a godere della sua cittadinanza, in permanente stato di sorveglianza. Sempre ineguali. Questa legge repressiva, discriminatoria e punitiva porta trionfalmente il nome del suo estensore che la pubblicizza sui social come in una campagna elettorale permanente.

Nadia Urbinati       Repubblica 27.9.18

 

Vedi:  Quel diritto diseguale penetrato nell'ordinamento

I sovranisti vogliono un sovrano

L' Italia secondo Amnesty International

Essere cattivi è facile se ti aiuta il diavolo

Nazionalismo di cartapesta


Calendario eventi
settembre 2018
L M M G V S D
 12
3456789
10111213141516
17181920212223
24252627282930
Cerca nel Sito
Newsletter
In carica...In carica...


Feed Articoli