Bambini morti annegati o di fame nell’indifferenza. Cattivi maestri del “aiutiamoli a casa loro”. Il calcio che non si ferma davanti ai cori più violenti. Ma il problema sono i migranti o siamo noi? Il pamphlet del fondatore di Libera.

In qualunque bar d’Italia si può oggi ascoltare il seguente ragionamento: «Gli stranieri sono troppi, vivono alle nostre spalle, e per di più, spacciano, rubano e violentano. Basta guardare nei portoni o nei giardinetti vicino a casa. Meno male, dunque, che c’è finalmente qualcuno che gli stranieri non li fa entrare e, se sono entrati, li rimanda al Paese da dove sono partiti. E chi poi gli stranieri proprio li vuole, se li porti a casa sua».

E adesso che quel Qualcuno è arrivato, benedetto da molti voti, ecco che don Luigi Ciotti scrive un pamphlet per dire che tutto questo ha un nome, ed è razzismo. Parola semplice, da alcuni ancora non pienamente accettata. Viviamo in un Paese razzista? Sì. Ma ci sono italiani che ancora non digeriscono questa verità, pensando che un peggio può ancora succedere, che in fondo la situazione non è così grave, che non siamo mica la Germania nazista, che diamine.

Lettera a un razzista del terzo millennio (Edizioni Gruppo Abele) spiega loro chiaramente perché si è arrivati a questo punto, e Ciotti dice anche perché ha deciso di scriverne: «Di fronte all’ingiustizia che monta intorno a noi non si può più stare zitti», ricordando due fatti recenti. Uno: il 23 dicembre scorso Sam, neonato di tre giorni, viene soccorso da una nave ong sul barcone nel Mediterraneo, prelevato con la madre da un elicottero e portato in salvo a Malta (gli altri 309 migranti invece vagano per una settimana e duemila chilometri). Due: il 2
novembre la ragazzina yemenita Amai muore di fame, a 7 anni. «La sua fotografia, il viso reclinato con gli occhi persi, le ossa a malapena ricoperte di pelle, le mosche sulle mani, ha provocato l’indignazione di un giorno». Un giorno appena, e ce ne siamo dimenticati.

Ciotti cita il Papa, che si è rivolto ai giovani dicendo «voi griderete? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre». Già, chi grida? Intanto c’è questo libro-lettera, indirizzato a chi razzista lo è, anche se – fate la prova, nel bar, o al mercato, o a una cena – rifiuta indignato la definizione: «Io razzista? Ma come ti permetti», e naturalmente mai comprerà qualcosa che dimostri questa verità.

Ciotti gli dà del tu, come fa da tutta la vita anche con persone importanti, prima esseri umani, poi persone importanti. «A te. coinvolto in questa ubriacatura razzista che attraversa il Paese, a cui partecipi forse per convinzione o forse solo per l’influenza di un contesto in cui prevalgono le parole di troppi cattivi maestri e predicatori d’odio».

Il razzista del terzo millennio dovrebbe quindi conoscere alcuni numeri. Siamo un Paese povero, Io dice l’Istat. Un milione 778mila famiglie, cioè 5 milioni 58mila persone, sono in condizioni di povertà assoluta. Nel 2005 erano meno della metà. Poi ci sono i poveri “relativi”, 3 milioni e 171mila famiglie, cioè 9 milioni e 368mila persone. Più 3 milioni di disoccupati, e il lavoro – se c’è – è sempre più precario e malpagato. E 20 milioni di italiani sono analfabeti “funzionali”, e 6 milioni analfabeti totali.

«Ma sei sicuro che la causa di tutto questo siano i migranti o che, comunque, essi c’entrino qualcosa con l’impoverimento e le disuguaglianze? I fatti dicono di no», caro razzista, e di fronte alla urgenza di «scelte politiche impegnative e radicali», si elude il problema e si dirotta «la rabbia sociale contro il capro espiatorio dei migranti».

Quindi Ciotti evoca un altro bambino, morto. Aylan, si chiamava, annegato su una spiaggia turca. Ci emozionò, quella foto. Ma oggi immagini simili – quante ce ne sono – provocano l’effetto contrario, «commenti rabbiosi e cinici, nei social e non solo, e addirittura verso chi prova a soccorrerli o esprime dolore e compassione». Cosa è successo? Il razzismo non è più un tabù, e «incombe oggi sul nostro Paese. Parlo del razzismo nella sua accezione più cruda, la pulsione ostile, aggressiva nei confronti di chi è percepito come diverso, per il colore della pelle o per abitudini di vita, lingua, religione».

Lo si è visto «80 anni fa nei confronti degli ebrei (e sappiamo come è finita)», e non c’è “solo” quell’«orango» detto a una ministra di origini africane, «il lancio di banane o l’ululato al lo stadio all’indirizzo di calciatori di colore», e Koulibaly, che si è fatto espellere «in una partita importante, lui che è un giocatore correttissimo, perché non ne poteva più dei buuu… era giusto o no, secondo te, sospendere quella partita, visto che il regolamento del calcio Io prevede in caso di razzismo? Lamia risposta è sì, ma none stato fatto».

Poi c’è Traini che spara a Macerata, e si arrende avvolto nel tricolore. I morti. Idy Diene, ucciso a Firenze. Soumalya Sacko, ucciso a San Calogero. Quindi «pensaci. Che cos’hanno alle spalle il nazismo e la Shoah se non il razzismo, l’indifferenza diffusa, la degradazione della coscienza collettiva?».

Siamo dunque ai livelli di una pre-nazificazione? Ciotti non lo cita ma a questo punto serve rileggere (e volantinare per strada) un libro del 1965, Come si diventa nazisti di William S. Alien, dove si spiega come un’associazione dopo l’altra, coinvolgendo bambini, commercianti, confraternite, le donne, piano piano nella città di Nordheim si arrivò alle leggi razziali, tutti pienamente convinti di essere nel giusto.

La propaganda di oggi lavora pancia a terra, «prima gli italiani!», «aiutiamoli a casa loro!» (ma nessuno lo fa), «l’invocazione dell’uomo forte al comando è l’anticamera del fascismo», scrive Ciotti, o forse siamo già un passo più in là.

Brunella Giovara         Repubblica   20 febbraio 2019

 

 

Il Movimento e i migranti: la svolta a destra del 2013

Dalle origini – Fino al 2012 Grillo scriveva: “Arrivano dall’Africa a riprendersi un po’ di quello che gli abbiamo tolto in 200 anni”

Il voto sul caso Diciotti della base del M5S è incentrato su due temi: quello dell’immunità, al centro del dibattito da settimane, e quello sulle politiche dell’immigrazione, che è passato invece in secondo piano. Il quesito posto dal blog è fuorviante perché fa riferimento, come causa legittima del no all’autorizzazione a procedere contro Salvini, all’interesse pubblico. Il quesito non include però la parola “preminente” che darebbe un senso diverso al suddetto “interesse pubblico”.

Invece l’interesse pubblico perseguito da Salvini impedendo ai 177 migranti di sbarcare dalla nave Diciotti della Guardia Costiera per essere degno di tutela costituzionale deve essere “preminente”. Rispetto a cosa? Agli altri interessi garantiti dalla legge e dalla Costituzione, tra i quali rientrano gli obblighi assunti per tutelare i diritti dell’uomo in sede internazionale. E tra questi doveri c’è quello di assistere i migranti salvati dalle nostre barche in acque internazionali, anche se la competenza su quel salvataggio in zona Sar sarebbe stata di competenza di altri Paesi, più disinteressati ai migranti, come Malta.

Dalla finestra del “preminente” ecco che rientra la questione della scelta tutta politica tra l’interesse pubblico del rispetto dei diritti dei naufraghi e l’interesse pubblico della chiusura rigida dei confini. L’interesse preminente dell’Italia è quello del rispetto delle norme internazionali sul salvataggio in mare delle vite umane e dei diritti dei migranti (soprattutto dei minori) oppure l’invalicabilità del confine, anche per i minori, anche per chi stava morendo in mare?

Le risposte del premier, del vicepremier e del ministro dei Trasporti a questa domanda, nelle relazioni alla Giunta per le autorizzazioni del Senato, sono state identiche a quelle di Matteo Salvini. Non è scontato però che la risposta di Conte, Di Maio e Toninelli sia condivisa dalla base. In fondo c’è un precedente. Nel gennaio 2014 una votazione del blog smentì la linea di Beppe Grillo e Roberto Casaleggio sull’abolizione del reato di clandestinità. Allora la base si mostrò più a sinistra del vertice. Sei anni dopo lo spirito grillino delle origini potrebbe essere svanito. Però vale la pena, alla vigilia del voto dei militanti, ricordare le posizioni assunte nel tempo dal M5S sul punto.

2002-2004 Beppe Grillo è un cittadino comune e scrive prima sul quotidiano svizzero Il Giornale del popolo e poi nella prefazione del libro di padre Alex Zanotelli I poveri non ci lasceranno dormire, edizioni Monti, parole nette sul tema: “Vengono in Europa per cercare lavoro e pagano le nostre pensioni al posto dei figli che non facciamo. Eppure c’è chi riesce lo stesso ad odiarli. (…) In Europa siamo il paese che consuma di più e si riproduce di meno, tra pochi anni avremo discariche strapiene e asili semivuoti. Eppure, con una percentuale di stranieri molto più bassa di quella svizzera (2 su 10) o tedesca (uno su 10), in Italia (uno straniero ogni 30 italiani) c’è ancora chi fomenta una psicosi da Paese invaso. E chi, come padre Alex, ha condiviso davvero la vita dei poveri, anche quelli così poveri da non riuscire nemmeno a pensare di emigrare in Europa, grida quasi nel deserto che su questa strada non c’è futuro. Il futuro non sarà migliore se ci difenderemo alzando steccati o prendendo impronte, ma se saremo capaci di integrazione e di condivisione”.

Gennaio 2012 Beppe Grillo è ormai un politico ma mantiene la linea: “È gente che va via per non morire – dice il leader M5S in un’intervista – va via perché c’è una guerra, un maremoto e come fai a fermarli? Bisogna creare delle strutture intelligenti, inserirli pian piano a far delle cose perché è gente straordinaria. È un processo di cui non si può fare a meno: arrivano a riprendersi un po’ di quel che gli abbiamo tolto in 200 anni”.

Ottobre 2013 Svolta a destra e mal di pancia della base. I parlamentari M5S Buccarella e Cioffi propongono un emendamento che abolisce il reato di immigrazione clandestina. Beppe Grillo reagisce: “Questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia (…). Lampedusa è al collasso e l’Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su 8 non ha i soldi per mangiare? (…) se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico”.

Gennaio 2014 La linea, motivata anche con fini elettorali, viene smentita dal voto degli iscritti al blog: 15 mila e 839 votano per l’abrogazione del reato. Solo 9 mila e 93 per il mantenimento. Salvini esulta perché il voto dimostra che solo la Lega è un baluardo contro i migranti.

Ottobre 2014 Grillo scavalca a destra Salvini con la minaccia di Ebola: “In questi mesi qualcosa è cambiato sul tema immigrazione: lo Stato Islamico sta producendo flussi migratori insostenibili, negli ultimi mesi sono arrivati in 100mila. E in futuro con l’espandersi della guerra, la situazione peggiorerà. Ebola sta penetrando in Europa, è solo questione di tempo perché in Italia ci siano i primi casi”.

Giugno 2015 Dopo l’inchiesta Mafia Capitale, Luigi Di Maio sposta l’asse dello storytelling sul business dell’accoglienza: “La gestione dell’immigrazione in Italia è stata folle perché c’era una classe politica che voleva fare business anche sugli immigrati”. La soluzione? “Dopo averli cacciati (democraticamente dalle istituzioni) andremo noi in Europa a farci valere”.

Dicembre 2016 Grillo insiste sul cambio di linea: “Fino a oggi è stato il tempo del dolore, della commozione, della solidarietà adesso è il momento di agire e proteggerci”.

Aprile 2017 Luigi Di Maio ingaggia una polemica con Saviano: “Le organizzazioni non governative sono accusate di un fatto gravissimo, sia dai rapporti Frontex che dalla magistratura, di essere in combutta con i trafficanti di uomini, con gli scafisti, e addirittura, in un caso e in un rapporto, di aver trasportato criminali. Vogliamo vederci chiaro, sapere chi le finanzia”.

Febbraio 2019 Voto sull’autorizzazione a procedere per il reato di sequestro di persona contestato dal Collegio dei reati ministeriali al ministro dell’interno Salvini. I colleghi Toninelli e Di Maio scrivono alla Giunta del Senato una memoria nella quale sostengono (come anche in un separato atto il premier Conte) che le scelte fatte da Salvini sui migranti della nave Diciotti sono “riconducibili a una linea politica condivisa da tutto il governo”.

Marco Lillo       Il Fatto   18 febbraio 2019

 

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