Il 24 marzo 1944 muore a Roma ucciso dalle SS tedesche presso le Fosse Ardeatine PILO ALBERTELLI (36 anni), insegnante, filosofo, Azionista, Antifascista e Partigiano.

Albertelli nacque a Parma nella famiglia di un ingegnere e deputato socialista, ultimo di tre figli ( i due fratelli diverranno un ingegnere, Nullo, e un violoncellista celebre, Ippolito Nievo). Il padre aveva scelto di chiamare i figli con i nomi di grandi protagonisti del Risorgimento: Pilo prese il nome da ROSOLINO PILO (1820- 1860), Patriota risorgimentale siciliano.

Il padre Guido sfuggì ad un attentato fascista nei primi anni del fascismo e il suo studio venne distrutto dagli squadristi per cui la famiglia fu costretta a trasferirsi a Roma. Pilo s’iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia presso la Sapienza, l’Università di Roma, ed ebbe tra i suoi insegnanti l’allora giovane filosofo GUIDO CALOGERO (1904- 1986) e la sua ottima applicazione agli studi gli guadagnò la stima del filosofo di regime Giovanni Gentile.

Intanto Pilo maturava solide convinzioni antifasciste legate al pensiero liberale più che al socialismo del padre e già durante gli anni universitari, nel 1928, fu arrestato con l’accusa di aver svolto attività antifascista tra i suoi compagni studenti e venne condannato a cinque anni di confino, poi commutati in tre anni di vigilanza speciale.

Dopo essersi laureato nel 1929 in Lettere e Filosofia divenne professore di filosofia in vari licei e dal 1935 insegnò nel prestigioso liceo classico “Umberto I” a Roma (vicino la basilica di S. Maria Maggiore) che oggi è intitolato al suo nome. Nel 1939 conseguì la libera docenza in storia della filosofia antica e pubblicò varie opere di ricerca filosofica, soprattutto sul problema morale nella filosofia di Platone e su Parmenide. Si rivelò anche un ottimo grecista traducendo i frammenti dei filosofi greci antichi chiamati Eleati.

Albertelli partecipò attivamente alla Resistenza, inizialmente con il gruppo liberalsocialista ( che originava dalla visione politica di Guido Calogero), poi il 14 luglio del 1942 partecipò con entusiasmo e profonda convinzione  alla fondazione del Partito d’Azione a Roma e s’impegnò con molto coraggio nell’organizzazione delle formazioni Giustizia e Libertà ( il braccio armato del PdA) fin dal 9/10 settembre 1943 con l’inizio dell’occupazione tedesca  (divenendo responsabile militare della zona di San Giovanni e poi dell’Ostiense).

Divenne inoltre un attivo collaboratore del giornale clandestino  L’Italia libera, organo ufficiale del PdA, e fece parte del Corpo Volontari della Libertà (CVL), l’organizzazione armata del CLN.

Dopo i fatti di Porta San Paolo (9/10 settembre 1943) Albertelli organizzò con altri la guerriglia urbana a Roma contro i nazifascisti e il 20 settembre del 1943, insieme all’azionista GIOVANNI RICCI, fece esplodere una bomba nella caserma della Milizia fascista al Parioli causando molte vittime e danni. Questo fatto segnò l’inizio della guerriglia resistenziale a Roma.

Lapide dedicata ad Albertelli presso la sua abitazione, via Sambucuccio d'Alando a Roma.

Quando Ricci riuscì a sfuggire ad un’imboscata fascista, rimanendo gravemente ferito, Albertelli lo sostituì come comandante delle Brigate Giustizia e Libertà di Roma. L’impegno di Albertelli fu totale mentre continuava con passione la sua attività d’insegnante facendo delle lezioni di filosofia al liceo un momento di educazione antifascista per i ragazzi.

Purtroppo un delatore portò all’arresto di Albertelli il 1 marzo del 1944 da parte dei fascisti proprio mentre stava facendo lezione ai suoi studenti (Albertelli fece attendere sulla porta della classe gli agenti per poter finire la lezione…). Fu affidato alla famigerata Banda Koch che lo portò nel covo della banda, in via Principe Amedeo a Roma nella Pensione Oltremare.

Qui Albertelli subì torture inaudite che gli resero il volto irriconoscibile e il suo corpo venne massacrato causando la frattura di molte costole. La ferocia delle torture spinse Albertelli a tentare per due volte il suicidio per cercare di sottrarre la moglie e i figli dalle rappresaglie e il suo silenzio, nonostante le torture, salvò numerosi compagni di lotta.

Il 20 marzo del 1944 i fascisti portarono Albertelli con il corpo lacerato al carcere romano di Regina Coeli, dove il giorno dopo riceve l’ultima visita della moglie e dei figli, e il 24 marzo del 1944 fu condotto dalle SS tedesche, insieme con altre 334 persone, alle Fosse Ardeatine e lì giustiziato. I resti di Albertelli riposano, insieme con quelli delle altre 334 vittime, presso il sacrario delle Fosse Ardeatine. Nel 1947 ricevette la Medaglia d’oro al valor militare alla Memoria.


Pilo Albertelli così lasciò scritto:

Se ho lavorato, questo è dovuto unicamente alle convinzioni morali che ormai sono la spina dorsale di ogni mio agire, la convinzione che la vita va vissuta come una missione… un uomo senza ideali non è un uomo ed è doveroso sacrificare, quando è necessario, ogni cosa per questi ideali.”.


 


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