George Steiner e José Saramago hanno scelto No come prima parola di un ideale lessico necessario. Una delle parole “più semplici e corte del vocabolario”, osserva il primo. La parola “più urgente ed essenziale”, la “più selvaggia del vocabolario, secondo Emily Dickinson”, dice il secondo. È un’arte difficile e perduta, quella di dire no. “No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che ci circondano, no all’invasione della burocrazia nella nostra vita quotidiana. No all’idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. C’è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola. E invece ne siamo incapaci.” Per acquiescenza, per scetticismo, per pura pigrizia. Non è mera negazione: il no può avere valore propositivo, costruttivo, creativo…
Gianrico Carofiglio, da La manomissione delle parole