Da oggi in libreria per Chiarelettere l’ultimo libro di Tomaso Montanari, “Dalla parte del torto“. Ne pubblichiamo uno stralcio.
Abbiamo molte cose per cui vale la pena di combattere: una democrazia vera, un parlamento vero e la partecipazione di tutti alla vita democratica. Un conflitto vero, per una vera giustizia sociale. Una società umana, un’idea forte di collettività. Una ricostruzione dello Stato: di uno Stato giusto, capace di affermare e difendere l’interesse generale.L’amore per la Terra; la sostenibilità della nostra esistenza. Un’altra modernità. Il diritto di tutti alla vita. La liberazione dei corpi dal potere. La dignità della persona umana: riconosciuta a ogni concreto essere umano.
Ma la prima battaglia da vincere è quella per cambiare noi stessi. Liberandoci dalle credenze, dalle pigre ovvietà solo apparentemente vere: come l’ossessione di andare al governo. Un’ossessione che dà forma a tutti gli altri obiettivi politici (personali e collettivi): che sarebbero la visibilità mediatica, il successo, la vittoria. Il potere del capo.
La verità è che si tratta di falsi dèi: di idoli da abbattere perché sono altrettanti ostacoli alla costruzione di una sinistra che da troppo tempo non si chiede invece perché vuole arrivare al governo, cioè per fare che cosa.
La consapevolezza davvero cruciale è che governare è solo una parte della politica; e non la più importante.
Ciò che vogliamo non è il potere sulla società, ma il potere nella società: il potere, dato a tutte e tutti, di salvare le proprie vite dal dominio del mercato.
Il potere nei luoghi di lavoro, nelle lotte per le donne, per la difesa dell’ambiente, il potere della conoscenza e del pensiero critico aperto a tutti: questo potere diffuso e democratico è il vero obiettivo di una sinistra che voglia cambiare il mondo e non solo le vite dei suoi rappresentanti.
E un’idea diversa della politica, ed è un’idea che permeò profondamente la stagione della Resistenza: per poi venire tradita dalla “politica politicata” dei grandi politici di professione, tutti immersi nel gioco del potere.
La reciproca incomprensibilità tra le lotte quotidiane e diffuse della democrazia di ogni giorno e la”politica del governo” è, ancora oggi, alla base dello scollamento tra la sinistra che esiste e resiste per le strade del Paese e la sua rappresentanza politica. Quello scollamento non è solo un problema da risolvere, è la chiave per comprendere cosa coltivare, dove cercare, in cosa sperare.
Non è dall’alto, neanche oggi, che si può ripartire: ma dal basso delle associazioni, dei comitati spontanei di ogni tipo, dei centri sociali, dei preti di strada, delle scuole di periferia, del lavoro ben fatto di chi vive in comunione con la terra e con le cose. Dal basso delle lotte quotidiane, delle vertenze, delle “intelligenze contro” che accendono, nonostante tutto, il Paese.
E solo battendo strade come queste che si può evadere dalla stanza senza porta e senza finestre in cui il discorso pubblico italiano ha murato il futuro della sinistra politica: quella in cui, per esistere politicamente, bisogna fondare un partito, candidarsi alle elezioni e cercare di andare al governo. Messa in quei termini forzati, la sinistra che non c’è non ci sarà mai. Perché un partito, le elezioni, il governo sono le possibili conseguenze di una esistenza nella realtà: non ne sono il presupposto.
E, più profondamente, perché “un partito occupato nella conquista o nella conservazione del potere governativo non può discernere in queste grida altro che rumore”: le grida di cui parla Simone Weil sono quelle di coloro a cui “viene fatto del male”.
La sinistra “astratta” – quella delle idee, quella della sacrosanta difesa della dignità della persona umana, quella della necessaria rappresentanza politica – non può esistere se non passando attraverso la sinistra concreta.
Che non è solo l’unica sinistra che possiamo avere qui e subito: è anche l’unica sinistra che il mondo lo cambia davvero.
Tommaso Montanari Il Fatto 23/1/2020
«Non possiamo continuare a vivere così.»
È il paradosso della nostra epoca: non si può non essere contro se si ama davvero la vita. Quanto più grande è il nostro amore per gli uomini e per le cose belle di questo mondo, tanto più grande è il desiderio di cambiarlo, il mondo. Perché questo «sistema sociale ed economico» non è più compatibile con i diritti umani. Con l’esistenza stessa dell’uomo su questo pianeta. Ci vuole il coraggio di vederlo, e di dirlo. Un coraggio che avevamo, e che abbiamo perduto quando ci siamo fatti convincere che diventare adulti significa accettare il mondo così com’è.
Il piccolo libro che state per leggere è l’invito a una ribellione intellettuale ed emotiva: un invito a liberare la parte di noi che è rimasta fedele alle aspirazioni, alle convinzioni, all’etica di quando eravamo bambini. L’obiettivo di una sinistra che voglia cambiare il mondo non è il potere sulla società, ma il potere nella società: il potere, dato a tutte e tutti, di salvare la propria vita dal do-minio del mercato. Il potere nei luoghi di lavoro, nelle lotte per le donne, per la difesa dell’ambiente, il potere della conoscenza e del pensiero critico aperto a tutti. (IBS)
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