Erano 1089. L’esercito più strano che si sia mai visto, ci ha detto Claudio Fracassi, giornalista e scrittore di storia che abbiamo incontrato questa sera. Un esercito di “ragazzi” volontari, provenienti da ogni parte dell’Italia che ancora non c’era ( come entità politica), un esercito che ha fatto l’unità d’Italia con anni d’anticipo su quelle due navi sequestrate a Genova e partite dallo scoglio di Quarto il 5 maggio del 1860. C’era con loro anche una donna, Rosalia Motmasson travestita da uomo (era la moglie di Francesco Crispi, uno dei capi della sinistra democratica  e che fu la principale mente politica della spedizione per poi tradire, negli anni a venire, completamente i suoi ideali giovanili). Come racconta Fracassi, dei Mille 163 venivano dalla provincia di Bergamo; un centinaio da Sicilia, Calabria e circondario di Napoli; 72 i milanesi; 59 i bresciani; 58 da Pavia e zone limitrofe; 112 i toscani. Ma c’erano anche ungheresi, polacchi, inglesi, tedeschi e un turco. La metà dei volontari lavoravano come “operai di città” o artigiani, solo uno disse di essere “contadino”. Molti erano studenti, cento i medici, più di 200 gli avvocati, insegnanti e professionisti; tre preti, una decina di artisti, pittori e scultori. Uno storico del tempo disse:  “quel piccolo esercito fu uno dei più colti che la storia ricordi”. Il più anziano era un genovese, Tommaso Parodi, di 70 anni; il più giovane era un ragazzino di Chioggia, Giuseppe Marchetta, di 11 anni, che viaggiava insieme al padre medico.  C’era un cappellano tutto loro, fra Pantaleo, che seppe vincere la totale diffidenza verso i preti che li animava. Pochi avevano la camicia rossa, la maggior parte era vestita con abiti borghesi e armati di fucili antiquati. Dovettero procurarsi altre armi con mille peripezie o nella battaglia di Calatafimi del 15 maggio, che fu il loro battesimo di sangue. Soldi pochi, pochissimi. La composizione politica era una sola, quella che chiameremmo oggi progressista. Comunque tutti avevano alle spalle delle esperienze di cospirazione; alcuni erano  reduci dei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi della seconda guerra d’Indipendenza del 1859 e c’erano anche alcuni siciliani che non erano proprio dei stinchi di santo.

La spedizione avrà quasi uno svolgimento cinematografico, ricco di episodi minimi che sembrano renderla un romanzo: il Romanzo dei Mille. Arriveranno a Marsala l’11 maggio dopo una traversata faticosissima in cui la maggior parte aveva dato di stomaco continuamente: molti non avevano mai visto il mare. Il desiderio di Garibaldi era non solo di liberare il Sud dal dominio borbonico: soprattutto egli voleva raggiungere Roma e liberarla dal dominio temporale dei papi. Garibaldi era rimasto al 1849, alla straordinaria esperienza della Repubblica Romana repressa nel sangue e a quella pensava, come Mazzini. L’Italia ( ancora non fatta) di Cavour e di Vittorio Emanuele II lo impedirà: i loro progetti erano altri. Un’altra idea d’Italia che, purtroppo, risulterà ben chiara e vincente fin da quando Garibaldi sarà costretto a lasciare Napoli il 9 novembre del 1860 per tornarsene a Caprera.  Cavour, detestava Garibaldi (e odiava a morte Mazzini) e trafficava per realizzare quello che, nella sua immaginazione, doveva diventare il Regno del Nord.

Fracassi ci aiuta da tempo a riscoprire il Risorgimento dal punto di vista del racconto: vengono fuori cose che anche le persone colte non immaginano. Nei suoi libri cerca  di mostrare, del Risorgimento, una faccia diversa da quella raccontata ufficialmente e da quella banalmente revisionistica che circola oggi grazie anche alla lega o ai nostalgici neo-borbonici. Dice Fracassi:” In effetti erano 1089 gli uomini partiti con Garibaldi dallo scoglio di Quarto; all’epoca, l’esercito borbonico in Sicilia era composto da 25.000 soldati molto ben armati, di cui 20.000 a Palermo. Quindi sembrava una follia, e d’altra parte Cavour così la definì: l’idea che Cavour sotto sotto fosse d’accordo è un’idea che è stata cara all’apologetica savoiarda, monarchica; in realtà Cavour pensava che fosse un’impresa suicida, da evitare. E perché hanno vinto? Per le capacità militari di Garibaldi, naturalmente, esperto guerrigliero, ma anche perché questi seppe tessere una robusta trama di alleanze con i gruppi più disparati e antitetici: con i picciotti contadini, abolendo la tassa sul macinato; con l’aristocrazia separatista, che più tardi prenderà le redini (quella del Gattopardo, per intenderci); infine con la Chiesa (nonostante Garibaldi fosse anticlericale). La strategia vincente di Garibaldi consistette nel saper cogliere e mettere d’accordo tutti quei fermenti eterogenei, ma determinati a condurre, ciascuno a proprio modo, la battaglia anticoloniale”.

Poi ci spiega perché “ un romanzo”: “Il mio libro è costruito prevalentemente sulle memorie e sui diari dei giovani partiti insieme a Garibaldi. Questo lo rende romanzesco, pur rimanendo un libro di storia (ci sono, tra l’altro, 60 pagine di note). Non è un libro di fantasia: ho cercato di avvicinare il lettore alla situazione di allora, come venne vissuta, quali erano le circostanze: dalle prime difficoltà negli approcci con la popolazione siciliana, inizialmente diffidente (i garibaldini parlavano lingue diverse dalla loro, si vestivano in modo diverso) fino all’alleanza che ha portato alla liberazione di Palermo. Credo che, al di là di ogni retorica, di questi giovani dovremmo essere genuinamente orgogliosi: essi erano allora davvero “la meglio gioventù” d’Italia.”

Sappiamo che un’ondata di simpatia circondò la spedizione in tutto il mondo.  Negli Stati Uniti il “New York Times” paragonava Garibaldi a George Washington;  il “New York Herald”  giudicò l’impresa “un evento che non ha l’uguale nei tempi moderni”. Man mano crebbe anche  l’appoggio popolare. In Sicilia le truppe garibaldine vennero raggiunte da migliaia di volontari provenienti da Algeria, Turchia, India, Canada, Serbia, Albania, Polonia, Istria, Dalmazia, Francia e Russia. Arrivarono anche alcuni giovani americani che  combatterono nelle ultime fasi della spedizione. La spedizione dei Mille era tanto popolare in Europa che gli operai dell’arsenale di Glasgow, in Scozia, subito seguiti dagli scaricatori portuali di Liverpool, fecero gratis turni di lavoro straordinario per comprare e spedire in Sicilia munizioni e pacchi sanitari. E in tutta l’Inghilterra si organizzarono concerti e spettacoli per raccogliere aiuti per la causa dei Mille. L’ ondata di simpatia verso Garibaldi e i suoi  è dimostrata anche dalle raccolte di fondi che personaggi come Charles Darwin, lo scienziato della teoria dell’evoluzione, e la vedova di Lord Byron, organizzarono.  Anche in Francia personaggi come Victor Hugo, esule a Londra, e la scrittrice George Sand, si mobilitarono in difesa di Garibaldi e della sua spedizione: i francesi leggevano delle gesta dei Mille nelle corrispondenze pubblicate su “Le Siecle” dal grande scrittore Alexandre Dumas, che seguirà  la spedizione nell’ultima sua fase al fianco di Garibaldi.

Il libro di Fracassi si ferma in Sicilia. La risalita del meridione fino alla battaglia del Volturno, il 1 ottobre del 1860, è un’altra storia, quella dell’Esercito Meridionale che vede i superstiti dei Mille ( poco più di quattrocento) inglobati dentro un’aggregazione che arriverà a quasi 50.000 uomini e che vedrà ulteriori scontri tra Garibaldi e Cavour perché, a spedizione terminata, i reduci avessero giusta riconoscenza anche militare, praticamente invano. Le truppe garibaldine, non furono incorporate nell’esercito regolare, come era stato richiesto, e Vittorio Emanuele si rifiutò perfino di passarle in rivista a Napoli. A causa di questo atteggiamento, Garibaldi, deluso e sdegnato, si ritirò a Caprera. L’Italia dei Mille era finita: iniziava quella dei generali piemontesi che arriva fino ad oggi.

Questa sera, grazie anche a Fracassi,  siamo stati con quei 1089 “ragazzi” per tenere stretta la loro idea d’Italia, quella di Garibaldi, di Mazzini, di Mameli ( che se non fosse morto a Roma nel 1849 avremmo visto tra loro certamente). Tenerla stretta perché, chissà, un giorno possa ripartire da Quarto e risalire tutta l’Italia dalla Sicilia, per liberarci e donarci un Paese finalmente dignitoso come loro sognavano.

Io non so che notizie vi saranno giunte costì… Ci avranno visti più volte dispersi, disfatti, raminghi sulle montagne come bande di facinorosi; e coloro che non pensano ci avranno tacciati di imprudenti, di pazzi, di gente che non ha nulla da perdere. Adesso che tutto è riuscito di meraviglia e stupore di tutta l’Europa, “ora che questi hanno vinto…” battono le mani, e plaudono ai “giovani eroi”, ai caldi amatori della patria… Bene, benissimo, così va il mondo… Del resto, vi dico io pure la verità, che avvennero fatti, a cui la posterità non potrà così facilmente prestar fede; sembrano parti felici della fantasia del romanziere….”

( Ernesto Belloni, diciannovenne di Treviso in una lettera alla famiglia, citato nel libro di Fracassi “ Il Romanzo dei Mille”)

 

 

vedi: 

IL ROMANZO DEI MILLE

          

IL ROMANZO DEI MILLE

 

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