Il progetto di regime sanitario per condurre verso la dittatura digitale e una società del controllo non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo. Il progetto di una “nuova normalità” all’interno di futuri “stati terapeutici” non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo. E in questi progetti il ruolo dei media per propagandare il pensiero unico sul virus e la conseguente paura permanente è fondamentale.  Ma c’è (e ci deve essere) “chi resiste” e non si adegua! (GLR)

 

Una manipolazione di massa infinita

Purtroppo sta accadendo ciò che temevamo da tempo. Il consorzio di politicanti, pseudo-scienziati e professionisti della disinformazione, che da tempo tiene in pugno il Paese dopo averlo terrorizzato per mesi, continua imperterrito la più lunga manipolazione di massa della storia repubblicana.

Costoro, profittando di un virus ormai diventato endemico, al pari di quelli cugini del raffreddore, lo utilizzano per usare a proprio vantaggio i numeri, inventandosi una seconda ondata che personaggi del calibro di Alberto Zangrillo, Matteo Bassetti, Giuseppe Remuzzi, Massimo Clementi, Guido Silvestri ed altri luminari smentiscono da tempo.

Addirittura Remuzzi, considerato uno dei migliori ricercatori italiani in base all’indice Hirsch, si dichiara molto preoccupato per i danni a lungo termine di quella che lui definisce isteria collettiva.

Egli infatti dichiara: “Oggi i dati ci dicono che il rischio di infettarsi è simile a quello di cadere in motorino e minore di quelli che si corrono durante una immersione subacquea. Quarantaquattro probabilità su un milione. E all’interno di questo dato una possibilità su cento di morire, e una su cento di avere danni di lungo termine. Stiamo parlando di questo. A febbraio e marzo era ben diverso. Eravamo nel pieno della fase epidemica”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche una recisa affermazione in diretta televisiva di Zangrillo. Secondo questo specialista, con un impressionante curriculum vitae conseguito sul campo, il conteggio dei malati non viene fatto correttamente.

Zangrillo ha commentato su La7 alcuni giorni fa: “Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Bisogna distinguere chi va in terapia intensiva per altre patologie pur essendo positivo al Covid. Sono stato autorizzato un’ora fa dal viceministro e collega Sileri a dire che in questo momento nel Lazio una quota importante dei ricoverati è in terapia intensiva a causa di malattie pregresse e gravi”.

Capito il giochetto, che si potrebbe benissimo realizzare con i citati virus cugini del raffreddore? Basta trovare anche una minima quantità del nuovo coronavirus in ogni ricoverato e/o in ogni decesso per mantenere in un surreale stato di alterazione emergenziale una collettività di 60 milioni di abitanti.

Ovviamente i danni che si stanno accumulando a causa di questo incredibile stallo della vita economica e sociale del Paese sono colossali. Danni i cui effetti tangibili ancora non hanno dispiegato tutta la loro nefasta potenzialità.

Il sistema sta letteralmente avviluppandosi in una paralisi di paura e di assurdi protocolli precauzionali, mentre i sondaggi confermano che una grande maggioranza di italiani si è bevuta tutta d’un fiato le pozioni terrorizzanti del Governo in carica e del misterioso Comitato tecnico scientifico.

È sufficiente osservare il numero allarmante di persone che indossano in solitaria la mascherina all’aperto o addirittura in auto, sempre in solitaria, per rendersi conto dei danni quasi irreversibili che un tale clima di terror panico ha prodotto nella società italiana.

Danni che mai e poi mai potrebbero giustificare una qualsivoglia manovra elettorale od un qualunque interesse professionale. In questo, io credo, il compito di una corretta informazione dovrebbe essere quello di chiamare in causa chi si è assunto la responsabilità politica di una tale devastazione, cercando con ogni mezzo di protrarla il più possibile nel tempo.

Cesare Romiti    L’Opinione  7/9/2020

 

 

Alla lunga perderemo la faccia

Ma a lungo andare che fine faranno i nostri volti, i nostri corpi, i nostri rapporti umani? Dico i nostri volti coperti, i nostri corpi distanziati, i nostri rapporti sterilizzati. Si separeranno quasi stabilmente dalle nostre menti, dal nostro lavoro, dai nostri affetti? La previsione ufficiale sulla tenuta del covid è di un paio d’anni, con la postilla inquietante che altre minacce di contagio si stanno scaldando ai bordi del campo. Altri covid o altri virus ci aspettano al largo, non abbassate la guardia, mai più. Provo a tradurre questa previsione globale in una previsione ad personam.

Vuol dire che dovremo adottare per sempre le mascherine, la disinfezione continua, il distanziamento sociale; diventerà abitudine lo smart working, lo smart learning, la socialità di rete, i contatti da remoto, lo streaming, le video-chiacchierate e lo zoom. Si dovrà mantenere la corretta pulizia di vita che diventando prassi, costume e ideologia, possiamo ribattezzare come il “puliticamente corretto”.

Insomma, oltre le restrizioni alla nostra libertà e alla nostra mobilità, dovremo prevedere qualcosa che modifica radicalmente la nostra vita personale. La rarefazione dei volti, dall’apparizione in privato alla cancellazione pubblica; la lontananza dei corpi, dalla prossimità nella sfera intima al distanziamento sociale; la sterilizzazione delle nostre relazioni, preferibilmente distanti, sempre diffidenti, comunque disinfettate.

Cosa produrrà alla lunga una mutazione di questo tipo, che rischia di essere non solo duratura ma permanente, e non solo intermittente ma continuativa?

Una mutazione etica, forse genetica, comunque antropologica. Non intendo in questo caso polemizzare, cioè accusare qualcuno, il sistema, il governo, tornare sul tema – reale – della dittatura sanitaria, il totalitarismo della salute. E nemmeno occuparmi delle speculazioni politiche, farmaceutiche e affaristiche dietro quel cambiamento di vita.

Vorrei invece parlare di noi, noi uomini, io e te, in carne e ossa. Quando rivolgersi all’altro smetterà di essere uno scoprirsi ma un coprirsi, non un rivelarsi ma un velarsi, quando avremo ormai assorbito dentro di noi quel metro che ci separa per ragioni di sicurezza dal prossimo, come vivremo la nostra vita, le nostre espressioni del volto, i nostri contatti? Quando le nostre bocche saranno saracinesche abbassate, persiane chiuse dietro cui sibilare lo stretto necessario, che sarà della nostra umanità?

In particolare noi meridionali che siamo abituati a parlare toccando l’interlocutore, deplorevole ma calorosa abitudine, che colloqui gelidi avremo – alla lunga – quando perderemo questa prossimità incarnata, con la sua gestualità espressiva? Finiamo tutti in modalità remoto: i morti appartengono al passato remoto, noi zombie della pandemia apparteniamo al presente remoto

Presenti ma assenti, ci vedi in cartolina, cioè sullo schermo, nella pagellina del display. E non per un periodo ma preferibilmente in permanenza. Mutazione o mutilazione?

Il corpo si perde nella rete, intangibile, il volto si inabissa nella protezione facciale.

Emmanuel Lévinas fondò la sua filosofia sull’esperienza del volto, il volto dell’altro, il dialogo faccia a faccia. Il volto ci interroga, il volto esprime tutta la nostra umanità.

Basteranno gli occhi per rendere aperto il nostro volto, basteranno gli sguardi privati del loro campo d’espressione, privati del naso, della bocca e delle guance, lanciati nel vuoto? Si potrà dialogare a lungo perdendo la faccia e smorzando le parole nella mascherina, fino a renderle un felpato borbottio, quasi una mormorazione? O alla fine ci stancheremo, diventeremo introversi, scarni, comunque taciturni e tacitiani? Magari per i logorroici è una terapia e un sollievo per gli altri; ma il freno tocca tutti.

Cade in prescrizione la visione stessa del cristianesimo, il suo centrale, cruciale fondamento: l’incarnazione. Spiriti che si fanno carne, anime che si fanno corpi. I corpi dovranno essere sempre più eterei, disincarnati, virtuali e rarefatti; addio comunione dei corpi e delle anime, il corpo come pane e il sangue come vino dovranno perdere la loro sostanza e farsi evanescenti, aeriformi.

E i volti, su cui si è fondata la bellezza delle arti e la pietà dei soccorsi, i volti che splendono nelle Chiese, sulle pale d’altare, nei ritratti di Gesù Cristo, della Madonna, dei Santi, dei bambini e dei vecchi, dei morenti e delle partorienti, che donarono speciale umanità al cristianesimo, che fine faranno in questa società dove tutto si copre, si distanza, si depura, si sterilizza? Può il timore di una malattia cancellare l’umanità dei volti, dei corpi, dei rapporti umani?

Il virus lavora per Google e per Amazon, per Facebook e per Whatsapp, ha un contratto con la telefonia mobile, prende soldi da Apple. Insomma giova a loro, ma a noi, come vive una persona, a lungo andare?

Ci piace, ci piaceva internet, la tecnologia, il web, le telecomunicazioni perché ci danno un’altra possibilità oltre quella della prossimità, ampliano le nostre chance, integrano la nostra vita reale e corporale con quella virtuale e a distanza. Ma non ci piace se anziché integrare sostituiscono la vita reale, si mettono al suo posto.

La sostituzione, il male del nostro tempo. Al posto di Dio l’Umanità, al posto degli autoctoni i migranti, al posto degli uomini i mutanti, al posto dei corpi e dei volti le loro icone sul display.

E poi le persone sottovetro, i visi coperti… Non lo dico tanto per me che la mia vita, bene o male, l’ho fatta; lo dico per voi, da 0 a 60 anni; non potete sopportare a lungo una mutazione-mutilazione del genere, perdere la faccia per salvare la salute, perdere il corpo per immunizzarlo, perdere i rapporti umani per ibernarsi in una vita asettica.

Già, asettico è la parola giusta perché in gergo sanitario vuol dire “prevenire le infezioni” ma nel gergo della vita vuol dire “incapace di provare o suscitare emozioni”. Lasciate un fiore e una prece sul nostro account.

Marcello Veneziani, filosofo  in https://www.adhocnews.it/ 5/9/2020


 

ALUNNI RICATTATI: “È COME TEMEVO: PRIMA LE CAMICIE NERE AI BALILLA, ORA LE MASCHERINE”

Diego Fusaro, filosofo

Ascolta e vedi: https://www.youtube.com/watch?v=jp5rJZvElu4

7/9/2020


Sottomissione virale!

Qual è il vero pericolo di un nuovo ordine globale? Il nuovo coronavirus o l’assuefazione di massa al peggio, convinti a subire, ad ubbidire, a fare cose sempre più orribili in nome di cosa? Quale contagio se non dell’idiozia galoppante?

Intanto dilaga la follia istituzionale: la presunta sicurezza sanitaria al posto della libertà e della dignità personale. “Tutti gli studenti – delle superiori come quelli universitari – dovranno stare con la mascherina addosso tutto il tempo che trascorrono a scuola”. Questo è il verbo “indiscutibile” del cosiddetto comitato tecnico scientifico. Anche gli alunni delle elementari e delle medie saranno imbavagliati durante tutto l’orario scolastico. Insomma, la scuola in Italia diventa nosocomio alla stregua del manicomio: peggio della galera, dove i contenuti educativi e pedagogici hanno lasciato il passo all’addestramento corporale.

Una tragica parodia: il male avanza e si insinua nei gangli vitali – degli inconsapevoli  ma consenzienti – come fosse il bene. Il “bene superiore” viene imposto con l’obbligo assurdo, privo di logica, però a norma di legge, anzi di decreto legge, mediante banali provvedimenti amministrativi (dpcm). E quelli che non accettano il nuovo verbo dittatoriale sono già considerati pericolosi dal senso comune sempre più malato, davvero contagiato.

Nell’epoca del distanziamento sociale, vale a dire dell’allontanamento sociale del prossimo grazie anche al dichiarato consenso delle religioni, a partire dal cattolicesimo - la società definitiva è un incubo totalitario.

Manca solo l’ordine agli umani di mettersi a quattro zampe e abbaiare nel modo prestabilito, mantenendo ovviamente la giusta distanza. Ormai il sistema di dominio pretende che gli esseri umani siano a tutti gli effetti, peggio degli animali in branco che aspettano di essere alimentati, premiati o puniti da chi comanda per conto terzi. Della serie automi: tutti omologati e standardizzati? E la fantasia creatrice?

Perché traumatizzare chi si è appena affacciato alla vita soffocando il respiro vitale?  Forse per azzerare l’afflato etico di ogni persona, tanto da ridurlo a materia inerte in un mondo infimo di terza categoria? Perché proprio adesso viene implementato il controllo elettronico di ogni essere umano?

In giro da mesi, anche quando non era obbligatorio, imperversano frotte di zelanti fanatici dalle facce inespressive che indossano il “dispositivo di sicurezza” all’aria aperta, senza alcun motivo plausibile, se non l’evidente stupidità bigotta, superstiziosa ed ignorante.

Come siamo ridotti in Italia? A prendere ordini da politicanti eterodiretti, insignificanti testimoni della mediocrità più assoluta.

I valori etici sembrano eclissati in attesa di un nuovo Rinascimento? La posta in gioco è la libertà non la sicurezza della vita. Non c’è più alcun luogo dove andare a rifugiarsi? Siamo arrivati dove finisce il mondo del semplice buon senso?

Che fare? Passare dal pensiero critico all’azione liberatrice. Occorre mandare in frantumi con un risveglio di coscienza questa realtà distorta, rifiutarsi di sottostare all’autorità ormai degenerata che modella e manipola le vite altrui con incessanti iniezioni di paura nel corpo sociale, veicolate dai mass media.

Bisogna spezzare le catene della schiavitù e difendere ad oltranza il libero arbitrio con la disobbedienza morale.

È il tempo del coraggio civile per crescere, imparare ed evolvere, o sarà per tutti, cinica subordinazione.

Gianni Lannes, giornalista   in http://sulatestagiannilannes.blogspot.com    /  1/9/2020

 

 

ANNO I DEL REGIME SANITARIO

 

 

 

 

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Pensiero urgente n.286) Disubbidienza civile.

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Scuola addio? (2). Deprimere i bambini.

 

 


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