Indignazione. Nè rabbia cieca o rancore. Indignazione. Quell’indignazione che suscita impegno, resistenza, ricordo del male subito e delle ingiustizie perpetrate, che è difesa ad oltranza della propria e altrui dignità ( se volete fare una ripassata generale del male fatto in italia dal progetto criminale globale chiamato Grande Reset attraverso i suoi orrendi manutengoli politici e pseudo-scienziati nostrani, leggete i tanti articoli QUI e soprattutto questo articolo QUI).
L’indignazione vera e profonda è la risposta alle umiliazioni subite dal 9 marzo 2020, giorno dell’inizio del regime sanitario-ecologico-digitale in italia: leggi e rileggi QUI.
L’indignazione è la risposta vera e profonda per l’umiliazione che ha subito e subisce la Costituzione Italiana ( con i suoi diritti e doveri) costata tanto sangue e sacrificio.
L’indignazione è la risposta vera e profonda per la violenza fisica, sociale, psicologica ed economica che tanti hanno subito e subiscono ancora per le decisioni diaboliche del regime sanitario-ecologico-digitale.
L’indignazione è la risposta vera e profonda alla classe politica, alla classe medica, alla classe intellettuale, alla classe scientifica, alla classe universitaria e scolastica, alla classe dei genitori: la vera risposta alla loro complicità mefitica con la narrazione covidiana, energetica, climatica del mainstream ( imposta dal deep state, leggi QUI ) e con i feroci provvedimenti oppressivi presi dal potere, ieri ed oggi.
L’indignazione è il rifiuto della resilienza servile ad uso e consumo del potere (leggi QUI), del cerchiobbottismo che serve a nascondere la verità, della pacificazione alla “volemose bene” alla faccia delle vittime, della dimenticanza ad uso e consumo dei colpevoli: tutti atteggiamenti propri di esseri abituati a strisciare e a farsi umiliare.
L’indignazione è rispetto per le vittime, per chi ha avuto la vita stravolta solo per aver difeso la propria libertà, i propri diritti, la propria salute, la propria dignità. Per chi è morto o sta soffrendo per le conseguenze sanitarie della pseudo-vaccinazione o delle ridicole mascherine.
L’indignazione non è desiderio di vendetta ma di giustizia, anche se ci vorrà tanto tempo per averla.
L’indignazione è la strada per far venire alla luce la verità su ciò che è accaduto in questi ultimi orrendi due anni e mezzo. Con pazienza indignata, molta pazienza indignata.
L’indignazione è coscienza forte della propria dignità.
L’indignazione è rispetto per se stessi, se ancora l’abbiamo.
No, nessuna pacificazione! (GLR)
Abbiamo detto falsità e fatto molti errori, quindi dobbiamo essere perdonati con un’amnistia pandemica. È il senso dell’articolo pubblicato su The Atlantic, rivista statunitense di attualità fondata nel 1857, a firma di Emily Oster, economista e docente nel programma di formazione della Goldman Sachs alla Brown University, nel New England.
Il titolo dell’articolo, pubblicato con l’etichetta “idee”, è proprio “DICHIARIAMO UN’AMNISTIA PANDEMICA: Dobbiamo perdonarci a vicenda per quello che abbiamo fatto e detto quando eravamo all’oscuro del COVID”.
Un testo pieno di autocritiche che però arriva ad una conclusione che suona delirante: “Il detto standard è che coloro che dimenticano la storia sono destinati a ripeterla. Ma soffermarsi sugli errori della storia può portare anche a un ciclo di sventura ripetitivo. (!!!!!, glr)”
Dalle mascherine all’aperto alla chiusura delle scuole: gli errori
Quali sono gli errori: Oster lo spiega con una certa chiarezza dall’inizio, quando racconta delle escursioni fatte con la famiglia durante la prima fase Covid: “Indossavamo mascherine di stoffa e ricordavamo anche ai bambini di mantenere la distanza sociale”, scrive. “Queste precauzioni erano totalmente fuorvianti – continua l’economista -. Nell’aprile 2020, nessuno si è ammalato di coronavirus dopo aver superato qualcun altro durante un’escursione. La trasmissione all’aperto era incredibilmente rara. Le nostre maschere di stoffa fatte con vecchie bandane non avrebbero fatto nulla, comunque. Ma il fatto è: non lo sapevamo.”
Oster tralascia completamente il fatto che l’inutilità delle mascherine all’aperto era stata sollevata già dalle prime fasi del Covid da vari esperti, che sono stati silenziati e screditati. L’articolo menziona “scelte importanti che dovevamo fare in condizioni di tremenda incertezza”, tra quelle sbagliate Oster cita la chiusura delle scuole: “C’è un consenso emergente (se non universale) sul fatto che le scuole negli Stati Uniti siano rimaste chiuse per troppo tempo: i rischi per la salute della diffusione nelle scuole erano relativamente bassi, mentre i costi per il benessere degli studenti e il progresso educativo erano alti”.
I vaccini e gli scienziati che preferivano Johnson&Johnson
Ovviamente non può mancare un riferimento ai vaccini: “Quando sono usciti i vaccini, non avevamo dati definitivi sull’efficacia relativa del vaccino Johnson & Johnson rispetto alle opzioni mRNA di Pfizer e Moderna. I vaccini mRNA hanno vinto . Ma a quel tempo, molte persone nella salute pubblica erano neutrali o esprimevano una preferenza per J&J. Questo passo falso era il risultato dell’incertezza”, scrive l’autrice dell’articolo.
E poi l’errore di aver chiuso le spiagge nella contea di Los Angeles, di aver portato le persone a trascurare la propria salute in ragione dell’emergenza, la criminalizzazione degli studenti e dei giovani come gruppo che diffonde il virus.
La pacificazione: “Perdoniamoci con un’amnistia”
Alla fine Oster propone una specie di pacificazione che chiama “amnistia pandemica”, riconoscendo il fatto che la questione covid abbia generato una spaccatura nella comunità scientifica. “Riconosciamo di aver fatto scelte complicate di fronte a una profonda incertezza, quindi cerchiamo di lavorare insieme per ricostruire e andare avanti. Dobbiamo imparare dai nostri errori e poi lasciarli andare“. Dietro queste parole c’è la consapevolezza di tutto ciò che di inutile e sbagliato è stato imposto per contenere il contagio, senza successo.
C’è anche una velata ammissione che qualcuno, nella platea di medici ed esperti, aveva un’opinione contraria che è stata inascoltata e poi si è rivelata corretta. In sostanza dietro questo articolo del The Atlantic si cela una piena coscienza, se non proprio un timore, del fatto che qualcuno potrà o dovrà pagare per gli errori commessi ai danni dei cittadini. E allora si chiede un’amnistia.
L’amnistia in gergo giuridico è una causa di estinzione del reato, e chi la chiede non può che essere al corrente del fatto che almeno un reato sia stato commesso. Allora viene spontaneo chiedersi: sarà mica un tentativo per mettere le mani avanti in vista di qualche provvedimento giudiziario sulla gestione del Covid?
https://www.byoblu.com/ 4/11/2022
NO ALLA PACIFICAZIONE NAZIONALE POST-COVID!
Lettera aperta di Francesco Benozzo e Luca Marini sulle misure di “pacificazione” post-Covid iniziate dal governo
La volontà di pacificazione nazionale post-Covid è auspicata in questi giorni da più parti ed è, di fatto, sostenuta dal nuovo governo.
Come sempre, il mondo accademico non perde occasione per piegarsi al (mutato) vento che tira e lo fa utilizzando gli strumenti che gli sono propri.
Ecco dunque annunciarsi in pompa magna il primo convegno universitario in grado di promuovere un approccio pluralista alla gestione del Covid, organizzato dal Politecnico di Torino per il 21-25 novembre 2022 (dal titolo soporifero: “Poli-Covid-22. Salute, scienza e società alla prova della pandemia”), che in realtà altro non è che un convegno-trappola, uno specchietto per le allodole, una cortina di fumo dietro la quale si cela la volontà citata in apertura.
Un convegno sul Covid, soprattutto dopo le ammissioni con cui Pfizer ha alzato il velo sulla montagna di menzogne poste a fondamento della cosiddetta campagna vaccinale e dell’abietto strumento di controllo sociale denominato Green Pass, avrebbe dovuto limitarsi a fare una cosa sola: condannare senza mezzi termini una sperimentazione di massa che ha calpestato impunemente ogni garanzia di natura bioetica e biogiuridica, dal principio di precauzione a quello di consenso informato; che ha stravolto i capisaldi normativi della sperimentazione clinica di medicinale sul presupposto che la “velocità della scienza” richieda e giustifichi l’immissione in commercio, senza inutili esitazioni, di farmaci dagli effetti totalmente sconosciuti; che ha presentato come innovativi e vincenti approcci farmacologici rischiosi e inquietanti perché fondati sulla modificazione del DNA umano tramite l’impiego dell’RNA messaggero; che ha svilito diritti e libertà fondamentali al rango di graziose concessioni governative; e che ha rafforzato la deriva transumanista e neomalthusiana promossa dalle forze mercantiliste e globaliste che prosperano all’ombra
dell’Unione europea.
Invece di prendere aperta posizione contro la grande truffa del Covid e stigmatizzare le dinamiche e gli attori che si muovono dietro di essa, il convegno di Torino, in nome di un malinteso senso di pluralismo, promuove con convinzione quasi toccante il confronto tra le evidenze scientifiche che hanno promosso o avallato la scellerata campagna vaccinale e quelle che hanno messo in luce rischi, effetti avversi e danni collegati e conseguenti all’immissione in commercio del cosiddetto vaccino.
Ora, se anche per pura ipotesi le evidenze scientifiche diverse da quelle ufficiali bucassero per un momento il muro d’omertà costruito dai media mainstream e se anche da un confronto siffatto dovesse mai uscire una nuova e diversa sensibilità sociale sull’argomento, il problema di fondo resterebbe comunque eluso e irrisolto: l’obbligo vaccinale e tutto ciò che ruota intorno a esso – comprese le politiche divisive degli italiani avallate più o meno consapevolmente dalle più alte cariche istituzionali dello Stato – non è e non è mai stato una problematica di natura scientifica, ma solo e soltanto una emergenza democratica e civile.
Non rendersi conto di questa lampante verità vuol dire, di fatto, finire per fare il gioco di chi ha pianificato, organizzato e gestito la più grave situazione di tensione sociale dall’avvento del fascismo in poi.
Stupisce, quindi, che tanti docenti ed esperti che in questi mesi si sono esposti pubblicamente contro la gestione del Covid abbiano accettato con tanto entusiasmo di prestarsi a fare da foglia di fico a un convegno così singolarmente concepito. Mancanza di visione strategica? Vanità personale? Routine accademica? Esigenze di rendicontazione scientifica?
Chissà. Eppure sono stati avvertiti a più riprese. Uno di noi due (Luca Marini), infatti, è stato coinvolto dal Politecnico di Torino nell’organizzazione del convegno fin dalle sue fasi iniziali – in qualità di componente del consiglio scientifico – e, a partire dalla riunione di insediamento di quest’ultimo (agosto 2022), non ha perso occasione per avvertire gli altri colleghi delle correnti “filo-vacciniste” che agitavano il consiglio medesimo e che hanno gradualmente favorito il coinvolgimento nel convegno dei rappresentanti di quegli organismi il cui operato, durante la cosiddetta pandemia, è stato quanto meno controverso: è ovvio il riferimento al Comitato Tecnico Scientifico.
E se anche i ripetuti warning lanciati nel corso dei lavori preparatori fossero passati inosservati, avrebbero forse dovuto destare maggiore attenzione le dimissioni che egli si è affrettato a presentare dopo l’esplicita censura di alcune proposte operative, giudicate eccessivamente garantiste dei diritti e delle libertà fondamentali perché confliggenti con l’auspicato “approccio win-win”.
Ma, del resto, sperare nella concreta solidarietà di colleghi la cui visibilità (e autorevolezza) è stata tutto sommato rafforzata dalle dimissioni in questione è come sperare che i viro-star ammettano pubblicamente di essersi sbagliati sulla bontà dei cosiddetti vaccini e chiedano scusa agli italiani, magari in diretta televisiva. Ciò che in fondo non fa che chiarire la portata del pluralismo perseguito dal convegno torinese e la coerenza di certe cooptazioni avvenute nell’ambito del suo consiglio scientifico.
L’altro di noi due (Francesco Benozzo), dopo essere stato invitato a parlare al convegno della gestione pandemica nel mondo universitario, ha proposto coerentemente con la propria posizione (essendo uno dei due docenti sospesi su 70.000 universitari) di parlare della propria situazione personale, del maltrattamento subito, della perdita del lavoro, del mobbing a cui è ancora sottoposto: gli è stato risposto che sarebbe stato preferibile parlare di situazioni generali, più funzionali al dibattito che gli organizzatori avevano pianificato. Ha dovuto pertanto rinunciare all’intervento, vista l’intromissione e la conseguente censura – del tutto irrituale per un convegno scientifico a cui si è stati invitati – su ciò che avrebbe detto.
C’è comunque da ammettere che, probabilmente, i colleghi rimasti in gioco hanno dimostrato di avere maggiore fiuto rispetto a chi scrive, visto che la parola d’ordine ormai imperante nell’Italia post-Covid è “pacificazione nazionale”.
Una pacificazione che, scoraggiando o impedendo inchieste e azioni giudiziarie (se non di facciata, come quella promossa a livello governativo), non farebbe altro che riportare in auge l’italico “chi ha avuto ha avuto” e far calare definitivamente la cortina dell’omertà e dell’impunità sui crimini e i misfatti commessi, ancora una volta, in nome della scienza.
Una pacificazione che, sia detto per inciso, gli aedi più irriducibili della narrazione pandemica si ostinano ad avversare, come dimostrano le dichiarazioni rese in questi giorni da presentatori, giornalisti, dirigenti d’azienda e sanitari, amministratori pubblici e privati, medici, politici, attrici e altre macchiette da salotto televisivo (pagati con i soldi di tutti i contribuenti, vaccinati o non vaccinati), che auspicano “spillette di identificazione” e “campi di rieducazione” per i medici “no-vax”; o di chi “rivendica il diritto di non entrare in contatto con chi non si è vaccinato”; o, ancora, le proposte di legge regionale che, in barba alle evidenze più palesi, si ostinano a mantenere o addirittura a reintrodurre obblighi vaccinali, mascherine, Green Pass e altre patetiche restrizioni.
Una pacificazione funzionale all’esigenza di mantenere celate, agli occhi del vasto pubblico, le relazioni organiche e funzionali tra le élite finanziarie transnazionali, da una parte, e i circuiti scientifici, accademici, tecnologici, produttivi, industriali, commerciali, culturali, mediatici e politici, dall’altra.
Una pacificazione in grado di favorire, se accettata acriticamente anche dai rappresentanti del pensiero critico, il consolidamento e l’estensione dei “metodi Covid” alle nuove emergenze in atto, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica a quella climatica.
Va bene che l’Italia è il Paese dei voltagabbana, dei 25 luglio permanenti, delle inani commissioni di epurazione, delle amnistie in grado di trasformare in un sol colpo tutti i gerarchi fascisti in pacifici democristiani e tutti i GUF universitari in convinti intellettuali di sinistra, degli “armadi della vergogna” girati contro il muro degli scantinati ministeriali per occultare crimini di guerra e altre mostruosità.
Ma la pacificazione nazionale post-Covid, no.
Checché ne dica il nuovo governo in carica (e sarebbe curioso sapere cosa ne pensano i suoi elettori), non può esserci pacificazione nazionale, né può esserci perdono, per chi ha promosso o avallato affermazioni come:
– Non ti vaccini, ti ammali, muori (M. Draghi);
– Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile (S. Feltri);
– Penso che lo Stato prima o poi dovrà prendere per il collo alcune persone per farle vaccinare (L. Annunziata);
– I rider devono sputare nel loro cibo (D. Parenzo);
– Serve Bava Beccaris, vanno sfamati col piombo (G. Cazzola);
– Prego Dio affinché i non vaccinati si infettino tra loro e muoiano velocemente (G. Spano).
Non può esserci pacificazione, né perdono, per chi ha concepito, proposto e gestito strategie e strumenti abietti come la “tachipirina e vigile attesa”, l’obbligo vaccinale e il Green Pass.
E il convegno di Torino, con il suo pluralismo cerchiobottista, dovrà rendere conto anche di questo.
Ci auguriamo che tra il 21 e il 25 novembre 2022 qualcuno tra i partecipanti al convegno trovi il coraggio per chiedere scusa a tutti gli italiani per il male che è stato fatto loro: ciò che comunque non costituirà una esimente delle responsabilità civili e penali che – è il nostro auspicio – presto o tardi saranno accertate in sede internazionale.
Bologna-Roma, 1° novembre 2022
Francesco Benozzo, Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”
Luca Marini, Sapienza Università di Roma
In https://comedonchisciotte.org/ 3/11/2022
Comunicato stampa del Comitato nazionale familiari vittime del Covid che annuncia la mobilitazione del 19 novembre a Roma, presso Piazza Madonna di Loreto.
COMITATO NAZIONALE FAMILIARI VITTIME DEL COVID: “IN PIAZZA A ROMA PER I NOSTRI MARTIRI”
IL 19 NOVEMBRE PER LA PRIMA VOLTA I FAMILIARI DELLE VITTIME DEL COVID SCENDONO IN PIAZZA A ROMA IN PIAZZA MADONNA DI LORETO CON UNA MANIFESTAZIONE INTITOLATA #ONELOVE19NOVEMBRE
“L’essere umano è fragile e vulnerabile, e vive in una relazione di cura in ogni momento della sua vita. In questo senso, la cura è il grado zero della nostra umanità, la possibilità stessa di esistere” (Monia Andreani).
Apriamo questo comunicato con le parole di una filosofa, ma soprattutto una grande persona, scomparsa anche lei troppo presto. Lo facciamo perché in queste poche parole è riassunto tutto il nostro pensiero.
In tanti ci hanno detto: “solo ora scendete in piazza?”. Oppure ci hanno chiesto: “chi ci sarà?” (come se fosse un evento o un concerto).
Quando perdi un affetto caro, carissimo, senza la possibilità di assisterlo, senza la possibilità di dargli l’ultimo saluto, senza poter vedere il suo corpo, beh quando ti succede una tragedia del genere, è difficile rialzarti, e non importa che il tuo caro avesse 90 o 30 anni, non importa se ne hai perso uno o due, o tre, il lutto, come la malattia non ha protocolli perché non siamo macchine costruite in serie ma esseri umani con una coscienza, un’anima, un amore che alle volte è più forte di ogni medicina e di ogni psicofarmaco.
E quindi sì one love, one love inteso come l’amore che proviamo per i nostri cari e l’amore che ci ha salvato dalla perdita dei nostri cari, l’amore che ci lega l’un l’altro e che ci ha permesso di sopravvivere fino ad ora.
Ecco, scendiamo in piazza solo ora perché fino ad ora siamo stati troppo impegnati a sopravvivere e a cercare di capire perché? Perché io ho perso di covid mia madre che era entrata in ospedale per un’ustione alla mano nell’aprile 2021, perché Teresa ha perso il marito Ciro di 50 anni dopo che era stato dichiarato praticamente guarito, perché Francesca ha perso il suo Francesco, un ragazzo sano di 38 anni lasciato a casa ad aspettare cosa? La morte? E perché lo stato, dopo quello che ci è successo non mi ha telefonato per chiedermi se avessi bisogno; perché lo stato non ha riconosciuto la malattia professionale per Ciro e Teresa si trova a dover crescere un ragazzino di 14 anni con una pensione di reversibilità di 538euro? Perché Gabriele e Georgia dovranno crescere senza il papà, quando sarebbe bastato un intervento più tempestivo per salvarlo?
I perché a queste domande non li abbiamo trovati, abbiamo allora cercato di chiederli a chi potesse darceli (Regioni, Parlamentari, Istituzioni) ma non abbiamo trovato queste risposte. Abbiamo allora chiesto aiuto alla stampa, che, di norma, dovrebbe dare voce a chi voce non ha, ma la stampa e i media in generale non ci hanno ritenuto notiziabili (fortunatamente quella che viene chiamata controinformazione e che io chiamo informazione libera ci ha dato ampio spazio).
Abbiamo quindi chiesto ai vip di farsi portavoce delle nostre richieste ma anche loro ci hanno ignorato probabilmente per motivi di opportunismo dato che la maggior parte di loro lavora grazie allo stato, così come le organizzazioni no profit tipo Amnesty, Emergency e così via, anche loro ci hanno ignorato, nonostante avessimo presentato loro un corposo dossier che meritava quantomeno un approfondimento.
Abbiamo allora pensato che l’unica soluzione per uscire dall’invisibilità e dal deserto affettivo che si è creato attorno a noi sia la piazza. Saremo pochi, molti sono ancora piegati dal dolore, molti non escono più di casa, molti si sono suicidati, molti sono risucchiati da depressioni reattive che si stanno cronicizzando, ma c’è un nucleo di donne coraggiose che quelle risposte le vuole sempre più, con sempre maggior determinazione e, nonostante non sia una bella notizia, cresciamo di giorno in giorno, di mese, in mese, cresciamo in numero e in consapevolezza, e sono tutte donne, donne come le coraggiose madri di Plaza de Mayo che per anni manifestarono ogni giovedì per reclamare i corpi dei propri figli scomparsi nelle acque dell’oceano. Come quelle madri noi manifesteremo ogni mese per reclamare i corpi dei nostri cari, scomparsi nelle acque dell’oblio.
Sì, perché dopo i 30mila di Bergamo, sembra che gli oltre 150mila che sono seguiti non abbiano diritto neanche al ricordo, neanche ad una cerimonia degna di questo nome. E invece no, noi vogliamo le risposte a quei perché e vogliamo che venga ridata dignità a tutti quei poveri martiri che sono i veri eroi della pandemia e che vengono puntualmente dimenticati in ogni occasione.
Alla domanda su chi ci sarà rispondiamo che ci saremo noi, ed è un piccolo miracolo in Italia che un comitato nasca spontaneamente dall’iniziativa di una casalinga di Napoli e da un portiere di Perugia che, schiacciati dal dolore, riescono a mettere insieme gente comune legata da un grande dolore che piano piano si affievolisce parlando in chat con chi li comprende perché ti senti meno solo, meno “pazzo”, perché la tua narrazione coincide con quella dell’altro e non con quella accomodante e falsa che per anni il governo ha fatto trapelare attraverso i media. E allora è quasi terapeutico poterti aprire finalmente senza essere giudicato da amici e parenti che sono stanchi di sentir parlare di covid, per loro è andato tutto bene, per loro!
Per noi la parola COVID rimarrà tatuata sul cuore, impressa nel cervello, un incubo che rivivremo ogni giorno e che non potrà essere risarcito in alcun modo. Ma quei perché devono avere risposte vere e sincere, lo stato non può impedire alla magistratura di indagare su chi quel famoso amore di cui parliamo all’inizio non lo ha avuto nei confronti di degenti e morenti, quell’amore che ci è stato inutilmente negato di dare ai nostri cari e che tutt’ora viene negato.
In https://comedonchisciotte.org/ 4/11/2022
Sono sufficienti i dati di questa attualissima tabella per rifiutare qualsiasi pacificazione? Sono sufficienti per essere indignati? No?
Per concludere questo articolo complessivo ricordiamo una strofa del SALMO 85 su cui invitiamo tutti, laici o credenti religiosi, a riflettere bene:
Misericordia e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.
ANNO III DEL REGIME SANITARIO-ECOLOGICO-DIGITALE
Tanti interventi e riflessioni fatte dai rappresentanti delle Liste Antisistema, che si sono presentate alle elezioni, li trovate nei sei GLR-NOTIZIE-VOTO, QUI.
Pur se sconfitti, le loro analisi rimangono preziosissime per continuare la Resistenza.
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Il sito di La PekoraNera riporta un prezioso elenco continuamente aggiornato di notizie su malori e morte improvvise, assolutamente in continuo aumento. I giornali citati nell’elenco quasi mai creano una correlazione tra vaccinazione e malori o morti improvvise.
Ma sappiamo ( o dovremmo sapere) che siamo sotto un regime sanitario, quindi… Comunque a voi leggere, sapere e riflettere.
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Raccolta di sospetti eventi avversi da “vaccini anti Covid-19”, in ordine cronologico, provenienti dalla stampa italiana e internazionale. Inseriti così come pubblicati in origine, anche in lingua originale non tradotta. Lista aggiornata continuamente.
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