Il 1 gennaio del 2003 muore a Montemagno (Lucca)

GIORGIO GABER

C’era un cantante che cantava chiaro e libero il suo pensiero. Un cantante scomodo, disturbatore della quiete grigia dell’uomo medio e mediocre. Un cantante che faceva pensare a come eravamo ridotti dopo anni di consumismo becero e di banalità e, quindi, a come erano ridotte la società, la politica, la libertà, la democrazia. Perchè una “democrazia” non può essere migliore degli uomini che la compongono.

C’era un cantante che prima del 1969, della strage di piazza Fontana a Milano, era un uomo di successo, un showmen del sabato sera, sempre in prima linea in televisione con Mina e tante altre showgirls. Un cantante che componeva canzoni gentili, orecchiabili, romantiche. Bravo, molto bravo. Poi dopo il 1969 questo cantante comincia a cambiare, sente che deve cantare altro, dire altro a un pubblico che viveva “ in un Paese orribilmente sporco” come diceva PASOLINI nel 1966.

C’era un cantante di successo che abbandona il successo e decide di girare teatri di periferia, piazze, borgate per cantare la presa di coscienza su cosa vuol dire essere liberi e non pensare di esserlo solo perchè uno fa quello che gli pare, schiavi di una libertà obbligatoria…. Dirà, questo cantante, nel 1982:

“Certe volte mi chiedo perché non me ne resto più tranquillo, perché non mi metto a scrivere cosette rasserenanti, magari gioiose. Poi mi guardo intorno, vedo che ci stiamo tutti abituando al grigiore, alla piattezza, alla rassegnazione, e mi accorgo che il mio compito, il mio lavoro, è quello di dire le cose che gli altri non dicono”.

Un cantante che inventa il “Teatro-canzone”, un teatro musicale, politico e civile, dove monologhi e straordinarie “canzoni” s’intrecciano in un caleidoscopio d’intelligenza, provocazione, ironia, drammaticità.

C’era un cantante i cui spettacoli erano lui al centro, il pubblico intorno e una scenografia vuota. E dentro quel vuoto c’era una cosa che ormai l’Italia aveva abbandonato da tempo: c’era il pensiero, il pensiero per combattere l’idiozia che a fatica ma risolutamente quasi tutti perseguivano come una conquista.

C’era un cantante scomodo, emarginato per sempre dalla RAI, dalle prime serate televisive, dai festival, solo, solo contro l’idiozia e la beceraggine sempre più imperanti. Un cantante che poneva al centro del suo teatro con la scena vuota, pieno di gente in ascolto assoluto, la libertà da riscoprire urgentemente, perentoriamente come partecipazione, come impegno, come senso critico soprattutto su se stessi e sulle proprie manie nascoste, le proprie ansie, le fisime, le fregole.

C’era un cantante che ti obbligava all’onestà intellettuale, a riscoprirti persona e non a continuare a vivere come una maschera, facendo finta di essere sano. Un cantante che non era facile accettare perchè era uno specchio che ti costringeva a vedere come eri veramente, dentro, senza finzioni.

Un cantante che denunciava i conformismi più nascosti e volgari e che infondeva la voglia d’indignarsi, la voglia di scendere in piazza, di condividere con altri indignati le idee, le scoperte fatte in quel teatro vuoto, il desiderio profondo di migliorarsi e migliorare un “Paese orribilmente sporco“.

C’era un cantante che nel 1975 raccolse, con il suo amico e straordinario collaboratore Sandro Luporini, l’eredità di Pasolini, la sua lucida analisi del genocidio culturale in corso dagli anni ’60 e la sua tragica denuncia dell’alienazione antropologica derivata dal nuovo fascismo consumistico. Un’eredità che disseminò in mille “canzoni” e monologhi.

Chi scrive era tra i giovani che dal 1972 lo ascoltavano in quei teatri vuoti-pieni e che tornava a casa meno stupido e più cosciente del dovere di essere uomo libero e coinvolto. Chi scrive, crescendo, incontrò varie volte questo cantante nei camerini, stremato dopo ore di spettacolo ma felice di aver aiutato a pensare. Lo incontrò per dirgli semplicemente grazie. Questo cantante era  (è) Giorgio Gaber. Si, grazie Gaber!

 

 

Monologo:  La democrazia di G. Gaber e S. Luporini  (1996)

Dopo anni di riflessione sulle molteplici possibilità che ha uno Stato di organizzarsi sono
arrivato alla conclusione che la democrazia è il sistema più democratico che ci
sia. Dunque, c’è la democrazia, la dittatura… e basta. Solo due. Credevo di più.
La dittatura in Italia c’è stata e chi l’ha vista sa cos’è, gli altri si devono
accontentare di aver visto solo la democrazia. Io, da quando mi ricordo, sono
sempre stato democratico, non per scelta, per nascita. Come uno che quando
nasce è cattolico, apostolico, romano. Cattolico pazienza, apostolico non so
cosa vuol dire, ma romano io?!…

D’altronde, diciamolo, come si fa oggi a non
essere democratici? Sul vocabolario c’è scritto che “democrazia”
significa “potere al popolo”.Sì, ma in che senso potere al popolo?
Come si fa? Questo sul vocabolario non c ‘è scritto. Però si sa che dal 1945,
dopo il famoso ventennio, il popolo italiano ha acquistato finalmente il
diritto al voto.

È nata così la “Democrazia rappresentativa” che dopo
alcune geniali modifiche fa sì che tu deleghi un partito che sceglie una
coalizione che sceglie un candidato che tu non sai chi è, e che tu deleghi a
rappresentarti per cinque anni, e che se lo incontri ti dice giustamente:
“Lei non sa chi sono io!”. Questo è il potere del popolo. Ma non è solo
questo. Ci sono delle forme ancora più partecipative.

Il referendum, per esempio, è una pratica di
“Democrazia diretta”… non tanto pratica, attraverso la quale tutti
possono esprimere il loro parere su tutto. Solo che se mia nonna deve decidere
sulla Variante di Valico Barberino- Roncobilaccio, ha effettivamente qualche
difficoltà. Anche perché è di Venezia. Per fortuna deve dire solo
“Sì” se vuol dire no, e “No” se vuol dire sì. In ogni caso
ha il 50% di probabilità di azzeccarla.

Ma il referendum ha più che altro un
valore folkloristico perché dopo aver discusso a lungo sul significato politico
dei risultati… tutto resta come prima e chi se ne frega. Un’altra
caratteristica fondamentale della democrazia è che si basa sul gioco delle
maggioranze e delle minoranze. Se dalle urne viene fuori il51 vinci, se viene
fuori il 49 perdi. Dipende tutto dai numeri. Come il gioco del Lotto. Con la
differenza che al gioco del Lotto, il popolo qualche volta vince, in
democrazia… mai!

E se viene fuori il 50 e 50? Ecco, questa è una
particolarità della nostra democrazia. Non c’è mai la governabilità. È
cominciato tutto nel 1948. Se si fanno bene i conti tra la Destra –DC,
liberali, monarchici, missini… – e la Sinistra – comunisti,socialisti,
socialdemocratici, ecc. – viene fuori un bel pareggio. Da allora è sempre stato
così, per anni! Eh no, adesso no, adesso è tutto diverso. Per forza: sono
spariti alcuni partiti, c’è stato un mezzo terremoto, le formazioni politiche
hanno cambiato nomi e leader.

Adesso… adesso non c’è più il 50% a destra e il
50% a sinistra. C’è il 50% al centro-destra e il 50% al centro-sinistra. Oppure
un 50 virgola talmente poco… che basta che uno abbia la diarrea che salta il
governo. Non c’è niente da fare. Sembra proprio che il popolo italiano non
voglia essere governato. E ha ragione. Ha paura che se vincono troppo quelli di
là, viene fuori una dittatura di Sinistra. Se vincono troppo quegli altri,
viene fuori una dittatura di Destra. La dittatura di Centro invece… quella
gli va bene. Auguri!!!

 

 

 

VEDI: IL CANCRO

Se questo è Gaber

Gaber 2016: cos'è destra o sinistra

"Far finta di essere sani": GIORGIO GABER


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