Dal 1978, i cattolici hanno visto apparire al balcone di San Pietro in Roma un papa giovane e sportivo, poi due settuagenari, uno cerebrale e l’altro vicino al popolo. Ogni volta hanno acclamato il pontefice con la medesima forza e hanno esultato per l’azione dei cardinali e dello Spirito Santo. Si sono estasiati davanti a un pontefice che mette in scena la sua agonia in diretta, poi davanti ad un altro che ha spiegato che, mancandogli le forze per reggere il pesante timone della Chiesa cattolica, preferiva ritirarsi. Alcuni giorni dopo, gli stessi si sono entusiasmati all’arrivo di un uomo di 76 anni, certo in forma, anche se privo di un polmone. Erano pronti ad acclamare un favorito di cui conoscevano il curriculum Vitae e hanno gridato di gioia per uno sconosciuto. Adorano le missioni papali ovunque nel mondo e approvano plebiscitariamente i settuagenari.
Esagerando un po’, si potrebbe dire che qualunque persona vestita di bianco fosse apparsa al balcone di San Pietro avrebbe immediatamente ottenuto l’assenso generale dei fedeli. A Parigi, un centro giovanile tenuto da religiosi ha invitato a seguire su uno schermo gigante la messa d’intronizzazione del «Papa buono Francesco». Il termine, che io sappia, è stato utilizzato recentemente solo per Giovanni XXIII, dopo che ha convocato un Concilio, parlato agli “uomini di buona volontà”, contribuito ad evitare una guerra (la crisi di Cuba) e scritto testi storici sulla pace e la giustizia. Come è possibile, nel giro di due o tre giorni, dire che papa Francesco è, o sarà, “buono”? Bisogna ammettere che i nostri cattolici francesi, banderuole compiacenti, in questo loro atteggiamento sono sostenuti dalla stampa, altrettanto estasiata. I media profani vanno matti per i riti e lo scenario di questa monarchia fuori tempo. Il fumo bianco, il segreto, le guardie svizzere, è tutto talmente desueto e simpatico! Soprattutto poi se l’eletto viene da un Paese esotico!
Le nostre televisioni sognano l’avvento dei nuovi papi, come si dilettano dei matrimoni dei principi. (…) State tranquilli, questi stessi media non tarderanno a trattare il fenomeno cattolico con sarcasmo e incompetenza, appena gli esperti saranno tornati a casa. E appena il papa dovrà pronunciarsi su argomenti che incontreranno un consenso meno unanime del suo amore per i poveri. Quanto alla stampa cattolica, è di una deferenza che meriterebbe a volte che si ritirasse la tessera di giornalista professionista ad alcuni. Le immagini proposte dell’“incontro con la stampa” del nuovo papa sabato 16 marzo sfioravano la caricatura. Ahimè, questa è la normale copertura mediatica in Vaticano.
Conoscete molti luoghi in cui dei giornalisti professionisti applaudono al suo arrivo la persona che li ha convocati, alzano per bene i loro i-phone per scattare delle foto (come ragazzini ad un concerto) e tornano a battere le mani all’uscita della star? Il tutto senza avere il diritto di porre alcuna domanda. Benvenuti nel mondo magico della stampa cattolica accreditata presso la Santa Sede. Invitato ad una radio a commentare in diretta l’arrivo del nuovo pontefice, mi sono sentito a disagio davanti allo stupore permanente dei miei confratelli. Domani, fratelli e sorelle, sarà bello, perché abbiamo un papa ornato di tutte le virtù! Uno sguardo più distaccato, più critico, in breve un po’ più professionale, sarebbe il benvenuto. E un atteggiamento così sarebbe anche un utile servizio alla Chiesa cattolica, che è purtroppo priva di specchio, eccetto quello della regina di Biancaneve.
Philippe Clanché in Témoignage chrétien, da Adista Notizie n. 13 2013