La Chiesa non deve tacere perché è in gioco l’ ethos politico. Non è la Chiesa ad essere in pericolo; è la natura stessa della politica e quindi della democrazia e, in ultima analisi, del costume sociale che sta alla base della democrazia. Lo mostrano diversi fenomeni e ne richiamo alcuni. 1) L’emergere di una certa defigurazione del primato del soggetto, che si traduce in un privilegio di fatto per chi sa rivendicare, con la forza del suo peso economico e sociale, i propri diritti individuali o di gruppo. Si tratta di un atteggiamento che contesta la funzione dello Stato nella tutela dei più deboli e alla fine mette a rischio lo stesso patto sociale che sottostà alla Costituzione, a vantaggio di assetti contrattuali più facili a piegarsi alle convenienze e alle maggioranze del momento.
2) La fortuna, nell’opinione pubblica e nel costume, di una logica decisionistica che non rispetta le esigenze di una paziente maturazione del consenso o che cerca di estorcerlo con il plebiscito generalizzato o si illude di operare col sondaggio dei desideri, semplificando la complessità della politica, dei suoi tempi e delle sue mediazioni. 3) Il farsi strada di un liberismo utilitaristico che non mette ordine nelle attese e nei bisogni secondo una gerarchia di valori, ma eleva il profitto e l’efficienza o la competitività a fine, subordinando ad essa le ragioni della solidarietà.
4) C’è un crescendo della politica fatta spettacolo, fatta scontro verbale accompagnato anche da minacce; una politica intesa come luogo del successo e palcoscenico di personaggi vincenti, che richiedono deleghe a governare non sulla base di programmi vagliati e credibili, bensì sulla base di promesse o prospettive generiche. 5) C’è, da ultimo, una logica della conflittualità che tutto intende nel quadro della relazione amico-nemico, dove con l’amico si ha tutto in comune, col nemico nulla. [...]
Ne segue un costume politico che non si confronta, che non cerca il dialogo in vista della verità, che intende il governare come pura decisione presa da chi ha la maggioranza e basta o come decisione affidata alle sorti emotive di un plebiscito. [...] Non è dunque questo un tempo di indifferenza, di silenzio, e neppure di distaccata neutralità o di tranquilla equidistanza. Non basta dire che non si è né l’uno né l’altro, per essere a posto; non è lecito pensare di poter scegliere indifferentemente, al momento opportuno, l’uno o l’altro a seconda dei vantaggi che vengono offerti. È questo un tempo in cui occorre aiutare a discernere la qualità morale insita non solo nelle singole scelte politiche, bensì anche nel modo generale di farle e nella concezione dell’agire politico che esse implicano. Non è in gioco la libertà della Chiesa, è in gioco la libertà dell’uomo; non è in gioco il futuro della Chiesa, è in gioco il futuro della democrazia.
Card. Carlo Maria Martini, C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare- 1995