RASSEGNA STAMPA

Non tutti si sono accorti che in Italia è accaduta una sorta di Rivoluzione d’Ottobre nella quale comunità di utenti in rete hanno assaltato ed espugnato il Palazzo d’Inverno delle competenze. La rivoluzione è scoppiata grazie alla miscela esplosiva di quattro ingredienti: l’enorme “ricchezza” digitale di cui quasi tutti oggi dispongono con un cellulare che consente l’accesso alla miniera di informazioni in rete, l’attivismo digitale e la capacità di usare i social per creare dal basso movimenti politici e d’opinione, la rabbia sociale per le difficoltà economiche del nostro Paese, combinata con una capacità di assorbimento ed elaborazione dell’informazione molto bassa (come è ovvio) per chi non ha le conoscenze di base nelle materie in questione. Leggi il resto di questo articolo »

Se il potere è del popolo, ma i cittadini che partecipano alla vita politica sono pochi, poco interessati e poco informati, i risultati del processo decisionale saranno deludenti per tutti.

Alle democrazie manca sempre qualcosa. È giusto così. Forse è persino meglio così perché nelle democrazie è possibile continuare a cercare quello che manca, spesso trovandolo. Democratico è quello che deve essere soggetto al controllo del popolo: governanti, rappresentanti, assemblee elettive, leggi, non, però, la burocrazia, le Forze Armate, la magistratura, le istituzioni scolastiche che debbono rispondere a criteri di efficienza ed efficacia, di conseguimento degli obiettivi decisi dai rappresentanti e dai governanti. Leggi il resto di questo articolo »

Ci si può sentire soli vivendo in compagnia di sessanta milioni di persone? È quanto sta accadendo agli italiani: una solitudine di massa, un sentimento collettivo d’esclusione, di lontananza rispetto alle vite degli altri, come se ciascuno fosse un’isola una boa che galleggia in mare aperto. La solitudine si diffonde tra gli adolescenti, presso i quali cresce il fenomeno del ritiro sociale, altrimenti detto hikikomori. Diventa una prigione per gli anziani, la cui unica compagna è quasi sempre la tv. Infine sommerge come un’onda ogni  generazione, ogni ceto sociale, ogni contrada del nostro territorio. Leggi il resto di questo articolo »

La lunga intervista rilasciata da Davide Casaleggio al quotidiano La Verità ben merita un commento e sono quindi grato al Fatto Quotidiano di avermene dato l’opportunità. Poiché a detta del New York Times il presidente della Associazione Rousseau ed erede della Casaleggio Associati sarebbe oggi uno degli uomini più potenti d’Italia, posso solo augurarmi che sappia apprezzare la franchezza! Del resto la discussione serve a comprendere il processo di cambiamento storico-politico che stiamo vivendo e che, concordo con C. non ha precedenti storici e ci obbliga a ripensare con grande umiltà tutte le nostre categorie di riferimento. Leggi il resto di questo articolo »

Votare. In un sistema nel quale si potesse rispondere unicamente con un Si o con un No, sarebbero le domande delle “èlite” a contare più delle risposte del “popolo”.

Sono sempre più numerosi quanti in Italia affermano che la democrazia rappresentativa è in crisi. Tale crisi viene equata con la crisi dei partiti tradizionali e considerata come ormai irreversibile. A questa superficiale diagnosi si accompagna sempre più spesso l’indicazione dei meriti della democrazia diretta, ove il credo democratico dell’one man-one vote sarebbe sarebbe finalmente pienamente realizzato senza l’intervento distorsivo di organizzazioni intermedie e di elites tali non per maggiore competenza  ma per effetto di oscure manipolazioni (i “poteri forti”), e che con la loro stessa esistenza contraddirebbero l’eguaglianza assunta a principio unico della democrazia. Leggi il resto di questo articolo »

Gli strumenti elettronici in aula andrebbero proibiti. La lezione universitaria è un’arte molto semplice: una persona parla e gli altri ascoltano con un atteggiamento attivo e una partecipazione attenta

Ho raccontato a ottimi colleghi italiani che da qualche anno proibisco l’uso di cellulari, tablet e computer agli studenti che seguono le mie lezioni. Io stesso non utilizzo strumenti elettronici in aula se non per proiettare immagini indispensabili alla lezione. Ovviamente accade che ci siano casi eccezionali, ma eccezionali, appunto. Se uno studente trasgredisce la regola, tolgo un punto nella valutazione finale; se trasgredisce una seconda volta lo espello dall’aula. Leggi il resto di questo articolo »

I leader dell’attuale governo italiano sono orgogliosi di definirsi “populisti”. Non sono gli unici a rivendicare quel titolo. Il populismo è in ascesa ovunque. Nel 2017, il Cambridge Dictionary lo definì la parola dell’anno. Eppure non c’è un consenso sulle cause che lo hanno generato e diffuso.

Per alcuni, il populismo ha dato voce all’ansia economica prodotta dal processo di globalizzazione in settori della popolazione penalizzati da quest’ultima. Per altri, è stato la reazione alla messa in discussione delle identità culturali tradizionali da parte delle innovazioni indotte dal processo di globalizzazione. Per altri ancora, è nato dalla frustrazione di una globalizzazione che ha reso i governi nazionali responsabili verso i mercati internazionali piuttosto che verso i loro elettorati domestici. Leggi il resto di questo articolo »

” A cosa servono oggi i partiti, quando ogni singolo è esso stesso un partito, quando le ideologie che una volta costituivano un orizzonte politico si disgregano in un’infinità di opinioni personali? Fino a che punto la democrazia è pensabile senza discorso?”

Byang-Chul Han,  in  Nello Sciame, 2015

 

 

“Io, apocalittico contro gli integrati di internet”

Il filosofo tedesco-sud coreano sugli eccessi della Rete: “Quando tutto diventa così aperto anche la politica e la rappresentanza si riducono a chiacchiericcio”

LA folla che tante conquiste ha ottenuto in passato oggi è soltanto uno sterile sciame. Il mondo virtuale ha perso ogni distanza e quindi rispetto. L’anonimato e la trasparenza sul web sono un male assoluto. La cultura della “condivisione” è la commercializzazione radicale della nostra vita. Internet non unisce, ma divide. Genera un venefico narcisismo digitale. La sua estrema personalizzazione restringe, paradossalmente, i nostri orizzonti. E divora le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa. Leggi il resto di questo articolo »

Facciamo nostra la lezione di Pasolini: in un momento politico così difficile dobbiamo insegnare ai nostri figli i valori fondamentali della comunità. Rovesciando le prospettive.

Come insegnare ai più giovani quei valori fondamentali che sono la tolleranza e il senso della comunità? Come trasmettere quei valori che non possono essere “insegnati” allo stesso modo della data della battaglia di Lepanto o della formula del nitrato di calcio?

La tolleranza, l’amicizia, la democrazia, per essere insegnate, devono infatti essere agite, vissute. La tolleranza non è qualcosa che si può insegnare dicendo semplicemente “siate tolleranti”, o accontentandosi di mostrare, durante l’ora di storia, quanto certi personaggi siano stati intolleranti e malvagi nel recente passato. Lo stesso vale per il senso della comunità: non si può “insegnarlo” senza il coraggio e la voglia di esserlo quotidianamente nella propria carne viva. Leggi il resto di questo articolo »

Lettera dall’Europa

Si sono ritrovati, come ogni anno, anche in questo inizio d’estate del 2018. È la decima volta, quasi non credono ai loro occhi. Dieci anni che si riuniscono in un paesino italiano, legati dall’ammirazione per Leopold Unger, alias Pol Mathil, il grande giornalista polacco scomparso che amavano tanto e la cui penna ha lavorato da Bruxelles a Varsavia per The Herald Tribune, Le Soir, Gazeta Wyborcza o Radio Free Europe. Leggi il resto di questo articolo »

Un rapporto dell’Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr) mostra che alla fine del 2015 il numero totale di rifugiati nel mondo raggiunse la cifra di circa 65 milioni, con un’impennata rispetto agli anni precedenti. Tre fattori aiutano a spiegare questo fenomeno: le guerre e i conflitti in vari Paesi del Medio Oriente e dell’Africa; la crescita della popolazione (del 16% dal 2000 al 2017); e quel che la sociologa americana Saskia Sassen ha definito la “perdita di controllo” da parte degli Stati sui loro Paesi. Leggi il resto di questo articolo »

Pare incredibile ma sopravvivono ancora, annidate in remote foreste e rovine, sparute tribù di Ingenui, che senza nulla sospettare della modernità e del progresso coltivano idee arcaiche e risibili. Credono che la storia serva a capire la differenza tra fascismo e Resistenza o fra dittature e democrazie; o in che cosa la Rivoluzione francese cambiò il mondo, o fin dove giunse l’Impero Romano. C’è perfino chi ritiene che studiare filosofia significhi leggere Platone o Kant; che la matematica vada intesa come supremo strumento di conoscenza e di analisi del mondo e del pensiero. E così via, di superstizione in superstizione. Leggi il resto di questo articolo »

Prendetevi tutti i canti popolari di identificazione e di orgoglio che hanno a che fare con la solidarietà. Il popolo è sempre uno. Quale popolo? È il popolo di cui fai parte tu e di cui facciamo parte tutti. L’umanità è una sola. Persino se ci sono confini (nella mente di alcuni le condizioni del mondo sono ancora arretrate), la gente di là è la stessa della gente di qua. È il popolo, che vuole pace, giustizia e – quando c’è un po’ di smobilitazione dalla celebrazione del popolo in quanto luogo giusto per proteggere ed essere protetti – fare l’amore. Leggi il resto di questo articolo »

Una guerra civile incruenta per tutto ciò che non riguarda i nervi, il tempo perso e l’avvelenamento del clima emotivo sta incendiando l’Italia. È la rissa che i sostenitori delle opposte fazioni politiche ingaggiano ogni giorno sui social network. Non mi riferisco a chi siede in Parlamento o ai professionisti dell’informazione. Sono i comuni cittadini a darsele di santa ragione. Insulti, linciaggi, accuse, colpi bassi. Leggi il resto di questo articolo »

Il richiamo a Simone Weil fatto dal ministro Salvini durante il suo discorso di domenica a Pontida è frutto di un uso perverso e mistificatorio del linguaggio dei doveri e di un’evidente ed inaccettabile manipolazione del pensiero di una delle più grandi pensatrici del Novecento. Quando Simone Weil, nella sua opera L’enracinement, parlava della priorità dei doveri sui diritti si riferiva al fatto che solo i doveri hanno la capacità di garantire i diritti, i quali altrimenti hanno bisogno della forza per essere attuati. Leggi il resto di questo articolo »

Orrendo, grottesco, cieco, irresponsabile, meschino: trovatelo voi l’aggettivo più adatto a definire il comportamento dell’Europa verso l’Africa, in questi giorni. E parlo dell’Europa tutta, non solo del nostro ridicolo Conte (che peraltro segue la strada di Minniti): parlo dei supponenti Macron e Merkel, dei fascistoidi di Visegrad, degli eleganti nordici.

Parlo dell’Europa tutta che non si occupa di Africa ma di rifiutarne i migranti, che frigna per l’effetto fregandosene della causa, che si rimpalla al suo interno esseri umani – prendili tu, no prendili tu! – con lo stesso cinismo con cui cent’anni fa si spartiva la loro terra – la prendo io, no la prendo io! – e come ancora adesso se ne spartisce le risorse naturali, i contratti, le dighe, l’import di armi, i giacimenti, gli appalti – li prendo io, no li prendo io! Leggi il resto di questo articolo »

Venerdì all’Angelus il Papa ha detto che il Maligno è sempre al lavoro. Era la mattina dopo la squallida notte del summit europeo e aveva tutte le ragioni di dirlo. In quella notte l’Italia, che aveva sempre salvato i profughi, tentava un patto di ferro con coloro che li hanno sempre lasciati morire. L’Italia è stata respinta perché non ha ancora chiuso davvero le frontiere come invocano da tempo le migliori figure italiane ed europee della storia contemporanea. Leggi il resto di questo articolo »

L’antipolitica trionfa, si diffonde allegramente in un Paese anarcoide come il nostro. L’antipolitica, che vorrebbe essere una specie di smacchiatore della coscienza pubblica, si sta trasformando in odio e disprezzo per le istituzioni. Un odio pericolosissimo, perché le istituzioni servono per garantire la democrazia.

Dove le istituzioni e le leggi non funzionano, dominano i più ricchi e i più potenti. Molti, in buona fede, e spinti da una sincera indignazione contro i guasti della politica, hanno pensato che, distruggendo le istituzioni si poteva ricominciare tutto da capo e con purezza. Leggi il resto di questo articolo »

Mentre a Roma il professor Conte faceva il suo discorso di investitura alle Camere e riceveva il sostegno di una coalizione giallo-verde e un poco nera, a Madrid nasceva il nuovo governo a guida socialista (primo in Europa con una maggioranza di ministre) dopo le dimissioni del conservatore Rajoy, sfiduciato dal Parlamento dopo una sentenza per corruzione che ha coinvolto il suo partito. Sánchez, il leader socialista del nuovo governo spagnolo, ha rifiutato di giurare sulla Bibbia. Leggi il resto di questo articolo »

M5S-Lega. Sono andati in pezzi i modi in cui si sono formate tutte le nostre categorie politiche, le identità, dalla destra alla sinistra

Da oggi, come si suol dire, «le chiacchiere stanno a zero». Nel senso che le nostre parole (da sole) non ci basteranno più. D’ora in poi dovremo metterci in gioco più direttamente, più “di persona”: imparare a fare le guide alpine al Monginevro, i passeur sui sentieri di Biamonti nell’entroterra di Ventimiglia, ad accogliere e rifocillare persone in fuga da paura e fame, a presidiare campi rom minacciati dalle ruspe. Perché saranno loro, soprattutto loro – non gli ultimi, quelli che stanno sotto gli ultimi – le prime e vere vittime di questo governo che (forse) nasce.

Dovremmo anche piantarla con le geremiadi su quanto siano sporchi brutti e cattivi i nuovi padroni che battono a palazzo. Quanto “di destra”. O “sovranisti”. Forse fascisti. O all’opposto “neo-liberisti”. Troppo anti-europeisti. O viceversa troppo poco, o solo fintamente. Leggi il resto di questo articolo »

“I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei premi Nobel”.

(dal discorso di Umberto Eco all’Università di Torino, in occasione della laurea honoris causa in Comunicazione e Culture dei media – 11 giugno 2015)

Popolo e populismo. Pur avendo la stessa radice, i due termini al giorno d’oggi – in Italia e in tutto l’Occidente – stanno diventando antitetici. Dall’America di Donald Trump fino alla nostra povera Europa, insidiata dai nazionalismi e dai sovranismi, il populismo è ormai sinonimo di anti-sistema, anti-establishment, anti-élite. E rischia di degenerare perciò nel ribellismo, nell’autarchia o in quella che con un ambiguo neologismo si chiama “democratura”. Ovvero, nell’ossimoro della “democrazia autoritaria”. Leggi il resto di questo articolo »

C’è una generazione di bulli maleducati, ma la colpa è nostra. Perchè abbiamo paura di pronunciare una parola: autorità

Scenetta n. 1
Siamo in un bar molto elegante, un caffè storico nel centro di una grande città. Divanetti e poltroncine di velluto, boiserie, specchi, tappeti, e gran carrelli di dolci e salatini. Camerieri in livrea. Le cinque del pomeriggio. Entra una giovane coppia con bambino, sui quattro anni. Molto carino, riccioli biondi, camicia a quadri, jeans. Si siedono a un tavolino, sorridenti. Loro, si siedono, i genitori. Il bambino no. Il bambino si allunga, si sdraia, si divincola, si contorce, sul divanetto e poi per terra, dove comincia a strisciare, va sotto le sedie, ne esce, si mette a correre tra i carrelli, urla, saltella, sbraita. Mamma e papà si alzano a turno, cercando di riprenderlo, domarlo, acquietarlo. Alla fine, in due, lo riportano al tavolino, ma non riescono a farlo sedere. Il bambino ricomincia a sdraiarsi, strisciarsi, scivolare… Leggi il resto di questo articolo »

La tomba di Pasolini e della madre, cimitero di Casarsa (Pordenone)

A Casarsa, il paese di Pasolini, paese tutto nuovo, la cosa più vecchia sono le vigne intorno al paese. Il Friuli è antico solo nelle ossa dei suoi contadini, il resto è villetta, capannone, traffico di gente che lavora, ragazzi davanti a un bar col bicchiere in mano. Qui c’è tutta l’Italia com’è adesso, solo un poco più silenziosa, triste come un silenzio domenicale. Pasolini è nella sua tomba a fianco alla madre. Leggi il resto di questo articolo »

Ci muoviamo a tentoni, in una nebbia fitta di memorie sbagliate. E quando urtiamo chi, come noi, ha sbagliato strada, siamo pronti alla polemica ma non a rivedere il percorso. Quasi ogni notizia è notizia di un errore che si scontra con un errore opposto e simmetrico. Lungo il percorso, entrambi si rafforzano. Errori di ricordi, eventi, valori, cose in cui crede, cose da negare si moltiplicano e si negano a vicenda. Leggi il resto di questo articolo »

Non saprei dire quanti altri giovani della mia generazione misero in soffitta Karl Marx dopo aver letto l’articolo Esiste una teoria marxista dello Stato? che Norberto Bobbio pubblicò nel 1975 su Mondoperaio, e ripubblicò nel 1976 nel libro Quale socialismo?, ma sospetto siano stati molti.

La risposta di Bobbio era netta: negli scritti di Marx e di Friedrich Engels, “una vera e propria teoria socialistica dello Stato non esiste”. A nulla valsero le centinaia di pagine scritte dagli intellettuali ‘organici’, come si diceva allora, al Partito comunista per confutare Bobbio e salvare Marx. Se Marx non aveva fornito una teoria dello Stato, come poteva essere guida intellettuale di un partito che aspirava a guidare lo Stato democratico? Leggi il resto di questo articolo »

È finita – Un altro sintomo del nostro disfacimento: meglio marcire del tutto prima di ricominciare

Si moltiplicano gli episodi di studenti, in genere delle prime classi, cioè adolescenti o preadolescenti, che offendono, minacciano, picchiano, umiliano i loro professori. Ma anche di genitori che aggrediscono i docenti. Sono solo le manifestazioni più appariscenti di una questione che solo apparentemente riguarda la scuola e i giovani, o in particolare l’Italia, ma si innesta nella profonda decadenza del mondo occidentale, il suo lento e inesorabile marcire. Dove tout se tient. Leggi il resto di questo articolo »

I movimenti populisti nati in questo decennio di crisi hanno rivendicato una rappresentanza popolare al di là di destra e sinistra. Lo ha fatto Podemos e lo fa il M5S. Anche il centrosinistra ha flirtato con questo paradigma generalista. Ricordiamo la recensione di Matteo Renzi alla nuova edizione di Destra e sinistra di Norberto Bobbio del 2014, dove l’appena insediato presidente del Consiglio scrisse che la distinzione più aderente alla realtà era conservazione/ innovazione, non più destra e sinistra. Leggi il resto di questo articolo »

Si chiama «disintermediazione», ma ora nessuno appartiene più a niente. E scatta la ribellione. «Dicono che la Nazione sia un ferrovecchio e un’altra appartenenza viene meno»

Che abbaglio colossale abbiamo preso, noi che abbiamo inneggiato incantati alla modernità che ci avrebbe fatto più simili agli altri, ai Paesi più avanzati. L’abbiamo chiamata liberazione, ed era solitudine di massa. Emancipazione dalle appartenenze, dalle ideologie, dalle corporazioni, oppure, con termine gergale  più sofisticato, «disintermediazione», annullamento dei mille corpi intermedi che fanno da cuscinetto tra lo Stato e l’individuo. Leggi il resto di questo articolo »

L’essere umano porta con sé l’aspirazione alla libertà o la sua negazione? Esiste una spinta ad adorare il padrone?

Per Pasolini il “ nuovo fascismo” non aveva a che fare con le rinate organizzazioni fasciste dopo la fine della seconda guerra mondiale e la Liberazione, ma con il potere di plasmazione delle vite e delle coscienze che il nuovo “ sistema dei consumi” era riuscito a produrre dagli anni Sessanta in avanti.

Questa tesi generale — in sé forse discutibile — ha il merito di emancipare il fascismo dal problema della sua eventuale riorganizzazione politica — che secondo Pasolini era un fenomeno del tutto residuale — per ricondurlo a un grande tema antropologico: siamo così sicuri che gli esseri umani amino più la loro libertà delle loro catene? Leggi il resto di questo articolo »


Nel 52 a.C. Cicerone difende Tito Annio Milone, accusato di aver fatto uccidere Clodio. Cicerone sostiene che Milone ha agito per legittima difesa, in occasione di un’imboscata. Come provarlo? Fatto sta che, dopo l’omicidio, Milone si è recato tranquillamente a Roma affidandosi alle autorità «senza sensi di colpa, senza paure, senza tormenti di coscienza». Cicerone usa spesso l’argomento della «coscienza a posto» come indizio per provare che l’accusato è innocente. Alla fine della carriera di avvocato, Cicerone affronta il tema dell’infallibilità del «tribunale della coscienza». Leggi il resto di questo articolo »

Nel 1994, quando Berlusconi arrivò in politica e vinse, con lui era sceso in campo il ceto medio, il mondo delle partite Iva, la piccola imprenditoria, vogliosi di mettersi in proprio e di costruirsi una loro proiezione pubblica, diventando protagonisti. Era una specie di istinto di classe (difensivo e aggressivo nello stesso tempo) che si faceva partito, prendendo forma politica e cambiando il paesaggio dell’intero sistema. Ventiquattro anni dopo non c’è un blocco sociale che porta i suoi interessi dentro il gioco istituzionale, non c’è un ceto che aspira alla guida della cosa pubblica. Quella che è in atto è una cosa diversa: una grande sostituzione. Leggi il resto di questo articolo »

Oltre alle promesse di politiche assistenziali, sul voto meridionale ha pesato la sfiducia (giustificata) verso i potentati politici tradizionali

Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni politiche in Italia? È fin troppo chiaro e le percentuali sono sotto gli occhi di tutti, quindi non partirei dai numeri per raccontare cosa questo voto significhi. Preferisco partire da quella parte di Italia dove spesso le cose si riescono a leggere in maniera più chiara, quella parte di Italia che meno è entrata in questa campagna elettorale e che meno entra in tutte le campagne elettorali ormai da moltissimo tempo.

Quella parte di Italia dove le forze politiche amano dragare voti, ma che, finché possono, evitano come la peste. Partiamo dal Sud Italia che ci siamo abituati a considerare feudo di Berlusconi e, allo stesso tempo, sede di un forte consenso al Partito democratico retto da ras locali che per decenni hanno assicurato valanghe di voti. Leggi il resto di questo articolo »

Oggi nessuno vuole più rispondere di nulla ma chi scarica sugli altri ogni fardello nei fatti si dichiara sostituibile e superfluo

«Non ne rispondo io — mi spiace». «Che si assuma la responsabilità chi di dovere!». «Sarà il caso di passare la palla ad altri». Quante volte al giorno capita di ascoltare frasi del genere? O persino di pronunciarle? Sfuggire alla responsabilità è una prassi diffusa nella vita privata come nella sfera pubblica.

Dai piccoli gesti della quotidianità ai rapporti affettivi, dai legami sociali all’agire politico: non c’è ambito che non sia pervaso da una rinuncia sistematica alle risposte che ciascuno è chiamato a dare. E la rinuncia finisce per volgersi in vera abdicazione là dove le responsabilità aumentano. Leggi il resto di questo articolo »

Gli italiani non si sentono una comunità. L’unica idea sensata, nell’arena del delirio politico sugli immigrati, l’ha lanciata il presidente Mattarella. In fondo a tante polemiche, uno capisce che in Italia ogni discorso razionale sull’immigrazione svanisce di fronte al fantasma della paura. Un gruppo di mendicanti rom in piazza, un capannello di venditori africani, tre pusher stranieri che rubano il lavoro agli spacciatori italiani: basta tanto così nella sterminata provincia, nei paesi nel Piacentino o del Veronese o a Macerata, per sentirsi invasi. Leggi il resto di questo articolo »

Quello che è successo a Macerata era nell’aria da tempo. Ma nessuno avrebbe potuto immaginarne una portata simbolica così dirompente. Il saluto romano, il tatuaggio nazista, il monumento ai caduti, il tricolore: una scenografia studiata per rileggere tutta la nostra storia nazionale all’insegna del fascismo mussoliniano e indicare nel razzismo e nella violenza i valori di fondo della nostra comunità. Quel tricolore indossato come un mantello a coprire i risvolti più tremendi di un gesto disgustoso suona come una chiamata alle armi, quasi che su quella bandiera ci fosse ancora lo stemma sabaudo o il fascio di Salò. Leggi il resto di questo articolo »

La proposta di Liberi e Uguali di abolire le tasse universitarie non sarebbe difficile da comprendere e da far propria se noi italiani, oltre a vivere e usufruire dei benefici che la Repubblica ci garantisce, fossimo anche repubblicani.

L’educazione è, per chi ama la repubblica e ne comprende appieno il significato, diritto inalienabile della persona umana come il lavoro, la salute, la sicurezza. Noi lottiamo perché ciascuno abbia il diritto di usufruire di cure adeguate e di buona qualità (mai ci è passato per la mente di dire che chi è ricco non deve usufruire della sanità pubblica o del medico di base). Leggi il resto di questo articolo »

Victor Hugo, davanti all’Assemblea costituente francese del 1848, spiegò: “Io dico, signori, che le riduzioni proposte sul bilancio delle scienze, delle lettere e delle arti, sono negative per due motivi. Sono insignificanti dal punto di vista finanziario e dannose da tutti gli altri punti di vista”. Questa solenne affermazione – da cui ci seperano, inutilmente, 170 anni – ci è venuta in mente ieri leggendo un bel pezzo di Nicola Lagioia su Repubblica.

Siamo in campagna elettorale – scrive il direttore del Salone del libro di Torino – e tra le mille promesse non ce n’è una che riguardi il rilancio di quella che lui chiama “battaglia per la lettura”. E dire – prosegue – che molto si potrebbe fare per il libro, a cominciare dalle biblioteche (comprese quelle scolastiche per cui s’invoca l’introduzione di un bibliotecario in ogni istituto, come accade in diversi Paesi europei). Leggi il resto di questo articolo »

Con la sua dichiarazione che Pietro Grasso è di sinistra ed è un patriota (Repubblica 30 dicembre 2017), Pier Luigi Bersani ha pronunciato un bell’elogio che merita di essere approfondito. Sinistra e patriottismo sono tradizioni politiche e ideali che, nella nostra storia, in pochi casi hanno camminato insieme; spesso si sono guardate con reciproca diffidenza o apertamente combattute. La sinistra di ispirazione marxista e internazionalista ha sempre considerato il patriottismo una delle tante maschere che la borghesia ha indossato per ingannare il popolo, coprire i propri interessi, giustificare l’espansione coloniale; la sinistra di ispirazione cristiana lo ha giudicato un’ideologia che offende l’ideale della pace e della fratellanza dei popoli; la sinistra d’ispirazione illuministica lo ha disprezzato come una cultura rozza in contrasto con il cosmopolitismo illuminato dalla ragione. Leggi il resto di questo articolo »

Pesi e contrappesi – Senza “eguaglianza” e “solidarietà” la “libertà” non basta alla democrazia. Ecco perché oggi la Carta va attuata

La Costituzione ha settanta anni. E tutto quello che c’è stato di buono lo si deve a Lei. L’Italia usciva sconfitta dalla seconda guerra mondiale, che aveva distrutto tutto: case, ferrovie, ponti, fabbriche, strade e chi più ne ha più ne metta, con gli spietati bombardamenti a tappeto degli anglo americani (detti “gli alleati”, non nostri, evidentemente, ma tra loro). Ma per fortuna essa non riuscì a distruggere le possenti intelligenze dei nostri Padri costituenti, i quali compirono un vero miracolo (che gli incolti della cultura chiamano “compromesso”), ma che in realtà fu una “fusione” di tre principi che non possono vivere l’uno disgiunto dall’altro: la “libertà” (rappresentata dalle forze liberali), l’ “eguaglianza” (rappresentate dai social comunisti), la “solidarietà” (rappresentata dai democristiani). Leggi il resto di questo articolo »

Quando nel 1995 Christopher Lasch, l’autore del celebre volume “La cultura del narcisismo”, diede alle stampe un altro capitolo della sua indagine sulla società americana, “La rivolta delle élite” (ora ristampato opportunamente da Neri Pozza), pensò bene di dedicare un capitolo alla abolizione della vergogna. Lasch esaminava gli scritti di psicoanalisti e psicologi americani che avevano lavorato per eliminare quella che sembrava un deficit delle singole personalità individuali: la vergogna quale origine della scarsa stima di sé.

La pubblicistica delle scienze dell’anima vedeva in questo sentimento una delle ultime forme di patologia sociale, tanto da suggerire delle vere e proprie campagne per ridurre la vergogna, cosa che è avvenuta in California, ad esempio («programma cognitivo-affettivo finalizzato a ridurre la vergogna»). Lasch non ha fatto in tempo a vedere come questo sentimento sia stato abolito dalla classe dirigente che è apparsa sulla scena della politica mondiale all’indomani del 1994, anno in cui lo studioso della cultura è scomparso. Leggi il resto di questo articolo »

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