Articoli marcati con tag ‘Berlusconi’
Sarebbe stata una buona idea mantenere il sangue freddo davanti a Berlusconi, il giorno che a Milano ha parlato del fascismo, e chiedergli come mai Mussolini avesse «per tanti versi fatto bene», eccettuate le leggi razziali. Fece bene quando uccise Matteotti, incarcerò gli oppositori? Quando inviò l’esercito in Etiopia, ordinandogli di usare i gas asfissianti a scopo di sterminio? Quando entrò in guerra accanto a Hitler, e non per evitare una vittoria tedesca troppo vasta ma convinto da sempre che urgeva vendicare l’oltraggio del ’14-18? Oppure fece bene perché seppe governare accentrando tutti i poteri, reintroducendo la pena di morte, soggiogando l’amministrazione della giustizia? Quando si incontra un politico provocatore, che consapevolmente sceglie il giorno in cui si ricorda la Shoah per inquinare il consenso antifascista da cui è scaturita la Costituzione, è sempre la seconda domanda quella che conta, che aiuta a capire, e la seconda domanda purtroppo è mancata. Leggi il resto di questo articolo »
Nei 62 governi del dopo Mussolini, Milano ha mandato a Roma 4 presidenti del Consiglio: Craxi, Berlusconi e il Monti che si ripropone. Nel ’45 Ferruccio Parri. Pochi per la capitale del miracolo che ha rimesso in piedi il paese inginocchiato dalla guerra. Pochi ma indimenticabili.
Craxi, 1983, primo socialista a Palazzo Chigi e primo uomo di Stato svergognato in tribunale: sceglie la fuga ad Hammamet. Ancora ci perseguita l’eredità di quel decreto che rompe il monopolio Tv e sconvolge il sistema della frequenze. Leggi il resto di questo articolo »
Rottamazione, dice il vocabolario, è l’azione che si compie quando si demoliscono oggetti fuori uso: specie automobili. Vengono triturati, per riutilizzare le parti metalliche. A volte, ottieni sconti sulla nuova vettura. Applicata alle persone e al ricambio di dirigenti politici, è una delle parole più maleducate e violente che esistano oggi in Italia. I rottamatori sono fieri di chiamarsi così, e quando l’operazione riesce esibiscono le spoglie del vinto: «La rottamazione comincia a produrre i primi frutti», ripeteva Matteo Renzi, domenica in un’intervista in tv. La lotta per l’avvicendamento ai vertici della politica ha sue ragioni, e lo stile brutale risponde a un’ansia, enorme e autentica, di cambiamento: si vorrebbe azzerare l’esistente, e come nella poesia di Rimbaud ci si professa «assolutamente moderni». È un conflitto legittimo, anche necessario: che va portato alla luce perché nell’ombra degenera o ammutolisce. È il grande merito del sindaco di Firenze, come di Grillo. Impressionante è la campagna di quest’ultimo in Sicilia: lunga, martellante, è rifiuto del mutismo. Da due settimane è nell’isola; nessuno s’era messo per tanto tempo in ascolto delle sue collere. Ma la parola rottamazione, anche se Renzi intende cambiamento, resta ustionante e parecchi la prendono alla lettera. Leggi il resto di questo articolo »
Un titolo provocatorio, ma neppure troppo. Non si tratta solo di una metafora. Il culo è ovunque, nel linguaggio e nella cronaca. Perché, quando e come l’Italia è precipitata nel “cul de sac di un presente e di un futuro tanto nebulosi e atterrenti“? Partendo da una domanda tale da far tremare i polsi a più generazioni, l’autore cerca risposte indietro nel tempo, dal secondo dopoguerra in poi. Il fine è quello di approntare un “manuale di deberlusconizzazione” che riguardi un po’ tutti, compresi i sedicenti avversari del Caimano e quella porzione ampia di italiani che gli ha votato contro “comportandosi come lui“. Leggi il resto di questo articolo »
Se i libri che si pubblicano sono indicativi della sensibilità morale e politica di un popolo, allora è lecito pensare che in Italia si sta rafforzando l’esigenza di un cambiamento che non sia semplice correzione, ma una radicale rottura con il regime di Berlusconi nel senso di una vera e propria rinascita civile. Da pochi giorni sono infatti arrivati nelle librerie l’Elogio del moralismo di Stefano Rodotà (Laterza) e La questione civile di Roberta De Monticelli (Raffaello Cortina Editore). Fosse ancora viva la buonanima di Bendetto Croce, li commenterebbe sotto la rubrica ‘Letteratura della nuova Italia’, di una nuova Italia auspicata. Diversi per stile di pensiero e per sensibilità, i due libri sono documenti della sofferenza che abbiamo vissuto nei lunghi anni in cui il volto e le parole di Berlusconi penetravano ovunque, e le loro malefatte deturpavano la vita civile. Ma con altrettanta forza esprimono la volontà di vivere da
cittadini liberi.
Nel grande frastuono e nel chiacchiericcio mediatico, nella pletora di discorsi che si fanno con la scusa dell’emergenza, credo che l’emergenza sia già una forma di costruzione del potere per giustificare cose altrimenti ingiustificabili, ma se c’è l’emergenza, allora dobbiamo giustificare, allora si continua a parlare di questa emergenza, si dicono cifre, dati, il lavoro, la disoccupazione e si è smesso tendenzialmente, ammesso che lo si sia mai fatto, di parlare delle questioni di fondo, delle questioni che attengono all’essere umano, nessuno si fa più le domande sulle questioni di senso, credo che una delle grandi devastazioni fatta alla nostra società, è la distruzione del senso, noi siamo affidati a una deriva di significati che non hanno più un orizzonte ampio, tutto è asfittico, tutto fluisce e credo che questa sia invece la grande questione, cos’è vivere una vita? Che significato ha l’esistenza di un essere umano, di una società di esseri umani su questa terra? Perché siamo qui? Come possiamo starci?
È come un ritornello espresso in forme che vanno dall’educato, al provocatorio, dal confidenziale all’accusatorio. Ma in sostanza i nostri interlucutori americani ci chiedono come gli italiani abbiano potuto tollerare per quasi venti anni un clown che li ha esposti alla berlina in tutto il mondo; che ha avuto una larga maggioranza parlamentare con la quale ha confezionato leggi ad personam et aziendam; che si è circondato di ‘vestali’ (si fa per dire) che avevano lo scopo di tenere alto il morale del faraone; che si è scagliato contro le Istituzioni demolendole, e l’elenco continua…
Come fai a spiegare ad un americano che aveva ragione quel grande cantautore, Giorgio Gaber, che prima di morire disse: “Non ho paura di Berlusconi in sè, ho paura di Berlusconi in me.” Leggi il resto di questo articolo »
Gli italiani non hanno più alcuna fiducia nel governo, nei partiti, nelle riforme. Nemmeno più nelle istituzioni. A parte forse, come dicono alcuni sondaggi, nella figura del Presidente della Repubblica. La loro sfiducia nei confronti del futuro è altissima. Soprattutto quella dei giovani che non credono più che studiare e impegnarsi possa servire a qualcosa. E allora si indignano. E hanno ragione. Perché quando la fiducia crolla, forse non resta altro che indignarsi nella speranza che qualcuno li ascolti, li prenda sul serio, cominci a chiamare le cose col proprio nome e, smettendola di raccontare loro solo tante bugie, si rimbocchi le maniche per affrontare una volta per tutte i problemi del Paese. Ma quale fiducia si può ancora avere in una classe dirigente che non ha fatto altro che tradire sistematicamente le promesse, raccontare menzogne e negare la realtà? Come si può ancora chiedere la fiducia dei cittadini quando, di fronte alla crisi mondiale del neoliberalismo, il nostro presidente del consiglio è solo capace di promettere ancora una volta di fare “quella rivoluzione liberale per la quale siamo scesi in campo”? Leggi il resto di questo articolo »
Giovedì, in una discussione su La7 che ha fatto seguito al film di Roberto Faenza e Filippo Macelloni, “Silvio Forever“, il direttore del Foglio ha detto una cosa importante. Ha detto che, grazie agli anni che portano l’impronta di Berlusconi, l’Italia avrebbe vissuto una «liberazione psicologica». Si è sbarazzata di vecchie incrostazioni moraliste, di una democrazia con troppe regole, di tendenze micragnose, formalistiche. L’ora dei consuntivi sta arrivando, e nella valutazione dei diciassette anni passati c’è anche questo giudizio sull’avventura berlusconiana, imperturbabilmente positivo: quali che siano i loro esiti, vi sono fenomeni grandiosamente anomali che fanno magnifica la storia, in Italia e altrove.È significativo che negli stessi giorni si celebri il decimo anniversario dell’11 settembre, perché anche qui fu un fenomeno prodigiosamente anomalo a trasfigurare la storia. Leggi il resto di questo articolo »
L’opinione pubblica di lingua inglese ha già un’immagine abbastanza precisa dell’Italia di Berlusconi. Studiosi e giornalisti hanno accuratamente descritto e spiegato che il sistema di potere berlusconiano non ha né precedenti né equivalenti nella storia dei paesi liberali e democratici. Mai un uomo con tanto potere – fondato sul denaro, sulla proprietà dei mezzi di comunicazione di massa e sul controllo di un partito composto da persone a lui devote – è stato in grado di diventare per tre volte capo del governo e di conservare per quindici anni una posizione dominante nel sistema politico e nella vita sociale di un paese democratico. A ragione, l’opinione pubblica internazionale si preoccupa per questo esperimento politico italiano, anche se spesso lo considera come un ennesimo esempio di carnevalate e di corruzione politiche. Leggi il resto di questo articolo »
Il concetto di populismo non è a mio giudizio in grado di interpretare in modo adeguato la vicenda italiana degli ultimi venti anni e, in modo specifico, le posizioni di cui è stato massimo artefice e protagonista Silvio Berlusconi. Quello su cui i classici insistono quando si parla del popolo è la dimensione della totalità, del tutto sulle parti, della comunità sugli individui. (…) Berlusconi non si è mai mosso in una prospettiva comunitaria e organicistica, cioè populistica (come invece ha fatto, almeno in parte, Bossi); ma, anzi, ha accentuato – fino a stravolgerli in senso dispotico – il carattere e la dimensione strutturalmente individualistica della «democrazia dei moderni». Con il suo messaggio ha proposto, e fatto diventare modello di vita e senso comune, una sorta di bellum omnium contra omnes; per riprendere la distinzione di Hobbes, ha sostenuto, e anche realizzato, una regressione dalla «società politica» alla «società naturale». Da questo punto di vista, rispetto al movimento della società moderna, e al significato in esso assunto appunto dalla politica, Berlusconi si è mosso come il granchio: è retrocesso dalla storia alla natura; dalla legge al primato degli spiriti animali. Leggi il resto di questo articolo »
Seguendo il caso Murdoch è difficile non pensare all’Italia di Berlusconi ma anche agli Stati Uniti dove Murdoch è forte come in Inghilterra se non di più. Il Murdochgate è una prova ulteriore (se ce ne fosse bisogno) che il berlusconismo non è semplicemente un’anomalia italiana, bensì frutto di un fenomeno internazionale molto diffuso. I paralleli con il caso Berlusconi sono tanti: rapporti malsani tra politica e media, il potere del tutto sproporzionato in mano ad un solo uomo, in grado di fare e disfare leader politici, di creare scandali e farli scomparire. L’hacking delle segreterie telefoniche rassomiglia ad alcuni casi italiani: il caso Telecom, con l’uso illegale dei tabulati telefonici di migliaia di persone, il caso Boffo, in cui un giornalista che critica Berlusconi viene massacrato sulla stampa berlusconiana, perfino l’attuale caso della P4 e il caso Milanese, con l’ombra dell’uso improprio della Guardia di Finanza. Leggi il resto di questo articolo »
Vale la pena meditare su cosa significhi precisamente partito degli onesti, visto che a proporlo è stato il nuovo segretario del Pdl, ossia della formazione che sin qui non aveva la rettitudine come stella polare. Può darsi che Alfano abbia emesso un mero suono, un flatus vocis senza rapporto alcuno con la realtà, ma i realisti che credono nella consistenza delle parole hanno tutto l’interesse a ripensare vocaboli come onestà, morale pubblica, virtù politica. A meno di non essere incosciente, il ministro della Giustizia non può infatti ignorarlo: i passati diciassette anni non sono stati propriamente intrisi di probità (lui stesso ne è la prova vivente, avendo aiutato Berlusconi a inserire nella manovra economica un codicillo ad personam, che tutelando il premier dalla sentenza sul Lodo Mondadori nobilita a tutti gli effetti il concetto di insolvenza nel privato). Alle spalle abbiamo un’epoca corrotta, molto simile al periodo dei torbidi che Mosca conobbe fra il XVI e il XVII secolo, prima che i Romanov salissero al trono e mettessero fine all’usurpazione di Boris Godunov. Leggi il resto di questo articolo »
Diamo un voto all’Economist? Il settimanale inglese ha pubblicato in copertina, e già ne abbiamo dato notizia, l’immagine di Silvio Berlusconi, e una scritta choc che cosi lo definisce: “l’uomo che ha fottuto un intero paese”. Seguono un editoriale e un supplemento, tutto dedicato all’Italia. Pare che qualcuno, all’aeroporto di Fiumicino, abbia esitato prima di consentire l’ingresso di una pubblicazione così esplosiva. Ma non siamo una repubblica africana: prima o dopo la rivista non poteva non arrivare in edicola, e i giornalai I’hanno gioiosamente messa in mostra, sperando di venderla bene. Nell’aprile del 2001, l’Economist ci aveva messo in guardia: quest’uomo, aveva scritto anche allora in copertina, non ha le carte in regola per governare l’Italia. Ma gli italiani votarono per lui,e per lui hanno continuato a votare fino ai nostri giorni. Hanno accettato le leggi ad personam, le invettive contro i giudici, le Ruby e le barzellette. Leggi il resto di questo articolo »
Le mosse di Berlusconi sono da tempo prevedibili, perché appartengono ad una logica che egli ha trasferito nel mondo della politica senza mai farsi contagiare dal “senso delle istituzioni”. Non può sorprendere, quindi, l’ultimo suo proclama: «Dobbiamo cambiare la composizione della Corte costituzionale, dobbiamo cambiare i poteri del Presidente della Repubblica e, come avviene in tutti i governi occidentali, attribuire più poteri al governo del Presidente del Consiglio». Proprio le ultime parole sono rivelatrici. Scompare il “Governo della Repubblica”, di cui parla l’articolo 92 della Costituzione. Al suo posto viene insediato il “Governo del Presidente del Consiglio“, una formula che esprime la logica proprietaria dalla quale Berlusconi non ha mai voluto separarsi. L’imprenditore è fedele alle sue origini, e nel suo modo d’agire si ritrova la vecchia e di nuovo vitale formula secondo la quale “la democrazia si ferma alle porte dell’impresa”. Leggi il resto di questo articolo »
Pubblichiamo parte dell’introduzione al libro di Diritti e libertà nella storia d’Italia in uscita in
questi giorni per l’editore Donzelli.
Libertà e diritti sono iscritti in testa alle costituzioni. La storia di ieri e di oggi, tuttavia, ci parla di sospensioni delle garanzie costituzionali, di ragion di Stato e di emergenze che giustificano la limitazione o la cancellazione di diritti fondamentali, di pieni poteri concessi ai governi, di tentativi continui di considerare le libertà riconosciute «eccessive» rispetto a esigenze di controllo sociale o di sviluppo economico. La lotta per i diritti non può mai concedersi appagamenti, pause o distrazioni. L’esperienza del Novecento ci ha poi mostrato come la sola proclamazione costituzionale di libertà e diritti possa risolversi in un inganno, in un’inesistente barriera contro l’oppressione. Seguendo la traccia delle costituzioni dei paesi a “democrazia socialista”, a cominciare da quella sovietica del 1925, ci si avvede agevolmente dello scarto enorme – e crescente, via via che si consolidavano le logiche autoritarie – tra altisonanti promesse di diritti e pratiche oppressive d’ogni libertà individuale e collettiva. Leggi il resto di questo articolo »
Due mesi prima della marcia su Roma, l´8 agosto 1922, Luigi Einaudi prese la penna e disse quel che andava detto nelle ultime ore della democrazia. Disse alcune cose semplici, profetiche: che «è più facile sperare di risolvere con mezzi rapidi ed energici un problema complesso, che risolverlo in effetto». Che l´idea di sostituire il politico con uomini provenienti dalle industrie, dalla «vita vissuta», è favola perniciosa. Leggi il resto di questo articolo »
Neppure l’oppositore più prevenuto avrebbe potuto attribuire a Berlusconi le parole che ha realmente pronunciato presentando il suo progetto sulla giustizia: con questa legge – ha detto – non vi sarebbero mai state le indagini di Mani pulite. In altri termini, non sarebbe mai stato rivelato ai cittadini il degrado etico-politico che ha portato all’agonia e al tracollo della “Prima Repubblica”. Il premier ha aggiunto: desidero questa legge dal 1994. Cioè dal momento in cui il suo populismo antipolitico ha potuto affermarsi sulle macerie di un sistema partitico minato dalla corruzione e incapace di rinnovarsi. Perché Berlusconi ha voluto e potuto proclamare ad altissima voce opinioni e propositi che anni fa sarebbero stati vissuti dal sentire comune del Paese come un vero e indecente vulnus? Perché, anche, ha fatto una dichiarazione di guerra così aperta alla magistratura e alla Costituzione proprio alla vigilia di processi che ha tentato di evitare in tutti i modi e con tutti i lodi possibili, entrando in ripetuto conflitto con la Corte Costituzionale e con la Presidenza della Repubblica (con Ciampi prima, e con Napolitano poi)? Leggi il resto di questo articolo »
Che cosa vuole questa società, quali sono i suoi precetti e la sua morale? C’è ancora una morale presentabile? Un governo privo di morale come questo del Cavaliere di Arcore dimostra che per la società contemporanea la vecchia morale, quella, per intenderci, del Decalogo, è un ingombro, una cosa vecchia, da ignorare. Nella società contemporanea, i peccati di corruzione e di adulterio non sono più qualcosa da condannare, ma da esibire come segno del tuo rango sociale. Il funzionario politico che vuole essere rispettato dalla società dei produttori e dei venditori deve intascare la bustarella e frequentare il club del benessere dove può avere gratis le massaggiatrici brasiliane. Corruzione e privilegio fanno parte del suo rango, come un tempo lo spadino e la parrucca. Leggi il resto di questo articolo »
C’è qualcosa, nel successo strappato a Sanremo dalla canzone di Vecchioni, che intrecciandosi con altri episodi recenti ci consente di vedere con una certa chiarezza lo stato d´animo di tanti italiani: qualcosa che rivela una stanchezza diffusa nei confronti del regime che Berlusconi ha instaurato 17 anni fa, quando pretese di rappresentare la parte ottimista, fiduciosa del Paese. Una stanchezza che somiglia a un disgusto, una saturazione. Se immaginiamo i documentari futuri che riprodurranno l’oggi che viviamo, vedremo tutti questi episodi come inanellati in una collana: le manifestazioni che hanno difeso la dignità delle donne; la potenza che emana dalle recite di Benigni; il televoto che s’è riversato su una canzone non anodina, come non anodine erano le canzoni di Biermann nella Germania Est o di Lounes Matoub ucciso nel ’98 in Algeria. Può darsi che nei Palazzi politici tutto sia fermo, che il tema dell’etica pubblica non smuova né loro né la Chiesa. Ma fra i cittadini lo scuotimento sfocia in quest’ansia, esasperata, di mutamento. Leggi il resto di questo articolo »
Questo è un estratto dell’appello che sarà letto oggi in Piazza del Popolo a Roma nella manifestazione “A difesa della Costituzione”
Da anni, lo sappiamo, la Costituzione è sotto attacco. Un attacco che, negli ultimi tempi, è divenuto sempre più diretto, violento, sfacciato. Le proposte di modifiche costituzionali riguardanti la giustizia ne sono l’ultima conferma. Per questo siamo qui, per contrastare una volta di più una voglia eversiva dei fondamenti della Repubblica. Sedici milioni di cittadini, ricordiamolo, hanno saputo difendere la Costituzione e i suoi principi il 25 e il 26 giugno 2008, votando contro la riforma costituzionale voluta dal centrodestra. Ma quella straordinaria giornata è stata troppo rapidamente archiviata. Da chi ha tratto un frettoloso sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. E da chi si era preoccupato di dire che la bocciatura di quella riforma non doveva pregiudicare la necessaria riforma costituzionale. Leggi il resto di questo articolo »
Nel saggio di Ciliberto il mondo che i terzisti ignorano
Non dite al liberalissimo Piero Ostellino che quasi due secoli fa il liberale Alexis de Tocqueville aveva capito cose che lui mostra di non avere ancora capito adesso. Per esempio che nelle nazioni sviluppate, la democrazia fondata sul sacro e indiscutibile “verdetto popolare” scivola facilmente in una sorta di dispotismo “dolce”, in una “servitù regolata, mite e pacifica”, che si combina “meglio di quanto si immagini con alcune forme esteriori della libertà”. Questo perché, scriveva il pellegrino francese nel 1835 di ritorno dal nuovo mondo, “i nostri contemporanei sono continuamente tormentati da due passioni contrastanti: provano il bisogno di essere guidati e la voglia di restare liberi. Non potendo liberarsi né dell’uno né dell’altro di questi istinti contrari , cercano di soddisfarli entrambi contemporaneamente. Immaginano un potere unico, tutelare, onnipotente, ma eletto dai cittadini”. Leggi il resto di questo articolo »
Questo libro nasce da una doppia interrogazione: sulla democrazia e sulla situazione attuale del nostro Paese. Si sofferma su alcuni classici della democrazia fra Otto e Novecento e su questo sfondo interpreta il fenomeno del berlusconismo. È stato infatti Tocqueville a segnalare i rischi dispotici della democrazia con due esiti possibili: diventare tutti eguali e tutti schiavi oppure tutti eguali e tutti liberi. Ma la storia europea moderna ha dimostrato che la prima possibilità è più concreta della seconda: quello che, infatti, sta crescendo è un potere sociale che assume il controllo di tutti, togliendo autonomia e responsabilità ai singoli, i quali a loro volta delegano a questo potere la gestione della loro vita. Non si tratta di un problema solo italiano; né di un morbo che affligge solo la destra. È una tendenza dell’epoca nella quale si intrecciano dispotismo, plebiscitarismo, populismo, dinamiche di tipo carismatico. Per questo “il berlusconismo è una forma patologica della democrazia dei ‘moderni’; appartiene alla storia e alle metamorfosi della democrazia occidentale; e in questo senso, come oggi riguarda l’Italia, così può riguardare anche altre democrazie europee”.
di Michele Ciliberto, ed. Laterza 2011, € 18,00
vedi: Pensiero Urgente n.211)
Viviamo, da ormai quasi un ventennio, nella non-politica. Della politica abbiamo dimenticato la lingua, il prestigio, la vocazione. Dicono che a essa si sono sostituiti altri modi d´esercitare l ´autorità: il carisma personale, i sondaggi, il kit di frasi e gesti usati in tv. Ma la spiegazione è insufficiente, perché tutti questi modi non producono autorità e ancor meno autorevolezza. Berlusconi ha potere, non autorevolezza. Non sono le piazze a affievolirla ma alcune istituzioni della Repubblica. evidentemente non persuase dalle sue ingiunzioni. Le vedono come ingiunzioni non di un rappresentante dello Stato, ma di un boss terribilmente somigliante al dr Mabuse, che nel film di Fritz Lang crea un suo stato nello Stato. Alle varie istituzioni viene intimato di ubbidire tacendo, e già questo è oltraggio alla politica e alla Costituzione. Specialmente sotto tiro è la magistratura, che incarna il diritto. Leggi il resto di questo articolo »
Da un lato c’è la Chiesa di Ruini e Ratzinger,
una Chiesa prona al potere berlusconiano. Dall’altro
c’è la Chiesa di Cristo, che non ci sta a mettere in mora
i propri princìpi pur di compiacere quel potere.
Un duro attacco del vescovo emerito di Caserta,
che ammonisce: `Non si porta salvezza se si è complici
della ingiustizia e della violenza istituzionali’.
«Vittime» della società non sono solo quelle volute dai poteri perversi, e sono tante, ma ben più numerose sono quelle che io chiamerei le «vittime originarie», quegli esseri umani che nascono per venire protetti ed educati nel cammino della vita e della salvezza, e invece si sentono abbandonati. Sono i «poveri credenti», e tutti gli uomini sono poveri credenti, che cercano ancora con ardore la Chiesa del Vangelo di Gesù. Leggi il resto di questo articolo »
Dovrebbe esser ormai chiaro a tutti, anche a chi vorrebbe parlar d’altro e tapparsi le orecchie, anche a chi non vede l’enormità della vergogna che colpisce una delle massime cariche dello Stato, che una cosa è ormai del tutto improponibile: che il presidente del Consiglio resti dov’è senza neppure presentarsi al Tribunale, e che addirittura pretenda di candidarsi in future elezioni come premier. Molti lo pensano da tempo, da quando per evitare condanne il capo di Fininvest considerò la politica come un sotterfugio. Non un piano nobile dove si sale ma uno scantinato in cui si «scende», si traffica, ci si acquatta meglio. Leggi il resto di questo articolo »
Da un vecchio film di Moretti, una domanda venne molto citata anche da chi non si distingueva molto da colei cuil’attore la rivolgeva, una giornalista clonata e imbecille (specie non rara, e rigorosamente bisex): “ma come parli?” In Roma di Fellini, una paciosa bellona in trattoria citava una frase portatrice di una saggezza molto più antica: “come che magni, cachi”.
Potremmo allargare e dire che c’è un rapporto diretto tra ciò che si mangia e come si parla. Ma il mangiare è anche una metafora: se ci nutriamo, per esempio, di linguaggio televisivo, non possiamo che riproporlo, giorno per giorno, nella nostra quotidianità, e poi “espellerlo”, però non “liberandocene” e invece inquinando l’ambiente – i bambini, per esempio, in quel gioco ignobile di corruzione dei nuovi nati di cui gli adulti di oggi criminalmente si compiacciono. Leggi il resto di questo articolo »
Ma i disastri sono apocalittici. Strutture dello Stato stravolte e il popolo dei berluscones deciso a resistere per non perdere privilegi che immaginava eterni. Travestiti da cattolici o da liberali, adesso il pericolo sono loro.
La politica vive anche di simboli. Quelli che sono stati evocati da politici e giornalisti per rappresentare la fine del potere di Berlusconi, alludono tutti a delle catastrofi. Il discorso con cui a Bastia Umbra Fini ha chiesto le dimissioni del governo, è stato paragonato dai difensori del premier alla marcia su Roma: un colpo di Stato! I giornali che cercavano di descrivere la portata dell’evento, lo hanno paragonato al 25 luglio, quando solo la rivolta di ministri e gerarchi del duce poté provocare la fine del regime. Altri hanno assimilato il crollo del regime berlusconiano al 25 aprile, quando dopo la devastazione della guerra si dovette ricominciare tutto dalle macerie. Leggi il resto di questo articolo »
Alcuni “fantasisti della costituzione” immaginano e auspicano che, dalla situazione d’impasse politica che potrebbe nascere da un voto contraddittorio sulla fiducia al Governo espresso dalla Camera e dal Senato, si possa uscire semplicemente e immediatamente con lo scioglimento di quel ramo del Parlamento (nel nostro caso, la Camera dei Deputati) che ha votato la sfiducia. Ma la Costituzione dice tutt’altro. Purtroppo per il lettore, occorrono riferimenti tecnici. I seguenti. Secondo l’articolo 94, «il Governo deve avere la fiducia delle due Camere». Se la fiducia viene meno, anche solo in una delle due, deve dimettersi. L’obbligo è tassativo. Leggi il resto di questo articolo »
È forte, in Italia, la tentazione di parlare della democrazia al passato. Facendo riferimento, cioè, a un sistema istituzionale che “c’era”, ma oggi è, appunto, “passato”. Ridotto agli aspetti formali e impoverito nella sostanza. Tanto che, per definirlo, si usano altre formule. Tra le più fortunate: Postdemocrazia. Coniata (nel 2004) da Colin Crouch, per indicare il percorso assunto dai sistemi democratici, ormai lontani dai valori e dagli obiettivi della democrazia anche se non (ancora) antidemocratici. Alfio Mastropaolo, nello stesso periodo (2005), parla di “mucca pazza della democrazia“. Leggi il resto di questo articolo »
Le considerazioni che seguono sono sotto il segno di un celebre motto di Friedrich Schiller: «La lingua poeta e pensa per te». Nella lingua del nostro tempo, si nota la presenza sovrabbondante di un lessico che non sarà certo quello di Schiller ma è forse piuttosto quello di Berlusconi, dei suoi e dei loro mezzi di comunicazione che si esprimono come lui. E noi abbiamo cominciato a parlare come loro.
Ciò può essere interpretato come un’intrusione nel nostro modo d’essere e di comunicare, oppure come un’emersione, che non crea nulla, ma solo dà voce. In questo secondo caso, la radice sarebbe più profonda, la malattia più pervasiva. In ogni caso, l’uniformità della lingua, l’assenza di parole nuove, l’ossessiva concentrazione su parole vecchie e la continua ripetizione, sintomi di decadenza senile, è tale certo da produrre noia, distacco, ironia e pena ma – molto più grave – è il segno di una malattia degenerativa della vita pubblica che si esprime, come sempre in questi casi, in un linguaggio kitsch, forse proprio per questo largamente diffuso e bene accolto. Leggi il resto di questo articolo »
Berlusconi ha detto ieri che i magistrati sono criminali e che vanno come tali trattati. Lo aveva già anticipato parlando qualche giorno fa nell’improvvisato happening di fronte alla sua residenza romana, condendo il suo gravissimo ed ennesimo colpo alla Costituzione repubblicana con barzellette e linguaggio scurrile, quasi a voler allontanare l’attenzione dell’opinione pubblica da ciò che aveva pronunciato. Il suo attacco alla magistratura e l’identificazione della giustizia con la persecuzione non sono né nuovi né inediti: sono la carta d’identità di Berlusconi. Leggi il resto di questo articolo »
Riferendosi ad alcuni episodi di corruzione, che hanno caratterizzato in questi ultimi mesi la vita politica italiana, i media hanno formulato l’ipotesi della nascita di una «società segreta», la P3, insieme comitato di affari e struttura sotterranea di potere che si propone di influenzare i vari ambitinei quali il potere ufficiale si dispiega. È difficile dire se (e come) sussista una vera analogia tra questa nuova società occulta e la P2, ma non vi è dubbio che esista una effettiva continuità tra il piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, scoperto dalla magistratura agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, e l’ipotesi di cambiamento del Paese messo in atto dai governi Berlusconi. Infatti, al di là della accertata appartenenza del premier alla P2 con tessera n° 1816 — pochi ricordano la condanna per falsa testimonianza comminatagli, in anni ormai lontani, a Venezia per aver mentito al giudice a proposito di tale appartenenza — sorprendenti sono gli aspetti di convergenza che esistono tra i due progetti. Leggi il resto di questo articolo »
Ricordare il 20 settembre insieme al cardinale Bertone. Rispetto al passato, a quel lontano 20 settembre 1870, sembrerebbe un evento riparatorio, la rappresentazione simbolica di una ferita risanata. L’Unità d’Italia fu costruita senza la Chiesa e contro la Chiesa. Per potere avere Roma, ci vollero i bersaglieri e le cannonate. Quando lo Stato liberale mise mano al suo progetto di “fare gli italiani” lo fece senza i cattolici, che se ne chiamarono fuori. I decenni trascorsi tra il non expedit e il Patto Gentiloni furono così interpretati dalla classe dirigente postunitaria all’insegna di una laicità vissuta con convinzione assoluta. Né i fascisti durante la dittatura, né i partiti di massa della Prima repubblica, furono in grado di replicarne l’intransigenza e la fermezza. Leggi il resto di questo articolo »
Un ritratto dell’Italia contemporanea, un paese privo di principi, di valori condivisi che non siano il Dio Quattrino, inguaribilmente volgare, senza dignità e onore, spietato senza essere virile, femmineo ma non femminile, corrotto, intimamente mafioso, devastato nel suo straordinario paesaggio, naturale, urbano, artistico, che lo ingentiliva insieme alla sua gente. Una parodia di democrazia sequestrata dai partiti e dai suoi mediocri esponenti che la violentano, la abusano, la stuprano a comodo loro. “Senz’anima” fotografa uno spazio, mentale, antropologico, politico, quello dell’Italia degli ultimi trent’anni, seguendo l’avventura giornalistica di Massimo Fini, uomo senza appartenenze, dal mitico “Europeo” all’”Indipendente” fino al “Fatto Quotidiano”.
Della penna dissacrante di Fini non potevano mancare le “stroncature” e anche i ritratti (mai disgiunti, questi, da una dolente pietas) dei personaggi – da Craxi a Martelli, da Cossiga a Berlusconi, da Gardini a Scalfari, da Costanzo a Vespa – che hanno contribuito a conciare l’Italia così com’è. Un libro sulla scia di Annus Horribilis di Bocca…
di Massimo Fini, ed. Chiarelettere 2010, € 12,00
“Noi vogliamo che il Bene prevalga sul Male”, ha proclamato in diverse occasioni Silvio Berlusconi. Il Bene sarebbe la sua parte politica, il Male gli avversari. Una contrapposizione frontale: “I comunisti controllano tutto, sono da eliminare, se non fisicamente, politicamente”. Chi non è con lui è un “nemico”, “terrorista”, “coglione”, “miserabile”, “illiberale”, “mentecatto”. Seminando odio, il Partito dell’Amore ha screditato le istituzioni, la magistratura, qualsiasi forma di opposizione. Questo libro ricostruisce il clima che sta funestando il paese e ci sbatte in faccia la volgarità, il razzismo, la violenza verbale, il disprezzo che fa da sfondo alla politica del Pdl e della Lega, amplificata dagli organi d’informazione vicini al centrodestra: Libero, Il Giornale, La Padania, Tg4, Studio Aperto e Tgl. Coloro, che secondo l’autore, chi stanno buttando via il patrimonio democratico e civile dell’Italia. Un libro inquietante.
di Mario Portanova, ed. Chiarelettere 2010, € 12,00
L’Italia si è fermata, ha perso la capacità di progettare il futuro, e la crisi economica non fa altro che rendere più visibile e più dolorosa una malattia contratta già da tempo. Il collasso è la radiografia impietosa ma reale di un paese che non sa più proiettarsi in avanti. Che spreca le sue migliori risorse intellettuali non riconoscendo loro alcun merito e costringendole a emigrare. Che non ha il coraggio di investire sull’innovazione e la tecnologia. Che sta perdendo la sfida della competizione internazionale. E che continua a devastare il suo territorio. Al culmine della piramide, purtroppo, una classe dirigente che è più che mai parte del problema anziché una possibile soluzione. Una classe dirigente che nella sua parte conservatrice continua a coltivare la nostalgia di un passato autarchico, quando sul mondo non spiravano ancora i venti della globalizzazione. E che nella sua parte progressista appare immobile, incapace di ricambio generazionale, sorda agli umori del paese reale, addirittura messa in discussione dal punto di vista dell’onestà
di Curzio Maltese, ed. Feltrinelli 2010, € 13,00
La crisi economica e l’autoritarismo strisciante. Il circo berlusconiano e il discredito internazionale. Il suicidio della sinistra e il ritorno dei fascisti. L’Italia delle ronde e l’Italia dei respingimenti. Il 2009 sarà ricordato come un anno nero della nostra storia. Un anno in cui molti nodi sono venuti al pettine, tutti insieme, e ci hanno riconsegnato un paese stanco, involgarito, ripiegato su se stesso e sui suoi atavici difetti. Giorgio Bocca racconta il nostro annus horribilis con la veemenza e l’intransigenza di cui può essere capace solo un grande “antitaliano” come lui. La sua è un’invettiva, un appassionato j’accuse contro i mali apparentemente inestirpabili della nostra vita pubblica: il trasformismo, l’opportunismo, la memoria corta, la furberia diffusa, l’impunità, l’ossequio al potente di turno. Un libro importante e inquietante.
di Giorgio Bocca, ed. Feltrinelli 2010, € 15,00
Il nuovo libro di Gomez, Lillo e Travaglio sugli scandali della scena politica italiana.
Così si sceglie la nuova classe politica italiana. Prima nelle residenze del Cavaliere, poi al Parlamento europeo o negli enti locali. Tra escort, ballerine, modelle e tanta musica. Dal vivo. Uno spettacolo come in tv, quella che piace al premier. Questo libro ricostruisce fatti privati che diventano pubblici ed espongono Papi-Silvio a ogni sorta di ricatto, trascinando l’Italia al punto più basso del suo discredito internazionale. Libro inquietante.
di Marco Travaglio, Peter Gomez, Lillo Marco, ed. Chiarelettere 2009, € 15,00
Chi meglio di Andrea Camilleri può raccontare la tragicommedia che stiamo vivendo? Saverio Lodato ha dato voce al più popolare scrittore italiano che commenta giorno per giorno, dal novembre 2008 al maggio 2009, fatti, misfatti, personaggi e figurine che hanno invaso le cronache di giornali e tv. Ecco in scena le bravate di “Piccolo Cesare” insieme con il terremoto e la passerella elettorale, l’infinita emergenza extracomunitaria e i provvedimenti disumani del governo, la pena e lo sciacallaggio sul dramma di Eluana, la Chiesa di Tettamanzi (ma anche quella del papa), l’incivile polemica sul biotestamento, la ridicola censura a Vauro, il lodo Alfano che grazia Berlusconi… Un Camilleri controcorrente, tra storia e cronaca, tradizione e racconto.
di Andrea Camilleri e Saverio Lodato, ed. Chiarelettere 2009