Articoli marcati con tag ‘democrazia’

Domani andrà in scena il rito della fiducia al governo. Annunciato da tempo e poi rinviato. Messo indubbio e infine ribadito. Perché la fiducia è una cosa seria. Anche se è una merce rara, in politica come nella vita quotidiana. Ma è necessaria in Parlamento: per verificare l´esistenza di una maggioranza, più che di un legame di “fiducia”. Alla base del sostegno a un governo, a un partito o a un premier ci possono essere, infatti, diversi motivi. Spesso personali. Ostilità e solidarietà, simpatia e antipatia. Ma anche interesse e utilità. Perché nella democrazia rappresentativa non si può ricorrere al «mandato imperativo», che vincola l ´eletto alla fedeltà verso i suoi elettori. Per cui gli eletti dispongono di un buon grado di autonomia individuale nelle proprie scelte. Leggi il resto di questo articolo »

Alcuni “fantasisti della costituzione” immaginano e auspicano che, dalla situazione d’impasse politica che potrebbe nascere da un voto contraddittorio sulla fiducia al Governo espresso dalla Camera e dal Senato, si possa uscire semplicemente e immediatamente con lo scioglimento di quel ramo del Parlamento (nel nostro caso, la Camera dei Deputati) che ha votato la sfiducia. Ma la Costituzione dice tutt’altro. Purtroppo per il lettore, occorrono riferimenti tecnici. I seguenti. Secondo l’articolo 94, «il Governo deve avere la fiducia delle due Camere». Se la fiducia viene meno, anche solo in una delle due, deve dimettersi. L’obbligo è tassativo. Leggi il resto di questo articolo »

Il cambiamento della legge elettorale non è più ormai solo una questione di funzionamento o non funzionamento del sistema, e perfino nemmeno una questione di salvezza o perdita della democrazia. È la prima e forse l’unica cosa che oggi possiamo fare perché l’Italia non si chiuda a lungo termine nel sigillo di una società arrogante incolta e violenta, quale è stata costruita in questi ultimi vent’anni dai picconatori e dagli innovatori da Cossiga alla Bicamerale a Berlusconi. Il bipolarismo maggioritario che ha messo i figli contro i padri e i poveri contro gli stranieri, ha reso popolare una cultura che congiunge ignoranza e violenza, e che ormai esce perfino dai tombini della Metropolitana. Leggi il resto di questo articolo »

L’assemblea applaude un uomo di mezza età che – imbarazzato o intimorito dalla vicinanza del potente – non riesce o non vuole prendere le distanze dalla richiesta formulata a mo’ di battuta “avrei una ragazza da sistemare… tra questi stands…”. E la risposta è “ci penso io”. Chi è quell’uomo? E chi sono quelli che applaudono? Credo che possono essere la nostra fotografia. Di ognuno di noi quando, per paura, sudditanza, comodità o interesse, preferiamo assecondare, dare il consenso invece che esprimere il dissenso. Leggi il resto di questo articolo »

Dalle dichiarazioni che hanno accompagnato la prima approvazione del Lodo Alfano (che “lodo” non è perché non rappresenta un arbitrato super partes, ma l’espressione delle ragioni di una “parte”) apprendiamo che la “serenità” delle alte cariche della Repubblica è un bene meritevole di tutela costituzionale. Mentre basta guardare fuori casa (ad esempio negli Usa, dove i presidenti vanno sotto impeachment per avere avuto –negandoli – rapporti fugaci con le stagiste) per accorgersi che di tale serenità una democrazia normale non ha bisogno. Leggi il resto di questo articolo »

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”. Leggi il resto di questo articolo »

«Terribile ma vera». È una battuta colta al volo all’uscita dalla mostra «Hitler e i tedeschi» del Deutsches Historisches Museum di Berlino. Una lunga fila di gente attende ancora di entrare. Ma che senso ha parlare di «grande successo di pubblico» per una iniziativa che mira a mostrare senza veli e a far capire come i tedeschi normali siano stati affascinati e travolti dal loro Führer? Tutto quello che si sa, che si è letto sui libri o sentito raccontare, si dispiega ora sotto gli occhi documenti autentici, foto e filmati, riproduzioni artistiche. L’invenzione del culto di Hitler e della nomenklatura del partito, la messa in scena spettacolare del regime, l’estetizzazione della politica ma anche l’infinito kitsch del quotidiano. Leggi il resto di questo articolo »

È forte, in Italia, la tentazione di parlare della democrazia al passato. Facendo riferimento, cioè, a un sistema istituzionale che “c’era”, ma oggi è, appunto, “passato”. Ridotto agli aspetti formali e impoverito nella sostanza. Tanto che, per definirlo, si usano altre formule. Tra le più fortunate: Postdemocrazia. Coniata (nel 2004) da Colin Crouch, per indicare il percorso assunto dai sistemi democratici, ormai lontani dai valori e dagli obiettivi della democrazia anche se non (ancora) antidemocratici. Alfio Mastropaolo, nello stesso periodo (2005), parla di “mucca pazza della democrazia“. Leggi il resto di questo articolo »

La storia c’insegna come possiamo salvare l’Italia
Per una patria diversa Lo storico ci invita a guardare ai problemi di oggi e al ruolo del nostro paese nel mondo moderno non solo attraverso i nostri occhi ma anche con quelli degli uomini e delle donne che lo hanno fatto

Nel gennaio 2009 sono diventato cittadino italiano. Faccio parte di un flusso costante di stranieri, circa 40.000, che ogni anno assumono la cittadinanza italiana. Non basta per fare dell’Italia un paese multiculturale, ma certo è un inizio. Alla cerimonia di conferimento della cittadinanza l’allora presidente del Consiglio comunale fiorentino,Eros Cruccolini, mi invitò a leggere ad alta voce due articoli della Costituzione e mi consegnò una bandiera italiana, la bandiera arcobaleno della pace e una copia della Costituzione italiana.I miei amici in gran parte rimasero stupiti all’annuncio della mia naturalizzazione. «Ma chi te lo ha fatto fare, mi dicevano, e proprio ora, poi». Uno o due si affrettarono a sincerarsi che avessi avuto il buon senso di mantenere anche la cittadinanza britannica. Il commento più caustico è stato: «Beh Paul, almeno potrai dire assieme a tutti noi altri: «Mi vergogno di essere italiano»».

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Le considerazioni che seguono sono sotto il segno di un celebre motto di Friedrich Schiller: «La lingua poeta e pensa per te». Nella lingua del nostro tempo, si nota la presenza sovrabbondante di un lessico che non sarà certo quello di Schiller ma è forse piuttosto quello di Berlusconi, dei suoi e dei loro mezzi di comunicazione che si esprimono come lui. E noi abbiamo cominciato a parlare come loro.

Ciò può essere interpretato come un’intrusione nel nostro modo d’essere e di comunicare, oppure come un’emersione, che non crea nulla, ma solo dà voce. In questo secondo caso, la radice sarebbe più profonda, la malattia più pervasiva. In ogni caso, l’uniformità della lingua, l’assenza di parole nuove, l’ossessiva concentrazione su parole vecchie e la continua ripetizione, sintomi di decadenza senile, è tale certo da produrre noia, distacco, ironia e pena ma – molto più grave – è il segno di una malattia degenerativa della vita pubblica che si esprime, come sempre in questi casi, in un linguaggio kitsch, forse proprio per questo largamente diffuso e bene accolto. Leggi il resto di questo articolo »

La forza è (nel senso che sempre così è stato, anche se non è detto che sempre così sarà) la «virtù» della politica. La mitezza, invece, è una virtù sociale. Così, si distingue politica e società. I caratteri dell’una e dell’altra possono divergere, anche radicalmente, gli uni dagli altri. Ma è davvero così? Possiamo immaginare una società mite sotto un governo violento? Oppure, al contrario, una società violenta e un governo mite? A me pare che no, non possiamo. Non possiamo immaginare questa separazione.

Ogni forma di governo, cioè ogni forma di esercizio della funzione politica, corrisponde a una sostanza sociale. Così, se vogliamo una politica democratica, dobbiamo volere anche una società democratica. Se vogliamo imporre un governo dispotico, cioè basato sulla violenza, occorre che la società sia a sua volta violenta, che vi sia una contrapposizione tra chi sta su e chi sta giù, che ci sia pre-potenza nei rapporti sociali. Leggi il resto di questo articolo »

Agli inizi degli Anni 90 i cittadini stranieri censiti in Italia erano all’incirca 356 mila. Dieci anni dopo erano diventati quasi un milione in più. All’inizio di quest’anno hanno superato i 4 milioni, e sono il 7% della popolazione. Oggi possiamo dirlo. Avviandosi verso la fine del ‘900 il progetto di «fare gli italiani» veniva attraversato da un vero terremoto. Tutti i 150 anni della nostra storia unitaria potevano leggersi come un lungo processo alimentato dalla coppia inclusione/esclusione.

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Nei primi decenni dell’Ottocento, la domanda era: «Si può fare l’Italia»; oggi, alle soglie dei 150 anni dell’Unità, è diventata: «La si può salvare»? L’una domanda era dettata da speranza, l’altra da disperanza. Nella spazio aperto tra queste due parole c’è il dramma del nostro Paese. Nel suo nuovo libro, Salviamo l’Italia(Einaudi, Vele, pagg.134, euro 10), Paul Ginsborg ragiona sulla condizione della nostra vita nazionale mettendo costantemente a confronto, come in contrappunto, gli italiani del tempo che è il nostro con i patrioti del Risorgimento, il loro pensiero, la loro azione. Nel dispiegarsi delle sue argomentazioni, gli accadimenti di oggi, che possono sembrarci difficoltà nuove e insormontabili, visti nel lungo periodo risultano lievi increspature nella continuità d’una storia dalle radici profonde. Dunque: nervi saldi e senso di responsabilità; niente catastrofismi, sterili piagnistei o inutili invettive.

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Cari Amici,
prima di tutto, come romano, vorrei salutare tutti quelli che oggi sono venuti qui a Roma: che non è un porcile, ma è la capitale d’Italia. Dunque i fratelli d’Italia che vengono nella capitale vengono a casa loro. E Roma accoglie tutti quelli che vengono da lei: non toglie le panchine per non farli sedere. E tutti rispetta perché, come diceva un antico Padre della Chiesa, “chi sta in Roma sa che gli Indi sono uniti con lui”. Roma ricorda quanto deve ai non romani. Nella sua memoria storica c’è che gli Apostoli, suoi Patroni, sono venuti dalla Palestina, erano extracomunitari, i bersaglieri a Porta Pia sono venuti dal Piemonte, gli americani alla Liberazione sono venuti dal mare, gli immigrati che l’hanno resa metropoli sono venuti dal Sud. Roma sa pure che molte volte dal Nord sono venuti i barbari. Ma non importa, perché ha civilizzato anche loro. Leggi il resto di questo articolo »


Riferendosi ad alcuni episodi di corruzione, che hanno caratterizzato in questi ultimi mesi la vita politica italiana, i media hanno formulato l’ipotesi della nascita di una «società segreta», la P3, insieme comitato di affari e struttura sotterranea di potere che si propone di influenzare i vari ambitinei quali il potere ufficiale si dispiega. È difficile dire se (e come) sussista una vera analogia tra questa nuova società occulta e la P2, ma non vi è dubbio che esista una effettiva continuità tra il piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, scoperto dalla magistratura agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, e l’ipotesi di cambiamento del Paese messo in atto dai governi Berlusconi. Infatti, al di là della accertata appartenenza del premier alla P2 con tessera n° 1816 — pochi ricordano la condanna per falsa testimonianza comminatagli, in anni ormai lontani, a Venezia per aver mentito al giudice a proposito di tale appartenenza — sorprendenti sono gli aspetti di convergenza che esistono tra i due progetti. Leggi il resto di questo articolo »

Anticipiamo parte di un capitolo tratto da Lezioni sul Novecento di Pietro Scoppola (a cura di Umberto Gentiloni Silveri, Laterza, pagg. 224, euro 12), che raccoglie gli interventi dello studioso all’ interno del corso universitario tenuto a Roma presso la facoltà di Scienze Politiche della Sapienza tra il 1995 e il 1996 e risposte alle domande sulle attuali difficoltà italiane devono essere cercate nell’ evoluzione dei primi cinquant’ anni della Repubblica, e non nell’ atto della sua fondazione.

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La nostra Fiaccolata al Gianicolo dell’11 giugno 2009 per celebrare il 160° anniversario della Repubblica Romana è stata ed è un modo per servire la MEMORIA STORICA.

La Memoria di quella straordinaria esperienza di DEMOCRAZIA, RES PUBLICA e LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI  del 1849 è quanto mai necessaria per un Paese come il nostro che sprofonda  nel neorazzismo, nel fondamentalismo religioso, nel cinismo, nella  volgarità, e nella “mostruosità” dei singoli, non solo della classe politica e religiosa.

La nostra Associazione vuole continuare, con tutti coloro che ne avvertono l’importanza, a “FARE MEMORIA ( non semplice ricordo e senza inutili retoriche) dei momenti in cui nella nostra Storia si è cercato di creare un’Italia civile, libera e solidale. Non sono stati molti quei momenti, ma sono stati importanti e fondamentali.

L’ignoranza e la superficialità che caratterizza questi ultimi decenni ( come già denunciava Pasolini ) rischiano ogni giorno di più di annegarli nell’amnesia collettiva.  La perdita di MEMORIA STORICA rende la RAGIONE sempre più debole e vaga: e il SONNO DELLA RAGIONE  genera “mostri”.  Come quelli che stiamo vedendo… Leggi il resto di questo articolo »

 

LIBERTA' IN VENDITA. COME SIAMO DIVENTATI PIU' RICCHI E MENO LIBERI

Questo libro non tratta di quei regimi tirannici che governano con la canna del fucile. Questo libro non parla dello Zimbabwe, della Corea del Nord o della Birmania. E neanche di paesi come Israele, o il Venezuela di Hugo Chàvez, o il Sudafrica del dopo-apartheid. Il mio viaggio comincia da Singapore, paradiso dei consumatori. Poi vado in Cina, dove negli ultimi trent’anni i progressi sono stati notevoli e sono avvenuti all’interno di un sistema che interpreta ia teoria della democrazia in base alle proprie esigenze. Da li in Russia e poi verso il mondo arabo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti e la sfrontata e vistosa città di Dubai. Infine analizzo quei paesi che sostengono di aderire ai valori democratici. Fra tutti i paesi del mondo, l’Italia. Perché l’Italia conta, non per una qualche rilevanza geostrategica, ma perché funge da esempio di una democrazia posticcia”.

John Kampfner, uno dei più autorevoli e brillanti commentatori politici inglesi, studia questi paesi per affrontare il dilemma che oggi attanaglia l’Occidente: perché cosi tanta gente sembra disposta a rinunciare alla libertà in cambio di sicurezza o prosperità? I governi di tutto il mondo hanno stretto un nuovo patto con i loro cittadini: la repressione è selettiva, limitata a chi contesta pubblicamente e “causa problemi”. Il numero delle persone che ricade in questa categoria è molto basso. Il resto della popolazione può vivere più o meno come desidera, guadagnare e spendere i propri soldi.

di John Kampfner,  ed. Laterza  2010,  € 16,20

 

vedi: Quella diffusa voglia di uomini forti in politica

SENZ'ANIMA. ITALIA 1980-2010.Un ritratto dell’Italia contemporanea, un paese privo di principi, di valori condivisi che non siano il Dio Quattrino, inguaribilmente volgare, senza dignità e onore, spietato senza essere virile, femmineo ma non femminile, corrotto, intimamente mafioso, devastato nel suo straordinario paesaggio, naturale, urbano, artistico, che lo ingentiliva insieme alla sua gente. Una parodia di democrazia sequestrata dai partiti e dai suoi mediocri esponenti che la violentano, la abusano, la stuprano a comodo loro. “Senz’anima” fotografa uno spazio, mentale, antropologico, politico, quello dell’Italia degli ultimi trent’anni, seguendo l’avventura giornalistica di Massimo Fini, uomo senza appartenenze, dal mitico “Europeo” all’”Indipendente” fino al “Fatto Quotidiano”.

Della penna dissacrante di Fini non potevano mancare le “stroncature” e anche i ritratti (mai disgiunti, questi, da una dolente pietas) dei personaggi – da Craxi a Martelli, da Cossiga a Berlusconi, da Gardini a Scalfari, da Costanzo a Vespa – che hanno contribuito a conciare l’Italia così com’è. Un libro sulla scia di Annus Horribilis di Bocca…

di Massimo Fini, ed. Chiarelettere  2010, € 12,00

 


 

LA LAICITA' VISTA DAI LAICI

Laicità: una, nessuna, centomila. Il dibattito in Italia è più che mai attuale, assumendo a volte toni aspri. Sollecitare la riflessione sulle questioni aperte, riunendo in modo sistematico più voci di intellettuali laici in un progetto unitario e unico nel suo genere, è lo scopo di questo libro con interventi di vari autori impegnati nel campo della laicità. Competenze ed esperienze diverse concorrono a disegnare un percorso in cui vengono toccate le tematiche più stringenti: definizioni di laicità, laicità e cittadinanza democratica, laicità e liberalismo politico, laicità e ruolo pubblico delle religioni, laicità e bioctica, laicità e diritto penale e civile.

AA.VV , a cura di Emilio D’Orazio,  ed. Università Bocconi  2009,  € 20,00

 

 

vedi: Unioni civili, non parliamo di laici contro cattolici


LA CURAUn pessimismo duro e compatto come una lastra di piombo. Ma la cura è possibile. Ecco un decalogo di proposte (dopo un’impietosa denuncia) per costruire una società basata sul merito, la legalità e l’uguaglianza. Un’uguaglianza dei diritti, dal basso. Troppi giovani bravi e onesti restano al palo. Troppe donne emarginate. Troppi singoli contro il concistoro delle lobby. Troppi spiriti liberi lasciati soli contro il conformismo dei partiti, dei sindacati, delle chiese. Serve una terapia d’urto. Cominciamo stabilendo una penalità per chi concorra a ottenere lo stesso lavoro dei propri genitori, il sorteggio al posto delle lottizzazioni, la rotazione delle cariche, l’ineleggibilità contro i conflitti d’interesse… E per promuovere realmente la democrazia inseriamo il referendum propositivo, la possibilità di revoca da parte degli elettori, la mozione di sfiducia verso rettori, dirigenti, presidenti… Un libro in cui sperare si coniuga con agire.

di Michele Ainis,  ed. Chiarelettere  2009,  € 14,00

DEMOCRAZIE SENZA DEMOCRAZIAOggi viviamo più che mai in un’era di sacralizzazione della democrazia. Ma, mentre celebra i suoi trionfi, la democrazia è soggetta a così forti motivi di deterioramento da indurre a domandarsi se, sotto l’apparenza, non si celi una realtà che ne contraddice i principi e i presupposti istituzionali e sociali. Fatto è che le istituzioni degli Stati nazionali e la tradizionale divisione dei poteri non sono più in grado, come mostrato dagli eventi che hanno provocato la grande crisi economica del 2008, di regolare e controllare le decisioni dei centri di potere “irresponsabili” che presiedono alla produzione e all’allocazione delle risorse materiali, influiscono in maniera determinante sulla politica degli Stati, plasmano l’opinione pubblica, condizionano pesantemente i processi elettorali. L’autore si sofferma in particolare su tre tipi di regimi: il regime liberale non democratico, il regime liberaldemocratico fondato sui partiti di massa e radicato negli Stati dotati di piena sovranità sul loro territorio e a “economia nazionale”, il regime liberaldemocratico nell’era dell’economia globalizzata, dell’indebolimento dei partiti, dell’avvento del cittadino “video-dipendente”, dello svuotamento progressivo della sovranità degli Stati.

di Massimo Salvadori,  ed. Laterza  2009,  € 14,00

 

vedi:  La Costituzione repubblicana nata nelle bande partigiane

Pubblichiamo ampi stralci della “Lezione sulla democrazia” che Gustavo Zagrebelsky ha tenuto sabato alla Festa del Partito Democratico a Torino.


“Politica” è una parola bastarda. Ha molti padri e madri. Non è sempre la stessa cosa. Dipende da chi la genera e per che cosa. Per chiarire, mi avvalgo d’una citazione di George Orwell. Nel 1948, scriveva (in Writers and Leviathan): «Questa è un’epoca politica. La guerra, il fascismo, i campi di concentramento, i manganelli, le bombe atomiche sono quello a cui pensare». Se non si parlava di campi di sterminio e di genocidio, era per la diffusa ignoranza di ciò che era effettivamente accaduto nel cuore dell’Europa. Auschwitz sarebbe in seguito assurto a simbolo di una certa concezione della politica. Il che è certo molto imbarazzante per la politica stessa. Leggi il resto di questo articolo »


“Il Porcellum ha trasformato la democrazia in oligarchia cancelliamo quest’aberrazione”intervista a Gustavo Zagrebelsky, a cura di Liana Milella

Il calderoliano Porcellum «rovescia la democrazia in oligarchia». Dunque va messo da parte prima di un nuovo voto. «Basta una leggina fatta di due frasi: “È abrogato il Porcellum ed è riportato in vigore il Mattarellum“». Perché, ragiona l’ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky, altrimenti l’attuale legge elettorale continuerà a «ferire la Costituzione» e ad espropriare i cittadini del loro diritto di scegliere da chi essere rappresentati. Leggi il resto di questo articolo »

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