Articoli marcati con tag ‘dissenso’

La Costituzione e il fantasma del fascismo. A chi esalta la forza si opponga la mitezza, alla violenza la solidarietà, fino alla disobbedienza che può essere una virtù

Un dato culturale assai significativo è che si discute oggi sempre meno di Costituzione e sempre più di fascismo. È uno spostamento dell’attenzione da una forma giuridica (la Costituzione) a una sostanza politica (un regime). «Forza normativa del fatto», dicono i giuristi quando il «fatto compiuto», o che si sta compiendo, scalza il diritto o lo predispone alla resa. Questo spostamento spiega il silenzio di tanti giuristi, fino a qualche tempo fa alquanto loquaci (tra i quali io stesso). Leggi il resto di questo articolo »

Le società occidentali sono abituate a rappresentare la storia come una sorta di linea retta, una direzione univoca verso l’evoluzione e il progresso. L’abitudine deriva dall’influenza della teologia ebraico-cristiana e dalla prosperità economica e sociale che negli ultimi tre secoli è stata concessa a vaste fasce della popolazione, con brevi e bellicose interruzioni. Volgendo lo sguardo un po’ più indietro, però, si nota come la storia non è stata sempre volta al progresso e al benessere, alternandosi con parentesi barbariche e medioevali che poco o nulla hanno a che fare con l’evoluzione della specie umana. Ecco, sembra che siamo arrivati a una nuova parentesi di buio. Prendiamo ad esempio l’idea che l’opinione pubblica ha dello Stato in questo preciso momento storico. Leggi il resto di questo articolo »

Ciò che succede in America è come una lezione di anatomia: corpi esausti e svuotati continuano a menare colpi in modo sbagliato, in epoche sbagliate, ciascuno senza colpire. Trump e Sanders sembrano in preda a una euforia da stress estremo. Ma hanno perduto del tutto il senso del tempo, del luogo e del dopo di quello che stanno facendo. Trump non sarà mai una persona rispettabile, e se dovesse vincere (nessuno lo vuole ma potrebbe) resterebbe un uomo ridicolo, anche con l’atomica in mano. Sanders è caduto, come un personaggio di Lewis Carroll, nel buco profondo di un mondo rovesciato. Dice e ripete cose di un altro mondo che c’era ma non c’è Leggi il resto di questo articolo »

Confino: «Un colossale edificio di mistificazione e di frode», come lo definì Primo Levi. Furono quindicimila gli italiani condannati tra il 1926 e il 1943. Fra loro migliaia di antifascisti. Non una “villeggiatura” concessa da Mussolini ai suoi, stereotipo che ancora a volte emerge nell’opinione pubblica italiana. Per questo è particolarmente utile il lavoro di Ilaria Poerio, studiosa dell’Italia e dell’Europa contemporanee, che nel suo saggio A scuola di dissenso. ci restituisce, nella sua verità, un importante capitolo della nostra storia. Che permette, in controluce, anche di ricostruire il modo in cui venne organizzato il dissenso e la lotta politica al regime. Leggi il resto di questo articolo »

La lezione di Socrate
Per lo più si pensa alla resistenza nei confronti del potere come all’azione di un soggetto collettivo il cui comportamento va orientato o addirittura organizzato. Sempre meno ci si interroga su quella dinamica per così dire “an-archica” che nasce dal disagio etico del singolo, si esprime in un rifiuto delle regole del gioco e in certi casi, rendendosi visibile, contagia e si espande sino ad esprimersi in un vero e proprio dissenso politico.

Esiste una tradizione di pensiero minoritaria che fa di Socrate l’irregolare maestro non tanto di una dottrina filosofica quanto di uno specifico modo di vivere che forza i confini tra etica e politica, tra privato e pubblico, tra interiore ed esteriore. È un’eredità paradossale, questa, poiché recupera l’esempio socratico contro gli effetti di quella tradizione che nasce con Platone, i cui dialoghi hanno appunto Socrate come protagonista. Leggi il resto di questo articolo »

Le parole seduttive come riforme innovazione e crescita sono parole non di libertà ma di necessità che non lascia spazio alla scelta del perché. Nella democrazia costituzionale non c’è posto per “aventini” Il partito che ha ottenuto il maggior successo ha l’onere di governare senza fratture.

L’articolo è una sintesi del testo che Gustavo Zagrebelsky presenterà per la discussione a Firenze  il 27/28 febbraio 2015  all’associazione Libertà e Giustizia

 

VIVIAMO un tempo esecutivo. “L’esecutivo” vorrebbe tutto. “Il legislativo” e “il giudiziario” dovrebbero essere nulla. Se vogliono contare qualcosa, sono d’impiccio. Il loro dovere è di adeguarsi, di allinearsi, di mettersi in riga. L’esecutivo deve “tirare diritto” alla meta, cioè deve “fare”, deve “lavorare” (e più non domandare). Il legislativo e il giudiziario, se non “si adeguano”, costringono a rallentamenti, deviazioni, ripensamenti, fermate: cose che sarebbero normali e necessarie, nel tempo degli equilibri costituzionali; che sono invece anomalie dannose, nel tempo esecutivo. Leggi il resto di questo articolo »

L’ uomo è animale normativo. Questo vuol dire che mentre gli altri primati vivono, per intenderci  rapidamente, in base agli istinti, tutta la nostra vita è invece soggetta a norme. Bisognerebbe  imparare a sentire, nella parola «normalità», proprio il senso pervasivo della normatività radicata  nel nostro comportamento quotidiano. Tutta la nostra vita cosciente, che si tratti di azioni, decisioni,  emozioni, pensieri, percezioni, è soggetta alla questione se sia come dovrebbe. C’è una coscienza  normativa – tipicamente, un senso di (in)adeguatezza – che attraversa ogni nostro fare, dire, pensare,  percepire, sentire: ci rendiamo conto del suo essere più o meno adeguato, corretto, opportuno,  riuscito, «esatto» (da «esigere»). Del resto, l’anima di ogni cultura – a cominciare dalla suo stesso  scheletro, la lingua di quella cultura – è un’anima normativa, è in qualche modo coscienza di un  dovuto. Nell’esempio della lingua lo si vede con la massima chiarezza. Nessuno parla come gli  passa per la testa, perché non parlerebbe affatto. Parlare è piegarsi alle norme di senso della lingua in cui si parla… Leggi il resto di questo articolo »

Enzo Mazzi a Firenze vuol dire Isolotto. Cioè un quartiere povero della città, storicamente legato ai renaioli che tiravano su la sabbia (la “rena” in toscano) dall’Arno: un mondo rimasto compatto di botteghe e mestieri. A mandare don Mazzi in quel quartiere era stato il cardinal Dalla Costa, lo stesso che nel 1938 aveva chiuso porte e finestre dell’arcivescovado, in piazza del Duomo, quando Hitler aveva fatto visita a Firenze. Nel 1966 quello stesso fiume che dava da mangiare, sommerse con le sue acque limacciose ’Isolotto e tutta la città. Don Mazzi era il parroco e insieme alla Casa del Popolo, ai democristiani e ai comunisti di allora, si dette da fare per aiutare la gente rimasta senza casa e senza lavoro. Niente di eccezionale: il pastore stava con le sue pecore, loro lo riconoscevano e lui le ascoltava. Nell’Italia di quegli anni l’Isolotto di don Mazzi incarnava un’esperienza di comunità di base (allora si chiamavano così) che cercava di praticare il Vangelo senza preclusioni politiche e badando al sodo: solidarietà, accoglienza, povertà condivisa. Dormire in cantina per far posto in canonica a una famiglia di sfrattati.

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Critica del potere. Protesta. Rivolta. Sono queste le parole che rimbalzano da quei paesi del Mediterraneo da troppo tempo ridotti al silenzio e alla povertà. Ma anche in Europa, e soprattutto nel nostro paese, riprende vigore il dissenso e, dopo un quindicennio di conformismo berlusconiano, si irrobustiscono le voci critiche. La trasgressione del senso comune sembra finalmente tornare un valore. Più che di rivoluzione però, nel nostro caso si assiste soprattutto al ritorno del Soggetto con la maiuscola, quello che sceglie secondo coscienza. E magari arriva a decidere che ciò che è ovvio per tutti (e insieme quello che i politici che dovrebbe rappresentarlo vanno dicendo), non fa per lui. Peggio, non corrisponde al vero, è falso. Non si tratta però, con l’eccezione di Saviano, di un ritorno degli intellettuali, spariti da tempo dalla scena pubblica; ma di individui singoli che scelgono strade di radicale diversità: è il caso di Simone Perotti, di cui è appena uscito, per Chiare Lettere, Avanti tutta. Leggi il resto di questo articolo »

L’assemblea applaude un uomo di mezza età che – imbarazzato o intimorito dalla vicinanza del potente – non riesce o non vuole prendere le distanze dalla richiesta formulata a mo’ di battuta “avrei una ragazza da sistemare… tra questi stands…”. E la risposta è “ci penso io”. Chi è quell’uomo? E chi sono quelli che applaudono? Credo che possono essere la nostra fotografia. Di ognuno di noi quando, per paura, sudditanza, comodità o interesse, preferiamo assecondare, dare il consenso invece che esprimere il dissenso. Leggi il resto di questo articolo »

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