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La lezione del grande uomo politico appena scomparso. Non contano soltanto le regole del gioco, il “come”, ma anche il “cosa”. Al formalismo studiato da Bobbio va unito il realismo.
(Questo testo è un estratto del discorso pronunciato da Gustavo Zagrebelsky il 31 marzo 2015 in occasione dei 100 anni di Pietro Ingrao su invito della Camera dei deputati)
«Il voto, da solo, non basta». In questa breve frase di Pietro Ingrao può essere racchiuso tutto il senso della sua lunga riflessione sulla democrazia, sulla rappresentanza, sul sistema parlamentare. Le considerazioni che seguono sono un commento a queste parole: un commento che ha sullo sfondo — non potrebbe essere diversamente — le condizioni attuali della democrazia nel nostro Paese. Prendo lo spunto da un carteggio tra lo stesso Ingrao e Norberto Bobbio, a margine e a seguito d’un convegno torinese svoltosi nell’autunno del 1985. Le lettere sono, la prima (di Bobbio), del 12 novembre e l’ultima (d’Ingrao) del 30 gennaio 1986 (ora in P. Ingrao, Crisi e riforma del Parlamento, Ediesse).
In quel dialogo si discute di “vera e falsa democrazia”. Sono a confronto due posizioni. Bobbio ripropone quella ch’egli stesso definiva la “definizione minima” di democrazia. Questa definizione a Ingrao appariva insufficiente. Anzi, nelle condizioni economiche e sociali date, gli appariva vuota e ingannevole: in sostanza, la copertura d’interessi di oligarchie nazionali e sovranazionali, contrastanti con i diritti delle masse lavoratrici e con la loro urgenza d’emancipazione.
La riflessione e la terminologia di Ingrao vengono da lontano. Masse e potere è il titolo d’una raccolta di scritti (il primo è del 1964), pubblicata nel 1977, che ispirò in quegli anni parte della sinistra. I concetti- chiave di Ingrao sono tre: masse, unità ed egemonia. Naturalmente, stiamo parlando delle masse popolari, dell’unità della sinistra e dell’egemonia della cultura che ne costituiva l’identità. Leggi il resto di questo articolo »