Articoli marcati con tag ‘governo’
Anticipiamo parte della prefazione di Roberto Zaccaria, costituzionalista ed ex deputato dell’Ulivo, a La costituzione spezzata di Andrea Pertici (Lindau)
Spostare il quesito in un consenso o meno sull’azione di governo è indubbiamente un grave errore, ma un errore o una deformazione non meno grave è quella di “riassumere” la riforma in alcuni principi che non corrispondono affatto al contenuto delle disposizioni che la caratterizzano. Questa comunicazione, a prescindere dalla buona fede di chi la compie, può diventare, se non un inganno, certamente uno sviamento o un travisamento della realtà. Leggi il resto di questo articolo »
” Sebbene esca mentre è in corso un aspro scontro tra i fautori del Sí e del No nel referendum sulla riforma costituzionale, questo libro non si riferisce a una situazione contingente. L’attacco alla Costituzione comincia molto prima del governo Renzi ed è destinato a durare molto a lungo, proseguendo il graduale smantellamento dell’orizzonte di diritti e di garanzie voluto dalla Costituente. Questa facile profezia si fonda su prove fattuali sia a livello nazionale che in un quadro assai piú vasto, e se non vogliamo che si avveri è necessaria e urgente una riflessione sulla natura della Costituzione, sui suoi contenuti e le prospettive che apre, sui vantaggi che offre ai cittadini, sui pericoli che un suo stravolgimento comporta per la democrazia e gli ideali di giustizia e di equità. Leggi il resto di questo articolo »
Gustavo Zagrebelsky. Per l’ex presidente della Consulta la riforma del Senato sommata all’Italicum “realizza il sogno di ogni oligarchia: umiliare la politica a favore delle tecnocrazie”. Intervista di Ezio Mauro
PROFESSOR Zagrebelsky, dunque più che a un referendum saremmo davanti a un golpe, come sostiene il fronte del “no” alla riforma che lei guida insieme a altri dieci ex presidenti della Consulta, e a molti costituzionalisti? Non lo avete mai sostenuto nemmeno davanti agli abusi di potere di Berlusconi e alle sue leggi ad personam: cos’è successo?
«Nel “fronte del no” convergono preoccupazioni diverse, come è naturale. Vorrei però che si lasciassero da parte le parole a effetto. L’atmosfera è già troppo surriscaldata. Contesto la parola golpe, non l’allarme. Come si fa a non vedere che il potere va concentrandosi e allontanandosi dai cittadini comuni? Non basta per preoccuparsi?». Leggi il resto di questo articolo »
La discussione sul referendum costituzionale che si celebrerà in autunno è iniziata. Sebbene si tratti indubbiamente dell’applicazione formale della trama di cui all’art. 148, l’illegittimità dichiarata della legge elettorale e l’Aventino delle opposizioni per respingere quanto elaborato da una maggioranza non eletta, mutano il senso di quanto sta avvenendo. Più di un referendum con cui il popolo sovrano conferma un nuovo compromesso costituzionale fra i suoi rappresentanti in Parlamento, quello che sta andando in scena è un plebiscito muscolare con cui un gruppo di potere chiama il popolo a raccolta intorno al vitalismo (fare per fare) del proprio capo. Non un referendum costituente, ma un plebiscito politico intorno al mutamento formale di un documento, la Costituzione del `48, già nella prassi completamente svuotata di contenuto. Leggi il resto di questo articolo »
Da una forma di stato e di governo nata dall’antifascismo a una plasmata sulle richieste della finanza. Non importa se uscire dalla crisi significa uscire dalla democrazia
«La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione». È su queste fondamenta, sulle parole del secondo comma dell’articolo 1 della Costituzione, che poggia l’edificio della giovane democrazia italiana: tanto sulle prime (i sovrani siamo noi), quanto sulle seconde (fuori delle forme e dei limiti previsti dalla Costituzione stessa non c’è sovranità popolare, ma arbitrio del più forte). Oggi un Governo non legittimato da un voto – e che gode della fiducia di un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale – prova a cambiare, in un colpo solo, 47 articoli della Costituzione, e invoca un referendum-plebiscito su se stesso («Se perdo il referendum, lascio la politica», dichiara il Presidente del Consiglio). Leggi il resto di questo articolo »
La ricetta dello studioso francese Pierre Rosanvallon: “La democraticità delle elezioni va unita alla democraticità dell’azione di governo”.
Intervista di Fabio Gambaro
PARIGI «Inostri regimi possono essere considerati democratici, noi però non siamo governati democraticamente». Parte da questa amara constatazione il nuovo utilissimo saggio di Pierre Rosanvallon, “Le bon gouvernement” (Seuil), ultimo capitolo della sua ormai più che decennale riflessione sulle forme e i caratteri della democrazia. In queste pagine lo studioso francese che insegna al Collège de France parte dall’insoddisfazione dei cittadini di fronte a governi che non rispettano le regole della trasparenza e della responsabilità, proponendo oltretutto politiche confuse e illeggibili. Motivo per cui considera urgente tracciare una mappa delle regole del buongoverno e delle modalità che consentano ai cittadini di esercitare un controllo più stringente sulle azioni della politica. Solo il buon governo, infatti, può battere il disincanto democratico. Leggi il resto di questo articolo »
Al via la campagna per il voto sulla riforma che stravolgerà la Carta. Ecco come rispondere all’offensiva del fronte del “Sì”. Pubblichiamo ampi stralci di un documento preparato per l’associazione Libertà e Giustizia dal professor Gustavo Zagrebelsky in vista del referendum
Nella campagna per il referendum costituzionale i fautori del Sì useranno alcuni slogan. Noi, i fautori del NO, risponderemo con argomenti. Loro diranno, ma noi diciamo.
1. Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da vent’anni (o trenta, o anche settanta, secondo l’estro).
Noi diciamo che da quando è stata approvata la Costituzione – democrazia e lavoro – c’è chi non l’ha mai accettata e, non avendola accettata, ha cercato in ogni modo, lecito e illecito, di cambiarla per imporre una qualche forma di regime autoritario. Chi ha un poco di memoria, ricorda i nomi Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, Giovanni Di Lorenzo, Junio Valerio Borghese, Licio Gelli, per non parlare di quella corrente antidemocratica nascosta che di tanto in tanto fa sentire la sua presenza nella politica italiana. A costoro devono affiancarsi, senza confonderli, coloro che negli anni hanno cercato di modificare la Costituzione spostandone il baricentro a favore del governo o del leader: commissioni bicamerali varie, “saggi” di Lorenzago, “saggi” del presidente, eccetera. È vero: vi sono tanti che da tanti anni aspettano e pensano che questa sia finalmente “la volta buona”. Ma questi non sono certo “gli italiani”, i quali del resto, nella maggioranza che si è espressa nel referendum di dieci anni fa, hanno respinto col referendum un analogo tentativo, il tentativo che, più di tutti gli altri sembrava vicino al raggiungimento dello scopo. A coloro che vogliono parlare “per gli italiani”, diciamo: parlate per voi. Leggi il resto di questo articolo »
Saint Denis, il blitz della polizia francese nel quartiere a nord di Parigi il 18 novembre
Daesh, l’Is, è la malattia autoimmune dell’Occidente. È la reazione imprevedibile ma fisiologica dentro il copro di un Occidente cosiddetto civilizzato. Dal corpo umano, d’altra parte, si impara quasi tutto, ad avere voglia di studiarne il funzionamento. Perché il corpo altro non è che il dispositivo che sta dietro ogni azione dell’uomo. Prima delle sue parole, prima di qualsiasi apparato ideologico con cui l’umanità intera cerca di impacchettare il mondo. Se la retorica del nemico, dell’altro da noi, è l’ordinaria procedura retorica d’emergenza, è dentro il corpo dell’Occidente capitalistico che varrebbe la pena dare un’occhiata. A interrogarlo, risulterebbe evidente che è il nostro sistema immunitario — cioè il sistema con cui pervicacemente ci difendiamo — a produrre la propria, apparentemente incontrollabile, minaccia. Leggi il resto di questo articolo »
” cosa rimane della democrazia se all’opera ci sono oligarchie molto potenti, molto remote, sempre più decisive? “
L’oligarchia è il governo dei pochi, è un sistema che concentra il potere a danno dei molti, in contrasto con l’idea democratica del potere diffuso tra tutti. Oggi viviamo in un tempo in cui la democrazia, come principio, come idea, come forza legittimante, è fuori discussione. Nei nostri regimi democratici perciò, quando l’oligarchia si instaura, lo fa mascherandosi, senza mai presentarsi apertamente, come un’entità usurpatrice. Non si manifesta ma esiste, e si fonda sul denaro, sul potere e sul loro collegamento reciproco: nel sistema finanziario globale il danaro alimenta il potere e il potere alimenta il danaro. Quella finanziaria è una forma oligarchica diversa da quella tradizionale. Sa trasformarsi in pressione politica svuotando di senso la democrazia. La domanda che oggi si pone drammaticamente è perché il sistema debba ruotare intorno al benessere di un potere essenzialmente fondato sulla speculazione e la contemplazione della ricchezza e come fare per tornare a essere, da sudditi, cittadini.
Il libro: La maschera democratica dell’oligarchia di Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky, ed. Laterza 2015, € 9,50 Leggi il resto di questo articolo »
Il funzionamento della democrazia è cosa difficile, stretto tra l’inconcludenza e la forza. Chi crede che si tratti di una battaglia che si combatte una volta ogni cinque anni in occasione delle elezioni politiche e che, nell’intervallo, tutto ti è concesso perché sei il “Vincitore”, si sbaglia di grosso ed è destinato a essere travolto, prima o poi, dal suo orgoglio, o dalla sua ingenuità, mal posti. La prima vittima dell’illusione trionfalistica è il Parlamento. Se pensiamo che si tratti soltanto di garantire l’azione di chi “ha vinto le elezioni”, il Parlamento deve essere il supporto ubbidiente di costui o di costoro: deve essere un organo esecutore della volontà del governo. Altrimenti, è non solo inutile, ma anche controproducente. Le riforme in campo, infatti, sono tutte orientate all’umiliazione del Parlamento, nella sua prima funzione, la funzione rappresentativa. Leggi il resto di questo articolo »
Strana e funesta costituzione, dove le ricchezze già accumulate agevolano sempre l’accumulazione di ricchezze maggiori, e dove riesce impossibile a chi non ha niente acquisire qualcosa: dove l’uomo onesto non ha modo di uscire dalla miseria: dove i più fraudolenti sono i più onorati, e dove bisogna necessariamente rinunziare alla virtù per diventare un buon borghese! Leggi il resto di questo articolo »
Il Partito Democratico ha deciso di riformare la Costituzione della Repubblica Italiana da solo. Il compito è stato facilitato dall’Aventino delle opposizioni e si giustifica con la certezza del suggello plebiscitario che verrà (detto impropriamente “referendum” dalla Costituzione del 1948). La strategia e il processo di riforma suggeriscono il carattere del nuovo sistema istituzionale che questi cambiamenti disegnano: una democrazia cesaristica (che sarebbe piaciuta a Sieyès e Schmitt e per nulla a Condorcet e Kelsen). Leggi il resto di questo articolo »
IL PIÙ radicale degli utopisti, Platone, decise che la repubblica doveva impedire che la classe politica avesse famiglia e proprietà, le due condizioni che compromettevano la selezione dei guardiani in base al merito richiesto per il governo della città (coraggio e conoscenza) perché inevitabile ragione di parzialità: prima vengono i figli e la famiglia (allargata ai clientes che valgono a renderla più rispettabile) e prima viene la cura dei propri averi (che si somma a quella per la famiglia). L’utopia platonica della società armonica governata da un’avanguardia di virtuosi ha ispirato fanatici della giustizia e tribunali speciali. Ma la sua diagnosi delle ragioni dell’ingiustizia è diventata un monito per chi fa le leggi: i padri tendono a riprodursi nei figli, i possidenti negli eredi. Leggi il resto di questo articolo »
Possiamo evitare un’altra Lepanto?
La società occidentale è stretta tra i suoi principi democratici e l’insofferenza per le idee diverse dell’Islam.
La scelta dovrà essere tra la reciprocità o la soppressione dell’altro.
La nostra idea di Stato, centralizzato e dotato di solidi confini è del tutto diversa da quella di umma islamica, comunità senza confini.
La storia politica internazionale aveva conosciuto una delle sue svolte più significative nel 1989, con la fine del bipolarismo. Allora tutti pensarono che il mondo fosse migliorato e tutto sarebbe diventato più facile. Ma nel 2001 si dovette ammettere che le cose non erano andate così bene, e anzi da allora abbiamo avuto due guerre (Afghanistan e Iraq), limitate ma devastanti, mentre di una terza che avanza non abbiamo compreso i connotati, e una gravissima crisi finanziaria internazionale. Molti ne hanno dedotto che quella profezia, in sé infondata e anche provocatoria, lanciata da Samuel Huntington, che la diversità delle culture dominanti (ora che, apparentemente, le ideologie politiche sarebbero morte — ma questo è un punto sul quale la riflessione dovrebbe essere molto più attenta) avrebbe finito per causare lo scontro tra l’Occidente e l’altro maggiore raggruppamento identitario al mondo, l’Islam. Leggi il resto di questo articolo »
Sono trascorse due settimane dall’approvazione in prima lettura, a Palazzo Madama, della riforma del Senato. Ma, prima di commentarla, il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, si è preso il suo tempo. Ciò che ne pensa è noto. A marzo ha firmato l’appello di Libertà e Giustizia, di cui è presidente, contro la “svolta autoritaria” segnata dal Patto del Nazareno per il combinato disposto della riforma costituzionale e di quella elettorale (il cosiddetto Italicum), beccandosi del “gufo”, del “professorone” e del “solone”. In aprile ha guidato la manifestazione di L&G a Modena “Per un’Italia libera e onesta”. A maggio ha inviato un lungo testo con una serie di proposte alternative – pubblicato dal Fatto Quotidiano – alla ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, che l’aveva invitato a un convegno di costituzionalisti a cui non aveva potuto partecipare: la ministra s’era impegnata a diffonderlo, ma poi non se n’è più saputo nulla. Ai primi di agosto, nel pieno delle votazioni al Senato, ha scritto un editoriale su Repubblica intitolato “La Costituzione e il governo stile executive”, in cui ha cercato di spiegare il senso di ciò che sta accadendo. Ora accetta di riparlarne con Il Fatto. A partire dal memorandum 2013 di JP Morgan che, come abbiamo scritto l’altro giorno, presenta straordinarie somiglianze con l’agenda Renzi. Leggi il resto di questo articolo »
Preparandosi a riprendere in mano il timone del governo, la politica farebbe bene a riflettere sulle ragioni della sua Caporetto, nel novembre 2011. Ciò che ha atterrato l’onorabilità della politica non furono tanto gli scandali sessuali del premier o le diffusissime vicende di corruzione, ma l’impotenza a fare il suo lavoro: governare. L’incapacità, non la disonestà, ha mandato a casa il governo Berlusconi. Questa accusa è molto più grave di quella di corruzione. Poiché mentre la disonestà è l’esito di una deturpazione che non mette in discussione la politica ma alcuni suoi praticanti, l’inadeguatezza a prendere decisioni mette in luce un limite oggettivo della politica democratica. Leggi il resto di questo articolo »