Articoli marcati con tag ‘religione’
La parola guerra è un trucco e una trappola. Serve per dire: svegliatevi e andate a colpire. Si tratta di una vecchia cultura che continua a raccontarti: se non spari per primo, sparano a te. È vero. Ma, nel suo orrore, la sparatoria, l’esplosione e persino la strage sono una piccola parte di un tutto che certo è la più complicata e pericolosa situazione dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il delicatissimo lavoro di analisi è disturbato da una folla vociante che chiede di scambiare morte per morte. Leggi il resto di questo articolo »
Non smette di suscitare ammirazione la figura complessa di Piero Gobetti (di cui in questi giorni si celebrano i novant’anni dalla scomparsa). La recente raccolta di alcuni suoi scritti, curata da Paolo Di Paolo e pubblicata da Feltrinelli (Piero Gobetti. Avanti nella lotta, amore mio! Scritture 1918–1926, pp. 220, euro 9,50), ripropone l’immagine di un intellettuale atipico, morto a soli 24 anni, con il fisico debilitato a causa delle percosse squadriste.
Allievo di Einaudi e di Salvemini, vicino a Gramsci e al suo «Ordine Nuovo», Gobetti s’ispira alle lezioni di estetica impartite da Croce. La poesia è il luogo privilegiato di un’interiorità che cerca chiarezza ed espressione. Per questo, il giovane torinese predilige l’«unità» dell’opera di Pirandello rispetto al bieco opportunismo del futurista Marinetti. Sostiene, inoltre, che i critici d’arte non possono occuparsi di questioni marginali, di schematismi e «sillogismi» vari, tralasciando colpevolmente l’autentica bellezza. Dai suoi brani trapela un insolito intreccio tra politica e amore. Il suo stile nervoso, da un lato, accompagna una forte ansia di riforme, dall’altro rende esplicito il suo incontro spirituale con Ada. Leggi il resto di questo articolo »
1926-2016. Il 15 febbraio di novant’anni fa moriva in Francia a soli 24 anni, a causa dei postumi di un pestaggio squadrista, colui che prima e meglio di tutti capì la vera natura del fascismo.
Piero Gobetti (Torino, 1 giugno 1901 Neuilly-sur-Seine, Parigi, 15 febbraio 1926) è stato un intransigente, questo il suo vizio capitale in un paese come l’Italia dove i più non capiscono, o fingono di non capire, che vi sono tempi e circostanze in cui l’intransigente è il vero realista e il fautore dell’accomodamento è un povero illuso.
Chi ha avuto ragione, alla luce della storia, quelli che hanno cercato fino all’ultimo l’accordo con Mussolini nella speranza di attenuarne le ambizioni eversive, o Piero Gobetti che fin dalla marcia su Roma chiamava alla lotta senza quartiere? Roma scriveva nel 1924 nacquero immediatamente almeno due antifascismi. Il primo era la resistenza dei battuti dal colpo di stato: l’antifascismo, per intenderci, dei vecchi democratici e liberali che erano stati ministri o ministeriali nel dopoguerra e dei filofascisti delusi. [...] Leggi il resto di questo articolo »
Il nuovo libro di Paolo Flores d’Arcais: il ruolo del pensiero democratico radicale come unico strumento di integrazione di fronte al fanatismo
Molte cose è il libro di Paolo Flores d’Arcais “La guerra del Sacro. Terrorismo, laicità e democrazia radicale” (Raffaello Cortina Editore): un allarme per il pericolo che l’Islam fondamentalista rappresenta per gli ideali politici dell’Occidente, una denuncia delle debolezze e delle ipocrisie dei nostri governi, una teoria delle condizioni irrinunciabili della democrazia. Il “precipitato” di tutti i discorsi anzidetti è nella parola laicità, intesa nel senso più rigoroso, senza gli aggettivi oggi di moda (sana, positiva, vera: aggettivi che non l’arricchiscono, ma l’avvelenano). Le considerazioni che seguono non sono, propriamente, una recensione. Sono piuttosto un tentativo d’inquadrare i problemi e di sollecitare riflessioni su questioni cruciali per il nostro avvenire. Leggi il resto di questo articolo »
Dall’alto dei miei sogni, frustati ma non frustrati, vedo un mondo alla deriva.
Gente assetata di amore e popoli in guerra:
Dittature di piombo e democrazie di plastica;
Quattro miliardi di tonnellate di rifiuti che ogni anno si accatastano su se stessi;
1.400 miliardi di dollari spesi per commercio di armi mentre
795 milioni di persone soffrono la fame;
7.000 tonnellate di oppiacei e
3 milioni di bambini che muoiono di fame ogni anno;
250 milioni di emigranti nel mondo alla dannata ricerca di un luogo in cui poter vivere.
È una umanità che a forza di produrre armi, droghe e rifiuti è diventata rifiuto esse stessa!
In questa vigilia di Natale il cuore mi si riempie di triste gioia e di nostalgica tenerezza, mentre dal profondo dell’anima sgorga, discreto e silenzioso, quest’inno di amore che dedico a tutti i lettori e lettrici di Huffington post.
A tutti, credenti e non! Leggi il resto di questo articolo »
TIZIANO TERZANI (1938- 2004) AD ORIANA FALLACI (1929- 2006)
7 OTTOBRE 2001. LETTERA DA FIRENZE
Il Sultano e San Francesco
Non possiamo rinunciare alla speranza
Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Leggi il resto di questo articolo »
Il 27 ottobre del 1553 a Ginevra fu messo al rogo dai calvinisti come eretico MICHELE SERVETO (Miguel Servet y Reves, 42 anni) teologo, umanista e medico spagnolo.
Serveto nasce a Villanueva (Spagna), un piccolo villaggio a novanta chilometri da Saragozza, in una famiglia di un notaio, rigorosamente cattolica e abbastanza agiata. In un primo momento Serveto era stato destinato al sacerdozio, cosa che non avvenne, ed ebbe una solida cultura umanistica, sviluppando un’ottima conoscenza di latino, greco, ebraico, filosofia e matematica.
A 14 anni Serveto si mise al servizio di Juan de Quintana, un francescano minorita, docente all’Università di Parigi e interessato alla figura di Erasmo da Rotterdam. Serveto completò poi i suoi studi all’Università di Tolosa (Francia). Viaggiò al seguito di Quintana e nel 1530 assistette a Bologna all’incoronazione di Carlo V (di cui Quintana era divenuto, da poco, confessore) da parte del papa Clemente VII. Incoronazione che siglò la pace tra Impero e Chiesa, mettendo fine alle guerre d’Italia. Leggi il resto di questo articolo »
La sfiducia nella poltica indebolisce la forma di governo.Ecco l’analisi del nuovo saggio di Zagrebelsky.
È forse libera una società in cui tutti hanno il diritto di voto ma non lo esercitano?
Se ai cittadini si sostituiscono i consumatori finisce per prevalere il plebiscito del mercato.
IL LIBRO: Anticipiamo una sintesi da: Moscacieca di Gustavo Zagrebelsky (Laterza, pagg. 114, euro 14).
Tra le tante insidie linguistiche che fanno presa nel nostro tempo c’è la “governabilità”, una parola venuta dal tempo dei discorsi sulla “grande riforma” costituzionale che hanno preso campo alla fine degli anni Settanta e, da allora, ci accompagnano tutti i giorni. Cerchiamo di rimettere le cose a posto, a incominciare dal vocabolario. I sostantivi e gli aggettivi modali in “…abilità”, “…ibilità”, “…abile”, “… ibile”, ecc. esprimono tutti un significato passivo: amabilità è il dono di saper farsi amare; invivibile è la condizione che non può essere vissuta; incorreggibile è colui che non si lascia correggere. Leggi il resto di questo articolo »
Il 19 ottobre del 1969 muore a Perugia dopo una breve malattia ALDO CAPITINI (69 anni) educatore, filosofo, politico e Antifascista.
Capitini nacque a Perugia da una famiglia dalle scarse risorse economiche. Per tutta la prima giovinezza, dopo gli studi della scuola tecnica e dell’istituto per ragionieri, compì i suoi studi in campo filosofico e letterario da autodidatta, studiando anche dodici ore al giorno. Con il suo lavoro ininterrotto di approfondimento culturale inizia anche un percorso di approfondimento spirituale che continuerà a seguire per tutta la vita. In questo periodo incontra il pensiero di GANDHI e fa propria l’idea della nonviolenza. Leggi il resto di questo articolo »
Dacci la nostra precarietà quotidiana. Le origini del vangelo neocapitalista
Tradotto in Italia il saggio del 1999 di Boltanski e Chiapello. La contestazione del ’68 come apripista della società neoliberale
Mancava ancora, nel nostro Paese (dove, peraltro, si traduce di tutto), un volume pubblicato in Francia nel 1999 con un certo successo di vendite. Un piccolo best-seller decisamente particolare, perché rappresenta una monumentale genealogia culturale dei mutamenti di quell’araba fenice che risponde al nome di capitalismo. Stiamo parlando de Il nuovo spirito del capitalismo dei sociologi Luc Boltanski ed Eve Chiapello, arrivato soltanto adesso nelle librerie italiane (per i tipi di Mimesis, pp. 728, euro 38). Albert Hirschman, Karl Polanyi ed Emile Durkheim quali numi tutelari, una tutt’altro che sottaciuta vis polemica nei confronti di Pierre Bourdieu (di cui Boltanski, direttore di ricerca onorario della parigina École des Hautes Études en Sciences Sociales, fu allievo), questa ponderosa decostruzione intellettuale del neoliberismo proponeva un esame lungimirante dell’evoluzione tardo-novecentesca dei paradigmi della cultura del business (presa molto sul serio, come andrebbe appunto fatto, e come ai francesi, quando ci si mettono di esprit de géometrie, riesce alla perfezione…). Leggi il resto di questo articolo »
La questione del debito è sempre più di scottante attualità. “Austerità” è stata la parola d’ordine che ha prevalso nelle politiche economiche europee degli ultimi anni guidate dal “modello tedesco”, per molti promotore di una visione “colpevolizzante” dei paesi indebitati. Di qui il nesso tra “debito” e “colpa” da cui muove questo volume. L’intento principale del libro è quello di mettere a nudo i nodi teorici contenuti in questa relazione semantica, attraverso un confronto con i più recenti studi sul debito. Seguendo la scia di ricerche già note, come quella classica di Max Weber o quella più recente di Michel Foucault, e ritornando sulle profetiche parole di un frammento di Walter Benjamin sul capitalismo come “culto indebitante”, questo lavoro intende collocare il problema del debito in un contesto più articolato rispetto a quello strettamente tecnico della scienza economica, nel tentativo di condurre un’indagine in cui l’economia riacquisti il respiro più ampio che le spetta.
Il libro: Elettra Stimilli, Debito e colpa, ed. Ediesse 2015, € 12,00 Leggi il resto di questo articolo »
Dalla Bibbia a Lacan. I nuovi idoli nascosti nei nostri desideri. Il saggio di Petrosino mette in discussione alcune analisi sulla società liquida di Bauman. Per Dostoevskij un uomo rimasto libero non ha altra cura che di cercare un essere cui inchinarsi. Il godimento compulsivo degli oggetti finisce per annientarci
IL nostro tempo ha sostituito al culto di Dio il culto degli idoli di cui il denaro è l’espressione più semplice e radicale in quanto rende possibile l’illusione che il suo possesso in grandi quantità consenta la realizzazione di una vita soddisfatta. Il Pasolini corsaro l’aveva indicata come una vera e propria “mutazione antropologica”: il monoteismo che sosteneva le società religiose e che affondava le sue radici nella potenza simbolica del Padre, ha lasciato il posto al politeismo del mercato e alle sue nuove divinità. Al verticalismo piramidale dell’ideologia patriarcale è subentrata la diffusione orizzontale dell’oggetto di godimento divenuto un idolo che ha trasformato l’uomo da “suddito” a “consumatore”. Leggi il resto di questo articolo »
Così fu ucciso Bonhoeffer teologo devoto a Dio e al mondo. Settant’anni fa fu giustiziato dai nazisti il grande studioso protestante. Che fece dell’amore per la vita il centro della sua fede
ESATTAMENTE 70 anni fa, all’alba del 9 aprile 1945, completamente nudo, veniva giustiziato nel lager nazista di Flossenbürg il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer che scontava così la sua partecipazione alla Resistenza. Nel 1955 il medico del lager H. Fischer-Hüllstrung rilasciò una testimonianza, da allora ripetutamente citata, secondo cui il condannato prima di svestirsi si era raccolto in preghiera: «La preghiera così devota e fiduciosa di quell’uomo straordinariamente simpatico mi ha scosso profondamente; anche al luogo del supplizio egli fece una breve preghiera, quindi salì coraggioso e rassegnato la scala del patibolo, la morte giunse dopo pochi secondi». Leggi il resto di questo articolo »
Il Partito Democratico ha deciso di riformare la Costituzione della Repubblica Italiana da solo. Il compito è stato facilitato dall’Aventino delle opposizioni e si giustifica con la certezza del suggello plebiscitario che verrà (detto impropriamente “referendum” dalla Costituzione del 1948). La strategia e il processo di riforma suggeriscono il carattere del nuovo sistema istituzionale che questi cambiamenti disegnano: una democrazia cesaristica (che sarebbe piaciuta a Sieyès e Schmitt e per nulla a Condorcet e Kelsen). Leggi il resto di questo articolo »
Jürgen Habermas: andare oltre il fondamentalismo illuminista “aprendo” alle comunità religiose.
La mia critica della ragione laicista.
Jürgen Habermas (1929), filosofo tedesco, in Repubblica 27.3.15
PER potersi definire post-secolare una società deve prima essere stata secolare. Dunque l’espressione può soltanto riferirsi alle società europee, oppure a nazioni come Canada, Australia, Nuova Zelanda, i cui cittadini hanno visto continuamente (talora, dopo la seconda guerra mondiale, anche drasticamente) allentarsi i loro vincoli religiosi. In questi paesi la coscienza di vivere in una società secolarizzata si è diffusa in maniera più o meno generale. Possiamo perciò definire la coscienza pubblica europea come “post-secolare” nel senso che, almeno per il momento, essa accetta il persistere di comunità religiose entro un orizzonte sempre più secolarizzato. Finora ho adottato la prospettiva esterna dell’osservatore sociologico. Ma se noi adottiamo la prospettiva del partecipante, allora la domanda diventa un’altra, di tipo normativo. Come ci dobbiamo intendere in quanto membri di una società post-secolare? Leggi il resto di questo articolo »
Lo stesso fervore religioso diventa un pericolo in quanto sacralizza come volontà di Dio ciò che è invece il prodotto ideologico di un ambiente sociale, di una cultura particolare… Per questo la critica alla religione è spesso un fatto altamente positivo in quanto nella religione, come comportamento pubblico, si ritrovano sacralizzati aspetti in cui non c’è nessuna volontà di Dio, ma c’è, purtroppo, la volontà del potere e la volontà dei gruppi egemoni che si servono della religione per tenere le coscienze succubi a obiettivi che non hanno niente a che fare con il disegno di Dio.
padre Ernesto Balducci, 1990
“Allahu Akbar!”, “Allahu Akbar!”, “Allahu Akbar!”.
Il grido assassino, ritmato dagli spari dei kalashnikov, che strozza il rumore felpato di una redazione di giornale in rue Nicolas Appert 10, al centro di Parigi, non è un neologismo dei tempi moderni, né la nuova, orrenda strategia inventata dagli estremisti islamici dell’Isis, ma l’aggiornamento agli anni duemila di una aberrazione antica quanto la storia dell’uomo. Non vogliamo sminuire la gravità e la drammaticità di quanto è accaduto a Parigi, ma semplicemente denunciare l’ipocrisia di quanti (e sono molti, molto più di quanto si possa immaginare) rivendicano per sé una innocenza inesistente, vantando una superiorità tutta presunta. Leggi il resto di questo articolo »
La religione è più profonda di Dio. E’ una visione del mondo per cui un valore intrinseco e oggettivo permea tutte le cose, l’universo e le sue creature suscitano meraviglia, la vita umana ha uno scopo e il cosmo ha un ordine. Credere in un dio è solo una delle manifestazioni possibili di questa visione del mondo.
Ronald Dworkin (1931- 2013), filosofo americano
All’Assemblea delle Nazioni Unite il presidente Obama ha dichiarato che quella dell’Isis «non è una guerra di religione ma una guerra contro il Progresso». L’ha seguito il presidente iraniano Rohani parlando di «guerra contro la civiltà». Per una volta due leader mondiali sono riusciti a guardare un po’ più in là del proprio naso. Quella dell’Isis è, per dirla con Evola, ‘una rivolta contro il mondo moderno’, che per il momento ha connotazioni religiose e islamiche ma che in futuro potrebbe assumerne anche altre. Leggi il resto di questo articolo »
C’è il Dio edito e il Dio inedito. Per esempio, la lotta fra atei e teisti è una lotta a livello dell’uomo edito, perché gli atei negano il Dio edito. E spesso fanno bene. Molte volte questo Dio edito non è che un tiranno insopportabile, è la cifra che sublima in sé e legittima tutte le forme di dipendenza, è l’autoritarismo portato a vastità metafisiche. Se noi leggiamo la Bibbia, vediamo che c’è un modo di parlare di Dio del tutto omogeneo all’homo editus, alla cultura, quindi un Dio guerrafondaio, sterminatore, e poi c’è il Dio inedito, nascosto, che è il Dio dei Profeti e che troverà la sua manifestazione in Gesù Cristo… Quando noi parliamo di Dio secondo l’homo editus lo assimiliamo a noi, lo trasformiamo a nostra immagine e somiglianza, per cui egli è aggressivo, vuole la sconfitta dei nemici. Le religioni hanno portato nel mondo l’aggressività distruttiva in nome del Dio edito, che non è il Dio nascosto.
Ernesto Balducci (1922- 1992), in La coscienza dell’uomo planetario, 1993
“ Uomini di Galilea, perché ve ne state a guardare verso il cielo? ” (Atti 1, 11)
Il rimprovero dei due bianco-vestiti – perché state a guardare in alto? – intercetta l’altra linea di evasione: quella di pensare al Paradiso, di pensare all’aldilà. Noi siamo convinti, per abitudine, che è religioso l’uomo che pensa soprattutto all’aldilà, mentre ci è stato detto, nel giorno in cui il Figlio dell’uomo ha superato il crinale che separa il tempo dall’eternità, di non guardare in alto. Il nostro compito è di guardare la vita che facciamo, il mondo in cui siamo, perché è in questo spazio che si consuma in pieno il nostro impegno con Dio. Leggi il resto di questo articolo »
Se vuoi essere tu il padrone, poiché non puoi fare tutto da te medesimo e ti sarà forza servirti dell’opera de’ tuoi ministri, bada bene alla scelta. Un uomo che abbia principi e che operi di conseguenza non è da scegliersi, perché s’opporrà alla tua volontà ogniqualvolta ella sia diversa da’ suoi principi. Leggi il resto di questo articolo »
Lunedì scorso tramite un’intervista chiestami dal Fatto Quotidiano (leggere più sotto, n.d.r.), ho dato notizia della mia decisione definitiva di uscire dalla comunità ebraica di Milano, di cui facevo parte, oramai solo virtualmente, ed esclusivamente per il rispetto dovuto alla memoria dei miei genitori. A seguito di questa intervista il manifesto mi ha invitato a riflettere e ad approfondire le ragioni e il senso del mio gesto, invito che ho accolto con estremo piacere. Premetto che io tengo molto alla mia identità di ebreo pur essendo agnostico. Ci tengo, sia chiaro, per come la vedo e la sento io. La mia visione ovviamente non impegna nessun altro essere umano, ebreo o non ebreo che sia, se non in base a consonanze e risonanze per sua libera scelta. Leggi il resto di questo articolo »
intervista a Paolo Flores d’Arcais a cura di Silvia Truzzi
La domanda è sconveniente. “Infatti – spiega Paolo Flores d’Arcais nel suo La democrazia ha bisogno di Dio? Falso! – non echeggia mai nei ricorrenti dibattiti su religione e politica, quasi che fosse temerario anche solo pensarla e blasfemo formularla”. La risposta del direttore di Micromega è un deciso no. Che si fonda su un evangelico invito diMatteo: “Il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal Maligno”.
Perché è necessario chiedersi se la democrazia ha bisogno di un presupposto religioso? Leggi il resto di questo articolo »
La condanna è arrivata, e irresponsabili non sono i giudici, ma coloro che la mettono in discussione. Non accettarla, o dipingerla come sintomo di un disegno politico, vuol dire minare lo stato di diritto alle fondamenta. Il guitto Berlusconi, ormai vecchio e gonfio, con la sua faccia da bambolotto di plastica, continua la recita, stancamente, come per inerzia, ma la cosa più triste è che un paese intero questa recita la segue e la subisce da un ventennio. E senza neppure la consolazione di poter dire di aver vissuto una pagina drammatica. Perché qui prevale la farsa, come nella peggior tradizione italica. Ora però una domanda che riguarda i cattolici e le gerarchie. Come è stato possibile che per tanti, troppi anni la Chiesa istituzionale e un largo numero di sedicenti cattolici abbiano appoggiato quest’uomo? Com’è stato possibile che tanti cattolici, a tutti i livelli, abbiano votato e chiesto di votare per lui, che gli abbiano concesso credito, che lo abbiano visto come l’uomo della provvidenza? Com’è stato possibile che una parte, una larga parte del mondo cattolico non abbia provato un moto di spontanea ripulsa verso il guitto impegnato a usare la politica e gli italiani per il proprio tornaconto? Leggi il resto di questo articolo »
Egregio Signor candidato alla presidenza del Consiglio dei Ministri, come molti altri elettori ed elettrici non ho ancora scelto per chi votare alle prossime elezioni politiche. Mancano, a mio avviso, proposte convincenti di cambiamenti profondi, di riforme incisive e durature non solo per affrontare la crisi economica e soprattutto per affrontare lo sfacelo della politica e il degrado della vita civile, che ci affliggono non meno della crisi economica. Le scrivo per chiederle di pronunciarsi in modo esplicito e vincolante su alcuni temi che non sono al centro della campagna elettorale; sono problemi che attengono ai diritti, alle libertà, alla cittadinanza; questioni tipicamente «liberali», cioè legate a una cultura che non ha mai mobilitato i due grandi partiti di massa protagonisti di decenni della storia politica della nostra Repubblica. Leggi il resto di questo articolo »
Il lettore di questo giornale sa che sono un suo collaboratore con una rubrica settimanale e con qualche altra rapsodica «incursione» che mi viene richiesta di tanto in tanto. Spesso approfitto dello spazio concessomi per scrivere di Medioriente e specificamente di conflitto israelo-palestinese (fatto). Ogni volta che, sulla dolorosa questione, esprimo le mie idee strettamente personali e, ribadisco «strettamente personali» perché non rappresento nessuno, piovono contro di me le accuse di ebreo antisemita, nemico del popolo ebraico o traditore (opinioni). Questo avviene tramite mail, post e dichiarazioni su vari blog e siti inviatimi da fanatici, farabutti o sbroccati di varia risma (opinione). Alcune persone, sia amici che detrattori, ritengono che ciò che dico e penso, anche a causa della passione partecipante con cui mi esprimo, abbia un’influenza rilevante a causa della mia notorietà e che quindi dovrei essere cauto (opinione). Io sostengo invece che ogni essere umano, in democrazia, sia libero di esprimere come meglio crede le sue idee (opinione) e se coloro che non le condividono o vi si oppongono ravvisano nei suoi discorsi i reati di istigazione all’odio o al razzismo, possono rivolgersi all’Autorità giudiziaria per denunciarlo (fatto) in luogo di spargere vigliaccamente ripugnanti accuse protetti dalla libertà della rete (fatto). Leggi il resto di questo articolo »
Il leggero, ma regolare, incremento della elevata secolarizzazione della nostra società fa apparire la realtà italiana del tutto analoga a quella dei Paesi dell’Europa occidentale. Vari studi sociologici recenti, mettendo in discussione il «classico» paradigma della secolarizzazione come esito inarrestabile dei processi di modernizzazione, vedono nella realtà europea un’eccezione rispetto al trend che sembra invece caratterizzare, con una varietà di fenomeni, le Americhe, l’Africa e l’Asia, dove sembra invece affermarsi una tendenza alla «desecolarizzazione». Al di fuori dell’Europa, le religioni sono in ripresa sui piani del believing, behaving e belonging, cioè della fede abbracciata e personalmente affermata, del comportamento convinto e del senso di appartenenza. In queste brevi riflessioni ispirate al VII Rapporto sulla secolarizzazione pubblicato da Critica liberale, voglio però soffermarmi su un altro aspetto.
«Nel capitalismo può ravvisarsi una religione, vale a dire, il capitalismo serve essenzialmente alla soddisfazione delle medesime ansie, sofferenze, inquietudini, cui un tempo davano risposta le cosiddette religioni». Queste fulminanti parole di Walter Benjamin – tratte da un frammento del 1921, pubblicato adesso nei suoi Scritti politici, a cura di M. Palma e G. Pedullà per gli Editori Internazionali Riuniti – esprimono la situazione spirituale del nostro tempo meglio di interi trattati di macroeconomia. Il passaggio decisivo che esso segna, rispetto alle note analisi di Weber sull’etica protestante e lo spirito del capitalismo, è che questo non deriva semplicemente da una religione, ma è esso stesso una forma di religione. Con un solo colpo Benjamin sembra lasciarsi alle spalle sia la classica tesi di Marx che l’economia è sempre politica sia quella, negli stessi anni teorizzata da Carl Schmitt, che la politica è la vera erede moderna della teologia. Leggi il resto di questo articolo »
La Chiesa italiana è chiamata a dare il suo contributo per il risanamento del deficit nazionale. In una fase di tagli pesantissimi generalizzati, chi è percettore di un flusso ingente di finanziamenti pubblici non può sentirsi “al di sopra delle parti”. Partecipare è un dovere morale. Nei tempi antichi, in casi d’invasione e di assedi, si fondevano i calici e gli ori dei templi per finanziare la difesa della città o riscattare i prigionieri. Altrettanto vale oggi, quando il nemico – più insidioso e distruttivo – è annidato nelle finanze pubbliche e può essere debellato soltanto se veramente tutti, e non solo le famiglie a reddito fisso, partecipano ai sacrifici. Sbaglierebbe la gerarchia ecclesiastica a scrollarsi di dosso la richiesta, etichettandola come anticlericale o animata da spirito antireligioso. È vero il contrario. Il dovere di mettere mano alle proprie disponibilità nasce (dovrebbe nascere) da una considerazione anche religiosa del “bene comune” e dello stesso destino dello stato sociale. Leggi il resto di questo articolo »
«Caro Peyretti, sono qui in questo bel paesetto del cuneese in casa di amici […]. Mi sono portato qui un fascio di lettere alle quali non avevo mai risposto. Ce n’è una sua del 22 maggio scorso. Non prego, se per preghiera s’intende invocare aiuto, o peggio benefici, o premi, o salvezza in situazioni difficili. Ma se per preghiera s’intende, come dice lei, ‘apertura verso il mistero che ci avvolge’, prego anch’io come tanti altri. Ma è preghiera, questa? La preghiera implica che ci sia qualcuno che ascolta. La preghiera non può essere soltanto riflessione interiore sul mio destino, sul male, sulla origine e la fine delle cose, una riflessione in cui nessuno mi ascolta, e che rivolgo soltanto a me stesso…». Leggi il resto di questo articolo »
C’è la versione dei vertici dello Stato e della Chiesa cattolica: il crocifisso è obbligatorio nelle scuole statali, e in altri uffici pubblici, per due motivi: in quanto simbolo culturale, perché rappresenta la tradizione, l’identità e i valori del Paese; in quanto simbolo religioso, perché è maggioritario e passivo, piace ai più e non mira a convertire i meno, che dunque possono e devono tollerarlo. È una versione sconosciuta alla nostra Costituzione e mai recepita dal Parlamento italiano e dalla Corte costituzionale. Leggi il resto di questo articolo »
Rivela un affanno il nuovo libro su Gesù con cui papa Ratzinger si adopera a mostrare e dimostrare la storicità di Cristo e in particolare della morte-resurrezione di lui. Lo ammette chiaramente quando scrive: «La barca della Chiesa … spesso si ha l’impressione che debba affondare». Ed ecco l’importanza della realtà pienamente divina e pienamente umana del Salvatore Gesù. È Gesù Cristo l’unico salvatore e la chiave della salvezza universale. Ed è la Chiesa cattolica governata dal papa e dai vescovi uniti al papa la custode unica e universale per tutti i secoli della chiave affidatale da Gesù. Tutta la ricerca umana di senso della vita e di salvezza materiale e morale sarebbe completamente inutili senza il Dio che si fa uomo e offre in sacrificio la sua vita. Sono due millenni che queste «verità», questi assoluti, vengono ripetuti identici, declinati in codici espressivi diversi tradotti in tutte le lingue del mondo ma sempre nella sostanza uguali a se stessi: è Gesù l’unico salvatore universale attraverso il suo sacrificio perenne. Leggi il resto di questo articolo »
Abbiamo il vizio di abituarci a tutto. Non ci indignano più le bidonville; né la schiavitù dei raccoglitori di caucciù; né fa più notizia l’apartheid, né i milioni di morti di fame, ad ogni anno. Ci abituiamo, limiamo gli spigoli della realtà, per non ferirci, e la inghiottiamo tranquillamente. Ci disintegriamo. Non è solo il tempo che ci scorre via, è la qualità stessa delle cose che arrugginisce. Ciò che è più esplosivo diventa routine e conformismo; la contraddizione della croce è ormai soltanto un ornamento su una scollatura mondana, o sul giubbotto di un Hitler. Leggi il resto di questo articolo »
Intervista a Gustavo Zagrebelsky a cura di Jean-Jacques Peyronel e Luca Maria Negro
È d’accordo nel considerare il 17 febbraio 1848 come una tappa fondamentale della lunga battaglia per la libertà di coscienza in Europa?
«Se c’è un elemento caratteristico dell’Europa, che fa parte della sua cultura, che dovrebbe renderci orgogliosi della nostra storia, è questo punto: l’Occidente con tutti i suoi vizi e limiti ha affermato la libertà di coscienza. Si può prendere il 17 febbraio per parlare di libertà di coscienza, ma forse sarebbe bene partire non solo dalla Riforma luterana ma da molto prima: dai valdesi medioevali. La libertà di coscienza viene normalmente riconosciuta da tutti gli studiosi di cose costituzionali come la base, la premessa di tutte le altre libertà. Può stupire che nella nostra Costituzione non si parli di libertà di coscienza. Questo perché la libertà di coscienza avrebbe equiparato in dignità tutte le coscienze. C’è un’uguale libertà ma la coscienza di qualcuno è un po’ più uguale delle altre. Credo che sia difficile per la Chiesa cattolica riconoscere che fuori della Chiesa ci può essere una coscienza che va rispettata come quella di coloro che stanno nella Chiesa». Leggi il resto di questo articolo »
C’è chi vede nelle religioni un’immensa fonte di violenza al punto che, se sparissero, il mondo non avrebbe che da guadagnarci. Altri che, al contrario, le considerano come indispensabili artigiane di pace. Tutti hanno in testa una lunga lista di eventi per corroborare il loro giudizio. Da un lato, atti di violenza inauditi, abietti, barbari, dall’altro testimonianze ammirevoli di solidarietà, compassione, resistenza eroica al male: tutti fatti in nome di Dio. Così, le religioni sono capaci del peggio come del meglio. Ma su cosa poggiano questi estremi: il potere di fomentare l’odio, di umiliare, di dominare e quello di generare la bontà, l’amore, l’aiuto reciproco? Lo sguardo naturalmente si focalizza prima di tutto sui testi sacri delle grandi religioni. Ciò che colpisce è l’immensa bontà che sprigiona da questi: il Dio degli umili della Bibbia, il Dio dei poveri e degli oppressi dei Vangeli, il Dio misericordioso del Corano e i doveri di solidarietà, di condivisione e di giustizia che ne derivano. “Credere che Dio possa ordinare agli uomini atti atroci di ingiustizia e di crudeltà, è il più grande errore che si possa commettere nei suoi confronti”, scriveva Simone Weil nel suo Lettera a un religioso. Leggi il resto di questo articolo »